Bacio la tua passione, con cui io sono stato liberato dalle mie brutte passioni.
Bacio la tua croce, con cui hai condannato il mio peccato e mi hai liberato dalla condanna a morte.
Bacio quei chiodi con cui hai rimosso il castigo della maledizione.
Bacio le ferite delle tue membra, con cui sono state fatte guarire le ferite della mia ribellione.
Bacio la canna con cui hai firmato l’attestato della mia liberazione e con cui hai colpito la testa arrogante del drago.
Bacio la spugna accostata alle tue labbra incontaminate, con cui l’amarezza della trasgressione mi fu trasformata in dolcezza.
Avessi potuto gustare io quel fiele, quale dolcissimo cibo non sarebbe stato! Avessi potuto io prendere l’aceto, che piacevole bevanda!
Quella corona di spine sarebbe stata per me un diadema regale.
Quegli sputi mi avrebbero ornato come splendide perle.
Quegli schemi mi avrebbero ornato come segni di profondo ossequio.
Quegli schiaffi mi avrebbero glorificato come il prestigio più alto.
Ti bacio, Signore, e la tua passione è il mio vanto.
Bacio la lancia che ha squarciato la cambiale contro di me e ha aperto la fonte dell’immortalità.
Bacio il tuo fianco dal quale sgorgarono i fiumi della vita e zampillò per me il ruscello perenne dell’immortalità.
Bacio i tuoi panni funebri con cui mi hai adornato togliendomi i miei abiti vergognosi.
Bacio la preziosissima sindone di cui ti sei rivestito per avvolgere me nella veste dei tuoi figli adottivi.
Bacio la tomba nella quale hai inaugurato il mistero della mia risurrezione e mi hai preceduto per la strada che esce dalla morte.
Bacio quella pietra con cui mi hai tolto il peso della paura della morte.
Bacio la tua croce, con cui hai condannato il mio peccato e mi hai liberato dalla condanna a morte.
Bacio quei chiodi con cui hai rimosso il castigo della maledizione.
Bacio le ferite delle tue membra, con cui sono state fatte guarire le ferite della mia ribellione.
Bacio la canna con cui hai firmato l’attestato della mia liberazione e con cui hai colpito la testa arrogante del drago.
Bacio la spugna accostata alle tue labbra incontaminate, con cui l’amarezza della trasgressione mi fu trasformata in dolcezza.
Avessi potuto gustare io quel fiele, quale dolcissimo cibo non sarebbe stato! Avessi potuto io prendere l’aceto, che piacevole bevanda!
Quella corona di spine sarebbe stata per me un diadema regale.
Quegli sputi mi avrebbero ornato come splendide perle.
Quegli schemi mi avrebbero ornato come segni di profondo ossequio.
Quegli schiaffi mi avrebbero glorificato come il prestigio più alto.
Ti bacio, Signore, e la tua passione è il mio vanto.
Bacio la lancia che ha squarciato la cambiale contro di me e ha aperto la fonte dell’immortalità.
Bacio il tuo fianco dal quale sgorgarono i fiumi della vita e zampillò per me il ruscello perenne dell’immortalità.
Bacio i tuoi panni funebri con cui mi hai adornato togliendomi i miei abiti vergognosi.
Bacio la preziosissima sindone di cui ti sei rivestito per avvolgere me nella veste dei tuoi figli adottivi.
Bacio la tomba nella quale hai inaugurato il mistero della mia risurrezione e mi hai preceduto per la strada che esce dalla morte.
Bacio quella pietra con cui mi hai tolto il peso della paura della morte.
Giorgio di Nicomedia (sec. IX), Maria ai piedi della croce
"Cari fratelli e sorelle, penso che la Vergine Maria si sia posta più di una volta questa domanda: perché Gesù ha voluto nascere da una ragazza semplice e umile come me?
E poi, perché ha voluto venire al mondo in una stalla ed avere come prima visita quella dei pastori di Betlemme?
La risposta Maria l’ebbe pienamente alla fine, dopo aver deposto nel sepolcro il corpo di Gesù, morto e avvolto in fasce (cfr Lc 23,53).
Allora comprese appieno il mistero della povertà di Dio.
Comprese che Dio si era fatto povero per noi, per arricchirci della sua povertà piena d’amore, per esortarci a frenare l’ingordigia insaziabile che suscita lotte e divisioni, per invitarci a moderare la smania di possedere e ad essere così disponibili alla condivisione e all’accoglienza reciproca.
A Maria, Madre del Figlio di Dio fattosi nostro fratello, rivolgiamo fiduciosi la nostra preghiera, perché ci aiuti a seguirne le orme, a combattere e vincere la povertà, a costruire la vera pace, che è opus iustitiae."
E poi, perché ha voluto venire al mondo in una stalla ed avere come prima visita quella dei pastori di Betlemme?
La risposta Maria l’ebbe pienamente alla fine, dopo aver deposto nel sepolcro il corpo di Gesù, morto e avvolto in fasce (cfr Lc 23,53).
Allora comprese appieno il mistero della povertà di Dio.
Comprese che Dio si era fatto povero per noi, per arricchirci della sua povertà piena d’amore, per esortarci a frenare l’ingordigia insaziabile che suscita lotte e divisioni, per invitarci a moderare la smania di possedere e ad essere così disponibili alla condivisione e all’accoglienza reciproca.
A Maria, Madre del Figlio di Dio fattosi nostro fratello, rivolgiamo fiduciosi la nostra preghiera, perché ci aiuti a seguirne le orme, a combattere e vincere la povertà, a costruire la vera pace, che è opus iustitiae."
- Papa Benedetto XVI -
...senza Maria l'ingresso di Dio nella storia non arriverebbe al suo fine; non sarebbe cioè raggiunto ciò che si afferma nella professione di fede, che Dio è un Dio con noi e non solo un Dio in sé e per se stesso.
Ecco perché questa donna, che definiva se stessa "umile", priva cioè di fama, viene a trovarsi nel nucleo centrale della professione di fede nel Dio vivente, né può essere eliminata dalla riflessione su di lui.
Ella è parte irrinunciabile della nostra fede nel Dio vivente, nel Dio che agisce. La parola si fa carne; il fondamento, il significato eterno del mondo entra in lui.
Non la guarda semplicemente dall'esterno, ma agisce in lei.
Perché questo potesse accadere, c'era bisogno che la Vergine mettesse lei stessa a disposizione tutta la sua persona, quindi il suo corpo, così che essa divenisse il luogo del dimorare di Dio nel mondo. L'incarnazione abbisognava del suo Sì. Solo in questo modo il Logos e la carne diventano una cosa sola..........
Joseph Ratzinger - da "Il Dio vicino" L'eucarestia cuore della vita cristiana -
Ecco perché questa donna, che definiva se stessa "umile", priva cioè di fama, viene a trovarsi nel nucleo centrale della professione di fede nel Dio vivente, né può essere eliminata dalla riflessione su di lui.
Ella è parte irrinunciabile della nostra fede nel Dio vivente, nel Dio che agisce. La parola si fa carne; il fondamento, il significato eterno del mondo entra in lui.
Non la guarda semplicemente dall'esterno, ma agisce in lei.
Perché questo potesse accadere, c'era bisogno che la Vergine mettesse lei stessa a disposizione tutta la sua persona, quindi il suo corpo, così che essa divenisse il luogo del dimorare di Dio nel mondo. L'incarnazione abbisognava del suo Sì. Solo in questo modo il Logos e la carne diventano una cosa sola..........
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Buona giornata a tutti :-)
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