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giovedì 4 novembre 2021

Vestirsi da condannato a morte di un lager nazista È un insulto imperdonabile ai milioni di uomini, donne, bambini, vittime della ferocia nazista e del buio della ragione - Vasilij Grossman

«Donne e bambini si tolgano le scarpe, prima di entrare nella baracca. Infilate le calze nelle scarpe. Quelle dei bambini dentro i sandali, le scarpe o gli stivaletti. Ordine, mi raccomando». E di nuovo: «Portate nei bagni gioielli, documenti, denaro, asciugamano e sapone... Ripeto...». 

Dentro la baracca femminile c’è la parrucchiera; nude, le donne vengono rasate a zero, alle più anziane tolgono la parrucca. È un momento strano, psicologicamente: le addette hanno poi sostenuto che di solito quella rasatura ante mortem convinceva le vittime che davvero sarebbero andate a lavarsi. 

Le più giovani si tastavano il cranio e, sentendo qualche punta ispida, capitava che chiedessero un ritocco. Solitamente dopo la rasatura le donne erano più tranquille, tutte o quasi lasciavano la baracca con in mano un pezzo di sapone e un asciugamano piegato. Tra le più giovani qualcuna piangeva le belle trecce perdute. Perché le rasavano? Per illuderle? No, perché la Germania aveva bisogno dei loro capelli. Erano materia prima... Ho chiesto a diverse persone che cosa se ne facessero, i tedeschi, della montagna di capelli che rasavano a quei cadaveri ancora in vita. 

Tutti i testimoni riferiscono che cumuli enormi di capelli neri, biondi e color dell’oro, di riccioli e di trecce venivano sottoposti a disinfezione, pressati nei sacchi e spediti in Germania (…)

Gli uomini si spogliano fuori. Dal primo scaglione del mattino ne vengono scelti un centocinquanta – trecento tra i più forti e robusti: verranno usati per seppellire i cadaveri, e verranno uccisi, di norma, il giorno seguente. Gli uomini devono spogliarsi in tutta fretta, ma con ordine, riponendo per bene scarpe, calzini, biancheria, giacche e pantaloni. 

A occuparsi della selezione degli indumenti è una seconda squadra, i «rossi», cosiddetti per la fascia rossa che li distingue da coloro che si occupano del «trasporto». Quanto è ritenuto degno di essere inviato in Germania viene subito portato al deposito.

Nude, le vittime vengono condotte a uno sportello, la «cassa», dove sono invitate a consegnare documenti e preziosi. E la solita voce ipnotica grida: «Achtung! Achtung! Chiunque venga scoperto a nascondere gioielli verrà ucciso! Achtung!».

Qui, alla «cassa», la svolta decisiva – qui finisce la tortura della menzogna che tiene le vittime in uno stato ipnotico di incertezza, in un delirio febbrile; nell’arco di qualche minuto si passa dalla speranza alla disperazione, da visioni di vita a visioni di morte. La tortura della menzogna era un elemento chiave nella catena di montaggio della morte, facilitava il lavoro delle SS. Ma quando sopraggiungeva l’atto finale, l’ultimo saccheggio di quei cadaveri ambulanti, la musica cambiava. E allora i tedeschi spezzavano le dita per strappare gli anelli alle donne, o laceravano loro i lobi per portarsi via gli orecchini.

Il tragitto dalla «cassa» al luogo dell’esecuzione richiede qualche minuto in tutto. Spronate dai colpi, stordite dalle grida, le vittime arrivano su un terzo piazzale e per un istante si fermano, interdette.

Il silenzio sopraggiungeva quando le porte delle camere a gas venivano chiuse. E le grida ricominciavano quando arrivava un nuovo lotto di donne.

Due, tre, quattro, anche cinque volte al giorno. Perché Treblinka non era un semplice luogo di morte. Era una fabbrica di morte, una catena di montaggio improntata a quelle della moderna produzione industriale su larga scala.

***

Queste parole sono di Vasilij Grossman, scrittore e giornalista sovietico, che nel 1944 entrò nel campo di sterminio di Treblinka, dove poté toccare con mano la ferocia nazista.

Vestirsi da condannato a morte di un lager nazista non è una provocazione.

Non è un modo per attirare l’attenzione.

Non è una ragazzata.

Non è solo un gesto ignorante e meschino.

È un insulto imperdonabile ai milioni di uomini, donne, bambini, vittime della ferocia nazista e del buio della ragione.

(La citazione è tratta da: Vasilij Grossman, L'inferno di Treblinka, Adelphi, 2013)



«  Sabato sera, mezzanotte e mezzo
[...] Per umiliare qualcuno si deve essere in due: colui che umilia, e colui che è umiliato e soprattutto: che si lascia umiliare. Se manca il secondo, e cioè se la parte passiva è immune da ogni umiliazione, questa evapora nell’aria. Restano solo delle disposizioni fastidiose che interferiscono nella vita di tutti i giorni, ma nessuna umiliazione e oppressione angosciose.
Si deve insegnarlo agli ebrei.
Stamattina pedalavo lungo lo Stadionkade e mi godevo l’ampio cielo ai margini della città, respiravo la fresca aria non razionata. Dappertutto c’erano cartelli che ci vietano le strade per la campagna. Ma sopra quell’unico pezzo di strada che ci rimane c’è pur sempre il cielo, tutto quanto.
Non possono farci niente, non possono veramente farci niente.
Possono renderci la vita un po’ spiacevole, possono privarci di qualche bene materiale o di un po’ di libertà di movimento, ma siamo noi stessi a privarci delle nostre forze migliori con il nostro atteggiamento sbagliato: con il nostro sentirci perseguitati, umiliati e oppressi, con il nostro odio e con la millanteria che maschera paura. Certo ogni tanto si può esser tristi e abbattuti per quel che ci fanno, è umano e comprensibile che sia così. E tuttavia: siamo soprattutto noi stessi a derubarci da soli.
Trovo bella la vita, e mi sento libera.
I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore.
La vita è difficile, ma non è grave.
Dobbiamo prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sé: e “lavorare sé stessi” non è proprio una forma di d’individualismo malaticcio.
Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in sé stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. E’ l’unica soluzione possibile.
E così potrei continuare per pagine e pagine. Quel pezzetto d’eternità che ci portiamo dentro può esser espresso in una parola come in dieci volumi.
Sono una persona felice e lodo questa vita, la lodo proprio, nell’anno del Signore 1942, l’ennesimo anno di guerra. »

(Etty (Esther) Hillesum)

Fonte: Diario, pagine 126-127, scritte il 29 giugno 1942, in piena occupazione dell'Olanda


Etty (Esther) Hillesum
(Middelburg, 15 gennaio 1914 – Auschwitz, 30 novembre 1943)

Scrisse Il Diario ad Amsterdam, tra il 1941 e il 1943. Non lo sapeva, ma sarebbe stato  il diario degli ultimi due anni della sua vita. Etty fu una donna intelligente, brillante e ricca di interessi. Nel 1942, lavorando come dattilografa presso una sezione del Consiglio Ebraico, ebbe anche la possibilità di salvarsi, ma decise, forte delle sue convinzioni umane e religiose, di condividere la sorte del suo popolo. Etty, i genitori e i fratelli Mischa e Jaap, furono internati tutti nel campo olandese di "transito” di Westerbork, dove fù impiegata come assistente sociale. Il 7 settembre 1943 tutta la famiglia, tranne Jaap, fu deportata nel campo di sterminio di Auschwitz dove, due mesi dopo, trovò la morte insieme a i genitori e al fratello Mischa. 

L’ altro fratello, Jaap, invece perse la vita a Lubben in Germania il 17 aprile 1945 durante il viaggio di ritorno a casa, in Olanda. Il Diario venne pubblicato solo nel 1981.

Buona giornata a tutti :-)

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martedì 9 marzo 2021

Mio Dio, prendimi per mano - Hetty Hillesum

Dio, nel tuo mondo si soffre molto e in maniera atroce; a volte lo avverto, almeno in parte, sulla mia stessa pelle. E anche per questo sono prima di tutto grata che una lontana eco risuoni anche in me e che io possa in questo modo capire e sentire l'umanità sempre meglio "(Hetty Hillesum)


Mio Dio, prendimi per mano, 
ti seguirò,
non farò troppa resistenza.

Non mi sottrarrò a nessuna delle cose
che mi verranno addosso in questa vita,
cercherò di accettare tutto
e nel modo migliore.
Ma concedimi di tanto in tanto
un breve momento di pace.

Non penserò più nella mia ingenuità,
che un simile momento
debba durare in eterno,
saprò anche accettare
l'irrequietezza e la lotta.

Il calore e la sicurezza mi piacciono,
ma non mi ribellerò se mi toccherà
stare al freddo purché
tu mi tenga per mano.

Andrò dappertutto allora,
e cercherò di non aver paura.
E dovunque mi troverò,
io cercherò
d'irraggiare un po' di quell'amore,
di quel vero amore per gli uomini
che mi porto dentro.



(Hetty Hillesum)



"E un bel giorno dirò forse a Ilse Blumenthal:" Sì, la vita è bella, la lodo alla fine di ogni giorno, eppure so che figli di madri, e lei è una madre, sono trucidati nei campi di concentramento. 
E il dolore di tutto ciò bisogna saperlo sopportare; anche se ti lasci devastare, dovrai rialzarti un giorno, perchè un essere umano è tanto forte, perchè il dolore deve diventare una parte di te, una parte del tuo corpo e della tua anima, non devi fuggirlo ma sopportarlo come una persona adulta"



"Devi seguire i percorsi che la vita delinea davanti a te in questo momento, le difficili vie di questo pezzo di storia in cui oggi ci ritroviamo a vivere. Devi continuare a vedere la tua vita in una cornice più grande".

- Hetty Hillesum - 


" L'amicizia non è qualcosa che c'è così per caso: ogni volta deve sorgere qualcosa di nuovo dai molti momenti e umori della giornata e ci dev'essere sempre un elemento di festa in questo rapporto "
- Hetty Hillesum -




" Negli ultimi tempi mi è successo un paio di volte, in un momento, per strada, o in qualunque altro posto, di dovermi fermare senza respiro e chiedermi: è questa davvero la mia vita? Così piena, ricca, intensa e così bella? (..) è in questione l'intero senso della vita, la sempre crescente intensità della vita interiore". (Hetty Hillesum)



- Padre, ho tanta paura delle prove dolorose... dei castighi!

“Devi sapere, che il Padre castiga i figli che ama. Conosci il proverbio: "mazze e pannelli fanno i figli belli?" (cioè mazzate e digiuni sono castighi che educano i figli al bene). 
Dio castiga perchè ci ama, prova il nostro amore e la nostra fedeltà per renderci degni del suo amore e del Paradiso. 

- Padre Pio da Pietrelcina -










































"E' quasi mezzanotte e vado a dormire. Sì, è stato molto bello. E alla fine di ogni giorno sento bisogno di dire: la vita è davvero bella. Davvero mi sto facendo una mia opinione su questa vita (..) E adesso davvero buonanotte." (Etty Hillesum)
 


Buona giornata a tutti. :-)


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mercoledì 27 gennaio 2021

Il 27 gennaio 1945, l’Armata Rossa apriva i cancelli di Auschwitz

Il 27 gennaio 1945, l’Armata Rossa apriva i cancelli di Auschwitz.
Faceva freddo in quelle notti del gennaio 1945. 
Sempre più spesso i prigionieri di Auschwitz udivano forti esplosioni. Era il segnale che l'Armata Rossa si stava avvicinando. Ogni giorno un poco di più. Già il 18 gennaio, per paura di essere catturati, i gerarchi nazisti avevano iniziato la ritirata. 
Tutti i prigionieri sani furono evacuati: le SS portarono con sé più di 60.000 detenuti per un’ultima e terribile marcia verso i lager più occidentali. Pochissimi di loro arrivarono. Quasi nessuno sopravvisse a quella tragica e disumana marcia nel gelo.
Per cancellare le tracce dei loro crimini, inoltre, il 20 gennaio, ad Auschwitz, i nazisti avevano fatto saltare i forni crematori 2 e 3, dove erano stati bruciati i corpi di centinaia di migliaia di ebrei.
La notte tra il 25 e il 26 fu la volta del crematorio 5.
Il giorno dopo le truppe sovietiche della prima armata si trovarono di fronte il cancello del lager, dove campeggiava una delle insegne più tristemente famose dello scorso secolo: "Arbeit Macht Frei": il lavoro rende liberi.
Entrarono quindi nel campo di sterminio, trovando 7.000 prigionieri ancora in vita. Erano quelli abbandonati dai nazisti perché considerati malati.
Quando entrarono nel campo principale, i soldati dell'Armata Rossa trovarono i corpi di circa 600 prigionieri giustiziati dai nazisti in fuga o morti di stenti. I restanti uomini, donne e bambini ancora vivi versavano in condizioni strazianti. 
Appena dopo l'ingresso nel lager, il corpo di Sanità sovietico organizzò il primo ospedale da campo, nel quale furono chiamati a prestare servizio numerosi volontari polacchi dalla vicina cittadina di Oswieçim, che i tedeschi chiamavano appunto Auschwitz. 
Molti dei prigionieri erano gravi e costretti a letto. Tra questi vi erano oltre 400 bambini vittime, oltre che della fame e delle disperate condizioni igienico-sanitarie, anche degli esperimenti del medico delle SS Josef Mengele. 
La maggior parte degli ex-internati dovette attendere 3 o 4 mesi di riabilitazione prima di poter fare ritorno a casa, poiché il loro fisico non era più in grado di ricevere un'alimentazione normale. Molti dei bambini rimasti orfani nel lager furono portati in orfanotrofi o case-famiglia nei mesi di febbraio e marzo 1945. Soltanto pochissimi avrebbero avuto la fortuna di riunirsi con i propri genitori.
Primo Levi l’ha ribadito in numerose occasioni: la liberazione non ebbe niente di festoso, ma fu accompagnata – in chi non era troppo malato o denutrito, per rendersi conto di quanto accadeva – da un insieme di sentimenti contrastanti: la consapevolezza dell’offesa subita, la vergogna per essere sopravvissuti, il rimorso per azioni immorali compiute durante la prigionia o per omissioni di soccorso nei confronti di compagni in difficoltà. 
In altri soggetti, il delirio, la follia o il mutismo totale denotavano che l’esperienza del lager li aveva completamente devastati; in tutti i superstiti, avrebbe lasciato segni profondi e del tutto indelebili.
Il tentativo di annientamento degli ebrei d’Europa perpetrato dal nazismo e dai suoi alleati, nel segno di una ideologia criminale che si abbatté anche contro altre categorie, teorizzando la supremazia di uomini su altri uomini e portando l’Europa e il mondo a una immane catastrofe, è una parte della nostra storia collettiva che scuote le coscienze, spingendo le persone a chiedersi come possa essere accaduto.
Nei campi di sterminio non perirono soltanto donne, bambini e uomini ebrei. Non dobbiamo scordarlo.
Le vittime furono complessivamente fra i 13 e i 19 milioni.



Gli ebrei nei campi di sterminio erano contraddistinti da una stella a 6 punte gialla. 
I popoli rom e i sinti avevano invece il triangolo nero.
Ma la difesa della razza era anche lo sterminio dei disabili fisici o mentali. Già prima della guerra era stato predisposto il programma Aktion T4. 
Questo programma di eugenetica mirava all'eliminazione dei bambini disabili ed alla pratica dell'eutanasia sugli adulti ricoverati o portatori di malformazioni congenite. Si stima che l'esecuzione del programma sia costata la vita di oltre 200.000 persone.
In Germania, la Legge per la prevenzione delle nascite affette da malattie ereditarie, promulgata il 14 luglio 1933, aveva richiesto ai medici di registrare qualsiasi caso di malattie ereditarie, ad eccezione di quelle che affliggessero le donne al di sopra dei 45 anni. La violazione delle norme sulla registrazione era punibile mediante multe. 
Nel 1934, il primo anno di entrata in vigore della legge, circa 4.000 persone presentarono ricorsi amministrativi contro le decisioni delle autorità responsabili per la sterilizzazione. 3.559 ricorsi furono respinti. 
Tra il 1933 e la caduta del regime nazista, ebbe luogo l'istituzione di oltre 200 "Corti per la salute ereditaria" (Erbgesundheitsgerichten), che disposero la sterilizzazione coatta di oltre 400.000 persone.
Gli scienziati tedeschi elaborarono dunque una vera e propria teoria dell’eutanasia sociale, secondo cui bisognava porre fine alle vite non degne di essere vissute, le Lebensunwertes Leben. 
In tal modo si sarebbero risparmiate inutili sofferenze a individui irrecuperabili ed in più si sarebbe garantito che non riproducendosi non avrebbero indebolito la razza. I malati psichici furono spesso utilizzati come cavie umane dagli scienziati nazisti.


Gli omosessuali portavano il triangolo rosa.
Il triangolo rosso cucito sugli abiti nei lager segnalava un altro tipo di prigionieri: gli oppositori politici. 
Milioni tra comunisti, liberali, antifascisti in genere furono deportati con accuse quali resistenza ideologica, sabotaggi, tentata evasione. 
Per i nazisti erano in odore di marxismo anche i cosiddetti “Bibelforscher“, i Testimoni di Geova. Il loro triangolo era viola. Gli aderenti a questo movimento rifiutavano il servizio militare e il saluto nazista, il celebre “Heil Hitler”, in quanto incompatibili con il loro credo: secondo la loro convinzione, infatti, esiste un solo Dio, Geova, e solo a lui, e a nessun altro potente, nemmeno a Hitler, potrebbe mai essere indirizzato un saluto di siffatta riverenza. 
Negli anni del Terzo Reich circa 10.000 Testimoni di Geova, per la maggior parte di nazionalità tedesca, vennero imprigionati e uccisi nei campi di concentramento: la metà degli aderenti al movimento!


Secondo i documenti britannici e le rilevazioni dell’Armata Rossa le vittime potrebbero essere così suddivise, seppure a grandi linee:
- 5,9 milioni di ebrei
- 3 milioni di prigionieri sovietici
- 2 milioni di polacchi (non ebrei)
- 500 mila di Rom e Sinti
- 200 mila disabili e portatori di handicap
- 50 mila cristiani pentecostali
- 200 mila massoni
- 15 mila omosessuali
- 10 mila Testimoni di Geova
- 2,5 milioni di oppositori politici
- 1,5 milioni di prigionieri slavi

Alfred Hitchcock, nel 1945, ha diretto un documentario sull’Olocausto rimasto segreto fino al 1985. Era il re dell'orrore, o perlomeno stava per diventarlo, ma le immagini che si trovò davanti in una saletta dei “Pinewood Studios” fecero arretrare inorridito anche lui.
Prodotto da Sidney Bernstein su ordine del Comando Supremo delle Potenze Alleate in Europa, il documentario fu girato da cineoperatori inglesi al seguito dell’esercito, in dieci campi di concentramento, inclusi Dachau, Buchenwald, Bergen-Belsen e Mauthausen. 
Successivamente fu montato da Hitchcock. 
La pellicola avrebbe dovuto inchiodare la Germania alle sue responsabilità, ma il vento della Realpolitik iniziò presto a soffiare e, per mantenere i rinati equilibri tra vincitori e sconfitti, che hanno dato il via alla cosiddetta “guerra fredda”, si accantonò il documentario, considerato troppo crudo: mostrava montagne di cadaveri scheletrici, cumuli di capelli, di occhiali, valigie e giocattoli. Nel filmato si vedono prigionieri con ancora addosso l'uniforme a strisce dei lager, internati che fanno la doccia per la prima volta senza il timore di finire in una camera a gas o che lottano ostinatamente per sradicare il tifo.
Nel 1985 la pellicola fu rinvenuta negli archivi di Stato britannici e si è dovuto aspettare altri vent’anni, fino al 2014, perché l’antropologo André Singer mettesse le mani sul materiale e lo portasse finalmente alla luce nel suo documentario “Night will fall” (Perché non scenda la notte).


E’ purtroppo vero che anche le grandi democrazie hanno una responsabilità nell’Olocausto: Usa, Canada, Gran Bretagna e altri Paesi avrebbero potuto accogliere i rifugiati ebrei già alla fine degli anni Trenta, ma si rifiutarono. Nel 1938, alla conferenza sui rifugiati ebrei che si tenne a Evian-les-Bains, in Francia, parteciparono 32 Paesi. Nessuno, tranne la Repubblica Dominicana e la Bolivia, rivide le proprie quote d’immigrazione.
Così come dobbiamo rammentare che proprio 80 anni fa, nel 1938, l’Italia si rese protagonista di una vergognosa legislazione anti-ebraica. 
Il 22 agosto del 1938 ebbe luogo il censimento speciale nazionale degli ebrei, ad impostazione razzista. Vennero censite 58.412 persone aventi per lo meno un genitore ebreo; di esse, 46.656 si dichiarano apertamente ebree. Si trattava di circa l’1 per mille della popolazione della penisola. Successivamente, il 2 settembre dello stesso anno, il Consiglio dei ministri approvò un primo gruppo di decreti antiebraici. Essi contenevano tra l’altro provvedimenti immediati di espulsione degli ebrei dalla scuola e di espulsione della maggior parte degli ebrei stranieri giunti nella penisola dopo il 1918.
Dopo che il 6 ottobre il Gran consiglio del fascismo approvò la “Dichiarazione sulla razza”, testo che dettava le linee generali della legislazione antiebraica, il 10 novembre del 1938 il Consiglio dei ministri approvò un secondo e più organico gruppo di leggi antiebraiche. 
Esse tra l’altro contenevano la definizione giuridica di “appartenente alla razza ebraica” e disposero il divieto di matrimonio tra “ariani” e “semiti”; inoltre recavano provvedimenti di espulsione degli ebrei dagli impieghi pubblici, dalla scuola e di limitazione del loro diritto di proprietà.



Assenza fatale

Un giorno Dio si assentò dalla Terra
per trascorrere interminabili anni di vacanze…
lasciando che il disordine degli eventi si manifestasse.
Le nubi oscurarono la luce dei cuori… e si scatenò l’inferno.
Campi di grano di spighe vuote inondati di sangue
di fiori morti… dai rigogliosi sprezzi e copiosi odi.
Coglievan le bestie a piene mani le vite innocenti
tra sordi e ciechi… e indifferenti macere coscienze.
Invano la Terra implorava pietà!
ma fu… la catastrofe dei popoli e dei valori umani.
Dio tornò e urlò alle genti… vergogna!
Marchiando l’uomo a bestia per sempre… e pianse.
Inondando la Terra da colpose lacrime per esser mancato…
e tornò alla luce, pian piano… la pace in Terra e nei cuori.

- Marco Spyry - 






Buona giornata a tutti. :-)




martedì 26 gennaio 2021

Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli! - Voltaire

 Non è più dunque agli uomini che mi rivolgo, ma a te, Dio di tutti gli esseri, di tutti i mondi, di tutti i tempi: se è lecito che delle deboli creature, perse nell'immensità e impercettibili al resto dell'universo, osino domandare qualche cosa a te, che tutto hai donato, a te, i cui decreti sono e immutabili e eterni, degnati di guardare con misericordia gli errori che derivano dalla nostra natura. Fa' sì che questi errori non generino la nostra sventura.

Tu non ci hai donato un cuore per odiarci l'un l'altro, ne delle mani per sgozzarci a vicenda; fa' che noi ci aiutiamo vicendevolmente a sopportare il fardello di una vita penosa e passeggera.
Fa' sì che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i nostri deboli corpi, tra tutte le nostre lingue inadeguate, tra tutte le nostre usanze ridicole, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni insensate, tra tutte le nostre convinzioni così diseguali ai nostri occhi e così uguali davanti a te, insomma che tutte queste piccole sfumature che distinguono gli atomi chiamati "uomini" non siano altrettanti segnali di odio e di persecuzione.
Fa' in modo che coloro che accendono ceri in pieno giorno per celebrarti sopportino coloro che si accontentano della luce del tuo sole; che coloro che coprono i loro abiti di una tela bianca per dire che bisogna amarti, non detestino coloro che dicono la stessa cosa sotto un mantello di lana nera; che sia uguale adorarti in un gergo nato da una lingua morta o in uno più nuovo.
Fa' che coloro il cui abito è tinto in rosso o in violetto, che dominano su una piccola parte di un piccolo mucchio del fango di questo mondo, e che posseggono qualche frammento arrotondato di un certo metallo, gioiscano senza inorgoglirsi di ciò che essi chiamano "grandezza" e "ricchezza", e che gli altri li guardino senza invidia: perché tu sai che in queste cose vane non c'è nulla da invidiare, niente di cui inorgoglirsi.
Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli! Abbiano in orrore la tirannia esercitata sulle anime, come odiano il brigantaggio che strappa con la forza il frutto del lavoro e dell'attività pacifica! Se sono inevitabili i flagelli della guerra, non odiamoci, non laceriamoci gli uni con gli altri nei periodi di pace, ed impieghiamo il breve istante della nostra esistenza per benedire insieme in mille lingue diverse, dal Siam alla California, la tua bontà che ci ha donato questo istante.


Voltaire, Trattato sulla tolleranza, 1763


Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata.
Mai dimenticherò quel fumo.
Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto.
Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede.
Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere.
Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto.
Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.

Elie Wiesel, La notte 




“Non lontano da noi delle fiamme salivano da una fossa, delle fiamme gigantesche. Vi si bruciava qualche cosa. Un autocarro si avvicinò e scaricò il suo carico: erano dei bambini. Dei neonati! Sì, l’avevo visto, l’avevo visto con i miei occhi…dei bambini nelle fiamme. C’è dunque da stupirsi se da quel giorno il sonno fuggì i miei occhi?”

Elie Wiesel, La notte 




“Un giorno riuscii ad alzarmi, dopo aver raccolto tutte le mie forze. Volevo vedermi nello specchio che era appeso al muro di fronte: non mi ero più visto dal ghetto. Dal fondo dello specchio un cadavere mi contemplava. Il suo sguardo nei miei occhi non mi lascia più”. 

- Elie Wiesel -





Domani è la giornata in cui si ricorda lo sterminio perpetuato dai nazisti e da ... 
 tanta brava gente
Per non dimenticare .... buona giornata a tutti. :-)

lunedì 27 gennaio 2020

Enigma - William Heyen

Da Bergen una cassa di denti d’oro,
Da Dachau una montagna di scarpe,
Da Auschwitz una lampada in pelle.
Chi ha ucciso gli ebrei?

Non io, esclama la dattilografa,
Non io, esclama l’ingegnere,
Non io, esclama Adolf Eichmann,
Non io, esclama Albert Speer.
Il mio amico Fritz Nova ha perduto il padre,
un sottufficiale dovette scegliere.
Il mio amico Lou Abrahms ha perduto il fratello.
Chi ha ucciso gli ebrei?
David Nova ingoiò il gas,
Hyman Abrahms fu picchiato e ucciso dalla fame.

Certi firmavano le carte,
e certuni stavano di guardia,
e certi li spingevano dentro,
e certuni versavano i cristalli
e certi spargevano le ceneri,
e certuni lavavano le pareti,
e certi seminavano il grano,
e certuni colavano l’acciaio,
e certi sgomberavano i binari,
e certuni allevavano il bestiame.
Certi sentirono l’odore del fumo,
certuni ne udirono solo parlare.
Erano tedeschi? Erano nazisti?
Erano uomini? Chi ha ucciso gli ebrei?
Le stelle ricorderanno l’oro,
il sole ricorderà le scarpe,
la luna ricorderà la pelle.
Ma chi ha ucciso gli ebrei?

- William Heyen -



C’è stato un posto del mondo in questo secolo in cui una donna riuscì a salvare sua sorella gridandole da lontano:”Dai la bambina a mamma”. 
La donna si trovava nel campo di Auschwitz-Birkenau in Polonia e dalla sua baracca, dietro ai fili spinati aveva visto arrivare il treno dei deportati. In fondo al binario avveniva una selezione tra chi era giudicato abile a qualche lavoro e quelli che andavano subito alle camere a gas. 
Vecchi, bambini e madri con figli morivano subito. 
Allora la donna che aveva già imparato quella lezione e quella selezione, vide scendere da uno dei tanti treni della morte sua madre, sua sorella e sua nipote. Così gridò l’unica frase, pronta di riflessi e spietata, che poteva salvare una di loro. Per le altre due, mamma e nipotina non c’era più scampo. La sorella, ignara di tutto, riconobbe la voce e obbedì meccanicamente al grido. Passò la selezione. 
Era l’estate del 1944, i nazisti erano in rotta su tutti i fronti ma a Adolf Eichmann era riuscita l’ultima grandiosa retata di ebrei, in Ungheria, da spedire ai cameroni di Birkenau. La macchina di strage più grande al mondo sarebbe stata fermata solo all’arrivo dell’esercito russo nel gennaio del 1945. Una donna con prontezza di riflessi dava a sua sorella l’unico snaturato consiglio per non scendere le scale che portavano ai cameroni delle finte docce. “Dai la bambina a mamma”: c’è stato un tempo infame in questo secolo in cui neanche questa frase era innocente.
                                                                                 (Erri De Luca)



l’immagine è dal Binario 21 di Milano


Un treno arriva, è carico di bimbi,
felici che il viaggio interminabile è finito.
E cantano gioiosi giocando nella neve.
Sorridendo gli aguzzini li accarezzano,
li portano alle docce. Son mille;
bimbi ignari, voci bianche, celestiali.
In tre ore mille bimbi sono morti.
Ricci d'oro in mezzo al fango e nell'aria,
i suoni delle risa, i sorrisi dentro al fumo.
La morte, sparpagliata a piene mani
sopra i corpi martoriati.
Sulle teste dei bambini che cantavano.
L'uomo, e il pozzo più profondo in cui è caduto.
La neve, cade lieve sull'eccidio e non lo copre.

(Liberamente tratto da un racconto di un sopravvissuto)


Nei campi di concentramento furono  utilizzate tecniche avanzate di uccisione. La camera a gas è un metodo di esecuzione di pena di morte inventato appena negli anni ’20 negli stati Uniti, ispirato all’introduzione dei gas venefici durante la prima guerra mondiale. 
Diversi esperimenti furono condotti per trovare il metodo più rapido ed efficace: inizialmente si provò con il monossido di carbonio prodotto dai gas di scarico dei camion o dei carri armati. 
Si passò poi allo Zyklon B. , che permetteva di uccidere in maniera veloce un gran numero di persone contemporaneamente (1000-1500 in circa trenta minuti).




Tutto questo è accaduto veramente, e molto di più.

Non dobbiamo, non possiamo dimenticare.

Buona giornata a tutti. :-)