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sabato 26 aprile 2014

Lo Spirito in me che... - Daniel Roland


Lo Spirito in me 
CHE mi faccia pensare col cuore
e amare con la testa;
che mi suggerisca risposte
negli esami che mettono paura;
CHE mi tenga la mano
quando devo fare una scelta difficile;
CHE mi regga in piedi
quando sto per scivolare;
CHE renda forti le mie braccia
e la mia anima;
CHE mi innamori alle cose belle;
CHE mi faccia cantare
con parole di verità;
CHE acceleri la mia intelligenza
e mi faccia meravigliare
per la prima viola del giardino;
CHE mi aiuti a vedere con gli occhi
di chi mi vuol bene;
CHE mi faccia indignare
di fronte ad ogni ingiustizia;
CHE mi faccia chinare
su ogni domanda di aiuto;
che mi mostri le lacrime di Dio
e mi faccia assaporare sulla labbra
la sua gioia senza limiti.
CHE sia tutto questo
lo Spirito in me.
CHE sia vita esplosiva.
CHE sia Spirito
per i miei giorni
e per la mia eternità.

- Daniel Roland -




"Se tu affermi che un cristiano è nella impossibilità 
di portare aiuto agli altri,
offendi Dio e gli dai del bugiardo. 
Sarebbe più facile per la luce essere tenebra 
che per un cristiano non diffondere luce intorno a sè. 
Non dire: è impossibile.
È il contrario che è impossibile. Non fare violenza a Dio."

(Giovanni Crisostomo, Omelia 20 sugli Atti)




















«I vostri atti buoni’ non vuole affatto dire ‘atti buoni’ in senso filantropico e moralistico: ymón tà kalà érga vuol dire ‘atti belli’, rivelazioni luminose e armoniose della personalità spirituale - soprattutto un volto luminoso, bello, d’una bellezza per cui si espande all’esterno ‘l’interna luce’ dell’uomo, e allora, vinti dall’irresistibilità di questa luce, ‘gli uomini’ lodano il Padre celeste, la cui immagine sulla terra così sfolgora».


(Pavel Florenskij, “Le porte regali. Saggio sull’icona”)




Che giova a me che Cristo
sia nato una volta a Betlemme da Maria
se non nasce oggi,
 

per fede, nel mio cuore?


E’ un istante di buona vita
quello che trascorre
senza nulla da fare
con le mani ferme
e le palpebre chiuse.

E’ un istante di buona vita
quello che ferma
le ore in un bicchiere di vino dolce
e lascia passare il vento tra i pensieri.

E’ un istante di buona vita
quello che non ha fretta
di trangugiare traguardi
e partorire risultati.

E’ un istante di buona vita
quello regalato a Dio
la sera
prima di spegnere
il piccolo mondo
dei miei affanni
nell’ultimo Amen.



Sono a Roma e sulle tombe di due grandi Papi
 vi porto tutti nel mio cuore e nelle mie preghiere

Buona giornata a tutti. :-)



mercoledì 11 dicembre 2013

Neonati sui sedili rossi – Madre Teresa di Calcutta -

L'automobile era una Lincoln bianca col tetto apribile e i sedili rossi, che i cattolici americani avevano regalato al Papa per i suoi spostamenti in India.
Dal 6 dicembre, gli abitanti della periferia di Bombay videro la Lincoln bianca, pilotata da un indù stracciato, gi­rare i bassifondi della città.
Ad ogni deposito di immondizie si fermava. Scendevano due suore vestite col sari di cotonina bianca, frugavano tra i rifiuti, e spesso trovavano qualche fagottino di roba viva, palpitante: un neonato che una mam­ma aveva abbandonato perché incapace di nutrirlo.
Al «cen­tro» delle Missionarie della Carità ce n'erano già più di cen­to, ben disposti a strillare e a succhiare il latte che venti caprette fornivano ogni giorno.
Poi, improvvisamente, la Lincoln bianca sparì. « Il regalo del Papa è stato molto prezioso, e mi ha causato una grande emozione — disse madre Teresa. — Ma ci siamo accorte che la benzina costava troppo, e abbiamo deciso di rinunciare all'automobile vendendola.
Un ricco indù mi ha offerto ven­tisette milioni: un prezzo di affezione, evidentemente, che io ho accettato. Metà in contanti e metà in terreno, su cui abbiamo cominciato a costruire la « città per i lebbrosi ».
Le suore continuarono lo stesso a girare per i bassifondi, in cerca di neonati, di moribondi e di lebbrosi. Ma ripresero il carretto a mano.

 Fonte: “Madre Teresa di Calcutta”, Teresio Bosco,pagg. 5 e 6 - Ed. Elledici 1991
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Il Signore fu posto in una mangiatoia per indicare che veniva espressamente per essere cibo, offerto a tutti, senza eccezione. 
Il Verbo, il Figlio di Dio, scegliendo la povertà e giacendo in una mangiatoia, trae a sé ricchi e poveri, colti e incolti.

(Teodoto di Ancira)


Il Natale è fermarsi a contemplare quel Bambino, il Mistero di Dio che si fa uomo nell’umiltà e nella povertà, ma è soprattutto accogliere ancora di nuovo in noi stessi quel Bambino, che è Cristo Signore, per vivere della sua stessa vita, per far sì che i suoi sentimenti, i suoi pensieri, le sue azioni, siano i nostri sentimenti, i nostri pensieri, le nostre azioni. Celebrare il Natale è quindi manifestare la gioia, la novità, la luce che questa Nascita ha portato in tutta la nostra esistenza, per essere anche noi portatori della gioia, della vera novità, della luce di Dio agli altri. 

(papa Benedetto XVI)


Calcutta 8 febbraio 1986, visita di Papa Giovanni Paolo II a Calcutta India.

"Il vero amore deve sempre fare male. Deve essere doloroso amare qualcuno, doloroso lasciare qualcuno. Solo allora si ama sinceramente"


(Beata Madre Teresa di Calcutta)



Nella notte di Natale, la Madre che doveva partorire non trovò per sé un tetto. Non trovò le condizioni, in cui si attua normalmente quel grande divino ed insieme umano Mistero del dare alla luce un uomo.
Permettete che mi serva della logica della fede e della logica di un conseguente umanesimo. Questo fatto di cui parlo è un grande grido, è una permanente sfida ai singoli e a tutti, particolarmente forse nella nostra epoca, in cui alla madre in attesa viene spesso richiesta una grande prova di coerenza morale. Infatti, ciò che viene eufemisticamente definito come «interruzione di gravidanza» (aborto) non può essere valutato con altre categorie autenticamente umane, che non siano quelle della legge morale cioè della coscienza. Molto potrebbero a tale proposito dire, se non le confidenze fatte nei confessionali, certamente quelle nei consultori per la maternità responsabile. 

(Parole sull’uomo, Incipit, Papa Giovanni Paolo I)


Preghiera nella stanchezza

Vengo a te, Signore
con una giornata pesante sulle spalle.
Ho eseguito il mio umile compito,
non sono potuto stare in ginocchio
ma ho camminato e lavorato.
Grido a te dall'abisso della stanchezza
che mi prende durante
e alla fine della giornata.
Ti offro tutti questi umili lavori
che ogni giorno devo ripetere.
Ti offro questa mia vita che passa,
le amarezze e le consolazioni
quando ci sono.
Ti offro i miei piedi pesanti
e le mie mani stanche.
Dammi il coraggio di affrontare
ogni nuovo giorno,
e donami la Tua forza negli affanni
e nei momenti più duri.
Amen

Buona giornata a tutti. :-)








mercoledì 18 settembre 2013

Proibito proibire – Papa Giovanni Paolo I -

Caro san Luca,

Mi siete sempre piaciuto, perché uomo tutto dolcezza e conciliazione.

Nel vostro Vangelo avete sottolineato che il Cristo è infinitamente buono; che i peccatori sono oggetto di un amore particolare da parte di Dio, che Gesù quasi ostentatamente ha tenuto rapporti con coloro che non godevano al mondo di considerazione alcuna.

Voi solo ci avete dato il racconto della nascita e dell’infanzia di Cristo, che a Natale sentiamo sempre leggere con rinnovata commozione. Una piccola vostra frase soprattutto trattiene la mia attenzione: "Avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia". E’ Ia frase che ha dato origine a tutti i presepi del mondo e a migliaia di stupendi quadri. Alla frase ho accostato una strofa del Breviario:

"Ha accettato di giacere sul fieno
non ha avuto paura della greppia
con poco latte s’è nutrito
Lui, che sfama fin l’ultimo degli uccellini".

Fatto questo, mi sono chiesto: "Cristo ha preso quel posto umilissimo. 
Noi, che posto prendiamo?". Lasciatemi adesso dire le risposte che ho trovato per questa domanda.

*** 
Davanti a Dio, il nostro posto è quello d’Abramo, che diceva: "Oserò io parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere?". Oppure quello del pubblicano, che, sulla soglia del tempio, lontano dall’altare neppure osava alzare gli occhi al cielo, pensando ai tanti peccati commessi.

Davanti a un Dio infinito e onnipotente dobbiamo accettare di essere piccolissimi, reprimendo in noi ogni tendenza contraria alla giusta sottomissione. Succede, infatti, che Dio vuole essere imitato da noi in alcune cose, mentre in altre vuol essere unico, inimitabile. Dice: "Imparate da me a essere miti e umili"; "siate misericordiosi com’è misericordioso il Padre mio". Ma dice anche: "Solo a Dio l’onore e la gloria"; "solo Dio è l’Assoluto e l’Indipendente".

Noi tentiamo di rovesciare le posizioni: vorremmo noi autonomia, indipendenza, onori e non abbiamo voglia di essere dipendenti, miti e pazienti. Ci facciamo forti, all’uopo, delle "filosofie nuove" (che fra breve saranno vecchie) e della Kultura col K maiuscolo. Il progresso poi ci ha dato alla testa: siamo molto consci di essere andati fin sulla Luna, di avere messo in piedi la civiltà di tutti i consumi e di tutte le comodità.

Stavamo, però, dimenticandoci di Colui dal quale proveniva ogni dono di ingegno e di energia, quando dagli sceicchi orientali c’è venuto il duro e brusco richiamo: "Voi del consumismo e dell’opulenza - ci hanno detto -, è finita la cuccagna; petrolio ce n’è ormai solo per una trentina d’anni; chi lo vuole, lo paghi salato; ridimensionatevi; andate in cerca di altre fonti di energia".

Il richiamo e i duri momenti che ci aspettano, possono essere utili: da un lato stimolano a nuove ricerche ed a nuove vie di progresso; dall’altro ricordano i limiti di ogni cosa terrena e il dovere di mettere solo in alto le nostre supreme speranze.

Ho sentito dire da un "cristiano critico": "Basta con la religione piccolo-borghese, che parla di paradiso e di singole anime salvate. Tutto ciò odora di individualismo capitalista e svia l’attenzione dei poveri dai grandi problemi sociali. Di popolo, di massa, di salvezza comune deve parlare chi predica il Vangelo. Cristo, infatti, è venuto a liberare il popolo dall’esilio della civiltà capitalista per guidarlo alla patria della nuova società, che sta per spuntare".

Di vero, in queste parole, c’è solo che il cristiano deve occuparsi, ed efficacemente, dei grandi problemi sociali. Quanto più, infatti, uno è appassionato del "cielo", tanto più deve dare una mano a piantare la giustizia sulla terra. Quanto al resto, capitalista o socialista, la civiltà è per ciascuno di noi solo temporanea; ci viviamo solo di passaggio.

La vera nostra patria, cui, condotti da Cristo, ci avviamo - insieme, ma ciascuno con destino proprio - è il Paradiso. Chi non crede al Paradiso è sfortunato: è "senza speranza", direbbe San Paolo, e non ha ancora trovato il senso profondo della propria esistenza.

*** 
Davanti al prossimo, il nostro posto è triplice, secondo che si tratta di superiori, di eguali o di inferiori.
Ma si può parlare di superiori in questi anni? Si può ancora dire: i figli devono amare, rispettare e ubbidire i loro genitori, i discepoli i loro insegnanti, i cittadini le autorità costituite?

Nel Seicento qui, a Venezia, c’era il famoso Carnevale: in quei giorni la gente sembrava impazzire, faceva un po’ quello che voleva e si sfogava, andando - con la complicità della maschera - contro costumi e leggi quasi per rifarsi dei mesi vissuti in obbedienza e morigeratezza. Ho l’impressione che stia succedendo qualcosa di simile.

A me non fa tanto paura il sentire che ci sono in giro per il mondo attentati, furti, rapine, sequestri e omicidi. Essi sono sempre esistiti. Fa paura il modo nuovo, con cui molta gente guarda a questi fenomeni. La legge, la norma è considerata una cosa da mettersi in burla o come repressione e alienazione. Si prova un gusto matto a dir male di qualunque legge. L’unica cosa oggi proibita - si dice - è il proibire, e uno che tenti di proibire fa figura di appartenere alla vecchia e sorpassata "società oppressiva". 
Qualche magistrato nel sentenziare dà l’impressione di aprire arbitrari "pertugi" nella siepe del Codice; molto spesso nella stampa vengono irrise le forze, che hanno il compito di far rispettare l’ordine pubblico.

Nello stesso ambiente clericale, nel "buttar giù", una dopo l’altra, leggi ecclesiastiche, si applica in modo allegro ed inatteso il quantum potes tantum aude del "Lauda Sion"! Si moltiplicano inchieste più o meno scientifiche, che sembrano concludersi quasi tutte con questa antifona: 
"Cara gente, tu sei infelice nella situazione attuale; se vuoi essere felice, devi cambiare tutto e rovesciare le strutture".

Ci si mette anche la psicologia, scienza che spiega i fatti umani. 
Ebbene? Gli adùlteri, i sadici, gli omosessuali dagli "psicologi del profondo" sono praticamente quasi sempre scusati: la colpa è dei genitori, che non hanno amato come dovevano i loro teneri e angelici rampolli. 
Tutta una letteratura pare aver per parola d’ordine: "dàgli al padre!" e rende il padre responsabile quasi di tutto.

Un’altra letteratura, propagandando una liberalizzazione completa da ogni legge, chiede contraccezione senza freni, aborto a piacimento della madre, divorzio a volontà, relazioni prematrimoniali, omosessualità, uso di stupefacenti.

E’ una mareggiata, una specie di ciclone, che s’avanza, caro San Luca; di fronte ad essi cosa può fare un povero vescovo? Può concedere che in passato la legge è stata spesso un assoluto, una specie di altare sul quale veniva un po’ troppo sacrificata la persona. Prende atto che a volte sono i genitori stessi ad allentare ogni briglia sul collo dei figli "non voglio che mio figlio conosca il rigore che hanno fatto subire a me!". Ammette che gli stessi genitori hanno talora dimenticato il monito di "non essere troppo esigenti coi propri figli" (Col. 3, 21). Sa benissimo che l’esercizio di ogni autorità è un servizio e va eseguito in stile di servizio. Ha presenti le parole di San Pietro: Agite "da veri uomini liberi, che non si servono della libertà come velo della malizia, ma sono servitori di Dio" (1 Pt. 2, 16). Queste parole escludono il cosiddetto "potere" e reclamano un’autorità promotrice di libertà; non vogliono un’obbedienza servile. bensì un’obbedienza adulta, attiva e responsabile.

Ma dopo? Dopo deve confidare in Dio, richiamando con fermezza la parola divina: "Chi teme Dio onora il padre... Figlio mio, con parole con fatti onora tuo padre" (Sir. 3, 7. 8). "Figli, obbedite ai vostri genitori in tutto ciò ch'è gradito al Signore" (Col. 3, 20). "Ognuno stia soggetto alle autorità in funzione, perché non v’è autorità se non da Dio... sicché, chi si ribella all’autorità, si ribella all’ordinamento divino" (Rom. 13, 1-2). "Raccomando che si facciano suppliche, preghiere... per tutti gli uomini, per i re e per coloro che sono costituiti in autorità" (I Tim. 2, 1). "Siate obbedienti e cedevoli ai vostri superiori, affinché, dovendo essi, come responsabili, vegliare sopra le vostre anime, lo facciano con gioia e non gemendo" (Ebrei 13, 17).

*** 
Ci sono poi i nostri eguali. Di fronte ad essi il dovere è: essere semplici, evitare la singolarità, la smania esagerata di distinguersi. La tendenza, a volte, sarebbe non di fare quello che fanno gli altri, ma di fare quello che gli altri non fanno; di contraddire alle loro affermazioni; di sdegnare ciò ch’essi ammirano; d’ammirare ciò che essi sdegnano.

Qualcuno vuole segnalarsi per l’eleganza, il lusso, i colori vivaci, la sfarzosità dei vestiti, qualche altro per il linguaggio originale e ricercato. 
Un anello in dito, un ricciolo che spunta di sotto il cappellino, una penna sul cappello d’alpino rende qualcuno fiero in maniera incredibile. Cose in sé non gravi - intendiamoci -, ma spesso diventano mezzucci per mettersi in mostra, far meravigliare gli altri e nascondere la propria mediocrità.

L’uomo semplice e schietto, invece, non cerca di apparire più ricco, più colto, più pio, più nobile, più potente di quello che è. Essere ciò che deve, parere ciò che è,vestire secondo la propria condizione, non mettersi volutamente in mostra, non offuscare nessuno, ecco i suoi propositi. Gesù li ha approvati e raccomandati in anticipo e Voi, caro San Luca, ce li avete conservati: "Sedete all’ultimo posto"; "guai a voi, che cercate i primi seggi nelle sinagoghe e i salamelecchi nelle piazze".

*** 
Ci sono infine gli inferiori, o meglio, quelli che sono più sfortunati di noi, perché malati o poveri o tribolati o peccatori. Verso di essi c’è il dovere dell’efficace amore cristiano, che deve portarsi su ciascuno e anche sul gruppo o la classe che essi formano.

Qui noto oggi due posizioni sbagliate. Dice qualcuno: io amo e aiuto il povero singolo e basta: non m’interessa la "classe" dei poveri. 
Dice un altro: io invece mi batto solo per tutta la classe dei poveri, per tutti gli emarginati, per il Terzo Mondo; curare i singoli poveri colla piccola carità non giova, anzi ritarda la rivoluzione definitiva.

Al primo rispondo: bisogna anche amare efficacemente i poveri che, uniti insieme e organizzati, stanno lottando per migliorare la loro situazione. Bisogna fare come Cristo, che ha amato tutti, ma ha privilegiato i poveri di intenso amore.

Al secondo dico: è bene avere scelto la causa dei poveri, degli emarginati, del Terzo Mondo. Attento, però, con la scusa dei poveri lontani ed organizzati, a non trascurare i poveri vicini. Povera vicina è la tua mamma: perché la disobbedisci e strapazzi? Povero vicino è il tuo professore: perché sei con lui così irrispettoso ed impietoso? E perché hai impedito con la violenza e il picchettaggio al tuo compagno di scuola di entrare con te in classe, col pretesto che egli ha idee politiche opposte alle tue? Sei per la grande causa della pace. Benissimo, ma attento che non si verifichino le parole di Geremia profeta: "Van dicendo: pace, pace, ma di pace non c’è neanche l’ombra!" (cfr. Ger. 6,14 e 11). La pace, infatti, costa: non si fa a parole, ma con sacrifici e rinunce amorose da parte di tutti. Non è neppure possibile ottenerla coi soli sforzi umani: occorre l’intervento di Dio.

E’ il monito natalizio degli angeli: una delle cose più belle, che Voi, caro San Luca, abbiate mai "registrato": "Pace sulla terra per gli uomini che Dio ama!".
  
Marzo 1974

Albino Luciani
Proibito Proibire. Da "Illustrissimi"



Mi è toccato, una volta, di vedere alla stazione di Milano un facchino, che, appoggiata la testa ad un sacco di carbone addossato a un pilastro, dormiva beatamente... I treni partivano fischiando e arrivavano cigolando con le ruote; gli altoparlanti davano continui avvisi frastornanti; la gente andava e veniva con brusio e rumore, ma lui – continuando a dormire – pareva dicesse: «Fate quel che vi pare, ma io ho bisogno di star quieto». Qualcosa di simile dovremmo fare noi sacerdoti: attorno a noi c'è continuo movimento e parlare di persone, di giornali, di radio e televisione. 
Con misura e disciplina sacerdotale dobbiamo dire: «Oltre certi limiti, per me, che sono sacerdote del Signore, voi non esistete; io devo prendermi un po' di silenzio per la mia anima; mi stacco da voi per unirmi al mio Dio».

Papa Giovanni Paolo I


"Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra. 
Ritornino gli uomini a comprendersi".

Papa Pio XII, 24.09.1939


Preghiera della sera

Come i due discepoli del Vangelo, 
ti imploriamo, Signore Gesù: rimani con noi!
 
Tu, divino Viandante,
 
esperto delle nostre strade
 
e conoscitore del nostro cuore,
 
non lasciarci prigionieri delle ombre della sera. 
Sostienici nella stanchezza, 
perdona i nostri peccati, 
orienta i nostri passi sulla via del bene. 
Benedici i bambini, i giovani, gli anziani, 
le famiglie, in particolare i malati. 
Benedici i sacerdoti e le persone consacrate. 
Benedici tutta l'umanità. 
Nell'Eucaristia ti sei fatto "farmaco d'immortalità"
dacci il gusto di una vita piena, 
che ci faccia camminare su questa terra 
come pellegrini fiduciosi e gioiosi, 
guardando sempre al traguardo della vita che non ha fine. 
Rimani con noi ,Signore! Rimani con noi! Amen.

Beato Giovanni Paolo II

Buona giornata a tutti :-)





venerdì 26 luglio 2013

Preghiera alla Madonna delle Grazie, preghiera di intercessione -


Ave Maria, ricolma di carità il Signore è dentro di te tu sei benedetta fra tutte le donne per il frutto del tuo grembo e Beata sei tu a motivo della tua fede.


Santuario del silenzio, in cui si ode l'unica parola del Padre, fiore dell'umanità piantato in Paradiso, tu, porti Dio nella nostra vita.

Donna rivestita di sole, creatura eccelsa che contiene il Creatore, fà che le nostre anime, non si eclissino dietro l'ombra del male, che a volte pare prendere il sopravvento sulle debolezze e le nostre fragili speranze.

Spargi o Madre, piena di grazia, nei cuori dei tuoi figli granelli di pace, che la pioggia farà germogliare affinché risplenda la gloria, dell'ineffabile Eterno Amore del Padre per il figlio.

Aurora dei cieli, nuovi splendore, che nulla toglie alla luce di Cristo, perché trasparenza a Dio vieni nelle nostre case, insegnaci ad accogliere la volontà di Dio, e ad amarci gli uni agli altri sull'esempio del Crocifisso Risorto, per fare di tutti una cosa sola come in cielo così in terra.

Ti affidiamo tutti gli uomini e le donne, a cominciare dai più deboli: i bimbi mai nati perché rifiutati, o non ancora venuti alla luce e quelli nati in condizioni di povertà e di sofferenza, i giovani alla ricerca di senso, le persone prive di lavoro e quelle provate dalla fame e dalla malattia.

Ti affidiamo le famiglie dissestate, gli anziani privi di assistenza e quanto sono soli, senza un domani.

O Madre, che conosci le sofferenze e le speranze della Chiesa e del Mondo, assisti i tuoi figli nelle quotidiane prove, che la vita riserva e resta accanto a ciascuno fino a quando ci accoglierai nel Regno della Santissima Trinità.

In te nuova Eva, possano compiersi anche oggi le promesse ai nostri Padri, ad Abramo e a tutta la sua discendenza per sempre.
Amen.




Atto di Affidamento a Maria, Madre della Speranza.
Maria, Madre della speranza, a Te con fiducia ci affidiamo.
Con Te intendiamo seguire Cristo, Redentore dell'uomo:
la stanchezza non ci appesantisca, né la fatica ci rallenti,
le difficoltà non spengano il coraggio, né la tristezza la gioia del cuore.
Tu Maria, Madre del Redentore continua a mostrarti Madre per tutti,
veglia sul nostro cammino e aiuta i tuoi figli,
perché incontrino, in Cristo, la via di ritorno al Padre comune! Amen.

(Beato Giovanni Paolo II)


Chi ama currit, volat, laetatur.
Amare significa correre con il cuore verso l'oggetto amato. Ho iniziato ad amare la Vergine Maria prima ancora di conoscerla... le sere al focolare sulle ginocchia materne, la voce della mamma che recitava il rosario.

Papa Giovanni Paolo I


Di Maria non si dirà mai abbastanza.
De Maria numquam satis.

- Bernardo di Chiaravalle -




Buona giornata a tutti. :-)





lunedì 16 maggio 2011

Preghiera alla Madonna di Fatima – Papa Benedetto XVI -

Signora Nostra
e Madre di tutti gli uomini e le donne,
eccomi come un figlio
che viene a visitare sua Madre
e lo fa in compagnia
di una moltitudine di fratelli e sorelle.

Come successore di Pietro,
a cui fu affidata la missione
di presiedere al servizio
della carità nella Chiesa di Cristo
e di confermare tutti nella fede
e nella speranza,
voglio presentare al tuo
Cuore Immacolato
le gioie e le speranze
nonché i problemi e le sofferenze
di ognuno di questi tuoi figli e figlie
che si trovano nella Cova di Iria
oppure ci accompagnano da lontano.

Madre amabilissima,
tu conosci ciascuno per il suo nome,
con il suo volto e la sua storia,
e a tutti vuoi bene
con la benevolenza materna
che sgorga dal cuore stesso di Dio Amore.

Tutti affido e consacro a te,
Maria Santissima,
Madre di Dio e nostra Madre.

Il Venerabile Papa Giovanni Paolo II,
che ti ha visitato per tre volte, qui a Fatima,
e ha ringraziato quella «mano invisibile»
che lo ha liberato dalla morte
nell’attentato del tredici maggio,
in Piazza San Pietro, quasi trenta anni fa,
ha voluto offrire al Santuario di Fatima
un proiettile che lo ha ferito gravemente
e fu posto nella tua corona di Regina della Pace.

È di profonda consolazione
sapere che tu sei coronata
non soltanto con l’argento
e l’oro delle nostre gioie e speranze,
ma anche con il «proiettile»
delle nostre preoccupazioni e sofferenze.

Ringrazio, Madre diletta,
le preghiere e i sacrifici
che i Pastorelli
di Fatima facevano per il Papa,
condotti dai sentimenti
che tu hai ispirato loro nelle apparizioni.

Ringrazio anche tutti coloro che,
ogni giorno,
pregano per il Successore di Pietro
e per le sue intenzioni
affinché il Papa sia forte nella fede,
audace nella speranza e zelante nell’amore.

Madre diletta di tutti noi,
consegno qui nel tuo Santuario di Fatima,
la Rosa d’Oro
che ho portato da Roma,
come omaggio di gratitudine del Papa
per le meraviglie che l’Onnipotente
ha compiuto per mezzo di te
nei cuori di tanti che vengono pellegrini
a questa tua casa materna.

Sono sicuro che i Pastorelli di Fatima
i Beati Francesco e Giacinta
e la Serva di Dio Lucia di Gesù
ci accompagnano in quest’ora di supplica e di giubilo.

(Papa Benedetto XVI)


Papa Benedetto XVI, visitando alcuni insigni santuari mariani, ha donato una rosa d'oro quale segno di pietà e devozione. Si tratta di un gesto antico, riservato al Papa e mai caduto in disuso: Paolo VI donò la rosa d'oro al santuario di Fátima nel 1965 e a quello della Vergine di Guadalupe nel 1966, mentre Giovanni Paolo II la inviò alla Madonna nera di Jasna Góra nel 1982.

Originariamente la rosa d'oro indicava principalmente gioia e allegrezza per la Pasqua imminente, e aveva un profondo significato cristologico, in quanto essa rappresentava il giglio delle valli, il fiore di campo: cioè Cristo. All'unico Signore si chiedeva che la Chiesa, per mezzo delle buone opere, potesse associarsi alla fragranza di quel fiore e spandere il buon profumo di Cristo nel mondo. Così, a chi la riceveva in dono, veniva riconosciuto il compito di portare il buon odore di Cristo, con la vita e le opere al servizio della Chiesa. Anche il dono a una chiesa o a un santuario mariano riconduceva allo stesso significato: portare Cristo al mondo.



Roma, 13 maggio 1981,
attentato al Papa


Divina  Misericordia. È stato Giovanni Paolo II a introdurre nel calendario liturgico la festa della Divina Misericordia, la domenica dopo Pasqua. Lui stesso è morto il giorno di questa festa e per questo è stata scelta come data per la sua beatificazione. Il culto era stato diffuso dalla suora polacca Faustina Kowalska, che lui volle proclamata beata e santa. Da giovane operaio e seminarista clandestino Wojtyla da suor Faustina imparò a pregare Gesù Misericordioso. La sua enciclica Dives in Misericordia è ispirata da questa devozione.


L'allora vescovo Luciani con papa Giovanni XXIII.
Il 10  luglio del 1977 il cardinale Albino Luciani, molto devoto alla Madonna di Fatima, vi si reca in pellegrinaggio e  incontra al Carmelo di Coimbra suor Lucia.
Ad  un anno dall’attentato di Ali Agca, Giovanni Paolo II venne aggredito una seconda volta. E rimase ferito. Il racconto e’ stato fatto dal suo segretario personale, il cardinale polacco Stanislaw Dziwisz. In un documentario britannico, infatti, il segretario racconta la vita del papa scomparso. E anche alcuni retroscena sconosciuti. Don Juan Fernandez Krohn, un prete spagnolo, il 12 maggio del 1982, mentre papa Giovanni Paolo II si trovava a Fatima in visita tento’ di uccidere il pontefice con un pugnale. In quell’occasione venne ferito, mentre l’aggressore venne arrestato dalla polizia.
“Adesso posso rivelare che il Santo Padre rimase ferito. Ricordo che quando tornammo nella stanza c’era del sangue“.


 “Uomini, siate uomini” .
Papa Paolo VI il  13 maggio 1967, nel cinquantesimo anniversario della prima apparizione di Fatima, andò in pellegrinaggio al Santuario della Madonna di Fatima e scrisse un’enciclica per l’occasione. In precedenza il papa aveva donato una rosa dorata al Santuario affinché fossero affidate a Maria le sorti del mondo.





Buona giornata a tutti. :-)

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