Il Maestro Zen Gutei era solito alzare un dito ogni volta
che rispondeva alle domande dei suoi discepoli.
Prova a osservare la tua vita: se stai facendo qualcosa e
tutto a un tratto smetti, chi se ne accorge?
Ti tieni occupato con cose banali dalla mattina alla
sera, e come unico risultato alla sera sei stanco morto e te ne vai a dormire.
Al mattino poi sei pronto a ricominciare tutto da capo –
ancora le stesse cose inutili. È un circolo vizioso: vivi una vita
non-essenziale, ti incontri con altri esseri non-essenziali, ti ci attacchi…
Ma hai una tale paura a dare un’occhiata alla banalità di
questa vita, che continui a volgere le spalle, è troppo deprimente rendersi
conto della banalità della tua vita – «Ma che sto facendo?»
E se poi ti accorgi che tutto quello che stai facendo è
assolutamente inutile, il tuo ego va a pezzi, perché l’ego si sente importante
solo quando fai qualcosa che giudichi di capitale importanza.
E così ti inventi dei significati per le cose insulse che
continui a fare. Devi credere che stai facendo il tuo dovere di cittadino, che
stai servendo la patria, la famiglia, l’umanità – come se senza di te le cose
non potessero andare avanti. In realtà niente di quello che stai facendo è
importante, ma tu devi dargli un significato, come potrebbe altrimenti
sopravvivere il tuo ego?
Vivi nell’ignoranza e continui a fare cose
non-essenziali. E qualunque cosa tu faccia, persino le tue meditazioni, le tue
preghiere, il tuo andare a messa… tutto è futile.
Anche se preghi non può essere una cosa più profonda che
leggere il giornale, perché il problema non è quello che fai, il problema è
come sei tu. Se tu hai profondità, allora dovunque tu vada, qualunque cosa tu
faccia, le tue azioni saranno essenziali, profonde.
Ma se tu sei superficiale, anche se vai a messa o preghi
tutto il giorno, non fa nessuna differenza: entri in chiesa allo stesso modo in
cui entreresti al cinema. Tu sei lo stesso, perciò che sia un cinema o una
chiesa non può fare molta differenza.
Perché Gutei alzava un dito ogni volta che rispondeva
alle domande dei suoi discepoli?
Tutti i tuoi problemi nascono perché non sei uno, sei
frammentato, diviso, in conflitto. Tutti i tuoi problemi sorgono perché c’è il
caso dentro di te, non c’è nessuna armonia.
Quando la tua mente è divisa non riesci a pregare, non
sei in grado di meditare, perché c’è sempre un conflitto dentro di te.
E ricordati questo: la parte in cui ti stai impegnando di
più perde energia ogni momento che passa, e la parte avversa, che è poi la
parte critica, diventa sempre più forte e alla fine sarà quella che deciderà il
tuo comportamento.
Pazienza significa che sei pronto ad aspettare
all’infinito. E se sei veramente pronto ad attendere all’infinito, non ti
sfiorerà più il pensiero che non è ancora successo niente.
Non ha più alcun senso chiedersi perché si sta sprecando
tanto tempo… se sei pronto ad aspettare all’infinito non c’è più niente che
vada sprecato, e se la tua attesa è eterna, infinita, l’altra parte non avrà
più niente da dire, viene automaticamente resa impotente.
È necessario raggiungere l’unità, annullare la continua
lotta interiore. Ecco perché Gutei era solito alzare un dito ogni volta che
parlava dello Zen. Con questo gesto intendeva dire: «Sii uno! – e tutti i tuoi
problemi saranno risolti».
Vi sono molte religioni, molti cammini spirituali, molti
metodi, ma il punto essenziale è sempre lo stesso: devi diventare uno.
Qualunque cosa tu scelga di essere diventa uno, e se
riesci ad essere infinitamente paziente, se puoi abbandonarti totalmente,
diventerai uno.
Se entrerai in silenzio profondo, se non vi saranno più
pensieri e sarai in stato di meditazione, raggiungerai l’unità. Se preghi Iddio
e la tua preghiera diventa così intensa che tu non esisti più, ti sei
completamente dissolto nella preghiera, questo basterà.
Potando il tuo giardino, se riesci a farti assorbire
totalmente da quello che stai facendo, e non vi è più spazio o pensiero per
nient’altro – allora sei in meditazione, allora colui che medita è diventato la
meditazione – e improvvisamente tutte le onde del maya scompaiono, e tutte le
illusioni cadono.
Sei pervenuto tutto a un tratto a un livello diverso, hai
raggiunto un differente spazio dell’essere, sei arrivato all’Uno.
Quando tu sei uno, ecco che raggiungi l’Uno, il Supremo.
Quando sei molte persone, quando sei diviso, sei nel
mondo. I mondi sono tanti e Dio è Uno.
Ma per conoscere quell’Uno devi prima diventare tu uno,
prima d’allora non potrai mai conoscerlo”
- Osho Rajneesh -
da: "Dieci storie zen", pp. 119-124
- Osho Rajneesh -
Nella serietà non puoi mai essere libero; nella serietà
sarai sempre perseguitato dall’ansia; nella serietà hai sempre paura che
qualcosa possa andare storto.
Con me niente può andare storto perché non c’è niente che sia dritto.
Se c’è qualcosa di dritto, allora qualcosa può andare storto; se non c’è niente di dritto, niente può andare storto.
Questo è il significato del concetto orientale di “leela”, gioco.
Sei stato un po’ troppo serio di recente, seriamente… è tempo di lasciar perdere!
Fatti una bella risata e metti da parte i tuoi bei piani.
Davvero non ne hai bisogno.
Ciò che dovrà accadere accadrà e tu hai una scelta: andarci insieme o andarci contro.
Con me niente può andare storto perché non c’è niente che sia dritto.
Se c’è qualcosa di dritto, allora qualcosa può andare storto; se non c’è niente di dritto, niente può andare storto.
Questo è il significato del concetto orientale di “leela”, gioco.
Sei stato un po’ troppo serio di recente, seriamente… è tempo di lasciar perdere!
Fatti una bella risata e metti da parte i tuoi bei piani.
Davvero non ne hai bisogno.
Ciò che dovrà accadere accadrà e tu hai una scelta: andarci insieme o andarci contro.
- Osho Rajneesh -
A volte cerchi pietre.
A volte cerchi farfalle.
A volte cerchi fiori.
A volte cerchi la verità.
Ma ricorda sempre:
la bellezza sta nel cercare, non in ciò che trovi.
Quella è soltanto una scusa.
A volte cerchi farfalle.
A volte cerchi fiori.
A volte cerchi la verità.
Ma ricorda sempre:
la bellezza sta nel cercare, non in ciò che trovi.
Quella è soltanto una scusa.
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