mercoledì 7 dicembre 2016

sant'Ambrogio - 7 dicembre 2016

Chi infatti, si propone di correggere i difetti della fragilità umana deve sorreggere e, in qualche modo, soppesare sulle sue spalle la debolezza stessa, non già disfarsene. Il pastore, quello ben noto del Vangelo, non ha abbandonato la pecora stanca, ma se l'è messa in spalla. 
Salomone dice: "Non essere troppo giusto". 
La dolcezza ha il compito, appunto, di lenire la giustizia. Con quale animo, infatti, si potrebbe sottoporre alle tue cure chi hai in antipatia ed è convinto che sarà non già oggetto di pietà, bensì di disprezzo da parte del suo medico?
Gesù ha avuto misericordia di noi non per allontanarci, ma per chiamarci a sé. E' venuto mite, umile. Ha detto: "Venite a me, voi tutti che siete affaticati, e io vi ristorerò". 
Il Signore, dunque, guarisce senza eccezioni, senza riserve. 
A ragione, ha scelto discepoli che, interpreti del suo volere, raccogliessero e non tenessero lontano il popolo di Dio. Ovviamente, non sono da annoverare tra i discepoli di Cristo coloro i quali pensano che la durezza sia da preferire alla dolcezza, la superbia all'umiltà e che, mentre invocano per sé la divina pietà, la negano agli altri, come appunto fanno i dottori Novaziani che si fregiano dell'appellativo di "puri".

Quale tracotanza maggiore della loro? La scrittura dice che "neppure il neonato è immune da colpa"; David grida: "Mondami dal mio peccato". Dunque, i Novaziani sono più obbedienti al Signore di David, dalla cui gente Cristo ha voluto nascere, in virtù del mistero dell'Incarnazione? 
Più ligi verso Dio di David, alla cui posteriorità appartiene la reggia celeste, il grembo, cioè, della Vergine che ha ricevuto il Salvatore del mondo? 
Quale crudeltà maggiore del concedere la penitenza e, al tempo stesso, di sbarrarle il passo? 
Negare il perdono, infatti, cosa significa se non togliere ogni incentivo a pentirsi? Contrito di tutto cuore può essere soltanto chi nutre fiducia nella clemenza.

- Sant'Ambrogio, vescovo -
da: "La Penitenza"



L'angelo, che annunziava il mistero, volle garantirne la veridicità con una prova e annunziò alla vergine Maria la maternità di una donna vecchia e sterile, per dimostrare così che a Dio è possibile tutto ciò che vuole.
Appena Maria ebbe udito ciò, si avviò in fretta verso la montagna, non perché fosse incredula della profezia o incerta dell'annunzio o dubitasse della prova, ma perché era lieta della promessa e desiderosa di compiere devotamente un servizio, con lo slancio che le veniva dall'intima gioia. Dove ormai, ricolma di Dio, poteva affrettarsi ad andare se non verso l'alto?
La grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze.
Subito si fanno sentire i benefici della venuta di Maria e della presenza del Signore. Infatti "appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, esultò il bambino nel seno di lei, ed ella fu ricolma di Spirito Santo" (cfr. Lc 1,41).
Si deve fare attenzione alla scelta delle singole parole e al loro significato. Elisabetta udì per prima la voce, ma Giovanni percepì per primo la grazia; essa udì secondo l'ordine della natura, egli esultò in virtù del mistero; essa sentì l'arrivo di Maria, egli del Signore; la donna l'arrivo della donna, il bambino l'arrivo del bambino.
Esse parlano delle grazie ricevute, essi nel seno delle loro madri realizzano la grazia e il mistero della misericordia a profitto delle madri stesse: e queste per un duplice miracolo profetizzano sotto l'ispirazione dei figli che portano.
Del figlio si dice che esultò, della madre che fu ricolma di Spirito Santo.
Non fu prima la madre a essere ricolma dello Spirito, ma fu il figlio, ripieno di Spirito Santo, a ricolmare anche la madre.
Esultò Giovanni, esultò anche lo Spirito di Maria. Ma mentre di Elisabetta si dice che fu ricolma di Spirito Santo allorché Giovanni esultò, di Maria, che già era ricolma di Spirito Santo, si dice che allora il suo spirito esultò.
Colui che è incomprensibile, operava in modo incomprensibile nella madre. L'una, Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo dopo la concezione, Maria invece prima della concezione.
"Beata - disse - tu che hai creduto" (cfr. Lc 1,45). Ma beati anche voi che avete udito e creduto: ogni anima che crede concepisce e genera il Verbo di Dio e riconosce le sue opere.
Sia in ciascuno l'anima di Maria per magnificare il Signore; sia in ciascuno lo spirito di Maria per esultare in Dio. Se c'è una sola madre di Cristo secondo la carne, secondo la fede, invece, Cristo è il frutto di tutti, poiché ogni anima riceve il Verbo di Dio, purché, immacolata e immune da vizi, custodisca la castità con intemerato pudore. Ogni anima che potrà mantenersi così, magnifica il Signore come magnificò il Signore l'anima di Maria, e il suo spirito esultò in Dio salvatore.
Come avete potuto leggere anche altrove: Magnificate il Signore con me (Sal 33,4), il Signore è magnificato non perché la parola umana possa aggiungere qualcosa alla grandezza del Signore, ma perché egli viene magnificato in noi. Cristo è l'immagine di Dio: perciò l'anima che compie opere giuste e pie, magnifica l'immagine di Dio a somiglianza della quale è stata creata, e mentre la magnifica, partecipa in certo modo alla sua grandezza e si eleva.

- Sant’Ambrogio,  Vescovo -
 Fonte: Dal "Commento su san Luca" di Sant'Ambrogio, vescovo (2,19.22-23.26-27; CCL 14,39-42)


Tutto è per noi Cristo. 

Se desideri medicare le tue ferite,
egli è medico. 

Se bruci di febbre, 
egli è la sorgente ristoratrice. 
Se sei oppresso dalla colpa, 
egli è la giustizia. 
Se hai bisogno di aiuto, 
egli è la forza. 
Se temi la morte, 
egli è la vita. 
Se desideri il cielo, 
egli è la via. 
Se fuggi le tenebre, 
egli è la luce. 
Se cerchi il cibo, 
egli è il nutrimento. 

Gustate, dunque, e vedete 
quanto è buono il Signore; 
felice l'uomo che spera in lui.

- Sant'Ambrogio - 




























Buona giornata a tutti. :-)

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