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giovedì 10 maggio 2018

La carità fraterna - Madeleine Delbrêl

Come base e nerbo della vita comune secondo il vangelo è la carità fraterna. La comunione alla vita di Dio è la sola fonte di un amore reciproco. 
La forza la si trae dall’essere partecipi di un appello comune. 
La vita comune è sopra ogni altra cosa il terreno dove affonda le sue radici la nostra carità. 
Nella vita comune noi possiamo verificare, fortificare, espandere il nostro stato di carità. 
Questo non avverrà mai a poco prezzo. 
Ma ogni difficoltà può essere, con l’aiuto di ognuno, meno difficile per ognuno, come può per ognuno divenire troppo difficile a causa di ognuno.
La vita comune non deve renderci giudici gli uni degli altri. 
Dei fratelli non si giudicano tra loro, ciò di cui possiamo dare giudizio è se la vita insieme è deviata, lesa, disonorata.
“Fare amare l’amore” in ognuno, ad ognuno nella vita comune, è tutta un’arte, una delle arti più belle che esistano. 

La sua iniziazione sarebbe lunga. Occorrerebbe la volontà di una certa apertura, di una certa attenzione, di scoprire ciò che è “l’altro” negli altri.
L’interdipendenza che lega i membri della fraternità li sottomette gli uni agli altri. 
Ognuno deve considerare gli altri come persone che gli sono state affidate, tutti devono essere consapevoli che ognuno dei fratelli gli è stato affidato; affidato come si affida qualcuno ad un amico prima di morire.
Chiunque siano le persone  le ameremo con tutte le nostre forze, ma anche con quell’amore incredibile che Dio soltanto ha, che Dio soltanto è. 
Se sembriamo avere delle preferenze è perché l’amore non può non agire, non può non rispondere secondo i bisogni. Se pensiamo vi siano delle “preferenze evangeliche”, non sono delle vere preferenze, ma è solo l’amore che non può lasciare  aver fame coloro che hanno fame, essere nudi coloro che non hanno abito, piangere coloro che piangono, peccare quelli che peccano, dimenticare coloro che si trovano nelle tenebre della morte.
La vita insieme non è che un moto d’aria sottile e violento per impedire, per impedirci di carbonizzare o di vegetare sotto le ceneri, perché fuori, chiunque, qualunque cosa, riceva quello che può attendere dall’amore.
Se la fraternità non incontra una certa gioia, c’è da temere che non persegua un certo amore.

- Madeleine Delbrel -
da: "Comunità secondo il Vangelo", ed. Gribaudi 1996




Al di sopra di beghe, pettegolezzi, livori, deve ispirarci la carità cristiana.

- San Giuseppe Moscati - 



Carità (s.f.). Un'amabile disposizione dell'animo che induce a perdonare negli altri i peccati e i vizi cui siamo dediti noi stessi.

- Ambrose Bierce -



Che cos'è una comunità senza carità fraterna? Un purgatorio o meglio un inferno anticipato.

- Giuseppe Allamano - 



Buona giornata a tutti. :-)


domenica 6 maggio 2018

Le delusioni - Jean Vanier

Seguendo Gesù, Pietro è stato deluso tre volte.
Immagino che sia stato deluso quando Gesù l'ha chiamato; una parte di lui doveva rimpiangere la sua vita di pescatore e la sua vita familiare. Ma il suo amore per Gesù e la sua speranza gli hanno permesso di superare questa prima delusione.

Poi è stato deluso perché Gesù non era esattamente come lui avrebbe voluto che fosse. Avrebbe preferito un Gesù profetico e messianico, che non gli lavasse i piedi e non parlasse di morire.

Infine, la sua più grande delusione è stata che Gesù accettasse di diventare debole e di morire, e allora l'ha rinnegato.

Sono le tre delusioni della vita comunitaria.

La prima delusione, che è sicuramente la meno difficile, è quando vi si entra. 
Ci sono sempre in noi delle parti che restano attaccate ai valori che si sono lasciati.

La seconda delusione è quella di scoprire che la comunità non è così perfetta come si era creduto, che ha delle debolezze e dei difetti. 
L'ideale e le illusioni cadono, si è davanti alla realtà.

La terza delusione è la più dolorosa, quando ci si sente mal compresi e perfino respinti dalla comunità, quando per esempio non si è rieletti responsabili, o non ci vengono date le funzioni che avevamo sperato. 
E questa terza delusione ne porta un'altra, quando si sentono sorgere in noi la collera e le frustrazioni.

Per arrivare all'integrazione totale in una comunità, occorre saper passare attraverso le diverse delusioni che sono tutte dei nuovi approfondimenti, dei passaggi verso la liberazione interiore.

- Jean Vanier -
Fonte: “La comunità luogo del perdono e della festa” di Jean Vanier, Ed.JakaBook, 1991





Chi non ha patria all’est come all’Ovest è colui che riconosce la presenza di Cristo...nella propria vita, nella trama dei propri rapporti dentro la società in cui vive; e La riconosce fino al punto che è tale presenza a determinare la sua modalità di percezione, di vedute , di giudizio su tutta la realtà.

- don Luigi Giussani -




Io amo il mio prossimo quando voglio appassionatamente che egli viva, di quella vera vita, unica per lui, che egli riceve da Dio, il solo Padre. 
Io mi impegno a servire il suo camminare in quella vita, a non avere progetto alcuno su di lui, alcuna volontà se non che viva quella vita che gli appartiene. 

- Jean-Pierre Brice Olivier - 




Buona giornata a tutti. :-)




martedì 13 febbraio 2018

Il fascio di frecce e pietre e calce per un muro solido

Un re buono si trova in punto di morte. Riuniti tutti i sudditi, ordina che gli venga portata una freccia e chiede al meno forte di loro di spezzarla. Questi soddisfa la richiesta con facilità. Poi fa portare un fascio di frecce legate assieme, e chiede al più forte di romperle. Costui, però, malgrado mille sforzi, non ci riesce.
Allora il sovrano dice ai sudditi: «Ecco cosa vi lascio come eredità; l'unione tra voi. Siate uniti gli uni con gli altri. Questo vi darà una grande forza, alla quale, da soli, non sareste mai capace di attingere».

- Storia ebraica -  



Pietre e calce per un muro solido

Quando devi fare un muro di pietre, devi prenderle una per una e lavorarle per bene. 
Se riesci a squadrarle bene, ci vuole meno calce per farle combaciare. 
La calce che ci tiene insieme è la carità.
Se ognuno rimane con gli spigoli che ha, ci vuole molta più calce per tenerci insieme. Se lavoriamo su noi stessi cercando di smussare gli spigoli, ci vuole meno fatica per farci stare uniti.

"Carissimi, stringendovi a Cristo, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale." (1 Pt 2,4-5)



Con te che sei la nostra pace

Signore Gesù, tu hai detto:
Vi lascio la mia pace,
ve la do in modo diverso
da come la dà il mondo.
Hai anche detto
che dove alcuni sono uniti nel tuo nome,
Tu sarai certamente con loro.
Tu sei dunque qui in mezzo a noi.
Aiutaci a vivere insieme con te,
nello scorrere dei giorni:
con te che sei la nostra pace.

Aiutaci a riconoscerti in ognuno
che incontriamo.
Aiuta il nostro cuore
a passare nel tuo Cuore che, unito al Padre,
è aperto a ogni uomo, a ogni creatura
nell'alito vivificante dello Spirito Santo.

Aiuta gli occhi del nostro cuore
a riconoscerti sempre
nel volto di chi gioisce e di chi piange,
di chi ha successo nella vita
e di chi, stanco e deluso,
si scoraggia e deprime.

Aiutaci a credere che la tua pace
può abbattere il reticolato
delle nostre diffidenze e discordie,
può fiorire anche
nelle aride sabbie dei nostri egoismi
scoperchiati dalla tua Parola e vinti dalla Tua grazia.

Aiutaci, Gesù nostra Pace,
a presentarci al mondo con un volto da salvati,
con occhi pensosi ma vividi di speranza
con progetti di collaborazione
costruttiva con quanti,
da qualsiasi sponda religiosa politica razziale provengano,
siano come noi sinceramente decisi a volere il bene di tutti.

Aiutaci a fare della tua pace
il nostro stile di approccio relazionale
con ogni uomo e donna,
con ogni giovane e anziano
che scopre nell'adesione al tuo volere
la profonda e vera radice della pace.


Aiutaci, o Signore, a percorrere
tutti i sentieri della vita
nel sole della tua presenza
perché, sorretti dalla preghiera
dalla vita sacramentale
e da un rapporto positivo con ogni creatura,
giungiamo a bussare alla porta
della tua e nostra casa.
Proprio perché arriveremo insieme 
a tanti fratelli e sorelle da te pacificati,
noi lo sappiamo: tu ci spalancherai la porta
della pace e della gioia senza fine.


Comunità FMA dell'Eremo San Biagio
La Voce di San Biagio


Buona giornata a tutti. :-)





domenica 11 febbraio 2018

Perchè ci si riunisce in comunità? - Madeleine Delbrel

Se dei cristiani vivono in comunità hanno come primo intento quello di essere una risposta a quella proposta di amore che il Cristo ha rivolto ai cristiani: ci si riunisce insieme per vivere, spingendosi il più lontano possibile, il vero amore del Cristo, il vero amore degli altri. 
Ci si riunisce per fare corpo con il Cristo che può cambiare il mondo. 
Una debolezza per la comunità sarebbe quella di accontentarsi dell’amicizia, del cameratismo, dell’affetto: deve essere l’amore di Cristo a cementarci gli uni agli altri. 
La fortuna della comunità sta nell’incontrare persone che sono decise ad amarsi insieme fino in fondo, senza cedere ad inutili indulgenze degli uni verso gli altri. 
Affinché il regno di Dio venga, è necessario che vi sia unità: una comunità viva è una piccola parte del Regno di Dio e non può quindi esservi vero conflitto tra missione e comunità. 
Il gruppo rischia la consuetudine, l’invecchiamento, se si riduce a rapporti di gentilezza. 
Una delle sue regole è il principio: “chi perde, vince”; nessuno ha dei diritti sulla comunità, ma la comunità deve assumersi i diritti di ognuno. 
L’amore non fa rivendicazioni. Naturalmente bisogna anche bene mettersi in testa che unità non vuol dire uniformità : esiste, più o meno, sempre la tentazione dell’unità confortevole, in cui tutti avrebbero voglia di fare tutto nello stesso modo e nello stesso momento. 
Dobbiamo invece cercare di vedere la personalità di ognuno nel Signore e di sbarazzarci di tutti i pregiudizi che si hanno sugli altri. 
Il mondo ha diritto che le nostre comunità siano sane e sante: quando un gruppo cessa di essere tale, significa che la presenza del Signore è scomparsa... Non esistono ricette per essere persone che amano; bisogna scendere fino al cuore di Cristo per scoprirne il modo. Tutto il resto non è che espediente.

- Madeleine Delbrel - 
da: "Comunità secondo il vangelo", Gribaudi, 1996 



Quando si vuole cambiare le persone, invece di amarle come esse sono, si corre sempre il rischio di un rifiuto da parte loro.

- Jean Vanier - 



Il catino di acqua sporca….


Se dovessi scegliere una reliquia della tua Passione
prenderei proprio quel catino colmo d’acqua sporca.
Girare il mondo con quel recipiente
e ad ogni piede cingermi dell’asciugatoio
e curvarmi giù in basso,
non alzando mai la testa oltre il polpaccio
per non distinguere i nemici dagli amici
e lavare i piedi del vagabondo, dell’ateo, del drogato,
del carcerato, dell’omicida, di chi non mi saluta più,
di quel compagno per cui non prego mai,
in silenzio,
finché tutti abbiano capito nel mio
il tuo Amore.

- Madeleine Delbrel -



Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it

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giovedì 11 gennaio 2018

Le ferite dell'infanzia - Jean Vanier

A volte le ferite dell'infanzia sono talmente profonde ed hanno portato alla creazione di sistemi di difesa talmente potenti, un po' come quell'uomo che vi dicevo prima, quello della prigione, dove c'erano strati e strati di protezione! E' un lungo, lungo, lungo cammino perché possano credere di essere amati. 
Per qualcuna di queste persone è pericoloso essere amati, troppo pericoloso essere amati. Allora ci vogliono degli anni. Bisogna sapere come avvicinarsi, non troppo vicino nè troppo lontano, bisogna, come sempre, essere veri, parlare delle proprie difficoltà .

C'è tutto un modo di avvicinare una persona che è molto ferita ed è evidente che ci sono persone che non saranno mai totalmente guarite, porteranno queste ferite per tutta la loro vita. 

C’è troppa violenza, ci sono troppe ferite dentro di noi ed è evidente che non possiamo essere i salvatori di tutto il mondo. 
E' Gesù che è il salvatore. 
Noi possiamo aiutare alcune persone a far cadere le loro barriere ed entrare in questo mondo di relazione. Per altri non possiamo.
Non molto tempo fa ero in ospedale in Romania, ed ho vissuto un'esperienza molto dolorosa. Era un ospedale con molti bambini handicappati e, come dicevo prima, spesso mi piace prendere un bambino, toccarlo, metterlo contro il mio corpo e vedere il bambino che si trasforma. Poi è doloroso rimetterlo giù e vedere questo velo che cade di nuovo. 
Mi sono avvicinato ad un bambino e, quando l'ho toccato, è stato come se gli avessi dato una scarica elettrica. E' saltato indietro. 
E' la prima volta che mi è successo, e allora, con ancor più delicatezza, ho cercato di toccare questo bambino. E' saltato indietro come se gli avessi dato una seconda scarica elettrica. 
Era un bambino piccolo piccolo, qualche mese soltanto, ed è chiaro che era entrato in un mondo psicotico grave. Quando un bambino fa così e salta indietro perché lo si tocca, è perché la psicosi è già grave; che cosa ci vorrebbe, perché possa ritrovare una relazione più accettabile? 
E' difficile credere che questo sia possibile. Anche se fosse possibile, non ci sarà mai una guarigione.
Vivo con uomini e donne che hanno delle psicosi abbastanza gravi, bambini profondamente autistici, che porteranno questa ferita per tutta la vita. Potranno trovare una certa pace e dobbiamo scoprire come comunicare con loro, nelle psicosi, nelle ferite profonde, non esigere che si crei una comunicazione subito facile. 
Loro devono poter scoprire che li accettiamo così come sono e che comunichiamo con loro, secondo il loro modo e non secondo il nostro. 
Non possiamo credere che tutti quanti guariscano, ma tutti quanti, se sono ben accolti, possono trovare una certa pace. 
Dobbiamo cercare le condizioni e l'ambiente necessario, perché questo avvenga.

- Jean Vanier - 




O Cristo.
Sono entrato nel recinto dell’oscurità,
e le tenebre mi fanno male,
mi feriscono, mi danneggiano.

Sento la Tua mancanza.
So che Tu sei in me.
Ma te ne stai silenzioso,
tranquillo,
aspettando la mia decisione.

Tu sai...
io non posso vivere senza di Te.
La vita, senza di Te,
è vuota, senza senso,
senza colori.
È angoscia.
O Cristo,
non rimanere silenzioso.

Salvami!


- Ignacio Larrañaga -


Buona giornata a tutti. :-)





venerdì 5 gennaio 2018

Vita comune e fraternità - Madeleine Delbrel

Come base e nerbo della nostra vita comune, noi non possiamo non contare che sulla carità fraterna. 
La comunione alla vita di Dio è la sola fonte di un amore reciproco per la particella della chiesa che noi siamo. 
Qualunque sia l’aspetto di questo amore che fra di noi abbia bisogno di venir rigenerato, non vi è che questa sorgente capace di rigenerarlo. 
La fraternità trae forza per noi dall’essere partecipi di un appello comune. 
La vita comune è sopra ogni altra cosa il terreno dove affonda le sue radici la nostra carità. 
Nella vita comune noi possiamo soprattutto verificare, fortificare, espandere il nostro stato di carità. 
Questo non avverrà mai a poco prezzo. Ma ogni difficoltà può essere, con l’aiuto di ognuno, meno difficile per ognuno, come può per ognuno divenire troppo difficile a causa di ognuno. 
Questa vita non deve renderci giudici gli uni degli altri. 
Dei fratelli non si giudicano fra di loro, ciò di cui possono dare un giudizio è se la vita di famiglia è lesa, deviata, disonorata. 
La gravità di un torto che si verifica nell’ambito della vita di una comunità non coincide necessariamente con una colpevolezza. 
Una piccola inezia può impedire di essere esternamente fedele dopo avere fornito un lungo e prolungato sforzo; una piccola inezia può permettere di essere fedele dopo sforzi minori; soltanto Dio conosce quanto gli è stato rifiutato. Spesso noi dimentichiamo di prendere a nostro carico la piccola inezia che ci ha impedito di essere fedeli fino in fondo nella misura del visibile. “Fare amare l’amore” in ognuno, ad ognuno nella vita comune, è tutta un’arte, una delle arti più belle che esistano. 
La sua iniziazione sarebbe lunga. Occorrerebbe la volontà di una certa apertura, di una certa attenzione, di scoprire ciò che è “altro” negli altri, persino nelle grazie di Dio.

- Madeleine Delbrel - 
da: "Comunità secondo il vangelo", Gribaudi editore, 1996 



La gioia di credere - Madeleine Delbrel

Poiché le parole non sono fatte per rimanere inerti nei nostri libri, ma per prenderci e correre il mondo in noi, lascia, o Signore, che di quella lezione di felicità, di quel fuoco di gioia che accendesti un giorno sul monte, alcune scintille ci tocchino, ci mordano, c'investano, ci invadano.
Fa' che da essi penetrati come "faville nelle stoppie" noi corriamo le strade di città accompagnando l'onda delle folle contagiosi di beatitudine, contagiosi di gioia.
Perché ne abbiamo veramente abbastanza di tutti i banditori di cattive notizie, di tristi notizie: essi fan talmente rumore che la tua parola non risuona più.
Fa' esplodere nel loro frastuono il nostro silenzio che palpita del tuo messaggio.

- Madeleine Delbrel -



Buona giornata a tutti. :-)





martedì 2 gennaio 2018

Il coraggio di affrontare una sofferenza più profonda - Jean Vanier

Nella bellezza e nella fragilità di questa esperienza di comunione, c’è anche una sofferenza.
Perché, con la nostra capacità di amare sono risvegliate anche la nostra vulnerabilità e sensibilità più profonda. La scomparsa delle barriere e dei nostri sistemi di difesa e di controllo, lasciano emergere alla nostra coscienza non soltanto le acque vive dell’amore ma anche le potenze delle tenebre: il nostro bisogno di possedere, il nostro desiderio di attaccarci agli altri, a volte cercando una fusione, per riempire il nostro vuoto, gli accessi di gelosia e, insieme, la capacità di odiare, le pulsioni sessuali che disturbano la coscienza.
L’amore è dolce e bello ma può essere accompagnato da una terribile paura: la paura dell’avvenire e del rischio dì andare troppo oltre, la paura che il tutto conduca soltanto alla morte della nostra cosiddetta libertà, la paura di essere feriti, perché amare significa diventare vulnerabili. 
Amare è sempre un rischio.
Quando ci avviciniamo a persone spezzate, possono risalire alla superficie del nostro essere sofferenze nuove, magari quando siamo stanchi o depressi, o quando abbiamo perso il contatto con il centro del nostro essere o quando la persona ferita ci provoca. 
In questo caso, la persona ci chiede qualcosa che noi siamo incapaci di dare, sia perché il nostro pozzo è a secco e ci sentiamo vuoti, sia perché la persona che ci sta di fronte chiede troppo. [………]
La grazia tranquilla della comunione è scomparsa. ‑ Era solo illusione? ‑ Al suo posto c’è solo un terribile disordine interiore.
E’ la scoperta delle nostre spaccature, nascoste dietro la capacità di «fare» e di conoscere, nascoste dietro la noncuranza, la sicurezza, il buonumore, nascoste anche dietro le opere di pietà e i momenti di preghiera. 
Quando tocchiamo le nostre tenebre ‑ così profonde, così terribili ‑ ci vergogniamo talmente da voler fuggire.
Allora troviamo ogni sorta di scusa per lasciare gli altri alla loro sofferenza e poterci sottrarre totalmente alla relazione con loro. 
E non osiamo parlare a nessuno di questa penosa esperienza, cerchiamo di dimenticarla e ci sentiamo colpevoli.
Oppure possiamo accettare di guardare ciò che abbiamo dentro e scoprire chi siamo, in verità. 
Sotto quest’apparenza dì gioiosa generosità, sotto quest’immagine di bontà che amiamo dare agli altri, e che forse abbiamo curato, non siamo nient’altro che una persona spezzata che ha bisogno di guarigione.
Può essere questo il momento della nostra salvezza, un passaggio di crescita verso l’unità interiore, una traversata spirituale che ci farà rinascere in verità, se l’accogliamo umilmente. Ma non è facile. 
E’ grande la tentazione dì fuggire la realtà ferita del nostro essere, di non guardarla, di non ammetterla.
Abbiamo bisogno di una guida che possa aiutarci a interpretare questa sofferenza e a capire quello che succede. E’ un’esperienza terribile e umiliante, ma è anche un’esperienza di verità.
Meglio sapere chi siamo veramente, conoscere le tenebre che ci abitano, accettarle e affrontarle, piuttosto che pretendere che non esistano e organizzare la vita in modo tale che le tenebre restino nascoste. In questo modo non faranno altro che aggravarsi e governeranno la nostra vita a livello inconscio fino a quando, forse, riappariranno sotto un’altra forma.

Jean Vanier -
tratto da: "Il corpo spezzato", Jaca Book ; pp. 89-92


I due grandi pericoli di una comunità sono gli "amici" e i "ne­mici".
Molto presto la gente che si somiglia si mette insieme; fa molto piacere stare accanto a qualcuno che ci piace, che ha le nostre stesse idee, lo stesso modo di concepire la vita, lo stesso tipo di umorismo.
Ci si nutre l'uno dell'altro; ci si lusinga:
"sei meraviglioso", "anche tu sei meraviglioso", "noi siamo meravi­gliosi perché siamo i furbi, gli intelligenti."
Le amicizie umane possono cadere molto in fretta in un club di mediocri in cui ci si chiude gli uni sugli altri; ci si lusinga a vicenda e ci si fa cre­dere di essere intelligenti.

Allora l' amicizia non è più un inco­raggiamento ad andare oltre, a servire meglio i nostri fratelli e sorelle, a essere più fedeli al dono che ci è stato dato, più atten­ti allo Spirito, e a continuare a camminare attraverso il deserto verso la terra promessa della liberazione.

L'amicizia diventa soffocante e costituisce un ostacolo che impedisce di andare verso gli altri, attenti ai loro bisogni.
Alla lunga, certe amicizie si trasformano in una dipendenza affettiva che è una forma di schiavitù.

 - Jean Vanier -
   Fonte:  “La comunità luogo del perdono e della festa” di Jean Vanier


Buona giornata a tutti. :-)