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domenica 2 maggio 2021

Preghiera alla Beata Vergine dei Miracoli - Papa Paolo VI

O Maria
tu fai parte essenziale importantissima,
dolcissima del mistero della salvezza.
Da te noi abbiamo ricevuto Gesù.
Per essere cristiani imitatori di Cristo 

dobbiamo guardare a te o Maria.
Tu sei la figura più perfetta della somiglianza a Cristo.
Tu sei l'immagine che meglio di ogni altra rispecchia il Signore.
Come è bello avere te, o Maria!
Avere la tua immagine, il tuo ricordo,
la tua dolcezza, la tua umiltà, la tua purezza,
la tua grandezza davanti a noi,
che vogliamo camminare dietro i passi del Signore!
Tu sei la nostra protezione, la nostra alleata.
Tu sei la fiducia dei poveri, degli umili, dei sofferenti.
Tu sei perfino il rifugio dei peccatori.
Tu hai una missione di bontà di intercessione per tutti.
Tu ci insegni a essere buoni, a essere forti, 
a essere pietosi con tutti.
Noi non dimenticheremo mai di guardare a Te
come alla nostra massima protettrice.

- Papa Paolo VI - 




Noi abbiamo ancora una volta riaffermato il valore pastorale del culto a Maria santissima, e ricordato come Ella abbia nel disegno divino della nostra salvezza una missione specialissima, che ci obbliga alla sua venerazione e alla sua imitazione, e ci autorizza a riporre nella sua materna intercessione la nostra particolare fiducia.
Sì, Maria è operante nella sua celeste beatitudine, per la sua prevalente carità nella comunione dei Santi, in nostro favore; conosce ed ascolta le nostre invocazioni.

- papa Paolo VI - 
Angelus 5 maggio 1974


Il perdono è l'essenza stessa di Dio.

- S. Caterina da Siena - 



L’unica insidia di cui la Chiesa può e deve aver timore è il peccato dei suoi membri. Mentre infatti Maria è Immacolata, libera da ogni macchia di peccato, la Chiesa è santa, ma al tempo stesso segnata dai nostri peccati. 
Per questo il Popolo di Dio, peregrinante nel tempo, si rivolge alla sua Madre celeste e domanda il suo aiuto; lo domanda perché Ella accompagni il cammino di fede, perché incoraggi l’impegno di vita cristiana e perché dia sostegno alla speranza. 
Ne abbiamo bisogno, soprattutto in questo momento così difficile per l’Italia, per l’Europa, per varie parti del mondo. 

Papa Benedetto XVI - discorso del 8 dicembre 2011





Buona giornata a tutti. :-)


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lunedì 13 aprile 2020

E' risorto - Padre Carlo Carletto

Aiutami, Maria, a credere.

Dimmi cosa vuole dire credere alla Risurrezione di tuo Figlio.

Ecco te lo dico e non dimenticarlo.

Quando vedrai la tempesta schiantare la foresta
e i terremoti scuotere la terra
e il fuoco bruciare la tua casa
di' a te stesso: credo
che la foresta si rifarà
la terra tornerà nella sua immobilità
e io ricostruirò la mia casa.



Quando sentirai rumori di guerra e gli uomini moriranno di paura attorno a te «e si solleveranno popoli contro popoli e regni contro regni» (Matteo 24, 7), di' a te stesso con estremo coraggio: «Gesù mi aveva avvertito ed aveva aggiunto: "Non temete, alzate il capo perché la liberazione è vicina" » (Luca 21,28).

Quando il peccato ti stringerà alla gola e ti sentirai soffocato e finito, dì a te stesso: « Cristo è risorto dai morti ed io risorgerò dal mio peccato».
Quando la vecchiaia o la malattia tenterà di amareggiare la tua esistenza, di' a te stesso: «Cristo è risorto dai morti ed ha fatto cieli nuovi e terra nuova ».
Quando vedrai tuo figlio fuggire da casa in cerca di avventura e ti sentirai sconfitto nel tuo sogno di padre o di madre, dì a te stesso: « Mio figlio non sfuggirà a Dio e tornerà perché Dio lo ama ».
Quando vedrai spegnersi la carità attorno a te e vedrai gli uomini come impazziti nel loro peccato e ubriacati dai loro tradimenti, dì a te stesso: «Toccheranno il fondo ma torneranno indietro perché lontano da Dio non si può vivere ».
Quando il mondo ti apparirà come sconfitta di Dio e sentirai la nausea del disordine, della violenza, del terrore, della guerra dominare sulle piazze e la terra ti sembrerà il caos, dì a te stesso: « Gesù è morto e risorto proprio per salvare e la sua salvezza è già presente tra di noi ».
Quando tuo padre o tua madre, tuo figlio o tua figlia, la tua sposa, il tuo amico più caro, ti saranno dinanzi sul letto di morte e tu li fisserai nell' angoscia mortale del distacco, dì a te stesso e a loro: «Ci rivedremo nel Regno, coraggio».
Questo significa credere nella Risurrezione.
Ma non basta.
Credere al Cristo risorto significa ancora qualcosa.
Significa per suor Teresa di Calcutta sollevare il moribondo e per te fare altrettanto.
Significa per Luther King affrontare la morte e per te di non aver paura di affrontare la morte per i tuoi fratelli.
Significa per l'Abbé Schultz, il Priore di Taizé, aprire il suo convento alla speranza e per te di aprire la tua casa alla speranza.
Ogni missionario che parte è un atto di fede nella Risurrezione.
Ogni lebbrosario che si apre è un credo nella Risurrezione.
Ogni trattato di pace è un atto di fede nella Risurrezione.
Ogni impegno accettato è un atto di fede nella Risurrezione.
Quando perdoni al tuo nemico.
Quando sfami l'affamato.
Quando difendi il debole credi nella Risurrezione.

Quando hai il coraggio di sposarti.
Quando accetti il figlio che nasce.

Quando costruisci la tua casa credi nella Risurrezione.

Quando ti alzi sereno al mattino.
Quando canti al sole che nasce.
Quando vai al lavoro con gioia credi nella Risurrezione.

Credere nella Risurrezione significa permeare la vita di fiducia significa dar credito al fratello, significa non aver paura di nessuno.

Credere nella Risurrezione significa pensare che Dio è padre, Gesù tuo fratello ed io, Maria, tua sorella e, se vuoi,  tua Madre.

- Padre Carlo Carretto -



Se credere è difficile, non credere è morte certa.

Se sperare contro ogni speranza è eroico, il non sperare è angoscia mortale.


Se amare ti costa il sangue, non amare è inferno.


- Carlo Carretto -



La preghiera è il sunto del nostro rapporto con Dio. 
Potremmo dire che noi siamo ciò che preghiamo. 
Il grado della nostra fede è il grado della nostra preghiera; la forza della nostra speranza è la forza della nostra preghiera; il calore della nostra carità è il calore della nostra preghiera. 
Né più né meno.

- Carlo Carretto -
da:  Lettere dal deserto




La chiamata di Dio è cosa misteriosa, perché avviene nel buio della fede.
In più essa ha una voce sì tenue e sì discreta, che impegna tutto il silenzio interiore per essere captata.
Eppure nulla è così decisivo e sconvolgente per un uomo o una donna sulla terra, nulla più sicuro e più forte.
Tale chiamata è continua: Dio chiama sempre! Ma ci sono dei momenti caratteristici di questo appello divino, momenti che noi segniamo sul nostro taccuino e che non dimentichiamo più.

Carlo Carretto, Lettere dal deserto


Noi vogliamo accettare

Dalla tua mano, o Dio,
noi vogliamo accettare tutto.
Tu stendi la tua mano
e abbatti i potenti nella loro stoltezza.
Tu l’apri, la tua dolce mano,
e tutto ciò che vive,
colmi di benedizione.
E anche se sembra che il tuo braccio
si sia abbreviato,
accresci la nostra fede
e la nostra confidenza
così che ti restiamo tutti fedeli.
E se sembra che alle volte
tu allontani da noi la tua mano,
fa’ che allora noi sappiamo
che tu la chiudi soltanto,
per raccogliere in essa
una sovrabbondanza di benedizione,
che tu la chiudi soltanto,
per aprirla e riempire ogni cosa,
che vive di benedizione.

- papa Paolo VI -






Buona giornata a tutti. :-)

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mercoledì 14 agosto 2019

Come si è arrivati all'Assunta?

Il mese di agosto era il Capodanno per gli antichi Egizi, lo è tutt'ora per i Copti egiziani, lo fu per i greci che lo dedicarono ad Athena. 
A Roma, poco dopo l'inizio del segno del Leone, sulle rive del Tevere si celebravano i Neptunalia, feste dedicate a Nettuno, mentre i celti il primo giorno d'agosto lo dedicavano al dio Lug, dio della luce e della resurrezione, mentre nell'antica Roma il 12 si festeggiava Ercole Invitto o Trionfatore, due anticipazioni di San Lorenzo, due miti per parlare delle stelle cadenti che "illuminano la notte, trionfano sulle tenebre". 
Il 13, sempre a Roma, si festeggiava Diana Aventina. Servi e padroni si recavano insieme al tempio sull'Aventino e poi nei boschi per pic nic ante litteram. Nello stesso giorno si festeggiava anche il dio Vortumno, colui che faceva maturare i frutti. Il 17 si festeggiava Portuno, il dio dei porti e delle porte, contemporaneamente a Giano, il dio che guarda al passato e al futuro, il 19 le Vinali Rustiche dedicate a Venere, il 21 era dedicato a Conso, il dio dei raccolti, il 23 a Openconsiva, l'abbondanza agricola. Fino al 18 a.C., ma alcuni storici danno come data il 21 a.C., questo era il calendario romano, poi Augusto decise di riunire tutti i festeggiamenti alle Calende del mese sestile... non dimentichiamo che l'anno iniziava a marzo, che furono chiamare Feriae Augusti (le feste di Augusto). 
Da qui il nostro Ferragosto.
Athena in Grecia, Diana a Roma, nel vicino Oriente nello stesso periodo era festeggiata un'altra Grande Madre, la siriana Atargatis, conosciuta come dea Siria anche nel mondo greco romano, considerata protettrice della fertilità e dei lavori dei campi. 
Come si è arrivati all'Assunta? Maria, madre di Dio, non ha avuto molta storia nei Vangeli. Sparisce con la discesa dello Spirito Santo, ma negli apocrifi si parla di lei con il Transito della Beata Vergine Maria attribuito a Giuseppe d'Arimatea, non databile, e nel VI secolo la Dormizione della Santa Madre ad opera di S. Giovanni il Teologo.
È, dunque, tra il IV e la fine del V secolo che il culto dell'Assunzione incomincia a diffondersi. A Gerusalemme si cominciò a celebrarla all'inizio del VI secolo nella chiesa costruita da Eudossia sui Getsemani, dove si narrava che Maria fosse stata sepolta, perciò defunta. 
L'imperatore Maurizio ordinò che la celebrazione venisse estesa a tutto l'Impero e attorno all'anno Mille la si ritrova come ricorrenza nella quale si osserva il riposo. Chiamata Transito o Dormizione, non esprimeva chiaramente di che cosa si trattasse: in qualche caso si parlava di corpo incorrotto, perciò morto, in altri di corpo che veniva avvolto dalla luce e assunto in cielo dagli angeli. Morta o addormentata? 
Il dibattito continuò per secoli e secoli, si formò il partito a favore dell'assunzione, si fecero petizioni popolari perché fosse proclamato il dogma.
Nel 1950, dopo quattro anni di consultazioni, Pio XII lo confermò indicando che l'Assunzione è un fatto divinamente rivelato, che fonda sull'insieme delle indicazioni desunte dalla tradizione e dalle fede universale dei devoti, sicuro indice dell'intervento dello Spirito Santo.
La collocazione al centro del mese di agosto segue la solita prassi: sostituire le feste pagane con feste cristiane, per rendere più… facili le conversioni.
I neofiti erano allettati anche dal fatto di non perdere nessuna delle feste già codificate.
Non scandalizzatevi: tutte le feste religiose cristiane sono perfettamente sovrapposte alle antiche pagane e, qualche volta, i santi in essere celebrate hanno, stranamente, attributi degli dei che li hanno preceduti.
L'Assunzione ha una grande eco in Spagna, dove le feste durano una settimana.In Italia erano e sono celebrate tutt’oggi, in varie località, imponenti processioni religiose.
La festa dell'Assunta si tiene in tantissime località italiane.

Tra le più importanti manifestazioni, ci sono quelle che si svolgono a Palermo dove le "barette" con la statua della Madonna sono portate da ragazzi o quelle a Sassari dove i "candelieri" di cartapesta, in forma di palma, fanno il giro della città; a Tivoli (Roma) "l’inchinata" della statua della Vergine incontra la statua di Gesù.





''Noi abbiamo in Maria il «tipo», il modello della perfezione umana; abbiamo la «piena di grazia», cioè la Donna fra tutte benedetta, che rispecchia in se stessa il pensiero integro e splendido di Dio, che ha voluto fare dell’uomo, prima della rovina del peccato originale, l’immagine sua propria, e che nella previsione dei meriti infiniti di Cristo Redentore, ha rimodellato in Maria l’eccezionale creatura irradiante la sua affascinante somiglianza. 
Questa è una stella che non si spegne; questo è un fiore, emergente nella palude dell’umana miseria, che non appassisce, ma rimane vergine e puro, tutto candore, tutto bontà, per la gloria di Dio e per la consolazione di noi mortali, come un invito materno, come una sorella beata, esemplare amico, tutto ideale e tutto reale; e tutto per noi, a ricordare le bibliche parole, nostra speranza, che «dove abbondò il male, sovrabbondò la grazia» (1 Rom. 5, 20. 189)'' 

- san Paolo VI, papa -


Ti ringrazio, mio Signore, per Maria, nostra madre, che, custode amorosa della tua parola, medita nel suo cuore immacolato l'abbondanza delle tue grazie.
A volte noi rifiutiamo questa o quella esigenza espressa nel tuo Vangelo, limitandoci a conservare soltanto quanto è di nostro gradimento; lei invece, la madre tua e madre nostra, è il modello perfetto della fedeltà che ha conservato nel suo cuore il seme e il Verbo.
Maria ci aiuti a farci trapassare dalla spada che recide quanto appartiene alla carne destinata alla morte. Allora il grano potrà germogliare nella terra buona e fruttare cento volte tanto, il nostro cuore produrrà frutto grazie alla sua perseveranza.




Buona giornata a tutti. :-)





mercoledì 29 maggio 2019

Signore, io credo: io voglio credere in te – Preghiera di san Paolo VI per conseguire la Fede


Alcune note
per il mio testamento



In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. 
Amen.

1. Fisso lo sguardo verso il mistero della morte, e di ciò che la segue, nel lume di Cristo, che solo la rischiara; e perciò con umile e serena fiducia. Avverto la verità, che per me si è sempre riflessa sulla vita presente da questo mistero, e benedico il vincitore della morte per averne fugate le tenebre e svelata la luce.

Dinanzi perciò alla morte, al totale e definitivo distacco dalla vita presente, sento il dovere di celebrare il dono, la fortuna, la bellezza, il destino di questa stessa fugace esistenza: Signore, Ti ringrazio che mi hai chiamato alla vita, ed ancor più che, facendomi cristiano, mi hai rigenerato e destinato alla pienezza della vita.

Parimente sento il dovere di ringraziare e di benedire chi a me fu tramite dei doni della vita, da Te, o Signore, elargitimi: chi nella vita mi ha introdotto (oh! siano benedetti i miei degnissimi Genitori!), chi mi ha educato, benvoluto, beneficato, aiutato, circondato di buoni esempi, di cure, di affetto, di fiducia, di bontà, di cortesia, di amicizia, di fedeltà, di ossequio. Guardo con riconoscenza ai rapporti naturali e spirituali che hanno dato origine, assistenza, conforto, significato alla mia umile esistenza: quanti doni, quante cose belle ed alte, quanta speranza ho io ricevuto in questo mondo!

Ora che la giornata tramonta, e tutto finisce e si scioglie di questa stupenda e drammatica scena temporale e terrena, come ancora ringraziare Te, o Signore, dopo quello della vita naturale, del dono, anche superiore, della fede e della grazia, in cui alla fine unicamente si rifugia il mio essere superstite? Come celebrare degnamente la tua bontà, o Signore, per essere io stato inserito, appena entrato in questo mondo, nel mondo ineffabile della Chiesa cattolica? Come per essere stato chiamato ed iniziato al Sacerdozio di Cristo? Come per aver avuto il gaudio e la missione di servire le anime, i fratelli, i giovani, i poveri, il popolo di Dio, e d’aver avuto l’immeritato onore d’essere ministro della santa Chiesa, a Roma specialmente, accanto al Papa, poi a Milano, come arcivescovo, sulla cattedra, per me troppo alta, e venerabilissima dei santi Ambrogio e Carlo, e finalmente su questa suprema e formidabile e santissima di San Pietro? In aeternum Domini misericordias cantabo.

Siano salutati e benedetti tutti quelli che io ho incontrati nel mio pellegrinaggio terreno; coloro che mi furono collaboratori, consiglieri ed amici - e tanti furono, e così buoni e generosi e cari!

Benedetti coloro che accolsero il mio ministero, e che mi furono figli e fratelli in nostro Signore!

A voi, Lodovico e Francesco, fratelli di sangue e di spirito, e a voi tutti carissimi di casa mia, che nulla a me avete chiesto, né da me avuto di terreno favore, e che mi avete sempre dato esempio di virtù umane e cristiane, che mi avete capito, con tanta discrezione e cordialità, e che soprattutto mi avete aiutato a cercare nella vita presente la via verso quella futura, sia la mia pace e la mia benedizione.

Il pensiero si volge indietro e si allarga d’intorno; e ben so che non sarebbe felice questo commiato, se non avesse memoria del perdono da chiedere a quanti io avessi offeso, non servito, non abbastanza amato; e del perdono altresì che qualcuno desiderasse da me. Che la pace del Signore sia con noi.

E sento che la Chiesa mi circonda: o santa Chiesa, una e cattolica ed apostolica, ricevi col mio benedicente saluto il mio supremo atto d’amore.

A te, Roma, diocesi di San Pietro e del Vicario di Cristo, dilettissima a questo ultimo servo dei servi di Dio, la mia benedizione più paterna e più piena, affinché Tu Urbe dell’orbe, sia sempre memore della tua misteriosa vocazione, e con umana virtù e con fede cristiana sappia rispondere, per quanto sarà lunga la storia del mondo, alla tua spirituale e universale missione.

Ed a Voi tutti, venerati Fratelli nell’Episcopato, il mio cordiale e riverente saluto; sono con voi nell’unica fede, nella medesima carità, nel comune impegno apostolico, nel solidale servizio al Vangelo, per l’edificazione della Chiesa di Cristo e per la salvezza dell’intera umanità. Ai Sacerdoti tutti, ai Religiosi e alle Religiose, agli Alunni dei nostri Seminari, ai Cattolici fedeli e militanti, ai giovani, ai sofferenti, ai poveri, ai cercatori della verità e della giustizia, a tutti la benedizione del Papa, che muore.

E così, con particolare riverenza e riconoscenza ai Signori Cardinali ed a tutta la Curia romana: davanti a voi, che mi circondate più da vicino, professo solennemente la nostra Fede, dichiaro la nostra Speranza, celebro la Carità che non muore, accettando umilmente dalla divina volontà la morte che mi è destinata, invocando la grande misericordia del Signore, implorando la clemente intercessione di Maria santissima, degli Angeli e dei anti, e raccomandando l’anima mia al suffragio dei buoni.

2. Nomino la Santa Sede mio erede universale: mi obbligano a ciò dovere, gratitudine, amore. Salvo le disposizioni qui sotto indicate.

3. Sia esecutore testamentario il mio Segretario privato. Egli vorrà consigliarsi con la Segreteria di Stato e uniformarsi alle norme giuridiche vigenti e alle buone usanze ecclesiastiche.

4. Circa le cose di questo mondo: mi propongo di morire povero, e di semplificare così ogni questione al riguardo.

Per quanto riguarda cose mobili e immobili di mia personale proprietà, che ancora restassero di provenienza familiare, ne dispongano i miei Fratelli Lodovico e Francesco liberamente; li prego di qualche suffragio per l’anima mia e per quelle dei nostri Defunti. Vogliano erogare qualche elemosina a persone bisognose o ad opere buone. Tengano per sé, e diano a chi merita e desidera qualche ricordo dalle cose, o dagli oggetti religiosi, o dai libri di mia appartenenza. Distruggano note, quaderni, corrispondenza, scritti miei personali.

Delle altre cose che si possano dire mie proprie: disponga, come esecutore testamentario, il mio Segretario privato, tenendo qualche ricordo per sé, e dando alle persone più amiche qualche piccolo oggetto in memoria. Gradirei che fossero distrutti manoscritti e note di mia mano; e che della corrispondenza ricevuta, di carattere spirituale e riservato, fosse bruciato quanto non era destinato all’altrui conoscenza.

Nel caso che l’esecutore testamentario a ciò non possa provvedere, voglia assumerne incarico la Segreteria di Stato.

5. Raccomando vivamente di disporre per convenienti suffragi e per generose elemosine, per quanto è possibile.

Circa i funerali: siano pii e semplici (si tolga il catafalco ora in uso per le esequie pontificie, per sostituirvi apparato umile e decoroso).

La tomba: amerei che fosse nella vera terra, con umile segno, che indichi il luogo e inviti a cristiana pietà. Niente monumento per me.

6. E circa ciò che più conta, congedandomi dalla scena di questo mondo e andando incontro al giudizio e alla misericordia di Dio: dovrei dire tante cose, tante. Sullo stato della Chiesa; abbia essa ascolto a qualche nostra parola, che per lei pronunciammo con gravità e con amore. Sul Concilio: si veda di condurlo a buon termine, e si provveda ad eseguirne fedelmente le prescrizioni. Sull’ecumenismo : si prosegua l’opera di avvicinamento con i Fratelli separati, con molta comprensione, con molta pazienza, con grande amore; ma senza deflettere dalla vera dottrina cattolica. Sul mondo: non si creda di giovargli assumendone i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, amandolo, servendolo.

Chiudo gli occhi su questa terra dolorosa, drammatica e magnifica, chiamando ancora una volta su di essa la divina Bontà. Ancora benedico tutti. Roma specialmente, Milano e Brescia. Alla Terra santa, la Terra di Gesù, dove fui pellegrino di fede e di pace, uno speciale benedicente saluto.

E alla Chiesa, alla dilettissima Chiesa cattolica, all’umanità intera, la mia apostolica benedizione.



Poi: in manus Tuas, Domine, commendo spiritum meum.

Ego: Paulus PP. VI.

Dato a Roma, presso S. Pietro, il 30 giugno 1965, anno III del nostro Pontificato.




Note complementari
al mio testamento



In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum.
Magnificat anima mea Dominum. Maria!

Credo. Spero. Amo.

Ringrazio quanti mi hanno fatto del bene.

Chiedo perdono a quanti io avessi non fatto del bene. A tutti io do nel Signore la pace.

Saluto il carissimo Fratello Lodovico e tutti i miei familiari e parenti e amici, e quanti hanno accolto il mio ministero. A tutti i collaboratori, grazie. Alla Segreteria di Stato particolarmente.

Benedico con speciale carità Brescia, Milano, Roma, la Chiesa intera. Quam diletta tabernacula tua, Domine!

Ogni mia cosa sia della Santa Sede.

Provveda il mio Segretario particolare, il caro Don Pasquale Macchi, a disporre per qualche suffragio e qualche beneficenza, e ad assegnare qualche ricordo fra libri e oggetti a me appartenuti a sé e a persone care.

Non desidero alcuna tomba speciale.

Qualche preghiera affinché Dio mi usi misericordia.

In Te, Domine, speravi. Amen, alleluia.

A tutti la mia benedizione, in nomine Domini.


PAULUS PP. VI

Castel Gandolfo, 16 settembre 1972, ore 7,30.



Aggiunta
alle mie disposizioni testamentarie


Desidero che i miei funerali siano semplicissimi e non desidero né tomba speciale, né alcun monumento. Qualche suffragio (beneficenze e preghiere).


PAULUS PP. VI
14 luglio 1973

  



Signore, io credo; io voglio credere in Te.


O Signore, fa’ che la mia fede sia piena, senza riserve, e che essa penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare le cose divine e le cose umane;

O Signore, fa’ che la mia fede sia libera; cioè abbia il concorso personale della mia adesione, accetti le rinunce ed i doveri ch’essa comporta e che esprima l’apice decisivo della mia personalità: credo in Te, O Signore;

O Signore, fa’ che la mia fede sia certa; certa d’una esteriore congruenza di prove e d’un’interiore testimonianza dello Spirito Santo, certa d’una sua luce rassicurante, d’una sua conclusione pacificante, d’una sua assimilazione riposante;

O Signore, fa’ che la mia fede sia forte, non tema le contrarietà dei problemi, onde è piena l’esperienza della nostra vita avida di luce, non tema le avversità di chi la discute; la impugna, la rifiuta, la nega; ma si rinsaldi nell’intima prova della Tua verità, resista alla fatica della critica, si corrobori nella affermazione continua sormontante le difficoltà dialettiche e spirituali, in cui si svolge la nostra temporale esistenza;

O Signore, fa’ che la mia fede sia gioiosa e dia pace e letizia al mio spirito, e lo abiliti all’orazione, con Dio e alla conversazione con gli uomini, così che irradi nel colloquio sacro e profano l’interiore beatitudine del suo fortunato possesso;

O Signore, fa’ che la mia fede sia operosa e dia alla carità le ragioni della sua espansione morale, così che sia vera amicizia con Te e sia di Te nelle opere, nelle sofferenze, nell’attesa della rivelazione finale, una continua ricerca, una continua testimonianza, un alimento continuo di speranza;

O Signore, fa’ che la mia fede sia umile e non presuma fondarsi sull’esperienza del mio pensiero e del mio sentimento; ma si arrenda alla testimonianza dello Spirito Santo, e non abbia altra migliore garanzia che nella docilità alla Tradizione e all’autorità del magistero della santa Chiesa. 

Amen.

- Papa Paolo VI -
Udienza Generale, 30 ottobre 1968 
29 maggio memoria liturgica di san Paolo VI


Buona giornata a tutti. :-)


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