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lunedì 12 febbraio 2024

Donna – Rabindranath Tagore

 Donna, non sei soltanto l’ opera di Dio,
ma anche degli uomini, che sempre
ti fanno bella con i loro cuori.

I poeti ti tessono una rete
con fili di dorate fantasie;
i pittori danno alla tua forma
sempre nuova immortalità.
Il mare dona le sue perle,
le miniere il loro oro,
i giardini d’ estate i loro fiori
per adornarti, per coprirti,
per renderti sempre più preziosa.
Il desiderio del cuore degli uomini
ha steso la sua gloria
sulla tua giovinezza.
Per metà sei donna, e per metà sei sogno.

Rabindranath Tagore -


 Édouard Bisson (1856 - 1939)


Quando a sera l'anfora

del giorno si vuota,
viene gettata nella corte
delle stelle.
La notte la purifica nel buio
Affinché possa riempirsi ancora
Della nuova ambrosia
Dell'aurora. 

- Rabindranath Tagore -



The moon shines in my body, 
but my blind eyes cannot see it:
The moon is within me, and so is the sun.
The unstruck drum of Eternity is sounded within me; 
but my deaf ears cannot hear it.
So long as man clamours for the I and the Mine, 
his works are as naught:
When all love of the I and the Mine is dead, 
then the work of the Lord is done.
For work has no other aim than 
the getting of knowledge: 
When that comes, then work is put away.


- Rabindranath Tagore -

From "The Songs of Kabir, 1440-1558, Translated by  in 1915"



Dicono che l’amore sia cieco. 
Io credo che l’amore, quello vero
 
abbia una vista superiore.


- John Powell -


La farfalla non conta gli anni
ma gli istanti:
per questo
il suo breve tempo le basta.

- Rabindranath Tagore -




Buona giornata a tutti. :-)




venerdì 29 dicembre 2023

Se vuoi riempire la tua brocca - Rabindranath Tagore

 Se vuoi riempire la tua brocca, vieni, vieni al mio lago.
L'acqua bagnerà i tuoi piedi e ti mormorerà
il suo segreto.
La traccia della pioggia vicina è già sulla sabbia,
le nuvole sono basse sulla linea azzurra
degli alberi come i folti capelli sopra i tuoi occhi.
Conosco bene il ritmo dei tuoi passi:
batte nel mio cuore.
Vieni, vieni al mio lago, se devi riempire la tua brocca.

Se vuoi startene oziosa e sedere indolente,
lasciando che la tua brocca galleggi nell'acqua,
vieni al mio lago.
Il declivio erboso è verdeggiante, i fiori di campo
sono innumerevoli.
I pensieri voleranno via dai tuoi occhi neri
come gli uccelli dal loro nido.
Il velo ti cadrà ai piedi,
vieni, oh vieni al mio lago, se vuoi sedere indolente.

Se vuoi interrompere il tuo gioco e tuffarti
nell'acqua, vieni, vieni al mio lago.
Lascia il tuo mantello azzurro sulla riva.
L'acqua azzurra, nascondendoti, ti coprirà.
Le onde si alzeranno in punta di piedi
per baciarti il collo e mormorare ai tuoi orecchi.
Vieni, oh vieni al mio lago, se vuoi tuffarti
nell'acqua.

Se vuoi essere folle e cercare la morte in acqua,
vieni, vieni al mio lago.
E' freddo e profondo.
E' scuro come un sonno senza sogni.
Nei suoi abissi sono uguali le notti e i giorni,
e i canti sono silenzio.
Vieni, vieni al mio lago, se vuoi darti
in braccio alla morte.

 - da Il Giardiniere -


"La ninfa di Düssel", Edward Steinbruck

Lei è vicina al mio cuore
come il fiore alla terra.
Lei è dolce come il sonno che viene
per il corpo stanco.

- Rabindranath Tagore - 


Joseph-Charles Francère, "Silfide"

Quando a sera l'anfora
Del giorno si vuota,
viene gettata nella corte
delle stelle.
La notte la purifica nel buio
Affinché possa riempirsi ancora
Della nuova ambrosia
Dell'aurora. 

- Rabindranath Tagore - 

Immagine: Édouard Bisson (1856 - 1939)

Non partire, mio amore, senza avvertirmi.
Ho vegliato tutta la notte e ora i miei occhi
sono pesanti di sonno.
Ho paura di perderti mentre dormo.
Non partire, amore mio, senza avvertirmi.

Mi sveglio e stendo le mani per toccarti.
Ti sento e mi domando: «E un sogno?»
Oh, potessi stringere i tuoi piedi col mio cuore
e tenerli stretti al mio petto!
Non andartene, mio amore, senza avvertirmi.

- da Il Giardiniere -



Buona giornata a tutti :-)





venerdì 10 novembre 2023

Sono sempre le piccole cose a distruggere i matrimoni - Erma Bombeck

 Sono sempre le piccole cose a distruggere i matrimoni. Per esempio, una donna può girare per il Louvre, a Parigi, e vedere cinquemila quadri da togliere il fiato appesi alle pareti. Un uomo può girare per il Louvre, a Parigi, e vedere cinquemila chiodi infissi in quelle stesse pareti.
È questa la differenza fondamentale.
Non capisco che cosa, in un chiodo infisso nel­la parete, abbia il potere di spingere alle lacrime uomini forti e virili. La prima volta che mi accorsi di questo fenomeno fu una settimana dopo il matrimonio con mio marito.
Un giorno lo incrociai in cucina. Avevo un chiodino e un martello in mano.“Dove vai con quel chiodo e quel martello?” mi chiese, cominciando a impallidire.“Voglio fissare un portasciugamani alla parete”, dissi io.
Non sarebbe potuto sembrare più sconvolto se gli avessi detto che volevo infilare un paletto nel cuore di un vampiro.“E devi proprio ficcarlo nella parete?” “No”, dissi io, appoggiandomi al lavandino, “potrei appoggiare il portasciugamani nell’angolo. Potrei appenderlo a una corda legata intorno alla vita, oppure potrei farne a meno del tutto e tenere un bel cagnone peloso vicino al lavandino per asciugarmi le mani.”

“Ma che cos’hanno, le donne, che non riescono a sopportare la vista di una parete liscia e nuda?” borbottò lui.“Ma che cos’hanno, gli uomini, che non
rie­scono a sopportare la vista degli oggetti indispensabili appesi alle pareti?”
“Quali oggetti indispensabili?” chiese lui. “Di certo quello specchio in corridoio non è indispensabile.”“Hai detto lo stesso degli interruttori della luce.”Socchiuse minacciosamente gli occhi e io ebbi la netta sensazione che stesse per pronunciare la frase decisiva, quella che mi avrebbe dato il colpo di grazia. “Ti rendi conto”, disse lentamente, “che in questa casa non c’è una sola parete su cui si possano proiettare i nostri filmini?
E così la lotta tra chiodi e pareti nude va avanti da anni, in casa nostra.
Mio marito si è rifiutato di appendere un calendario sopra la mia scrivania perché dopo dodici mesi sarebbe diventato inutile. Si è rifiutato di appendere le foto dei bambini appena na­ti, perché poi gli sarebbero spuntati i denti e nessuno li avrebbe riconosciuti.
Mi ha impedito di mettere un gancio nel bagno, costringendomi a fare la doccia con l’accappatoio in mano. Mi ha impedito di appendere un orologio in cucina: secondo lui avrei dovuto attaccarlo a uno sbalzo della parete situata, guarda caso, proprio DIETRO il frigorifero.
A volte bisogna aver pazienza e aspettare la nemesi.
Ieri è passato su un chiodo con la macchina e ha forato.

- Erma Bombeck - 

Fonte: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me capitano solo i noccioli?” di Erma Bombeck


Quando non si può tornare indietro, bisogna soltanto preoccuparsi del modo migliore per andare avanti.

- Paulo  Coelho - 


"Se davvero la sofferenza impartisse lezione, il mondo sarebbe popolato da soli saggi. E invece il dolore non ha nulla da insegnare a chi non trova il coraggio e la forza di starlo ad ascoltare."

- Sigmund Freud - 


Buona giornata a tutti :-)


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mercoledì 8 novembre 2023

Convenzione dei feriti d'amore – Paulo Coehlo

  Disposizioni generali:

A – Considerando che è assolutamente corretto il detto: “tutto vale in amore e in guerra”;

B – Considerando che in guerra abbiamo la Convenzione di Ginevra, adottata il 22 agosto 1864, che definisce come debbano essere trattati i feriti sul campo di battaglia, mentre nessuna convenzione è stata promulgata fino a oggi per quanto riguarda i feriti d’amore, che sono in numero assai maggiore;

Si decreta che:

Art. 1 – Tutti gli amanti, di ogni sesso, sono avvisati che l’amore, oltre a essere una benedizione, è anche qualcosa di estremamente pericoloso, imprevedibile, capace di arrecare danni seri. Di conseguenza, chi si propone di amare deve sapere che espone il proprio corpo e la propria anima a vari tipi di ferite, e non potrà incolpare il proprio partner in alcun momento, giacché il rischio è lo stesso per entrambi.

Art. 2 – Una volta colpito da una freccia vagante dell’arco di Cupido, deve in seguito chiedere all’arciere di scagliare la stessa freccia nella direzione contraria, in modo da non sottoporsi alla ferita conosciuta come “amore non corrisposto”. Qualora Cupido rifiuti tale gesto, la Convenzione che ora si promulga impone al ferito di togliere immediatamente la freccia dal proprio cuore e gettarla nella spazzatura. Per riuscirci, egli deve evitare telefonate, messaggi tramite internet, invio di fiori che finirebbero per essere restituiti, od ogni e qualsiasi mezzo di seduzione, giacché questi ultimi possono dare risultati a breve termine, ma finiscono sempre per non funzionare con il passare del tempo. La Convenzione decreta che il ferito debba immediatamente cercare la compagnia di altre persone, tentando di controllare il pensiero ossessivo “vale la pena lottare per questa persona”.

Art. 3 – Qualora il ferimento provenga da terzi, ossia, quando l’essere amato ha provato interesse per qualcuno che non si trovava nella rotta previamente stabilita, è espressamente proibita la vendetta. In questo caso, è permesso l’uso di lacrime fino a che gli occhi si seccano, alcuni pugni contro il muro o il guanciale, conversazioni con amici in cui si può insultare l’antico(a) compagno(a), addurre la sua totale mancanza di gusto, ma senza diffamare il suo onore. La Convenzione determina che venga altresí applicata la regola dell’Art. 2: cercare la compagnia di altre persone, preferibilmente in luoghi diversi da quelli frequentati dall’altra parte.

Art. 4 – In caso di ferite leggere, qui classificate come piccoli tradimenti, passioni fulminanti che non durano a lungo, disinteresse sessuale passeggero, si deve applicare con generosità e rapidità il medicamento chiamato Perdono. Una volta applicato tale medicamento, non si deve tornare indietro neanche una volta, e il tema deve essere completamente dimenticato, non essendo mai piú utilizzato come argomento in un litigio o in un momento di odio.

Art. 5 – In tutti i ferimenti definitivi, detti anche “rotture”, l’unico medicamento in grado di fare effetto si chiama Tempo. Non serve cercare consolazione con cartomanti (che dicono sempre che l’amore perduto ritornerà), libri romantici (sempre con un lieto fine), novelle in TV o cose de genere. Si deve soffrire intensamente, evitando assolutamente droghe, calmanti, preghiere ai santi. L’alcool è tollerato per un massimo di due bicchieri di vino al giorno.

Determinazione finale: i feriti d’amore, al contrario dei feriti nei conflitti armati, non sono vittime né aguzzini. Hanno scelto qualcosa che fa parte della vita, e pertanto devono affrontare l’angoscia e l’estasi della propria scelta.

E coloro che non sono mai stati feriti dall’amore non potranno mai dire: “ho vissuto”.
Perché non hanno vissuto.
(Paulo Coelho)
Fonte: "Guerriero della Luce"

Toulouse-Lautrec
 Il bacio

Ho voglia di innamorarmi ancora.
I primi messaggi, le prime parole imbarazzate.
I primi baci.
Le prime volte.
Nuove mani che si cercano.
Nuove bocche che si assaporano.
Nuovi odori.
Nuovi occhi, nuovi sorrisi.
Nuovi ti amo.
Nuovi ti voglio.
Ho bisogno di un nuovo amore.
Ho bisogno di sentire le farfalle nello stomaco.
Ho bisogno di toccare un’altra schiena.

(anonimo, dal web)


Buona giornata a tutti :-)


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mercoledì 26 ottobre 2022

E se mi devi amare - Elizabeth Barret Browning

E se mi devi amare per null'altro sia
che per amore.
Non dire "L'amo per il
suo sorriso, il suo sguardo, il modo
gentile di parlare, per le sue idee
che si accordano alle mie e che un giorno
mi resero sereno".
Queste cose possono mutare.
Amato, in sé mutare o mutare per te.
Così fatto un amore può disfarsi.
E ancora non amarmi per la pietà che
le mie guance asciuga. Può scordare
il pianto chi ebbe a lungo il tuo
conforto, e perdere così il tuo amore.
Ma amami solo per amore dell'amore,
che cresca in te, in un'eternità d'amore!

-Elizabeth Barret Browning - 

Dipinto: Edwar Hopper

Parlatene, parlatene sempre.
Perché i silenzi diventano pietre. 
E le pietre diventano muri.
E i muri, distanze incolmabili.

(Serena Santorelli)

Dipinto: Trish Biddle

"Non te lo so spiegare,
ma credo che quando due persone hanno molte cose da dirsi,
è più bello farlo un poco alla volta."

(Murakami)


















E i bicchieri erano vuoti
E la bottiglia in pezzi
E il letto spalancato
E la porta sprangata
E tutte le stelle di vetro
Della bellezza e della gioia
Risplendevano nella polvere
Della camera spazzata male
Ed io ubriaco morto
Ero un fuoco di gioia
E tu ubriaca viva
Nuda nelle mie braccia.

- Jacques Prévert - 


Buona giornata a tutti :-)

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mercoledì 15 giugno 2022

L'abbraccio - Piero Gribaudi

 Un giorno al diavolo saltò l’uzzolo di prender moglie. E siccome la voleva da par suo, si mise a cercarla sulla terra. In realtà molte donne avevano di che piacergli: la loro malizia era tanta che non lo avrebbero fatto sfigurare. Ma in tutte — anche nelle più diaboliche — egli vedeva emergere, in determinate occasioni, un sentimento molto pericoloso: la tenerezza, che è sempre un preludio alla bontà. 
Era dunque necessario trovare una donna che non conoscesse tale sentimento; meglio, che lo avesse a tal punto stravolto da non esserne più assolutamente capace. 
Cammina, cammina, un giorno il diavolo la trovò: era una donna mercenaria, dura e fredda, che per tutta la sua vita aveva speculato sulla tenerezza, facendone un miraggio per gli allocchi. 
Il diavolo la prese con sé e convolò a nozze. Ma la sua felicità fu presto turbata da un’ombra. 
La donna, pur degna in tutto di lui, aveva conservato un’abitudine contratta col lavoro: un gesto meccanico, intenzionale, ma subdolo: ogni tanto, senza accorgersene, apriva le braccia come per accogliere qualcuno. 
E quel gesto, quell’abbozzo di abbraccio, che in un primo tempo lo aveva solo stupito, poco alla volta sembrava attiralo; quel gesto meccanico pareva avesse in sé qualcosa d’irresistibile. 
Fu così che quando, un giorno, il diavolo si sorprese ad imitarlo, allarmatissimo rimandò la donna. 
E sprangò per sempre le porte dell’inferno ad ogni tentazione. 

- Piero Gribaudi - 



Certi amori, quelli sbagliati, sono come le sigarette: meglio smettere.



«Io cerco la persona che sia capace di amare l’altro senza per questo punirlo, senza renderlo prigioniero o dissuaderlo; cerco questa persona del futuro che sappia realizzare un amore indipendente dai vantaggi o svantaggi sociali, affinché l’amore sia sempre fine a se stesso e non solo il mezzo in vista di uno scopo.»

- Carl Gustav Jung a Sabina Spielrein - 




Cercate le anime con cui vibrate in sintonia, e rafforzate i legami che vi uniscono a loro. 
Ricordatevi che il vostro tempo sulla Terra è stato scelto con grande attenzione per permettervi di lavorare tranquillamente con gli altri gruppi di anime che partecipano allo sviluppo del pianeta. 
Non formulate alcun giudizio su chi vi sta intorno, e lasciate che continui a percorrere il suo sentiero. 
Entrate in sintonia con tutti coloro che riconoscete o che suscitano in voi un forte senso di risonanza. 
La vostra ricettività a incontrare gli altri su un sentiero spirituale li attira verso di voi, e la vostra quota di consapevolezza vi aiuta telepaticamente a raggiungere scopi umanitari su scala globale.


- James Ridfield -



Buona giornata a tutti. :-)

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lunedì 13 giugno 2022

Così svanì Pandagian - Leggenda indonesiana

 Pandagian era la più bella fanciulla di un lontano villaggio dell'Indonesia e sapeva danzare come nessuno al mondo.Non appena il cielo s'oscurava e le stelle cominciavano a brillare sulla volta blu cupo, Pandagian si recava nella radura davanti all'immenso mare dove intrecciava leggiadre danze, accompagnandosi col melodioso suono della voce e dimenticando ogni altra cosa. Solo quando il primo raggio di sole colpiva la superficie marina, la fanciulla si scuoteva dall'incanto e cessava di danzare. Tornava lentamente alla capanna dove abitava con la famiglia, saliva leggera la scala, entrava nella veranda e si stendeva sulla sua stuoia.

Un giorno il padre, stanco dei suoi continui ritardi, le disse con durezza:
- Pandagian, da oggi le tue danze sono finite. Ti punirò severamente se avrai il coraggio di disubbidire.
La fanciulla non rispose, ma quando al tramonto la famiglia si riunì per il pasto, Pandagian non si presentò nella capanna. La cercarono ovunque e poi seppero che, come ogni sera, la giovinetta era andata nella radura a danzare senza tenere in nessun conto l'avvertimento paterno. A questa notizia il padre si adirò:
- Non accetto d'essere disubbidito dai miei figli! - disse con fare minaccioso. E dopo aver riflettuto un poco, l'uomo ordinò al figlio maggiore di ritirare la scala dalla veranda. Poi aggiunse:
- Ascoltate bene tutti: chi farà scendere la scala per Pandagian, andrà immediatamente via da questa casa!
Ignara di ciò che avveniva, Pandagian continuava a danzare felice e immemore nella radura; osservava il cielo lucente e le sembrava di scorgere Riamasan, il bellissimo principe delle Stelle, mentre volava sul suo carro d'argento.
Allo spuntar del giorno la fanciulla smise di danzare.
Veloce e leggera giunse sotto casa e si meravigliò molto di non trovare la scala. Guardò verso la veranda, dove certamente i suoi già dormivano e chiamò con voce sommessa, per non disturbarli:
- Padre mio, dammi la scala!
Con voce ferma il padre le disse:
- Rivolgiti a tua madre.
Pandagian, stupita da una tale risposta, Si rivolse alla madre:
- Madre mia, calami la scala!
Con voce che tentava invano di far apparire severa la madre rispose:
- Chiedilo a tuo nonno.
La fanciulla non capiva più cosa stesse succedendo nella sua famiglia.
- Oh, nonno - gridò. - Ti prego, fai scendere la scala!
- Vallo a chiedere a tua nonna - fu la risposta.
- Nonna, ti scongiuro, mandami giù la scala!
- Parla con tuo fratello maggiore - suggerì la vecchia con voce lamentosa.
- Fratello mio, vuoi almeno tu calare la scala perché io possa salire? - implorò sempre più scoraggiata Pandagian.
Con voce triste il giovane rispose:
- Pandagian, devi chiederlo a tuo padre.
La fanciulla ormai singhiozzava senza freno: aveva capito che il padre voleva punirla. Tentò di rivolgersi nuovamente a lui:
- Padre! - supplicò tendendo le braccia verso l'alto - Calami la scala e permettimi di tornare a casa nella mia famiglia! - No! - rispose il padre con asprezza. - Hai disubbidito ai miei ordini fuggendo via senza curarti neanche della nostra ansia. Ora dormirai sulla terra!
Poi nella veranda cadde il silenzio. Solo di tanto in tanto s'udiva qualche lieve rumore. Forse un sospiro o un singhiozzo trattenuti: la madre? la nonna? Alla fine però nessun suono venne più dall'alto.
Pandagian passeggiò a lungo nello spiazzo davanti casa.
Poi, trovata una pietra levigata, vi si stese e asciugò le lacrime con i lunghi capelli neri.
A poco a poco si calmò, consapevole di aver meritato quel castigo. L'indomani avrebbe chiesto perdono al padre e tutto si sarebbe risolto. Sapeva però che per molto tempo non avrebbe più potuto danzare e a questo pensiero provava un profondo dolore.
Supina sulla grande pietra la fanciulla continuava a guardare il cielo e le sembrò di vedere ancora una volta la maestosa figura del principe Riamasan che guidava il suo splendido carro negli spazi celesti.
«Potessi danzare tra le stelle... » pensò tra sé Pandagian. «Se Riamasan mi portasse con lui sul suo carro d'argento!» 
In quel preciso momento sentì vicino a sé il tintinnio di una catena; si volse e vide scendere dall'alto una seggiola d'oro sostenuta da una catena d'argento.
La fanciulla non si meravigliò di tutto questo; si alzò dalla pietra e si sedette sulla sedia, che subito cominciò a salire verso il cielo.
Giunta all'altezza della veranda di casa, Pandagian pregò:
- Oh, Riamasan, ferma un momento! Lascia che io saluti i miei familiari.
La sedia si bloccò all'istante ed ella gridò:
- Madre! nonna! fratello! addio per sempre. Io salgo tra le stelle.
I familiari accorsero fuori e guardarono stupefatti la fanciulla che lentamente s'allontanava verso l'alto:
La madre supplicò:
- Dove vai Pandagian! Non mi lasciare!
La figlia le fece un cenno con la mano e poi pregò ancora Riamasan di riportarla verso la sua casa: voleva salutare il padre.
La sedia si abbassò fino alla veranda e rimase immobile. - Addio per sempre, padre mio: io me ne vado tra le stelle! - gli disse affettuosamente la fanciulla.
A questo punto il padre non poté frenare la sua commozione e, con le braccia tese, implorò:
- Figlia diletta! mia dolce Pandagian, torna da noi!
Non ti lascerò più fuori casa!
- No, padre mio, non posso più tornare. Addio! La sedia d'oro riprese a salire e, senza altra sosta, sparì dietro le nuvole. Ad attendere la fanciulla c'era il principe Riamasan, bellissimo e sorridente, che l'aiutò a scendere.
- Benvenuta nel mio regno - le disse. - Ti ho ammirata per tante notti mentre intrecciavi le tue danze. Non ho mai visto una fanciulla più bella di te! Così, appena mi hai invocato, sono stato felice di accontentarti.
- Allora non sognavo quando credevo di vederti tra le stelle! - esclamò Pandagian.
- Finalmente ora siamo vicini - continuò dolcemente il principe. - E, se vorrai sposarmi, sarai la principessa delle stelle e potrai danzare nel cielo finché. vorrai.
La fanciulla arrossì e commossa accettò la richiesta di Riamasan. Le nozze furono celebrate molto presto. Ogni sera, mentre il suo sposo passava tra le stelle sul carro d'argento, Pandagian danzava tra le costellazioni al suono di una musica dolcissima che si diffondeva sotto la volta del cielo. Era una vita meravigliosa.
E forse proprio perché troppo bella, non poteva durare a lungo.
Un giorno Pandagian ebbe il desiderio di nuotare e, senza avvertire il suo sposo, si recò al fiume. Cominciò a danzare tra gli scogli d'oro intorno ai quali l'acqua s'infrangeva; danzò sotto la cascata argentina e si tuffò tra le onde spumeggianti. Erano sensazioni stupende, le più belle che avesse mai provato.
Dopo molto tempo la fanciulla risalì ansante sulla riva e si distese sull'erba, guardò ancora una volta la corrente del fiume e poi, felice, si addormentò.
Ma ecco in agguato il principe del Sole che attendeva da lungo tempo un momento come quello. Egli era il fratello maggiore del principe delle Stelle e gli invidiava molte cose. Gli invidiava la luce dolcissima e misteriosa dei suoi astri notturni, il bel carro d'argento su cui poteva portare in volo gli esseri umani e ora, più di ogni cosa, gli invidiava la felicità di avere come moglie una fanciulla della terra. Queste cose invece erano impossibili per lui, a causa dell'abbagliante splendore e del calore insopportabile che emanavano dalla sua persona e dal suo carro dorato.
Il principe del Sole nutriva un odio incontenibile nei confronti del fratello minore e aveva giurato di fargli scontare in qualche modo la tristezza della sua solitudine.
E finalmente l'occasione gli si era presentata. Pandagian, la splendida danzatrice che il Sole aveva tante volte ammirato dal cielo, era venuta sola soletta al fiume che segnava il confine tra il regno del Sole e quello delle Stelle. Come mai Riamasan non aveva avvertito la sposa del pericolo che poteva correre? Il principe del Sole non riusciva a spiegarselo ma, sorridendo sinistramente, affilò uno strale d'oro. Un raggio infuocato scese dall'alto e trafisse al cuore l'ignara danzatrice.
Così Pandagian morì e così la trovarono le stelle che, piangenti, ne annunciarono la fine al principe Riamasan. Lo sposo impazzì di dolore; rimase per tre notti di seguito accanto al corpo della sposa adorata. Infine prese la sua decisione e fece un gesto verso il cielo notturno: in quello stesso istante il corpo di Pandagian svanì e al suo posto apparvero infinite stelle lucenti.
Il principe le prese e cominciò a lanciarle per il cielo a piccoli gruppi, formando tante costellazioni, ad ognuna delle quali dava un nome. Alla fine gli rimase stretta in pugno un'ultima stella, la più lucente. Riamasan la guardò a lungo e gli parve di rivedere il volto della donna amata. Allora riudì la voce accorata del padre di Pandagian che supplicava la figlia di non andare via, di ritornare a casa.
Il principe frantumò la stella in minuscoli pezzi splendenti e li lanciò verso la terra dicendo:
- Andate dai genitori di Pandagian e portate loro il suo ricordo per sempre.
I frammenti luccicanti, cadendo verso la terra, si trasformarono in migliaia di animaletti alati che volarono festosamente verso la radura e sui cespugli profumati, all'orlo della boscaglia.
I genitori di Pandagian erano seduti fuori la veranda della loro casa. Il padre, guardando quell'insolito spettacolo, esclamò: 
- Moglie mia, guarda quegli strani animaletti lucenti.
Sembrano stelle alate che danzano nell'aria!
- Danzano! - ripeté con voce di pianto la madre - Forse vengono giù dal cielo dove hanno tenuto compagnia alla mia dolce Pandagian! - E perché no? - aggiunse il padre con gli occhi pieni di lacrime - Perché no? Forse è proprio la nostra figlia diletta che ha mandato dal cielo una manciata di stelle come segno del suo perdono.
Da quella notte, quando le stelline alate, che furono poi chiamate lucciole, venivano a danzare nella radura e sui cespugli profumati, i familiari di Pandagian le guardavano commossi, sicuri che quello era il mezzo scelto dalla figlia per inviare il suo saluto e consolarli della sua lontananza.

- Leggenda indonesiana - 



Ci sono persone troppo fragili, ed è proprio questa la loro debolezza, ma anche la loro bellezza: un’immensa fragilità, quasi fossero fatti di cristallo, così trasparenti e luminosi, ma difficili da maneggiare, anche per gli altri. Non resistono agli urti della vita, agli ostacoli, agli ammaccamenti, alle cadute.

(Ferzan Ozpetek)



[nella foto: Complementarietà - Scultura di J. Thorak]

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