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venerdì 19 agosto 2022

Il Fiume della Pace - Leggenda spagnola

Fulgenzio era un buon padre e un ottimo marito. In un giorno triste e sventurato Francesca, la giovane moglie, dolcissima compagna della sua vita, se n'era andata per sempre.

Piangeva, Fulgenzio, piangeva inconsolabile. Talvolta, gli sembrava dopo un lungo pianto di stare meglio. Momenti inattesi, in cui qualcosa dentro di lui cercava di rassicurarlo che, sì, soffriva, ma non poi così intollerabilmente... che in fondo, forse, col tempo ce l'avrebbe fatta a superare quel momento. Ma poi, d'un tratto, la stilettata rovente di un ricordo... e la calma appena raggiunta si turbava e tornava a perdersi nelle lacrime.

Una sera, rannicchiato sul letto in un pianto silenzioso per non svegliare i bambini, la Vergine delle Lacrime ebbe pietà di lui. Era un'immagine quieta, calda e rassicurante, che lo prese per mano.

«Vieni con me, figlio del dolore» gli disse la Vergine Addolorata. «Vieni con me: andremo in pellegrinaggio al Fiume della Pace. Chiunque si bagna in questo fiume riceve consolazione».

Camminarono per parecchi giorni, e percorsero lande desolate e luoghi così oscuri da non poter distinguere il giorno dalla notte. Ad un certo punto, Fulgenzio cominciò a sentire il rumore di acque scroscianti. Un fiume immenso, dalle acque pure e trasparenti, stava di fronte loro.

«Immergiti nel Fiume della Pace, pellegrino del dolore» gli intimò la Vergine. «Le sue acque scioglieranno la tua pena e la tua angoscia».

Fulgenzio si immerse. Sentì in tutto il corpo nuovo vigore e pace, una pace balsamica che penetrava la carne dolente e leniva le ferite profonde. Dopo quell'immersione purificatrice, Fulgenzio chiese alla Madonna del Pianto: «Da dove provengono le acque benefiche di questo fiume?».

«Sono le lacrime del mondo» rispose la Vergine. «Tutte le lacrime del mondo si raccolgono in questo fiume. Lacrime amare, di paura, di dolore, di delusione, di sconfitta, di rabbia. Ma anche le lacrime più dolci, quelle versate per amore, per il ritorno di una persona cara, per uno scampato pericolo.»

Fulgenzio udì i sospiri e i gemiti di tutti coloro che avevano versato quelle lacrime e comprese che anche le sue lacrime erano ormai un unico pianto, puro e indistinto, che scorreva nelle acque di quel fiume. Si sentì in comunione totale con tutto il dolore e la gioia del mondo. Fu in quel momento che la Madre di Dio gli parlò del dolore di suo Figlio, e Fulgenzio sentì il pianto di Cristo davanti alla tomba di Lazzaro, il pianto nel Getsemani, il pianto della Croce.

Fulgenzio si ridestò improvvisamente, il cuscino era ancora bagnato, ma una pace profonda si era impadronita di lui. Non era più il figlio del dolore, ma della compassione.

Leggenda spagnola

da: "Leggende Cristiane. Storie straordinarie di santi, martiri, eremiti e pellegrini", a cura di Roberta Bellinzaghi, © 2004 - Edizioni Piemme S.p.A. 

https://immaculate.one/la-madonna-del-giorno-29-agosto-1953-madonna-delle-lacrime-siracusa-italia-ver-2#.YtVzcHZBxPY


Buona giornata a tutti :-)


www.leggoerifletto.it






lunedì 14 marzo 2022

L'egoismo non porta lontano - Leggenda popolare spagnola

Un giorno una vecchia signora morì e subito gli angeli addetti al caso si misero all'opera. Uno di loro seguì il funerale e prese nota che ben poca gente la stava accompagnando all'ultima dimora terrena e, ascoltando i discorsi bisbigliati da quello sparuto gruppo, annotò che nessuno aveva giudizi particolarmente favorevoli su di lei. Un altro prese il contenitore dei ricordi e cercò alacremente le impronte lasciate dai gesti amorevoli e quelle lasciate dai gesti sgarbati: ne risultò una sconfortante preponderanza di questi ultimi.

Il terzo infine si intrufolò nella mappa della vita di chi l'aveva conosciuta per misurare se, agendo con generosità o egoismo, avesse avuto un'influenza su di loro e il panorama, anche questa volta, non fu certamente incoraggiante.

Infine i tre angeli si riunirono per un rapido consulto e l'unica cosa che trovarono a favore della vecchia signora fu una pagnotta, regalata un giorno a un mendicante.

Presero quindi la pagnotta come prova a favore, confidando sul fatto che anche un solo gesto concreto di generosità può essere molto importante. Avrebbero comunque portato ogni cosa davanti al giudice preposto a quella sentenza, perché spettava a lui l'ultima parola.

Si recarono quindi dalla defunta che, ancora spaesata dalla nuova situazione, stava aspettando qualcuno che andasse a prenderla.

«Beh, e adesso cosa facciamo?» chiese la donna indispettita dall'attesa.

«Ci aspetta il tribunale per il giudizio sulla tua vita terrena» risposero gli angeli.

La vecchia signora cominciò a ripercorrere velocemente gli anni trascorsi, facendo emergere l'inquietante dubbio che forse molte occasioni per comprendere erano andate sprecate, ma ormai il tempo era scaduto e ciò che era stato non poteva più essere cambiato.

Giunti al tribunale, gli angeli guidarono la donna in una delle innumerevoli stanze, dove un vecchio signore dal volto bonario stava seduto dietro un'immensa scrivania piena di mappe della vita, di scatole di ricordi, di cartelle nelle quali erano racchiusi a bizzeffe ogni sorta di pensieri ed emozioni. Senza contare i cartoni delle giustificazioni che parevano scoppiare tanto erano stati stipati.

Gli angeli consegnarono il risultato delle loro ricerche e il giudice esaminò ogni cosa con grande attenzione, poi si alzò e uscì dalla stanza.

La donna certo non sapeva che nella stanza accanto si trovava l'immenso libro in cui si poteva consultare il tempo passato e quello futuro, giacché in quelle pagine tutto era presente.

Rientrato, il vecchio giudice si fece portare la pagnotta regalata al mendicante e gliela consegnò. Come per magia, non appena l'ebbe presa, la donna cominciò a salire verso l'alto.

Siccome era passato troppo poco tempo dalla morte del corpo, i pensieri non avevano ancora abbandonato l'anima della vecchia e così cominciarono immediatamente a renderla tronfia e compiaciuta del gesto fatto verso quel povero che, in verità, lei non ricordava neanche più.

Mai avrebbe immaginato che una pagnotta, data con noncuranza, l'avrebbe salvata e portata verso l'alto come trainata da un filo invisibile.

A un tratto, dietro di lei, comparve un uomo emaciato e malvestito che si attaccò alla sua veste e fu sollevato con lei, poi un'altra persona si aggrappò a sua volta al povero e poi un'altra e un'altra ancora, fino a formare una lunga fila in salita verso il Paradiso.

L'anima della vecchia signora, tutta intenta a rallegrarsi con se stessa, in un primo momento non si accorse nemmeno di quel codazzo che si portava appresso. Poi, d'un tratto, ricordandosi della terra e della sua vita, ebbe un attimo di smarrimento, si voltò e vide tutte quelle persone che salivano in Paradiso approfittando di lei.

Ne fu assai contrariata e, agitando il lembo della veste con una mano, gridò irritata: «Andate via, la pagnotta appartiene solo a me!».

Nel fare quel gesto il pane le sfuggì di mano, ricadendo velocemente in basso e portando con sé la donna con tutto il suo seguito.

In quello stesso attimo il vecchio giudice scosse tristemente il capo, pensando alle preziose occasioni offerte dall'amore divino e non comprese.

Aprendo il suo voluminoso libro, in fianco al nome della donna, scrisse con cura un'annotazione: «Il male che avvolge la terra è la pretesa che anche una sola piccolissima cosa possa appartenere all'uomo».

Leggenda popolare spagnola


«Se non desistiamo, a suo tempo mieteremo»
La Quaresima ci ricorda ogni anno che «il bene, come anche l’amore, la giustizia e la solidarietà, non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni giorno» (ibid., 11). Chiediamo dunque a Dio la paziente costanza dell’agricoltore (cfr Gc 5,7) per non desistere nel fare il bene, un passo alla volta. Chi cade, tenda la mano al Padre che sempre ci rialza. Chi si è smarrito, ingannato dalle seduzioni del maligno, non tardi a tornare a Lui che «largamente perdona» (Is 55,7). In questo tempo di conversione, trovando sostegno nella grazia di Dio e nella comunione della Chiesa, non stanchiamoci di seminare il bene. Il digiuno prepara il terreno, la preghiera irriga, la carità feconda. Abbiamo la certezza nella fede che «se non desistiamo, a suo tempo mieteremo» e che, con il dono della perseveranza, otterremo i beni promessi (cfr Eb 10,36) per la salvezza nostra e altrui (cfr 1 Tm 4,16). Praticando l’amore fraterno verso tutti siamo uniti a Cristo, che ha dato la sua vita per noi (cfr 2 Cor 5,14-15) e pregustiamo la gioia del Regno dei cieli, quando Dio sarà «tutto in tutti» (1 Cor 15,28).
La Vergine Maria, dal cui grembo è germogliato il Salvatore e che custodiva tutte le cose «meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19) ci ottenga il dono della pazienza e ci sia vicina con la sua materna presenza, affinché questo tempo di conversione porti frutti di salvezza eterna.
FRANCESCO
Roma, San Giovanni in Laterano, 11 novembre 2021, Memoria di San
Martino Vescovo

Buona giornata a tutti :-)







martedì 21 aprile 2020

Dominus tecum, figlio mio

Tutto ciò che sto per narrarvi accadde tanto tempo fa, in un paese di cui nessuno ricorda il nome.
Era un paese prospero e allegro, sdraiato su una dolce collina coltivata con cura e perizia. I suoi abitanti, contadini dall'animo semplice e gentile, erano sempre pronti al sorriso e generosi fra di loro e con i forestieri.
La vita trascorreva senza grandi scosse, con quel tanto di dolce e di amaro che abitualmente l'attraversa quando la si sa guardare con occhio benevolo.
Finché, improvvisamente, qualcosa di insolito e malvagio percorse le strade di quel luogo e incominciò a colpire ora questa, ora quella famiglia. 
Ogni giorno di festa per la nascita di un bimbo si trasformava in un giorno di dolore perché, senza che nessuno potesse darne una spiegazione, il neonato moriva dopo poche ore dalla nascita.
Neppure il vecchio prete, che tante ne aveva viste e passate, riusciva a comprendere da dove quel terribile morbo provenisse e perché si accanisse tanto contro quelle piccole e innocenti creature. 
Dopo aver consultato gli antichi libri, racchiusi nella cripta della chiesa, il brav'uomo cominciò a pensare che forse un folletto malvagio, inviato dalle oscure dimore degli spiriti negativi, si aggirava nel paese, spinto dall'invidia per quel placido angolo di serenità.
Ben presto gli abitanti divennero preda di un'angoscia mai prima d'allora conosciuta, non sapendo spiegarsi come mai la vita si accanisse proprio contro di loro. Essi pregavano con fervore il buon Dio che ogni cosa conosce, perché li aiutasse a uscire da quell'incubo in cui parevano sprofondare sempre di più.
Potete immaginare a questo punto in quale stato d'animo essi si trovarono quando Prospero, il panettiere, annunciò all'intera comunità, riunita per la messa, la prossima nascita di un figlio.
«Ma sei proprio matto!» esclamarono in coro. «Non ti basta quello che già è successo? Non capisci che qualche maleficio si è abbattuto sul nostro paese?».
Prospero, attanagliato dalla paura, non sapeva che dire. 
Ormai non poteva far altro che attendere, rassegnato a sopportare la sua parte di dolore.
Intanto il vecchio prete non aveva smesso per un solo giorno di sfogliare le enigmatiche pagine di quegli antichi testi che le umide pietre della cripta avevano custodito gelosamente così a lungo. Come poteva Dio non aver previsto tutto ciò che stava accadendo e non aver messo a loro disposizione un suggerimento che potesse aiutarli?
Il sant'uomo leggeva e rileggeva, studiava e rifletteva, percependo in cuor suo che dietro tutta quest'affannosa ricerca doveva nascondersi qualcosa di molto più semplice, come solo Dio sa essere semplice.
Nel frattempo i mesi erano trascorsi veloci e il piccolo figlio del panettiere era nato in una assolata quanto fredda mattina di febbraio.
Nella casa, che avrebbe dovuto accoglierlo con gioia, regnava invece un cupo dolore e la giovane mamma scrutava preoccupata il visetto paffuto aspettandosi di vederne volar via la vita, come già tante altre volte era accaduto nel villaggio.
Mentre tutti se ne stavano lì tristi e piangenti, ecco spalancarsi la porta ed entrare il vecchio prete.
«Che splendido bambino, miei cari!» esclamò, abbracciando la stanza con un largo sorriso.
Poi si rivolse alla donna china sul lettino del neonato: «Non piangere, cara, asciuga piuttosto i tuoi occhi e fai quanto ora ti dico!».
Fra la meraviglia generale l'uomo fece sollevare il bimbo, ordinando alla madre di tenerlo in grembo fino a quando lui non avesse deciso altrimenti.
La donna pareva incerta, ma la forza che il vecchio emanava era così concreta che sembrava impossibile contrastarla. 
Prese il piccolo e lo tenne sulle ginocchia finché il bimbo fece un leggero starnuto.
«Dominus tecum, figlio mio!» esclamò subito il vecchio solennemente. 
Nel medesimo istante s'intese una voce sgradevole e irritata provenire dalla cappa del camino.
«Vecchiaccio! Mille volte maledetto! Chi ti ha insegnato tutto ciò?» e, nel dire questo, un folletto ghignante e storpio attraversò di corsa la stanza, uscendo con un balzo dalla porta e scomparendo in un battibaleno dalla vista degli increduli spettatori.
Sotto la forma di una tremolante ombra scura, il male se ne scappò via, vinto dalla forza di due sole parole che però non ammettevano dubbio alcuno.
È inutile che vi diciamo che quel bimbo, come tutti quelli che nacquero da allora in poi, crebbe sano e vispo così come il paese ritrovò tutta la serenità e l'allegria di un tempo.
Se però in questi giorni vi capitasse di passare per caso di là, certamente lo riconoscerete, perché gli abitanti, in segno di buon augurio, vi saluteranno dicendovi: «Dominus tecum, figlio mio, il Signore sia con te!».

- Leggenda popolare spagnola -da: "Leggende Cristiane. Storie straordinarie di santi, martiri, eremiti e pellegrini", a cura di Roberta Bellinzaghi, © 2004 - Edizioni Piemme S.p.A. 


.... No. Non chiamatela sfiga. Vero, il virus è sbarcato in Italia prima di altrove perché così doveva andare, ma i tagli alla nostra sanità pubblica hanno padri e padroni nascosti nelle pieghe della storia recente del nostro Paese. 
Mascherine, tamponi, reagenti, difesa del personale sanitario impegnato nella prima linea del fronte: il nulla colorato di rosso. Come la croce che più volte abbiamo visto sfrecciare sulle ambulanze che raccoglievano i feriti di una guerra mai dichiarata. Se non dai bollettini della Protezione civile.
Chiamatela inefficienza, inettitudine, cupidigia, ignoranza. 
Chiamatela come volete. Ma non chiamatela sfiga. 
Quella non basta per spiegare le ragioni del male che affligge l'Italia da decenni. 
Non basta per spiegare il dolore che per sempre rimarrà impresso nella nostra memoria.


- Dario Pellizzari - 

A Bergamo, nella serata di mercoledì 18 marzo, sono arrivati i mezzi dell’esercito per trasportare le bare di alcune delle persone morte di COVID-19 dal cimitero monumentale ai forni crematori di altre città. Bergamo, la provincia con il maggior numero di contagi da coronavirus in tutta Italia, non riusciva più a gestire la situazione e le attese per le cremazioni – pratica scelta dalla maggioranza delle famiglie delle persone morte – avevano ormai superato la settimana. A Bergamo c’è un solo forno crematorio che sta lavorando a pieno regime, 24 ore al giorno, ma può cremare al massimo 25 defunti al giorno. Anche la camera mortuaria del cimitero non aveva più spazio disponibile, e nei giorni scorsi era stato necessario mettere le bare nella chiesa di Ognissanti, sempre all’interno del cimitero. (da Il-Post)

Buona giornata a tutti. :-)




domenica 12 gennaio 2020

Dominus tecum, figlio mio - Leggenda popolare spagnola


Tutto ciò che sto per narrarvi accadde tanto tempo fa, in un paese di cui nessuno ricorda il nome.
Era un paese prospero e allegro, sdraiato su una dolce collina coltivata con cura e perizia. I suoi abitanti, contadini dall'animo semplice e gentile, erano sempre pronti al sorriso e generosi fra di loro e con i forestieri.
La vita trascorreva senza grandi scosse, con quel tanto di dolce e di amaro che abitualmente l'attraversa quando la si sa guardare con occhio benevolo.
Finché, improvvisamente, qualcosa di insolito e malvagio percorse le strade di quel luogo e incominciò a colpire ora questa, ora quella famiglia. 
Ogni giorno di festa per la nascita di un bimbo si trasformava in un giorno di dolore perché, senza che nessuno potesse darne una spiegazione, il neonato moriva dopo poche ore dalla nascita.
Neppure il vecchio prete, che tante ne aveva viste e passate, riusciva a comprendere da dove quel terribile morbo provenisse e perché si accanisse tanto contro quelle piccole e innocenti creature. 
Dopo aver consultato gli antichi libri, racchiusi nella cripta della chiesa, il brav'uomo cominciò a pensare che forse un folletto malvagio, inviato dalle oscure dimore degli spiriti negativi, si aggirava nel paese, spinto dall'invidia per quel placido angolo di serenità.
Ben presto gli abitanti divennero preda di un'angoscia mai prima d'allora conosciuta, non sapendo spiegarsi come mai la vita si accanisse proprio contro di loro. Essi pregavano con fervore il buon Dio che ogni cosa conosce, perché li aiutasse a uscire da quell'incubo in cui parevano sprofondare sempre di più.
Potete immaginare a questo punto in quale stato d'animo essi si trovarono quando Prospero, il panettiere, annunciò all'intera comunità, riunita per la messa, la prossima nascita di un figlio.
«Ma sei proprio matto!» esclamarono in coro. «Non ti basta quello che già è successo? Non capisci che qualche maleficio si è abbattuto sul nostro paese?».
Prospero, attanagliato dalla paura, non sapeva che dire. Ormai non poteva far altro che attendere, rassegnato a sopportare la sua parte di dolore.
Intanto il vecchio prete non aveva smesso per un solo giorno di sfogliare le enigmatiche pagine di quegli antichi testi che le umide pietre della cripta avevano custodito gelosamente così a lungo. Come poteva Dio non aver previsto tutto ciò che stava accadendo e non aver messo a loro disposizione un suggerimento che potesse aiutarli?
Il sant'uomo leggeva e rileggeva, studiava e rifletteva, percependo in cuor suo che dietro tutta quest'affannosa ricerca doveva nascondersi qualcosa di molto più semplice, come solo Dio sa essere semplice.
Nel frattempo i mesi erano trascorsi veloci e il piccolo figlio del panettiere era nato in una assolata quanto fredda mattina di febbraio.
Nella casa, che avrebbe dovuto accoglierlo con gioia, regnava invece un cupo dolore e la giovane mamma scrutava preoccupata il visetto paffuto aspettandosi di vederne volar via la vita, come già tante altre volte era accaduto nel villaggio.
Mentre tutti se ne stavano lì tristi e piangenti, ecco spalancarsi la porta ed entrare il vecchio prete.
«Che splendido bambino, miei cari!» esclamò, abbracciando la stanza con un largo sorriso.
Poi si rivolse alla donna china sul lettino del neonato: «Non piangere, cara, asciuga piuttosto i tuoi occhi e fai quanto ora ti dico!».
Fra la meraviglia generale l'uomo fece sollevare il bimbo, ordinando alla madre di tenerlo in grembo fino a quando lui non avesse deciso altrimenti.
La donna pareva incerta, ma la forza che il vecchio emanava era così concreta che sembrava impossibile contrastarla. Prese il piccolo e lo tenne sulle ginocchia finché il bimbo fece un leggero starnuto.
«Dominus tecum, figlio mio!» esclamò subito il vecchio solennemente. 
Nel medesimo istante s'intese una voce sgradevole e irritata provenire dalla cappa del camino.
«Vecchiaccio! Mille volte maledetto! Chi ti ha insegnato tutto ciò?» e, nel dire questo, un folletto ghignante e storpio attraversò di corsa la stanza, uscendo con un balzo dalla porta e scomparendo in un battibaleno dalla vista degli increduli spettatori.
Sotto la forma di una tremolante ombra scura, il male se ne scappò via, vinto dalla forza di due sole parole che però non ammettevano dubbio alcuno.
È inutile che vi diciamo che quel bimbo, come tutti quelli che nacquero da allora in poi, crebbe sano e vispo così come il paese ritrovò tutta la serenità e l'allegria di un tempo.
Se però in questi giorni vi capitasse di passare per caso di là, certamente lo riconoscerete, perché gli abitanti, in segno di buon augurio, vi saluteranno dicendovi: 
«Dominus tecum, figlio mio, il Signore sia con te!».

- Leggenda popolare spagnola -
da: "Leggende Cristiane. Storie straordinarie di santi, martiri, eremiti e pellegrini", a cura di Roberta Bellinzaghi, © 2004 - Edizioni Piemme S.p.A.