In una comunità ci sono anche delle "antipatie".
Ci sono sempre delle persone con le quali m'intendo, che mi bloccano, che mi contraddicono e soffocano lo slancio della mia vita e della mia libertà.
La loro presenza sembra minacciarmi, e provoca in me della aggressività, o una forma di regressione servile.
In loro presenza sono incapace di esprimermi e di vivere.
Altri fanno nascere in me dei sentimenti d'invidia e di gelosia: sono tutto quello che io vorrei essere, e la loro presenza mi ricorda che io non lo sono.
La loro radiosità e intelligenza mi rimanda alla mia indigenza.
Altri mi chiedono troppo. Non posso rispondere alla loro incessante richiesta affettiva. Sono obbligato a respingerli.
Queste persone sono mie "nemiche"; mi mettono in pericolo; e anche se non oso ammetterlo, le odio. Certo, quest'odio è solo psicologico, non è ancora morale, cioè voluto. Ma lo stesso avrei preferito che queste persone non esistessero!
Una comunità non è tale che quando la maggioranza dei suoi membri ha deciso coscientemente di spezzare queste barriere e di uscire dal bozzolo delle "amicizie" per tendere la mano al "nemico".
Ci sono sempre delle persone con le quali m'intendo, che mi bloccano, che mi contraddicono e soffocano lo slancio della mia vita e della mia libertà.
La loro presenza sembra minacciarmi, e provoca in me della aggressività, o una forma di regressione servile.
In loro presenza sono incapace di esprimermi e di vivere.
Altri fanno nascere in me dei sentimenti d'invidia e di gelosia: sono tutto quello che io vorrei essere, e la loro presenza mi ricorda che io non lo sono.
La loro radiosità e intelligenza mi rimanda alla mia indigenza.
Altri mi chiedono troppo. Non posso rispondere alla loro incessante richiesta affettiva. Sono obbligato a respingerli.
Queste persone sono mie "nemiche"; mi mettono in pericolo; e anche se non oso ammetterlo, le odio. Certo, quest'odio è solo psicologico, non è ancora morale, cioè voluto. Ma lo stesso avrei preferito che queste persone non esistessero!
E naturale che in una comunità ci siano queste vicinanze di sensibilità come questi blocchi fra sensibilità diverse. Queste cose vengono dall'immaturità della vita affettiva e da una quantità di elementi della nostra prima infanzia sui quali non abbiamo nessun controllo. Non si tratta di negarli.
Se ci lasciamo guidare dalle nostre emozioni, si costituiranno certo dei clan all'interno della comunità. Allora non ci sarà più una comunità, ma dei gruppi di persone più o meno chiusi su se stessi e bloccati nei confronti degli altri. Quando si entra in certe comunità, si sentono subito queste tensioni e queste guerre sotterranee. Le persone non si guardano in faccia. Quando s'incrociano nei corridoi, sono come navi nella notte.
Una comunità non è tale che quando la maggioranza dei suoi membri ha deciso coscientemente di spezzare queste barriere e di uscire dal bozzolo delle "amicizie" per tendere la mano al "nemico".
Ma è un lungo cammino.
Una comunità non si fa in un giorno.
In realtà, non è mai fatta!
Sta sempre progredendo verso un amore più grande, oppure regredendo.
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