Eravamo in cammino con lui, mentre visitava
le parrocchie.
Per la strada sopraggiungeva una carrozza del fisco carica di
soldati. Ma appena le mule videro Martino ricoperto di un’ispida veste e di un
mantello nero, spaventate si spostarono un po’ dall’altra parte.
Quindi
ingarbugliarono le funi in cui stavano imbrigliate. Adirati per questo torto, i
soldati saltarono a terra e cominciarono a picchiare Martino con flagelli e
bastoni, mentre quello, senza far parola e con incredibile sopportazione, presentava il dorso a quelli che lo
battevano e faceva così montare il furore in quei miserabili, che ancor più si
adiravano per il fatto che lui, quasi non le sentisse, disprezzava le percosse
ricevute.
Dopo aver così sfogato la loro rabbia, comandarono alle mule di
riprendere il viaggio. Tutte queste però si bloccarono e rimasero inchiodate a
terra come statue di bronzo e, per quanto i guidatori alzassero la voce, per
quanto risuonassero le sferze, non si muovevano per nulla.
Quei miseri uomini
non sapevano più che cosa fare, e non potevano più fare a meno di riconoscere
che erano trattenuti da una potenza divina, per quanto lo riconoscessero nelle
loro coscienze abbrutite.
Cominciarono a chiedersi chi fosse quel tale che poco
prima avevano malmenato in quel luogo quando, indagando un po’, vengono a
sapere dai viandanti di aver percosso tanto crudelmente proprio Martino. E
allora divenne per tutti lampante la situazione e non potevano più ignorare di
essere bloccati per l’ingiuria arrecata a quell’uomo.
Pertanto ci vengono
dietro di corsa, consci dell’errore e della colpa, piangendo con il capo e il
volto cosparsi di polvere, si gettano ai piedi di Martino, invocando il suo
perdono e supplicandolo che li lasciasse ripartire.
Il santo concesse loro con
clemenza il perdono e permise agli stessi di partire, dopo che gli animali
tornarono a muoversi.
(Sulpicio Severo, Vita di san Martino)
Dalla cappa di San Martino ai cappellani, il passo è
breve.
Che fine ha fatto la cappa di San Martino?
Mantello, in latino, si dice cappa. Ma trattandosi del mantello corto dei militari si parlava, al diminutivo, di cappella (cappa corta).
Questa cappella venne conservata come insigne reliquia ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi.
I Franchi la portavano come stendardo in guerra, davanti alle truppe, fidando nella protezione del santo patrono.
Da Carlomagno la cappa di san Martino venne inviata all'oratorio palatino di Aquisgrana, che da allora si chiamerà, in francese Aix-la-chapelle (Aachen, in tedesco). Infatti, il termine latino, dal significare la reliquia del mantello di san Martino, passò per estensione ad indicare l'oratorio che la conteneva; le persone incaricate di conservare tale insigne reliquia vennero chiamate: "cappellani"!
E fu così la chiesetta del palazzo reale di Carlomagno divenne una "cappella" in senso moderno.
Il nome, in seguito, identificherà per ulteriore estensione tutte le chiesette e saranno chiamati cappellani tutti i sacerdoti ad esse preposti, anche se non avevano più nulla a che fare con il prodigioso indumento del santo vescovo di Tours.
Dalla cappa di Martino prende nome, perfino, la dinastia reale francese dei "Capetingi".
Una vera e propria devota fissazione!
Pezzetti del mantello di san Martino erano nel medioevo reliquie ambitissime (e parecchio diffuse), vere e proprie narrazioni reificate dell'esempio di carità del primo santo non martire dell'Occidente cristiano.
Una lettura teologica e sociale del gesto di amore
disinteressato di san Martino, l'ha data papa Benedetto XVI nel messaggio
dell'Angelus dell'11 novembre 2007, dove, tra l'altro, diceva:
“Cari fratelli e sorelle, il gesto caritatevole di san Martino si iscrive nella stessa logica che spinse Gesù a moltiplicare i pani per le folle affamate, ma soprattutto a lasciare se stesso in cibo all’umanità nell’Eucaristia, Segno supremo dell’amore di Dio, Sacramentum caritatis. E’ la logica della condivisione, con cui si esprime in modo autentico l’amore per il prossimo. Ci aiuti san Martino a comprendere che soltanto attraverso un comune impegno di condivisione, è possibile rispondere alla grande sfida del nostro tempo: quella cioè di costruire un mondo di pace e di giustizia, in cui ogni uomo possa vivere con dignità. Questo può avvenire se prevale un modello mondiale di autentica solidarietà, in grado di assicurare a tutti gli abitanti del pianeta il cibo, l’acqua, le cure mediche necessarie, ma anche il lavoro e le risorse energetiche, come pure i beni culturali, il sapere scientifico e tecnologico.”
Testo preso da: Cantuale Antonianum
“Cari fratelli e sorelle, il gesto caritatevole di san Martino si iscrive nella stessa logica che spinse Gesù a moltiplicare i pani per le folle affamate, ma soprattutto a lasciare se stesso in cibo all’umanità nell’Eucaristia, Segno supremo dell’amore di Dio, Sacramentum caritatis. E’ la logica della condivisione, con cui si esprime in modo autentico l’amore per il prossimo. Ci aiuti san Martino a comprendere che soltanto attraverso un comune impegno di condivisione, è possibile rispondere alla grande sfida del nostro tempo: quella cioè di costruire un mondo di pace e di giustizia, in cui ogni uomo possa vivere con dignità. Questo può avvenire se prevale un modello mondiale di autentica solidarietà, in grado di assicurare a tutti gli abitanti del pianeta il cibo, l’acqua, le cure mediche necessarie, ma anche il lavoro e le risorse energetiche, come pure i beni culturali, il sapere scientifico e tecnologico.”
Testo preso da: Cantuale Antonianum
Buona giornata a tutti. :-)
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