Il piccolo abete aveva impiegato tutta
l’estate a crescere. Si era proprio messo d’impegno e ora giocava felice con i
venti invernali.
Si sentiva abbastanza robusto per resistere anche ai più
forti. Le radici, che si erano ramificate in profondità, conferivano al giovane
abete una baldanzosa sicurezza.
Ma una gelida mattina di dicembre,
mentre i fiocchi di neve sfarfallavano pigri, l’abete avvertì uno strumento
acuminato che gli tagliava e strappava le radici.
Poco dopo due mani d’uomo, rudi e
sgarbate, lo estirparono dalla terra e lo caricarono nel baule puzzolente di
un’automobile che ripartì subito verso la città. Il viaggio fu terribile
per il povero abete, che pianse tutte le sue lacrime di profumata resina.
Dopo mille dolorosi sballottamenti, si
ritrovò finalmente alla luce. Lo misero in un grosso vaso, in bella mostra. La
terra del vaso era fresca e l’abete ebbe un po’ di sollievo e ricominciò a
sperare. Divenne perfino euforico, quando mani di donna e piccole mani di
bambini cominciarono a infilare tra i suoi rami fili dorati, luci colorate e
lustrini scintillanti.
“Mi credono il re degli alberi”,
pensava. “Sono stato veramente fortunato. Altro che starmene là al freddo
e alla neve…”.
Per un po’ di giorni tutto andò bene.
L’abete faceva un figurone, nel suo abbigliamento luccicante. Era contento
anche del presepio che avevano collocato ai suoi piedi: guardava con commozione
Maria e Giuseppe, il Bambino nella mangiatoia e anche l’asino e il bue.
Di sera, quando tutte le piccole luci
colorate erano accese, gli abitanti della casa lo guardavano e facevano:
“Ooooh, che bello!”.
Poi gli venne sete. Sul principio era
sopportabile. “Qualcuno si ricorderà di sicuro di darmi un po’ d’acqua”,
pensava l’abete. Ma nessuno si ricordava e la sofferenza dell’abete divenne
terribile. I suoi aghi, i suoi bellissimi aghi verde scuro, cominciarono a
ingiallire e cadere. Si rese conto che aveva lentamente cominciato a morire.
Una sera, ai suoi piedi vennero
ammucchiati molti pacchetti confezionati con carta luccicante e nastri
colorati.
C’era molta eccitazione nell’aria. Il
mattino dopo scoppiò il finimondo: bambini e adulti aprivano i pacchetti,
gridavano, si abbracciavano. L’abete riuscì appena a pensare: “Tutti qui
parlano d’amore, ma fanno morire me…”. Improvvisamente una piccola mano lo
sfiorò. La sorpresa dell’abete fu infinita: davanti a lui c’era il Bambino del
presepio.
“Piccolo abete”, disse il Bambino
Gesù, “vuoi tornare a vivere nel tuo bosco, in mezzo ai tuoi fratelli?”.
“Oh sì, per piacere!”.
“Ora, che hanno avuto i regali, non
gliene importa più niente di te… E nemmeno di me”.
Il Bambino Gesù prese
l’abete, che d’incanto ridivenne verde e vigoroso. Poi insieme volarono via
dalla finestra.
Tratto da “Le storie del Buon Natale”
di Bruno Ferrero
Il presepe
Guardo il presepe
scolpito,
dove sono i pastori
appena giunti
alla povera stalla di
Betlemme.
Anche i Re Magi nelle
lunghe vesti
salutano il potente
Re del mondo.
Pace nella finzione e
nel silenzio
delle figure di
legno: ecco i vecchi
del villaggio e la
stella che risplende,
e l'asinello di
colore azzurro.
Pace nel cuore di
Cristo in eterno;
ma non v'è pace nel
cuore dell'uomo.
Anche con Cristo e
sono venti secoli
il fratello si
scaglia sul fratello.
Ma c'è chi ascolta il
pianto del bambino
che morirà poi in
croce fra due ladri?
- Salvatore Quasimodo
La conclusione della
poesia di Quasimodo è molto amara e l’autore sembra affermare l'inutilità della
venuta di Gesù in mezzo a noi.
La nostra amarezza
nello sperimentare ogni giorno che la durezza dei nostri cuori rende vano il
messaggio di amore e di pace che Cristo ci ha portato.
Il Signore ci doni la
grazia di una fede più forte e tenace per comprendere che celebrare il Natale
significa proclamare che nonostante tutto l’amore di Dio trionferà.
Buona giornata a tutti :-)
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