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domenica 3 giugno 2018

Come ascoltarti? - Luce Irigaray

Cominciamo di qui: come ascoltarti? 
Non si tratta di ascoltare un messaggio in funzione di un contenuto già codificato dalla società e dalla lingua. 
Certo, ciò è sempre utile. Se mi indichi l’ora del tuo arrivo o della tua chiamata, è utile che io capisca per essere presente a questo appuntamento. 
Se mi indichi l’ora del tuo arrivo o della tua chiamata, è utile che io capisca per essere presente a questo appuntamento. 
Se mi dici il luogo del nostro incontro, è necessario che io ti senta per recarmici ... Ma questa comunicazione è insufficiente per tessere alleanze e storie tra due soggetti. E neppure vi riuscirà l’espressione dell’affetto soggettivo. 
Infatti posso consolare il tuo dolore, ma esso non è necessariamente il frutto della tua intenzione, e non necessariamente mi aiuta nel mio divenire ... Dunque ti ascolto non è aspettare o sentire da te un’informazione o l’espressione semplice di un sentimento ... 
Ti ascolto è ascoltare la tua parola come unica, irriducibile, in particolare irriducibile alla mia parola, come nuova, ancora sconosciuta. 
È sentirla come la manifestazione di un’intenzione, di un divenire umano, spirituale ... ti ascolto come un altro trascendente a me che richiede il passaggio a una nuova dimensione. 
Ti ascolto: percepisco ciò che dici, vi sono attenta(o), cerco di sentirvi la tua intenzione. 
Questo non significa “ti capisco, ti conosco, quindi non ho bisogno di ascoltarti e posso persino prescriverti un divenire”. 
No, ti ascolto come colui e ciò che non conosco ancora, a partire da una libertà e una disponibilità che riservo per questo avvenimento. 
Ti ascolto; favorisco l’emergere di un non-avvenuto, di un divenire, di una crescita, talvolta di una nascita. “Ti ascolto” lascia spazio per il non-ancora-codificato, per il silenzio, preserva un luogo di esistenza, di iniziativa, di libera intenzionalità, di sostegno al tuo divenire.
Ti ascolto non a partire da ciò che so, che sento, che sono già, e neppure in funzione di ciò che sono già il mondo e la lingua, dunque in modo, in un certo senso, formale. 
Ti ascolto piuttosto come la rivelazione di una verità non ancora manifestata, la tua, e quella del mondo rivelato attraverso di te e da te. 
Ti do del silenzio, in cui il futuro di te – e forse di me, ma con te e non come te e senza di te – può emergere e fondarsi ... questo silenzio è spazio-tempo che ti è offerto senza riti né verità stabilite, a priori. 
È costituzione di un’apertura a te, all’altro che non è e non sarà mio. 
Questo silenzio è possibile grazie al fatto che né io né tu sono un tutto, che siamo entrambi limitati, segnati dal negativo, differenti senza gerarchia. Questo silenzio è il primo gesto dell’amo a te ... 
Questo silenzio è condizione di un possibile rispetto di me e dell’altro nei loro limiti. Esso suppone inoltre che il mondo già esistente, anche nella sua forma filosofica o religiosa, non sia considerato compiuto, già manifestato o già rivelato. 
Perché io possa tacere e ascoltare, ascoltarti, senza presupposti, senza imperativi segretamente all’opera – rivolti a te o a me – è necessario che il mondo non sia già concluso, che sia ancora aperto, che il futuro non sia determinato dal passato. 
Tutte queste condizioni sono indispensabili perché io ascolti realmente ... Ascoltarti richiede dunque che io mi renda disponibile, che sia ancora e sempre capace di silenzio. questo gesto, fino a un certo punto, mi libera. 
Ma soprattutto dà a te un luogo silenzioso in cui manifestarti, ti mette a disposizione uno spazio-tempo ancora vergine per il tuo apparire e le sue espressioni. 
Ti offre la possibilità di esistere, di esprimere la tua intenzione, la tua intenzionalità, senza gridare e persino senza chiedere, senza sovrastare, senza annullare, senza uccidere.

- Luce Irigaray -
da: "Amo a te: verso una felicità nella storia", Bollati Boringhieri, Torino 1993, pp; 118-122)



Buona giornata a tutti. :-)








domenica 5 novembre 2017

Il primo servizio: ascoltare l’altro - Dietrich Bonhoeffer

Il primo servizio che si deve agli altri nella comunione, consiste nel prestar loro ascolto. 
L’amore per Dio comincia con l’ascolto della sua parola, e analogamente l’amore per il fratello comincia con l’imparare ad ascoltarlo. 
L’amore di Dio agisce in noi, non limitandosi a darci la sua Parola, ma prestandoci anche ascolto. 
Allo stesso modo l’opera di Dio si riproduce nel nostro imparare a prestare ascolto al nostro fratello. 
I cristiani, soprattutto quelli impegnati nella predicazione, molto spesso pensano di dover “offrire” qualcosa agli altri con cui si incontrano, e ritengono che questo sia il loro unico compito. 
Dimenticano che l’ascoltare potrebbe essere un servizio più importante del parlare. 
Molti cercano un orecchio disposto ad ascoltarli, e non lo trovano fra i cristiani, che parlano sempre, anche quando sarebbe il caso di ascoltare. 
Ma chi non sa più ascoltare il fratello, prima o poi non sarà più nemmeno capace di ascoltare Dio, e anche al cospetto di Dio non farà che parlare.
Qui comincia la morte della vita spirituale, e alla fine non rimane che futile chiacchiericcio religioso, quella degnazione pretesca, che soffoca tutto il resto sotto un cumulo di parole devote. 
Chi non sa ascoltare a lungo e con pazienza, non sarà neppure capace di rivolgere veramente all’altro il proprio discorso, e alla fine non si accorgerà più nemmeno di lui. 
Chi pensa che il proprio tempo sia troppo prezioso perché sia speso nell’ascolto degli altri, non avrà mai tempo per Dio e per il fratello, ma lo riserverà solo a se stesso, per le proprie parole e i propri progetti ...
C’è anche un modo di ascoltare distrattamente, nella convinzione di sapere già ciò che l’altro vuole dire. 
È un modo di ascoltare impaziente, disattento, che disprezza il fratello e aspetta solo il momento di prendere la parola per liberarsi di lui. questo non è certo il modo di adempiere al nostro incarico, e anche qui il nostro modo di riferirci al fratelli rispecchia il modo di riferirci a Dio 

- Dietrich Bonhoeffer -
Vita comune, Queriniana, Brescia 2003, pp. 75-76)





Questo è un mondo senza misura e senza gloria, perché si è perso il dono e l'uso della contemplazione... civiltà del frastuono. 
Tempo senza preghiera. 
Senza silenzio e quindi senza ascolto... 
E il diluvio delle nostre parole soffoca l'appassionato suono della sua Parola.

- Padre David Maria Turoldo -



Quale meravigliosa "seduzione" emanava la persona di Gesù, che trascinava dietro di sé folle che dimenticavano persino di mangiare per essere accanto a lui ed ascoltare la sua parola! 
Quale desiderio irresistibile di avvicinarsi alla fonte della Vita per soddisfare le ansie più profonde del cuore umano! 
Che sensibilità ed umanità quelle di Gesù, al quale la predicazione del Regno di Dio non fa dimenticare il bisogno del sostentamento giornaliero di coloro che lo seguono!

- san Giovanni Paolo II, papa - 
Omelia, 7 maggio 1990, Città del Messico


Buona giornata di ascolto a tutti. :-)