"Ecco, sono ben meschino: che ti posso rispondere? Mi metto la mano sulla bocca".
Finalmente la resa! Quando Giobbe ha cominciato ad ascoltare Dio ed a contemplare, in silenzio, l'opera sua, ha attinto alla fonte della sapienza.
Allora ha capito di essere ignorante: so di non sapere.
Comprendo che non comprendo, perchè sono troppo piccolo...
Comprendo che davanti a te devo soltanto adorare, accogliere il tuo mistero; ed è così che ti conosco non per sentito dire, non più per concetti astratti, ma per esperienza di fede ed amore.
E sono pieno di stupore perchè tu, così grande, tu mi sei vicino e ti degni di istruirmi, di farmi conoscere il tuo amore.
Ora posso dire che ti conosco davvero come Dio, perchè accetto il tuo mistero e non ho più paura di te. Sento, infatti, che tu sei l'Amore, sei il "Tu" che mi salva dalla mia solitudine, che mi trae fuori dal mio egocentrismo, e mi libera da me stesso.
Ora il centro della mia vita sei tu, solo tu, e la mia gioia è stare con te; la mia gioia è che tu, dio, sia veramente il mio Dio da sempre e per sempre!
E' stato necessario compiere un lungo cammino, un cammino nel buio, nella più desolata solitudine per arrivare a questo approdo di fede e di fiducia. Giobbe è ormai giunto a un retto concetto di Dio, a una conoscenza di Dio non più in misura di uomo razionale, ma di uomo credente.
La sua fede si è purificata nel cruogiolo dell'umiliazione e del dolore e il suo rapporto con Dio è diventato gratuito.
Giobbe conosce Dio ormai al di là di ogni immagine che prima si faceva di lui; al di là di ogni categoria mentale. "Altro è credere che Dio esiste - diceva il monaco Silvano del monte Athos - altro è conoscere Dio".
L'uomo-Giobbe arriva a tale conoscenza attraverso il tormento e, proprio perchè ha l'intuizione profonda del Dio trascendente e vicino, ora tace e contempla. Ignaro di sé, estasiato di lui.
L'approdo al lido sereno della pace sta proprio nel superamento di sé. Perdendosi, Giobbe si ritrova: ritrova in Dio il senso della propria vita. Ormai può dire: sia che io viva, sia che io muoia, sia che io sia ricco o che sia povero, sano o malato, io valgo unicamente in relazione a te che sei il mio Dio.
La comunione con Dio vale più di tutto il resto. Mentre tutto passa, Dio rimane e la vita dell'uomo riceve consistenza proprio da questa relazione vitale e indistruttibile che ha con colui che è.
Finalmente la resa! Quando Giobbe ha cominciato ad ascoltare Dio ed a contemplare, in silenzio, l'opera sua, ha attinto alla fonte della sapienza.
Allora ha capito di essere ignorante: so di non sapere.
Comprendo che non comprendo, perchè sono troppo piccolo...
Comprendo che davanti a te devo soltanto adorare, accogliere il tuo mistero; ed è così che ti conosco non per sentito dire, non più per concetti astratti, ma per esperienza di fede ed amore.
E sono pieno di stupore perchè tu, così grande, tu mi sei vicino e ti degni di istruirmi, di farmi conoscere il tuo amore.
Ora posso dire che ti conosco davvero come Dio, perchè accetto il tuo mistero e non ho più paura di te. Sento, infatti, che tu sei l'Amore, sei il "Tu" che mi salva dalla mia solitudine, che mi trae fuori dal mio egocentrismo, e mi libera da me stesso.
Ora il centro della mia vita sei tu, solo tu, e la mia gioia è stare con te; la mia gioia è che tu, dio, sia veramente il mio Dio da sempre e per sempre!
E' stato necessario compiere un lungo cammino, un cammino nel buio, nella più desolata solitudine per arrivare a questo approdo di fede e di fiducia. Giobbe è ormai giunto a un retto concetto di Dio, a una conoscenza di Dio non più in misura di uomo razionale, ma di uomo credente.
La sua fede si è purificata nel cruogiolo dell'umiliazione e del dolore e il suo rapporto con Dio è diventato gratuito.
Giobbe conosce Dio ormai al di là di ogni immagine che prima si faceva di lui; al di là di ogni categoria mentale. "Altro è credere che Dio esiste - diceva il monaco Silvano del monte Athos - altro è conoscere Dio".
L'uomo-Giobbe arriva a tale conoscenza attraverso il tormento e, proprio perchè ha l'intuizione profonda del Dio trascendente e vicino, ora tace e contempla. Ignaro di sé, estasiato di lui.
L'approdo al lido sereno della pace sta proprio nel superamento di sé. Perdendosi, Giobbe si ritrova: ritrova in Dio il senso della propria vita. Ormai può dire: sia che io viva, sia che io muoia, sia che io sia ricco o che sia povero, sano o malato, io valgo unicamente in relazione a te che sei il mio Dio.
La comunione con Dio vale più di tutto il resto. Mentre tutto passa, Dio rimane e la vita dell'uomo riceve consistenza proprio da questa relazione vitale e indistruttibile che ha con colui che è.
- Madre Anna Maria Cànopi -
Fonte: Fammi sapere perchè... Il tema del dolore. Lectio divina sul libro di Giobbe. Edizioni Dehoniane Bologna)
Noi siamo argilla, Signore,
vasi di argilla che un piccolo tocco
manda in frantumi...
Taccia, o Signore, dinanzi a te
la veemenza delle nostre passioni,
che ci spingono all'empietà e alla violenza;
taccia la nostra sete di prestigio...
Taccia l'uomo di fango che è in noi
e avanzi l'uomo nato dal cielo
e al cielo unicamente proteso.
Immersi nel silenzio della tua presenza...
- Madre Anna Maria Cànopi -
Fonte “ Preghiere dal Silenzio”
Buona giornata a tutti. :-)
www.leggoerifletto.it
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