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giovedì 23 aprile 2020

Per chiedere il dono della Pace – Germain Foch, S.J.

Dio mio, insegnami il segreto di una pace stabile e duratura;
insegnami ad ordinare armoniosamente la mia vita interiore,
in modo da assicurare il dominio della volontà
e della ragione su tutti i miei sentimenti
e su tutte le mie azioni,
e insegnami soprattutto a sottomettermi alla tua volontà.


Insegnami a confidare in te,
lontano dalle agitazioni e dalle discordie interiori.

Insegnami a rimanere unito a te,
quando sarò giustamente criticato
o quando sarò rimproverato severamente e aspramente.
Radicato nella carità
in modo da conservare una umile e tranquilla fermezza.

Insegnami a pronunciare sinceramente
il mio «Amen» liberatore nelle sofferenze del corpo
e nelle afflizioni dell’anima.

Concedimi di porre la mia anima in te
nelle tentazioni che turbano e avviliscono.

Concedimi di conservare la pazienza,
la serenità e il silenzio nelle contraddizioni,
nelle ingiurie e nelle diffamazioni.

Concedimi di non aver paura delle difficoltà,
delle contraddizioni, delle lotte;
che io non mi lamenti, non mormori,
e in tutte queste contrarietà mescoli un po' del tuo amore.

Che non mi esasperi dinanzi alla violenza e alla invadenza degli altri,
e che sopporti con equilibrio il malumore e la collera.

Che nel silenzio e nella speranza acquisisca questa forza,
questo controllo della mia anima,
che mi fissi inamovibilmente nella pace.


- Germain Foch, S.J. -


Le persone che si donano completamente agli altri sono come queste finestre,
 aperte a tutto:
vento, sole, acqua, fulmini potenti le trafiggono lasciando tutti i segni del tempo!
C'è chi si disfa di ogni protezione andando incontro all'altro ed è lì che la luce entra più forte!



Geoffrey Johnson, Monochromatic Melancholy's painting

Esitammo un istante
e dopo poco riconoscemmo
di avere la stessa malattia.

Non vi è definizione
per questa mirabile tortura,
c'è chi la chiama spleen
e chi malinconia.

Ma se accettiamo il gioco
ai margini troviamo
un segno intellegibile
che può dar senso al tutto.


- Eugenio Montale - 








Buona giornata a tutti. :-)

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sabato 18 aprile 2020

L'arazzo

Un giovane monaco fu inviato per alcuni mesi in un monastero delle Fiandre a tessere un importante arazzo insieme ad altri monaci.
Un giorno si alzò indignato dal suo scranno.
 «Basta! Non posso andare avanti! Le istruzioni che mi hanno dato sono insensate!», esclamò. «Sto lavorando con un filo d’oro e tutto ad un tratto devo annodarlo e tagliarlo senza ragione. Che spreco!».
«Figliolo», replicò un monaco più anziano, «tu non vedi questo arazzo come va visto. Sei seduto dalla parte del rovescio e lavori soltanto in un punto».
Lo condusse davanti all’arazzo che pendeva ben teso nel vasto laboratorio, e il giovane monaco rimase senza fiato.
Aveva lavorato alla tessitura di una bellissima immagine della Pasqua e il suo filo d’oro faceva parte dei luminosi raggi attorno al Signore Risorto.
Ciò che al giovane era sembrato uno spreco insensato, era meraviglioso.

Tante cose della vita sembrano non avere senso.



INSEGNAMI, SIGNORE, A DIRE GRAZIE

Grazie per il pane, il vento, la terra e l'acqua.
Grazie per la musica e per il silenzio.
Grazie per il miracolo di ogni nuovo giorno.
Grazie per i gesti e le parole di tenerezza.
Grazie per le risate e per i sorrisi.
Grazie per tutto ciò che mi aiuta a vivere,
nonostante le sofferenze e lo sconforto.
Grazie a tutti quelli che amo e che mi amano.
E che questi mille ringraziamenti
si trasformino in un'immensa azione di grazie
quando mi rivolgo a Te,
fonte di ogni grazia e roccia della mia vita.
Grazie per il tuo amore senza confini.
Grazie per il pane dell'Eucarestia.
Grazie per la pace che viene da Te.
Grazie per la libertà che Tu ci dai.
Con i miei fratelli io proclamo la tua lode
per la nostra vita che è nelle tue mani
e per le nostre anime che ti sono affidate.
Per i favori di cui tu ci inondi
e che non sempre sappiamo riconoscere.
Dio buono e misericordioso,
che il tuo nome sia benedetto, sempre.

- Jean Pierre Dubois-Dumée -


Buona giornata a tutti. :-)








lunedì 13 aprile 2020

E' risorto - Padre Carlo Carletto

Aiutami, Maria, a credere.

Dimmi cosa vuole dire credere alla Risurrezione di tuo Figlio.

Ecco te lo dico e non dimenticarlo.

Quando vedrai la tempesta schiantare la foresta
e i terremoti scuotere la terra
e il fuoco bruciare la tua casa
di' a te stesso: credo
che la foresta si rifarà
la terra tornerà nella sua immobilità
e io ricostruirò la mia casa.



Quando sentirai rumori di guerra e gli uomini moriranno di paura attorno a te «e si solleveranno popoli contro popoli e regni contro regni» (Matteo 24, 7), di' a te stesso con estremo coraggio: «Gesù mi aveva avvertito ed aveva aggiunto: "Non temete, alzate il capo perché la liberazione è vicina" » (Luca 21,28).

Quando il peccato ti stringerà alla gola e ti sentirai soffocato e finito, dì a te stesso: « Cristo è risorto dai morti ed io risorgerò dal mio peccato».
Quando la vecchiaia o la malattia tenterà di amareggiare la tua esistenza, di' a te stesso: «Cristo è risorto dai morti ed ha fatto cieli nuovi e terra nuova ».
Quando vedrai tuo figlio fuggire da casa in cerca di avventura e ti sentirai sconfitto nel tuo sogno di padre o di madre, dì a te stesso: « Mio figlio non sfuggirà a Dio e tornerà perché Dio lo ama ».
Quando vedrai spegnersi la carità attorno a te e vedrai gli uomini come impazziti nel loro peccato e ubriacati dai loro tradimenti, dì a te stesso: «Toccheranno il fondo ma torneranno indietro perché lontano da Dio non si può vivere ».
Quando il mondo ti apparirà come sconfitta di Dio e sentirai la nausea del disordine, della violenza, del terrore, della guerra dominare sulle piazze e la terra ti sembrerà il caos, dì a te stesso: « Gesù è morto e risorto proprio per salvare e la sua salvezza è già presente tra di noi ».
Quando tuo padre o tua madre, tuo figlio o tua figlia, la tua sposa, il tuo amico più caro, ti saranno dinanzi sul letto di morte e tu li fisserai nell' angoscia mortale del distacco, dì a te stesso e a loro: «Ci rivedremo nel Regno, coraggio».
Questo significa credere nella Risurrezione.
Ma non basta.
Credere al Cristo risorto significa ancora qualcosa.
Significa per suor Teresa di Calcutta sollevare il moribondo e per te fare altrettanto.
Significa per Luther King affrontare la morte e per te di non aver paura di affrontare la morte per i tuoi fratelli.
Significa per l'Abbé Schultz, il Priore di Taizé, aprire il suo convento alla speranza e per te di aprire la tua casa alla speranza.
Ogni missionario che parte è un atto di fede nella Risurrezione.
Ogni lebbrosario che si apre è un credo nella Risurrezione.
Ogni trattato di pace è un atto di fede nella Risurrezione.
Ogni impegno accettato è un atto di fede nella Risurrezione.
Quando perdoni al tuo nemico.
Quando sfami l'affamato.
Quando difendi il debole credi nella Risurrezione.

Quando hai il coraggio di sposarti.
Quando accetti il figlio che nasce.

Quando costruisci la tua casa credi nella Risurrezione.

Quando ti alzi sereno al mattino.
Quando canti al sole che nasce.
Quando vai al lavoro con gioia credi nella Risurrezione.

Credere nella Risurrezione significa permeare la vita di fiducia significa dar credito al fratello, significa non aver paura di nessuno.

Credere nella Risurrezione significa pensare che Dio è padre, Gesù tuo fratello ed io, Maria, tua sorella e, se vuoi,  tua Madre.

- Padre Carlo Carretto -



Se credere è difficile, non credere è morte certa.

Se sperare contro ogni speranza è eroico, il non sperare è angoscia mortale.


Se amare ti costa il sangue, non amare è inferno.


- Carlo Carretto -



La preghiera è il sunto del nostro rapporto con Dio. 
Potremmo dire che noi siamo ciò che preghiamo. 
Il grado della nostra fede è il grado della nostra preghiera; la forza della nostra speranza è la forza della nostra preghiera; il calore della nostra carità è il calore della nostra preghiera. 
Né più né meno.

- Carlo Carretto -
da:  Lettere dal deserto




La chiamata di Dio è cosa misteriosa, perché avviene nel buio della fede.
In più essa ha una voce sì tenue e sì discreta, che impegna tutto il silenzio interiore per essere captata.
Eppure nulla è così decisivo e sconvolgente per un uomo o una donna sulla terra, nulla più sicuro e più forte.
Tale chiamata è continua: Dio chiama sempre! Ma ci sono dei momenti caratteristici di questo appello divino, momenti che noi segniamo sul nostro taccuino e che non dimentichiamo più.

Carlo Carretto, Lettere dal deserto


Noi vogliamo accettare

Dalla tua mano, o Dio,
noi vogliamo accettare tutto.
Tu stendi la tua mano
e abbatti i potenti nella loro stoltezza.
Tu l’apri, la tua dolce mano,
e tutto ciò che vive,
colmi di benedizione.
E anche se sembra che il tuo braccio
si sia abbreviato,
accresci la nostra fede
e la nostra confidenza
così che ti restiamo tutti fedeli.
E se sembra che alle volte
tu allontani da noi la tua mano,
fa’ che allora noi sappiamo
che tu la chiudi soltanto,
per raccogliere in essa
una sovrabbondanza di benedizione,
che tu la chiudi soltanto,
per aprirla e riempire ogni cosa,
che vive di benedizione.

- papa Paolo VI -






Buona giornata a tutti. :-)

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domenica 12 aprile 2020

Un'alba a colori di gioia - Anna Maria Canopi

Oggi possiamo ancora dirci con gioia: Il Signore è risorto! È veramente risorto! 
Sono trascorsi due millenni da quando se lo dicevano le pie donne e gli apostoli, stupiti e ancora come in sogno, come chi piange e ride insieme davanti a una notizia incredibilmente bella.
Tu eri la Gioia nel cuore del Padre, la purissima gioia dell’essergli Figlio e sei venuto come sorriso divino a dissipare le nostre umane tristezze. 
Annunzio di gioia il tuo concepimento nel grembo verginale di Maria, evento di gioia la tua nascita a Betlemme, notizia di gioia il tuo evangelo. 
Prezzo di gioia fu la tua croce e gioia per sempre la tua resurrezione. 
Il Signore risorto ci comunica la sua vita, la sua pace, la sua gioia. 
Tutta la creazione ne è coinvolta, non soltanto l’uomo; tutti gli elementi del cosmo sono investiti dell’energia divina irrompente dal sepolcro di Cristo. 
In Cristo risorto tutto il mondo viene purificato. 
La gioia pasquale è il canto della vita nuova, della santità dei figli di Dio.
La gioia del Risorto è la fonte della nostra pace. 
“La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: - Pace a voi!- Detto questo mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono a vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: - Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20,19-22).
La scena è stupenda e commovente: Gesù appare ai discepoli riuniti insieme; li abbraccia con il suo sguardo, dà loro il saluto di pace, infonde in essi lo Spirito santo, fa vedere e toccare le sue piaghe, i segni della sua crocifissione. Entra attraverso le porte chiuse, anche quelle del loro cuore assorbito dalla tristezza e paralizzato dalla paura. Facendosi riconoscere ravviva in loro la fede e la speranza, suscitando grande gioia. Anche oggi Gesù è vivo e sta in mezzo a noi mostrandoci i segni del suo amore.
La gioia dei discepoli è la nostra gioia. 
È la gioia che fa ardere il cuore. … Due discepoli erano in cammino … Verso il tramonto il grande, infaticabile Pellegrino del mondo si accompagnò ai due discepoli sulla strada di Emmaus. 
Essi non avevano nella loro bisaccia che una pesante riserva di tristezza: egli subito la vide, vi mise sopra le mani per dissolverla, per far vedere che era roba vecchia da buttare via. E tanto vi riuscì che, arrivati ad Emmaus, invece di tristezza poterono offrire anche a lui pane di festa. 
Fu però soltanto quando egli scomparve che lo riconobbero e capirono donde veniva quell’ardore che andava crescendo nel loro cuore mentre lo ascoltavano. 
Questa sembra una storia di quel lontano giorno, invece è sempre la nostra attualità. La fede, infatti, conosce fin troppo la malinconia del “giorno che declina” e si tira dietro spesso una fiacca speranza. 
Il sostegno della presenza di quel Compagno di viaggio ci è indispensabile. 

Signore, con cuore di pellegrini, 
lungo le strade di questo mondo, 
aneliamo alla tua presenza di pace e di gioia. 
Dissetaci fin d’ora con quell’acqua viva che tu solo sai donare; 
diventeremo così, per altri assetati, 
fontane di villaggio per una sosta di pace e di ristoro.
Vieni incontro a noi 
lungo i sentieri dei nostri umani smarrimenti, 
entra a porte chiuse da noi 
e alita sui nostri volti la fragranza del tuo Spirito; 
allora vivremo anche noi da risorti, 
annunziando con gioia a tutti gli uomini 
che tu sei l’unico nostro Salvatore. 
Concedici di camminare sulle piste della fede 
con accesa nel cuore la stella della speranza 
come chi sa di andare sicuro verso l’aurora. 
Allora tu, radiosa stella del mattino, 
brillerai nell’intimo del nostro cuore e noi, 
figli della resurrezione, staremo in bianche vesti, 
con volti raggianti di gioia, 
alla tua gloriosa presenza esultando per il trionfo dell’ Amore.

- Madre Anna Maria Cànopi - 


Fonte:  Il vangelo della gioia

Paoline Editoriale Libri, Milano 2001

Tiziano -  Resurrezione  1520-1522- 
chiesa di S.Nazaro e Celso a Brescia
Inno alla vita

O Dio, inesauribile Fonte della vita,
Amore che sempre crea e sempre rinnova,
noi siamo tue stille,
siamo cellule appena congiunte
a formare un corpo umano.
Nascoste nel grembo materno,
aneliamo a venire alla luce
per vedere le meraviglie del cosmo
scaturito dalla tua Parola di Vita.
Aneliamo a vedere il sole, la luna e le stelle,
e a contemplare tutte le cose belle
di cui hai ornato l’universo:
i monti, le valli, il mare, i fiumi e i laghi,
le piante, i fiori variopinti,
tutti gli animali piccoli e grandi,
ogni vivente che respira sulla terra.
Dio grande, Padre buono,
fa’ che possiamo anche noi
unirci al canto di lode di tutto il creato!
Ancor più, tu lo sai, noi aneliamo a nascere
per vedere il volto della mamma,
per godere della sua tenerezza,
sentirci cullati dalle sue ninna-nanne,
avere i suoi baci, le sue carezze,
come tu stesso, facendoti uomo
e nascendo dal grembo della Vergine Maria,
hai potuto godere tra le sue braccia.
E poi – tu ci comprendi! –
vorremmo anche provare la gioia
di essere portati sulle spalle
di un papà come Giuseppe!
Noi ci sentiamo in pericolo e indifesi…
Come sarebbe bello nascere
e trovare il calore protettivo, amorevole
di una sacra e serena famiglia!
Ascolta, Dio, Fonte della vita,
ascolta il nostro grido
e fa’ che possiamo nascere alla vita sulla terra
e poi a quella del Cielo!
Grazie! Amen!

Madre Anna Maria Cànopi, osb
Abbazia Benedettina «Mater Ecclesiæ»
Isola San Giulio - Orta (Novara)




Cristo è risorto! E' veramente risorto!  

Buona Pasqua!! 
Stefania




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venerdì 10 aprile 2020

Ci siamo tutti - cardinale Giacomo Biffi

Ci siamo tutti: In questo quadro c’è tutta una folla di personaggi, dall’ umanità più diversa, coi più diversi atteggiamenti interiori. 
Ciascuno di noi in questa folla può riconoscersi e trovare il suo posto. 

C’è Maria di Betania, dal cuore gonfio di gratitudine e di affetto, che, incurante delle critiche, versa sul capo di Gesù tutto il suo prezioso profumo. 

C’è Pietro, estroverso e impulsivo, che parla troppo, che è troppo spavaldo, che dice di saper morire per Cristo; ma poi non sa affrontare le domande curiose e forse un po’ impertinenti di qualche serva. 
La sua fedeltà, conclamata alla sera, non dura fino al canto del gallo. 

Ci sono i capi dei Giudei, accecati dall’odio, al punto da ricorrere alle false testimonianze, in un processo che si era già assegnato come unico e inderogabile traguardo la morte, la morte ad ogni costo, senza alcuna attenzione alla innocenza o alla colpevolezza dell’imputato. 

E c’è Giuda. Le ragioni profonde del suo tradimento restano per noi incomprensibili. I trenta denari non ci bastano come spiegazione. 

Forse Giuda ha verso Gesù – come tanti cristiani di oggi verso la Chiesa – un amore deluso. È il rancore di chi si è visto defraudato nelle sue attese e nelle sue aspirazioni. Aveva puntato tutto su di lui e sul suo successo nel mondo; e si era a poco a poco reso conto che Gesù era un condottiero che non mirava a nessuna esteriore conquista, un capo che non voleva dominare, un re che rifiutava ogni regno sulla terra. Egli tradisce perché si sente tradito nelle sue erronee speranze. 
Ma forse il tradimento di Giuda è solo un enigma oscuro ed è vana impresa volerlo capire. Non è comprensibile, come in fondo non sono comprensibili neppure a noi stessi i nostri tradimenti, le nostre infedeltà, le nostre scelte del male, le nostre inspiegabili ribellioni al Dio che inspiegabilmente ci ama. 
Questa è l’umanità che circonda Gesù nella notte della sua donazione, quando, «avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13,1). 
Questa è l’umanità, e non c’è da esserne fieri: in essa ci sono i deboli, gli insensibili, i malvagi, gli ostinati, i traditori. Ci sono tutti, ci siamo tutti. 
Gesù ci vede come siamo, generosi o ingrati, svogliati o pronti ad accogliere le sue proposte, vigili o distratti e spiritualmente ottusi, fedeli alla sua sequela o smarriti nei chiassosi e deludenti vicoli del mondo. Ci prende come siamo, per farci diventare come vuole lui. Ogni Settimana Santa, ogni celebrazione della Pasqua, è un altro tentativo del nostro Redentore di farci più veramente e più integralmente suoi. 
Decidiamo in questi giorni, decidiamo questa sera stessa di lasciarci raggiungere e di lasciarci cambiare. (Palme 1988).

I parenti dicevano: “È fuori di sé” (Mc 3,21), e cercavano di prenderlo e di toglierlo dalla circolazione. Gli scribi davano lo stesso giudizio, ma con una versione, per così dire, “teologica”, e dicevano: “È posseduto da uno spirito immondo” (Mc 3, 30).

Il discepolo vero e coerente di Gesù non dovrà allora meravigliarsi se riceverà le stesse incomprensioni che non sono state risparmiate al suo Maestro. Chi sta col Vangelo senza sconti e senza attenuazioni, e perciò parla di distacco dai beni, di valore della castità, di amore disinteressato, di matrimonio indissolubile, di assoluta onestà negli affari, di perdono dei nemici, di sofferenza accettata dalle mani di Dio, costui apparirà necessariamente al mondo di oggi come un personaggio strano, sprovveduto, pazzo… Dovremo tenerlo presente, quando ci sentiremo suggerire che bisogna adattare la religione agli usi e costumi dell’uomo di oggi; si tratta piuttosto di trovare all’uomo di oggi una testa che vada bene per il messaggio di Cristo.

- Cardinale Giacomo Biffi - 
da: "Stilli come rugiada il mio dire." Omelie per le Domeniche del Tempo Ordinario. Anno B, Bologna 2015, pp. 79-80




Chi è stato? – ci domandiamo. 

L’asciutta e intensa narrazione evangelica ci risponde con molti nomi: Giuda, che ha organizzato l’imboscata; Caifa, che aveva detto: «È meglio che un uomo solo muoia per il popolo» (Gv 18,14); Pilato, magistrato senza coraggio e giudice senza giustizia; i soldati, che si sono sobbarcati materialmente al compito orrendo di uccidere. Come si vede, a perpetrare questo crimine si sono messi in tanti: amici ed estranei, ebrei e romani, autorità e semplici esecutori. 

Ma proprio questa folla di carnefici ci suggerisce un’altra e più profonda risposta. Chi è stato? Siamo stati tutti noi che dobbiamo riconoscerci peccatori e «per le sue piaghe siamo stati guariti» (Is 53,5). Egli è stato annoverato tra i malfattori, proprio perché portava sulle sue spalle l’iniquità della moltitudine umana (cf. Is 53,12)
Oggi è dunque anche il giorno del nostro rimorso e del nostro pianto. 
La nostra indagine però non é finita. Neppure tutte le colpe della storia ci spiegano perché sia stato necessario un tale tormento. Chi è stato? La risposta più esauriente è questa: è stato il suo amore. 

- Cardinale Giacomo Biffi -
(Venerdì santo 1992)   





Cervo

Dagli uomini ferito, come cervo
che al natìo bosco corre per morire,
Ti rifugiasti in vetta del Calvario,
moribondo di sete e dissanguato,
percorrendo le vie dell'amarezza,
dell'amore alla polla sempiterna.
«Ho sete!». Tu gemevi. E noi, fratelli
tuoi, ma crudeli cacciatori, pure
morti di sete, in cerca della fonte
del vino tuo, corremmo sopra l'orme
cruente, d'amarezza nella valle.
Noi sete abbiam della bianchezza eterna
di codesto tuo cor, polla perenne
d'acqua di vita che giammai si secca.
Se di Cana alle nozze Tu mutasti
in vino l'acqua, della tua passione
nel cruento martirio, il rosso vino
festi acqua viva di Sicar, che smorza
in eterno la sete. Il sangue desti,
mistico cambio, con amore immenso
all'alme nostre, le samaritane
dai sei mariti, folli concubine
del sapere che inebbria e mai non sazia.
Ed il cuore, smarrito pei sentieri
del mondo sì intricati, giunge infine
alla vena del pozzo del tuo cuore
e ne fa suo rifugio e si ristora
della tua bocca al soffio che dà vita.

- Miguel de Unamuno -
 Il Cristo di Velazquez, pp. 67-68




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