Visualizzazione post con etichetta Epifania 2023. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Epifania 2023. Mostra tutti i post

venerdì 6 gennaio 2023

Epifania 2023

Il viaggio dei Magi rappresenta un simbolo straordinario del cammino degli uomini incontro a Cristo. Essi vengono da lontano, da un’altra parte del mondo, da un’altra cultura e addirittura appartengono ad un’altra fede. Ciò che li guida è una stella, un fenomeno naturale che essi vogliono interpretare, un evento storico e scientifico che rimane per loro un mistero da svelare e soprattutto l’occasione per un cammino da intraprendere. Essi non sanno cosa troveranno ma la ricerca per loro è fondamentale, porsi in viaggio per raggiungere una meta che ancora non conoscono è una realtà a cui non possono sottrarsi. È per loro un dovere spiegare il sorgere di questa stella, capire il suo significato per poter comprendere il senso della storia e della loro stessa esistenza. Le difficoltà che incontrano in un viaggio così lungo le possiamo immaginare, il vangelo narra soltanto il tentativo da parte di Erode di strumentalizzare la loro ricerca per raggiungere i suoi scopi malvagi, per individuare il nuovo re ed eliminarlo. Ma saggiamente i Magi cambieranno strada e non vorranno tornare da Erode, l’incontro con il Bambino fa loro comprendere la straordinaria rivelazione a cui li ha condotti quella stella misteriosa. Non si tratta di trovare un sovrano così come il mondo desidera o un tiranno come Erode, essi trovano a Betlemme il senso di ogni cammino, di ogni viaggio, il significato della vita di ogni uomo che non consiste nel potere, nella ricchezza, e neppure nella saggezza e nella scienza, ma nella semplicità di un Bambino che riempie di stupore e tenerezza, che fa vedere il cielo sulla terra, che fa capire come la vita in sé è un miracolo straordinario in cui Dio rivela se stesso donando speranza al mondo “che giace nelle tenebre”. Inoltre, questo Bambino illumina con la sua presenza ogni cuore rivelando al mondo che l’unico autentico potere consiste nell’amore.

- Marco Frisina - 

sacerdote, biblista, compositore

Comunemente, l’Epifania in Occidente tende a significare la manifestazione di Gesù ai pagani, rappresentati dai re magi, significando la destinazione universale del messaggio della salvezza. 

In Oriente, l’Epifania, in senso forte, si riferisce al battesimo di Cristo. Il battesimo è il momento della manifestazione di Gesù che inizia la sua vita pubblica, ma è soprattutto la manifestazione della Trinità: il Padre con la voce, il Figlio con la preghiera nell’acqua e lo Spirito con la colomba che testimonia il Figlio. Lo Spirito, che al momento della creazione alleggiava sulle acque, nel battesimo di Cristo discende ed è un momento di ri-creazione. Gli studiosi della tradizione siriaca, affermano però che l’Epifania del Signore tende a dilatarsi assumendo in sé tre misteri (tria miracula), connessi rispettivamente all’adorazione dei magi, al battesimo nel Giordano e alla trasformazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana . È un arco che collega tre segni importanti: il compimento dell’anelito delle nazioni (i magi); la rivelazione dello Sposo (il battesimo); e l’anticipazione (le nozze di Cana) nel simbolo del «Segno» nuziale che si avverrà nella croce.

- Robert Cheaib - 



...Ci siamo molto allontanati dalla semplicità dei pastori. Ma forse può consolarci il fatto che anche i Magi dell'Oriente - esponenti d'una civiltà e d'una mentalità raffinate, nei quali noi pure possiamo in certo modo riconoscerci - trovarono alla fine la via del presepe.

Ma dove propriamente conduce questa via? La gente comune e i potenti non udirono la voce dell'angelo. Dormivano. I pastori erano invece uomini desti e aperti. Quest'attesa del cuore, questa sensibilità (non ancora ottusa) per la voce di Dio: ecco ciò che unisce i Magi dell'Oriente - uomini esigenti - ai pastori; e permise loro di trovare la via.

Di qui l'interrogativo: E noi, siamo davvero desti? Siamo liberi, pronti a muoverci? Non siamo invece tremendamente malati di snobismo, d'uno scetticismo presuntuoso? Può udire la voce dell'angelo colui che, a priori, dà per certo che l'angelo non può affatto esistere? Anche se la udisse, non potrebbe che fraintenderla. E cosa dire di colui che si è abituato a giudicare sempre dall'alto in basso?

Capisco sempre più perché mai sant'Agostino abbia indicato nell'humilitas (nell'umiltà) il nucleo del mistero cristiano. Il nostro cuore non è aperto, né davvero libero. E ciò nonostante rimane una consolazione: c'è stata una via percorribile anche da spiriti raffinati ed esigenti. Anche costoro possono diventare come i pastori, a patto che abbiano una cosa in comune con loro: la vigilanza e la libertà del cuore.

JOSEPH RATZINGER dal "Bollettino diocesano" - 25 dicembre 1979 -


L’adorazione dei magi (Star of Bethlehem) di Edward Burne-Jones ovvero come vedevano l'adorazione dei Magi i Preraffaelliti. Questo arazzo perchè di arazzo si tratta è stato probabilmente il più grande successo commerciale fra tutti gli arazzi della Morris & Co, committenti dell'opera, fu replicato in ben dieci versioni: quella originale è nella Eton College Chapel, mentre delle altre una si trova al Museo dell’Ermitage, a San Pietroburgo, una presso l’Art Gallery of South Australia, una invece si può ammirare alla Manchester Metropolitan University. Ovunque nel mondo.



Buona giornata a tutti :-)

www.leggoerifletto.it



 



mercoledì 4 gennaio 2023

da: L'infanzia di Gesù - papa Benedetto XVI


Difficilmente un'altra narrazione biblica ha tanto stimolato la fantasia, ma anche la ricerca e la riflessione, quanto il racconto dei "Magi" provenienti dall'"Oriente", un racconto che l'evangelista Matteo fa seguire immediatamente alla notizia della nascita di Gesù: "Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi [astrologi] vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: "Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo"" (2,1s).

Qui troviamo, come prima cosa, la chiara determinazione del quadro storico con il rimando al re Erode e al luogo di nascita, Betlemme. Ma, in ambedue i riferimenti, sono offerti, al tempo stesso, anche elementi di interpretazione. [...] Betlemme è il luogo di nascita del re Davide. [...] Il fatto che con l'aggiunta "di Giudea" la posizione geografica di Betlemme venga determinata più precisamente, potrebbe forse portare in sé anche un'intenzione teologica. 

Nella benedizione di Giacobbe, il Patriarca dice al figlio Giuda in modo profetico: "Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli" (Gen 49,10). In una narrazione che tratta dell'arrivo del Davide definitivo, del neonato re dei Giudei che salverà tutti i popoli, questa profezia è, in qualche modo, da percepire sullo sfondo.

Insieme con la benedizione di Giacobbe, bisogna leggere anche una parola attribuita nella Bibbia al profeta pagano Balaam. 

Balaam è una figura storica per la quale esiste una conferma fuori dalla Bibbia. Nel 1967, nella Transgiordania, è stata scoperta un'iscrizione in cui compare Balaam, figlio di Beor, come "veggente" di divinità autoctone - un veggente a cui vengono attribuiti annunci di fortuna e disgrazia (cfr. Hans-Peter Muller, art. Bileam). [...] Tanto più importante resta quindi la promessa di salvezza attribuita a lui, non ebreo e servo di altri dèi, una promessa che evidentemente era nota anche fuori di Israele. "Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele..." (Nm 24,17). Così si può certamente supporre che questa profezia non ebrea, "pagana", circolasse in qualche forma fuori dal giudaismo e fosse oggetto di riflessione per le persone in ricerca.

Ora, però, bisogna anzitutto domandarsi: che genere di uomini erano quelli che Matteo qualifica come "Magi" venuti dall'"Oriente"? Il termine "magi" (mágoi), nelle relative fonti, ha una notevole gamma di significati, che si estende da un senso molto positivo fino ad uno molto negativo. [...] Anche se non appartenevano esattamente al ceto sacerdotale persiano, erano tuttavia portatori di una conoscenza religiosa e filosofica che si era sviluppata ed era ancora presente in quegli ambienti. [...] Forse erano astronomi; ma non a tutti coloro che erano in grado di calcolare la congiunzione dei pianeti e la vedevano venne il pensiero di un re in Giuda che aveva un'importanza anche per loro. Affinché la stella potesse diventare un messaggio doveva essere circolato un vaticinio del tipo del messaggio di Balaam. Da Tacito e Svetonio sappiamo che, in quei tempi, circolavano attese secondo cui da Giuda sarebbe uscito il dominatore del mondo - un'attesa che Giuseppe Flavio interpretò indicando Vespasiano, con la conseguenza che entrò nei suoi favori (cfr. De bello Iud. III 399-408). Potevano concorrere diversi fattori per far percepire nel linguaggio della stella un messaggio di speranza. Ma tutto ciò poteva mettere in cammino soltanto chi era un uomo di una certa inquietudine interiore, uomo di speranza, alla ricerca della vera stella della salvezza. Gli uomini di cui parla Matteo non erano soltanto astronomi. Erano "sapienti"; rappresentavano la dinamica dell'andare al di là di sé, intrinseca alle religioni - una dinamica che è ricerca della verità, ricerca del vero Dio e quindi anche filosofia nel senso originario della parola. Così la sapienza risana anche il messaggio della "scienza": la razionalità di questo messaggio non si fermava al solo sapere, ma cercava la comprensione del tutto, portando così la ragione alle sue possibilità più elevate.

In base a tutto ciò che s'è detto, possiamo farci una certa idea su quali fossero le convinzioni e le conoscenze che portarono questi uomini ad incamminarsi verso il neonato "re dei Giudei". Possiamo dire con ragione che essi rappresentano il cammino delle religioni verso Cristo, come anche l'auto superamento della scienza in vista di Lui. Si trovano in qualche modo al seguito di Abramo, che alla chiamata di Dio parte. In un modo diverso si trovano al seguito di Socrate e del suo interrogarsi, al di là della religione ufficiale, circa la verità più grande. In tale senso, questi uomini sono dei predecessori, dei precursori, dei ricercatori della verità, che riguardano tutti i tempi. [...]

È tempo di tornare al testo del Vangelo. I Magi sono arrivati al presunto luogo del vaticinio, nel palazzo reale a Gerusalemme. Chiedono del neonato "re dei Giudei". Questa è un'espressione tipicamente non-ebraica. Nell'ambiente ebraico si sarebbe parlato del re di Israele. Di fatto, questo termine "pagano" di "re dei Giudei" ritorna solo nel processo a Gesù e nell'iscrizione sulla Croce, ambedue le volte usato dal pagano Pilato (cfr. Mc 15,9; Gv 19,19-22). Così si può dire che qui - nel momento in cui i primi pagani chiedono di Gesù - traspare già in qualche modo il mistero della Croce che è inscindibilmente connesso con la regalità di Gesù. [...] Al fine di chiarire la domanda, per Erode estremamente pericolosa, circa il pretendente al trono, egli convoca "tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo" (Mt 2,4). [...] Quale risposta ha dato l'illustre riunione alla domanda circa il luogo di nascita di Gesù? Secondo Matteo 2,6 ha risposto con una sentenza, composta di parole del profeta Michea e del Secondo Libro di Samuele: "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda; da te infatti uscirà un capo [cfr. Mi 5,1] che sarà il pastore del mio popolo, Israele [cfr. 2Sam 5,2]". [...] La risposta dei capi dei sacerdoti e degli scribi alla domanda dei Magi ha certamente un contenuto geografico concreto, che per i Magi è utile. Essa, tuttavia, non è solo un'indicazione geografica, ma anche un'interpretazione teologica del luogo e dell'avvenimento. Che Erode ne tragga le conseguenze è comprensibile. Sorprendente è invece il fatto che i conoscitori della Sacra Scrittura non si sentano spinti a conseguenti decisioni concrete. Si deve forse scorgere in questo l'immagine di una teologia che si esaurisce nella disputa accademica? [...]

A Gerusalemme, la stella era chiaramente tramontata. Dopo l'incontro dei Magi con la Parola della Scrittura, la stella risplende nuovamente per loro. La creazione, interpretata dalla Scrittura, torna a parlare all'uomo. Matteo ricorre ai superlativi per descrivere la reazione dei Magi: "Al vedere la stella, provarono fortemente una grandissima gioia" (2,10). E' la gioia dell'uomo che è colpito nel cuore dalla luce di Dio e che può vedere che la sua speranza si realizza - la gioia di colui che ha trovato e che è stato trovato. [...] 

Davanti al Bambino regale, i Magi praticano la proskýnesis, cioè si prosternano davanti a Lui. Questo è l'omaggio che si rende a un Re-Dio. A partire da ciò si spiegano poi anche i doni che i Magi offrono. Non sono regali pratici, che in quel momento forse sarebbero stati utili per la Santa Famiglia. I doni esprimono la stessa cosa della proskýnesis: sono un riconoscimento della dignità regale di Colui al quale vengono offerti. Oro e incenso vengono menzionati anche in Isaia 60,6 come doni di omaggio, che verranno offerti al Dio di Israele da parte dei popoli.

Nei tre doni, la tradizione della Chiesa ha visto rappresentati - con alcune varianti - tre aspetti del mistero di Cristo: l'oro rimanderebbe alla regalità di Gesù, l'incenso al Figlio di Dio e la mirra al mistero della sua Passione. In effetti, nel Vangelo di Giovanni compare la mirra dopo la morte di Gesù: l'evangelista ci racconta che Nicodemo, per l'unzione della salma di Gesù, aveva procurato, fra l'altro, anche la mirra (cfr. 19,39). Così, il mistero della Croce, mediante la mirra, viene nuovamente collegato con la regalità di Gesù e si preannuncia in modo misterioso già nell'adorazione dei Magi. L'unzione è un tentativo di opporsi alla morte, che solo nella corruzione raggiunge la sua definitività. Quando al mattino del primo giorno della settimana la donne giunsero al sepolcro per effettuare l'unzione, che, a causa dell'immediato inizio della festa, non era stato più possibile eseguire alla sera dopo la crocifissione, Gesù era ormai risorto: Egli non aveva più bisogno della mirra come mezzo contro la morte, perché la vita stessa di Dio aveva vinto la morte.

- papa Benedetto XVI - 
da : L'infanzia di Gesù, di Joseph Ratzinger (Benedetto XVI) , pubblicato nel 2012 da Rizzoli e Libreria Editrice Vaticana. In particolare, i brani che seguono sono tratti dalle pp. 105-125 del volume.


Ciao santo Padre, ora sei in Cielo! Prega per noi! 

Buona giornata a tutti :-)





lunedì 2 gennaio 2023

Il mondo è un enigma - Card. Giacomo Biffi

Qualcuno fa fatica ad arrivare alla fede, perché è irritato dai «misteri»: ritiene che sia preferibile dedicare la propria attenzione non a un Dio che non si vede e non si capisce, ma alla realtà mondana che è chiara e accessibile alla nostra ragione. Ma se uno riflette, vede che le cose stanno proprio al contrario. 

Il mondo è un enigma; e le nostre capacità razionali, se riescono a studiarlo un po’ nei suoi meccanismi e a dominarlo, non arrivano affatto a capirlo nel suo significato, e non sono in grado di rispondere alle domande che più contano e più sono incisive. 
Un grande e angosciato poeta italiano, contemplando nella notte l’infinità tersa dei cieli, così si interrogava: «Che vuol dir questa – solitudine immensa? Ed io che sono?». E, poiché era uno spirito lucido e profondo, non si lasciava incantare né dai fatui bagliori dello scientismo né dal mito conclamato del progresso («le magnifiche sorti e progressive»), ma concludeva con uno straziato «non so», sincero ma chiuso e irredimibile, preludio alla confessione disperata: «Per me la vita è male». 
Il mondo è davvero un enigma oscuro; un enigma che la mente non è in grado di penetrare, nonostante gli esaltanti e inquietanti successi della scienza; un enigma che non sa illuminarci né sulla sua e nostra origine, né sulla sua e nostra fine, né sulla ragione plausibile del suo e del nostro esistere. 
Dio invece è sì un mistero inaccessibile, ma è anche un mistero illuminante: sa far arrivare la sua luce sul mondo; ci offre, con la venuta tra noi del Figlio suo, il significato ultimo dell’esistenza; ci dice quale sia il nostro destino. Sicché chi vuole continuare a vivere ragionevolmente, non ha altra scelta che oltrepassare la pura ragione e aprirsi alla luce dell’alto.
 O la verità di Dio o l’assurdo: questo è nella sua sostanza, il dilemma dell’uomo che vuol ragionare fino in fondo e perciò non si accontenta del «che» e del «come», ma vuol arrivare a sapere il «perché» delle cose e del suo vivere. Ecco il messaggio esistenziale della Epifania.

 - Giacomo Biffi -
(Epifania 1989) 


Anche i Magi erano affascinati dallo spettacolo notturno del cielo, e passavano le notti a contemplarlo. Ma poiché avevano un animo orientato in modo umile e disinteressato alla verità, hanno saputo vedervi il segno della salvezza di Dio: per loro il silenzio degli spazi infiniti, invece che atterrire soltanto, si era fatto eloquente. 

La verità va inseguita con questo cuore; con cuore cioè disposto ad affrontare per amor suo disagi, rinunce, cambiamenti di abitudini e di condotta. Così la cercano i Magi, che abbandonano gli agi della patria e il calore della casa e coraggiosamente si pongono in cammino verso la luce. 
Così non la cerca Erode, che resta sì turbato dal primo balenìo della verità, ma subito soffoca ogni amore generoso del vero sotto i suoi progetti di potere e di morte. Così non la cerca la popolazione di Gerusalemme, che si stupisce e commuove alla vista degli inconsueti pellegrini, ma non va oltre la meraviglia e la pura curiosità, e non decide niente di pratico che l’avvicini alla strada della salvezza.

 Così non la cercano i sommi sacerdoti e gli scribi, molto bravi a istruire gli altri sulle indicazioni delle divine scritture, ma incapaci di lasciarsi toccare personalmente il cuore dalla parola di Dio e di cambiare la vita.

- Giacomo Biffi -  



Buona giornata a tutti :-)


seguimi sulla mia pagina YouTube


venerdì 2 dicembre 2022

Il mondo è un enigma - Card. Giacomo Biffi

Qualcuno fa fatica ad arrivare alla fede, perché è irritato dai «misteri»: ritiene che sia preferibile dedicare la propria attenzione non a un Dio che non si vede e non si capisce, ma alla realtà mondana che è chiara e accessibile alla nostra ragione. Ma se uno riflette, vede che le cose stanno proprio al contrario. 
Il mondo è un enigma; e le nostre capacità razionali, se riescono a studiarlo un po’ nei suoi meccanismi e a dominarlo, non arrivano affatto a capirlo nel suo significato, e non sono in grado di rispondere alle domande che più contano e più sono incisive. 
Un grande e angosciato poeta italiano, contemplando nella notte l’infinità tersa dei cieli, così si interrogava: «Che vuol dir questa – solitudine immensa? Ed io che sono?». E, poiché era uno spirito lucido e profondo, non si lasciava incantare né dai fatui bagliori dello scientismo né dal mito conclamato del progresso («le magnifiche sorti e progressive»), ma concludeva con uno straziato «non so», sincero ma chiuso e irredimibile, preludio alla confessione disperata: «Per me la vita è male». 
Il mondo è davvero un enigma oscuro; un enigma che la mente non è in grado di penetrare, nonostante gli esaltanti e inquietanti successi della scienza; un enigma che non sa illuminarci né sulla sua e nostra origine, né sulla sua e nostra fine, né sulla ragione plausibile del suo e del nostro esistere. 
Dio invece è sì un mistero inaccessibile, ma è anche un mistero illuminante: sa far arrivare la sua luce sul mondo; ci offre, con la venuta tra noi del Figlio suo, il significato ultimo dell’esistenza; ci dice quale sia il nostro destino. Sicché chi vuole continuare a vivere ragionevolmente, non ha altra scelta che oltrepassare la pura ragione e aprirsi alla luce dell’alto.
 O la verità di Dio o l’assurdo: questo è nella sua sostanza, il dilemma dell’uomo che vuol ragionare fino in fondo e perciò non si accontenta del «che» e del «come», ma vuol arrivare a sapere il «perché» delle cose e del suo vivere. Ecco il messaggio esistenziale della Epifania.

 - Giacomo Biffi -
(Epifania 1989) 


Anche i Magi erano affascinati dallo spettacolo notturno del cielo, e passavano le notti a contemplarlo. Ma poiché avevano un animo orientato in modo umile e disinteressato alla verità, hanno saputo vedervi il segno della salvezza di Dio: per loro il silenzio degli spazi infiniti, invece che atterrire soltanto, si era fatto eloquente. 

La verità va inseguita con questo cuore; con cuore cioè disposto ad affrontare per amor suo disagi, rinunce, cambiamenti di abitudini e di condotta. Così la cercano i Magi, che abbandonano gli agi della patria e il calore della casa e coraggiosamente si pongono in cammino verso la luce. 
Così non la cerca Erode, che resta sì turbato dal primo balenìo della verità, ma subito soffoca ogni amore generoso del vero sotto i suoi progetti di potere e di morte. Così non la cerca la popolazione di Gerusalemme, che si stupisce e commuove alla vista degli inconsueti pellegrini, ma non va oltre la meraviglia e la pura curiosità, e non decide niente di pratico che l’avvicini alla strada della salvezza.

 Così non la cercano i sommi sacerdoti e gli scribi, molto bravi a istruire gli altri sulle indicazioni delle divine scritture, ma incapaci di lasciarsi toccare personalmente il cuore dalla parola di Dio e di cambiare la vita.

- Giacomo Biffi -  



Buona giornata a tutti :-)


seguimi sulla mia pagina YouTube