Signore,
riconosco che tutto da te viene,
tutto è grazia,
gratuitamente dato,
misterioso,
che non posso decifrare,
ma che io accetto secondo le circostante
in cui si concreta tutti i giorni
e te lo offro,
e tutte le mattine te lo offro,
e cento volte al giorno
se tu hai la bontà di farmelo ricordare
io te lo offro.
riconosco che tutto da te viene,
tutto è grazia,
gratuitamente dato,
misterioso,
che non posso decifrare,
ma che io accetto secondo le circostante
in cui si concreta tutti i giorni
e te lo offro,
e tutte le mattine te lo offro,
e cento volte al giorno
se tu hai la bontà di farmelo ricordare
io te lo offro.
(don Luigi Giussani)
“Perché mi hai creato?”. “Perché ti ho
amato!”. “E perché mi hai amato?”. “Perché ti ho amato!”. “E perché nella
confusione delle tenebre del mondo, Tu sei venuto come luce sul mio cammino,
sulla mia strada, mi hai afferrato e collocato dentro di Te, dentro il mistero
della tua persona, mi hai chiamato alla comunione con Te?”.
“Perché ti ho
amato!”. “E perché mi hai amato?”. “Perché ti ho amato!”.
La gratuità è
l’infinito, che è ragione a se stesso.
“E perché nella lunga fila del popolo
cristiano, così facilmente distratto, così facilmente distolto dal suo centro
dal mondo in cui vive, così facilmente abbandonato, come pecore abbandonate dai
pastori, mi hai raggiunto così concretamente in quella tale occasione che mi ha
determinato a un atteggiamento, ad un assetto di vita diverso?”.
“Per amore,
per carità, gratuitamente, “gratis”.
- don Luigi Giussani -
da "Il miracolo
dell'ospitalità", pag.24
Perché l’ospitalità è un miracolo?
Sembrerebbe la cosa più scontata: aprire la porta della propria casa per fare
entrare qualcuno dovrebbe essere normale.
Perché, allora, don Giussani la paragona a
un fatto miracoloso? Perché dovrebbe essere l’esperienza normale di una
famiglia, e invece è così eccezionale che quando accade tutti ci stupiamo.
Viviamo in un contesto umano, culturale e
sociale frutto di una lunga storia, che ha eroso i fattori dell’esperienza
elementare: uno innanzitutto, cioè l’apertura originale del cuore e la
percezione della realtà come positiva, come carica di promessa per la propria
vita. Nel tempo si è introdotta una distanza per cui le cose e le persone sono
diventate come estranee. È terribile questa affermazione di Sartre: «Le mie mani,
cosa sono le mie mani? La distanza incommensurabile che mi divide dal mondo
degli oggetti e mi separa da essi per sempre».
Benedetto XVI ha richiamato la famiglia a
essere «unita e aperta alla vita, ben inserita nella società e nella Chiesa,
attenta alla qualità delle relazioni oltre che all’economia dello stesso nucleo
familiare» (Lettera in vista del VII Incontro Mondiale delle Famiglie – Milano
2012). La stessa consapevolezza del ruolo decisivo della famiglia nel mondo
contemporaneo emerge negli interventi e nei dialoghi tenuti da don Giussani ai
gruppi dell’Associazione «Famiglie per l’Accoglienza». La parola ospitalità –
di cui affido e adozione sono sinonimo — traccia dunque l’identikit di una
famiglia che, con gratitudine e impegno, si rende aperta alla vita,
riconoscendone la sacralità e irriducibilità ultima alla pura misura dell’uomo.
Da questa realtà di famiglia occorre ripartire oggi per affrontare in maniera
efficace e pienamente umana la crisi — economica, ma ancor prima morale — che
incombe sul mondo contemporaneo.
- Julián Carrón -
Dall’introduzione al libro "Il miracolo dell'ospitalità", nella ristampa
del 2012
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