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giovedì 22 febbraio 2018

Gabbiani e altre poesie - Vincenzo Cardarelli

Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.


- Vincenzo Cardarelli - 





Perché tu possa ascoltarmi
le mie parole
si fanno sottili, a volte,
come impronte di gabbiani sulla spiaggia.

- Pablo Neruda -



Quei gabbiani che non hanno una meta ideale e che viaggiano solo per viaggiare, non arrivano da nessuna parte, e vanno piano. 
Quelli invece che aspirano alla perfezione, anche senza intraprendere alcun viaggio, arrivano dovunque, e in un baleno.

- Richard Bach - 



 Sono un gabbiano che ride dopo averla fatta sul mio monumento. 

- Caparezza -



Ciascuno di noi è, in verità, un'immagine del Grande Gabbiano, un'infinita idea di libertà, senza limiti.


- Richard Bach -





La belle dame sans merci

Certo i gabbiani cantonali hanno atteso invano
le briciole di pane che io gettavo
sul tuo balcone perché tu sentissi
anche chiusa nel sonno le loro strida.

Oggi manchiamo all'appuntamento tutti e due
e il nostro breakfast gela fra cataste
per me di libri inutili e per te di reliquie
che non so: calendari, astucci, fiale e creme.

Stupefacente il tuo volto s'ostina ancora, stagliato
sui fondali di calce del mattino;
ma una vita senz'ali non lo raggiunge e il suo fuoco
soffocato è il bagliore dell'accendino.

- Eugenio Montale - 

Edvard Munch, Melancholie, 1894


Buona giornata a tutti. :-)




lunedì 8 gennaio 2018

da: "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare" - Luis Sepùlveda

La trama (in brevissimo). 
La gabbiana Kengah con le ali sporche di petrolio riesce, con le ultime forze, a raggiungere la città di Amburgo e precipita sul balcone di una casa dove abita il gatto Zorba. 
Prima di morire, la povera gabbiana riesce ad affidare il suo primo (e ultimo) uovo a Zorba, dopo avergli strappato tre importanti promesse: 
1) Di non mangiare l’uovo 
2) Di averne cura finché non nascerà la gabbianella 
3) Di insegnarle a volare. 

Con grande amore il gattone “cova” l’uovo e così nasce Fortunata. Zorba, con l’aiuto dei gatti del porto,  riesce ad allevare e a proteggere la gabbianella che cresce nella convinzione di essere un gatto. 
Un brutto giorno la scimmia Mattia (invidiosa,  antipatica, bisbetica e un po’ cattiva)  le rivela la verità: sei adottata....non sei un gatto ma un gabbiano… i gatti del porto ti allevano per mangiarti…


Non hai fame, Fortunata? Ci sono i calamari – spiegò Zorba. 
La gabbianella non aprì becco. 
Ti sentì male? – insistè preoccupato Zorba – Sei malata? 
Vuoi che mangi per farmi ingrassare? – domandò lei senza guardalo.
Perché tu cresca sana e forte – rispose Zorba
E quando sarò grassa, inviterai i topi a mangiarmi? – stridette con i lucciconi agli occhi.
Da dove tiri fuori queste sciocchezze? - miagolò deciso Zorba.
Lì per lì per scoppiare a piangere. Fortunata gli riferì tutto quello che Mattia le aveva strillato. Zorba le leccò le lacrime e all’improvviso si sentì miagolare come non aveva mai fatto prima.
Sei una gabbiana. Su questo lo scimpanzé  ha ragione, ma solo su questo. Ti vogliamo tutti bene, Fortunata. E ti vogliamo bene perché sei una gabbiana, una bella gabbiana.
Non ti abbiamo contraddetto quando ti abbiamo sentito stridere che eri un gatto, perché ci lusinga che tu voglia essere come noi, ma sei diversa e ci piace che tu sia diversa.
Non abbiamo potuto aiutare tua madre, ma te sì.
Ti abbiamo protetta fin da quando sei uscita dall'uovo.
Ti abbiamo dato tutto il nostro affetto senza alcuna intenzione di fare di te un gatto.
Ti vogliamo gabbiana.
Sentiamo che anche tu ci vuoi bene, che siamo i tuoi amici, la tua famiglia, ed è bene tu sappia che con te abbiamo imparato qualcosa che ci riempie di orgoglio: abbiamo imparato ad apprezzare, a rispettare e ad amare un essere diverso.
È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile, e tu ci hai aiutato a farlo.
Sei una gabbiana e devi seguire il tuo destino di gabbiana.
Devi volare. Quando ci riuscirai, Fortunata, ti assicuro che sarai felice, e allora i tuoi sentimenti verso di noi e i nostri verso di te saranno più intensi e più belli, perché sarà l'affetto tra esseri completamente diversi.
Volare mi fa paura – stridette Fortunata alzandosi.
Quando succederà, io sarò accanto a te – miagolò Zorba leccandole la testa – L’ho promesso a tua madre. –
La gabbianella e il gatto nero grande e grosso iniziarono a camminare. Lui le leccava teneramente la testa, e lei gli copriva il dorso con una delle sue ali tese.
- Luis Sepùlveda -
Fonte: Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare,Luis Sepùlveda, Salani Editore (pagg.91,92,93)




Capitolo Undicesimo:  Il Volo

Una pioggia fitta cadeva su Amburgo e dai giardini si alzava un profumo di terra umida. L'asfalto delle strade splendeva e le insegne al neon si riflettevano deformi sulla superficie bagnata. Un uomo avvolto in un impermeabile camminava in una solitaria strada del porto dirigendo i suoi passi verso il bazar di Harry.
- Assolutamente no! - strillò lo scimpanzè.
- Anche se mi conficcate i vostri cinquanta artigli nel culo, io la porta non la apro! -
- Ma nessuno ha intenzione di farti del male. Ti abbiamo solo chiesto un favore, tutto qui - miagolò Zorba.
L'orario di apertura va dalle nove del mattino alle sei del pomeriggio. È il regolamento e deve essere rispettato strillò Mattia.
Per i baffi del tricheco! Non potresti essere gentile almeno una volta in vita tua, macaco?  miagolò Sopravento.
Per favore, signora scimmia  stridette supplichevole Fortunata.
Impossibile! Il regolamento mi impedisce di allungare la mano e di aprire il chiavistello che voi, sacchi di pulci, non avendo dita non potete aprire strillò in tono canzonatorio Mattia.
Sei una scimmia terribile, terribile!  miagolò Diderot.
C'è un umano per strada e sta guardando l'orologio  annunciò Segretario che sbirciava fuori.
È il poeta! Non c'è tempo da perdere!  miagolò Zorba correndo a tutta velocità verso la finestra.
Le campane della chiesa di San Michele iniziarono a suonare i dodici rintocchi della mezzanotte e l'umano sussultò al rumore di vetri rotti. 
Il gatto nero grande e grosso cadde per strada in mezzo a una pioggia di schegge, ma si rialzò senza preoccuparsi per le ferite alla testa, e saltò di nuovo dentro la finestra dalla quale era uscito.
L'umano si avvicinò nel preciso istante in cui una gabbiana veniva sollevata da vari gatti fino al davanzale. Dietro i gatti, uno scimpanzè si palpeggiava la faccia cercando di tapparsi occhi, orecchi e bocca allo stesso tempo.
Prendila! Che non si ferisca coi vetri  miagolò Zorba.
Venite qua tutti e due  disse l'umano prendendola in braccio.
L'umano si allontanò in fretta dalla finestra del bazar. Sotto l'impermeabile aveva un gatto nero grande e grosso e una gabbiana dalle piume d'argento.
Canaglie! Banditi! Me la pagherete!  strillò lo scimpanzè.
Te la sei voluta. E sai cosa penserà Harry domani? Che sei stato tu a rompere il vetro  ribatté Segretario.
Accidenti, anche stavolta è riuscito a togliermi i miagolii di bocca  protestò Colonnello.
- Per i denti della murena! Sul tetto! Vedremo volare la nostra Fortunata! - miagolò Sopravento.
Il gatto nero grande e grosso e la gabbianella stavano ben comodi sotto l'impermeabile, al calduccio contro il corpo dell'umano che camminava con passi rapidi e sicuri. Sentivano i loro tre cuori battere con ritmi diversi, ma con la stessa intensità.
Gatto, sei ferito?  chiese l'umano vedendo delle macchie di sangue sui risvolti dell'impermeabile.
Non importa. Dove andiamo?  chiese Zorba.
Capisci l'umano?  stridette Fortunata.
Sì. Ed è una brava persona che ti aiuterà a volare  le assicurò Zorba.
Capisci la gabbiana?  chiese l'umano.
Dimmi dove stiamo andando  insisté Zorba.
Da nessuna parte, siamo arrivati  rispose l'umano.
Zorba fece capolino. Erano davanti a un edificio alto. Sollevò gli occhi e riconobbe il campanile di San Michele illuminato da vari riflettori. I fasci di luce colpivano in pieno la sua struttura slanciata rivestita di lastre di rame che il tempo, la pioggia e i venti avevano coperto di una patina verde.
Le porte sono chiuse  miagolò Zorba.
Non tutte  disse l'umano. Nelle notti di burrasca ho l'abitudine di venire qui a fumare e a riflettere in solitudine. Conosco un'entrata per noi. 
Fecero un giro e si intrufolarono da una piccola porta laterale che l'umano aprì con l'aiuto di un coltello a serramanico. Poi tirò fuori di tasca una torcia e, guidati dal suo sottile fascio di luce, iniziarono a salire una scala a chiocciola che sembrava interminabile.
Ho paura  stridette Fortunata.
Ma vuoi volare, vero?  miagolò Zorba.
Dal campanile di San Michele si vedeva tutta la città. La pioggia avvolgeva la torre della televisione, e al porto le gru sembravano animali in riposo.
Guarda, si vede il bazar di Harry. I nostri amici sono laggiù  miagolò Zorba.
Ho paura! Mamma!  stridette Fortunata.
Zorba saltò sulla balaustra che girava attorno al campanile. In basso le auto sembravano insetti dagli occhi brillanti. L'umano prese la gabbiana tra le mani.
No! Ho paura! Zorba! Zorba!  stridette Fortunata beccando le mani dell'umano.
Aspetta. Posala sulla balaustra  miagolò Zorba.
Non avevo intenzione di buttarla giù  disse l'umano.
Ora volerai, Fortunata. Respira. Senti la pioggia. È acqua. Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come una ricompensa dopo la pioggia. Senti la pioggia. Apri le ali miagolò Zorba.
La gabbianella spiegò le ali. I riflettori la inondavano di luce e la pioggia le copriva di perle le piume. L'umano e il gatto la videro sollevare la testa con gli occhi chiusi.
La pioggia. L'acqua. Mi piace!  stridette.
Ora volerai  miagolò Zorba.
Ti voglio bene. Sei un gatto molto buono  stridette Fortunata avvicinandosi al bordo della balaustra.
Ora volerai. Il cielo sarà tutto tuo  miagolò Zorba.
Non ti dimenticherò mai. E neppure gli altri gatti  stridette lei già con metà delle zampe fuori dalla balaustra, perché come dicevano i versi di Atxaga, il suo piccolo cuore era lo stesso degli equilibristi.
Vola!  miagolò Zorba allungando una zampa e toccandola appena.
Fortunata scomparve alla vista, e l'umano e il gatto temettero il peggio. Era caduta giù come un sasso. Col fiato sospeso si affacciarono alla balaustra, e allora la videro che batteva le ali sorvolando il parcheggio, e poi seguirono il suo volo in alto, molto più in alto della banderuola dorata che corona la singolare bellezza di San Michele.
Fortunata volava solitaria nella notte amburghese. Si allontanava battendo le ali con energia fino a sorvolare le gru del porto, gli alberi delle barche, e subito dopo tornava indietro planando, girando più volte attorno al campanile della chiesa.
Volo! Zorba! So volare!  strideva euforica dal vasto cielo grigio.
L'umano accarezzò il dorso del gatto.
Bene, gatto. Ci siamo riusciti  disse sospirando.
Sì, sull'orlo del baratro ha capito la cosa più importante  miagolò Zorba.
Ah sì? E cosa ha capito?  chiese l'umano.
Che vola solo chi osa farlo  miagolò Zorba.
Immagino che adesso tu preferisca rimanere solo. Ti aspetto giù  lo salutò l'umano.
Zorba rimase a contemplarla finché non seppe se erano gocce di pioggia o lacrime ad annebbiare i suoi occhi gialli di gatto nero grande e grosso, di gatto buono, di gatto nobile, di gatto del porto.

Laufenburg, Foresta Nera,1996

- Luis Sepùlveda -
Fonte: Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare,Luis Sepùlveda, Salani Editore


Buona giornata a tutti. :-)

lunedì 20 gennaio 2014

“La felicità” tratta da “Il gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach -

Crescendo impari che la felicità non è quella delle grandi cose.
Non è quella che si insegue a vent’anni, quando, come gladiatori si combatte il mondo per uscirne vittoriosi…
la felicità non è quella che affannosamente si insegue credendo che l’amore sia tutto o niente…
non è quella delle emozioni forti che fanno il “botto” e che esplodono fuori con tuoni spettacolari…
la felicità non è quella di grattacieli da scalare, di sfide da vincere mettendosi continuamente alla prova.
Crescendo impari che la felicità è fatta di cose piccole ma preziose…
…e impari che il profumo del caffè al mattino è un piccolo rituale di felicità, che bastano le note di una canzone, le sensazioni di un libro dai colori che scaldano il cuore, che bastano gli aromi di una cucina, la poesia dei pittori della felicità, che basta il muso del tuo gatto o del tuo cane per sentire una felicità lieve.
E impari che la felicità è fatta di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore, che le stelle ti possono commuovere e il sole far brillare gli occhi,
e impari che un campo di girasoli sa illuminarti il volto, che il profumo della primavera ti sveglia dall’inverno, e che sederti a leggere all’ombra di un albero rilassa e libera i pensieri.
E impari che l’amore è fatto di sensazioni delicate, di piccole scintille allo stomaco, di presenze vicine anche se lontane, e impari che il tempo si dilata e che quei 5 minuti sono preziosi e lunghi più di tante ore,
e impari che basta chiudere gli occhi, accendere i sensi, sfornellare in cucina, leggere una poesia, scrivere su un libro o guardare una foto per annullare il tempo e le distanze ed essere con chi ami.
E impari che sentire una voce al telefono, ricevere un messaggio inaspettato, sono piccoli attimi felici.
E impari ad avere, nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi.
E impari che tenere in braccio un bimbo è una deliziosa felicità.
E impari che i regali più grandi sono quelli che parlano delle persone che ami…
E impari che c’è felicità anche in quella urgenza di scrivere su un foglio i tuoi pensieri, che c’è qualcosa di amaramente felice anche nella malinconia.
E impari che nonostante le tue difese, nonostante il tuo volere o il tuo destino, in ogni gabbiano che vola c’è nel cuore un piccolo-grande
Jonathan Livingston.
E impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità. 

(Richard Bach)



Per la maggior parte dei gabbiani, volare non conta, conta mangiare. A quel gabbiano lì, invece, non importava tanto procurarsi il cibo, quanto volare. Più d’ogni altra cosa al mondo, a Jonathan Livingston piaceva librarsi nel cielo.



Se la nostra amicizia dipendesse da cose come lo spazio e il tempo, allora, una volta superati spazio e tempo, noi avremmo anche distrutto questo nostro sodalizio! Non ti pare? Ma se superi il tempo e lo spazio, non vi sarà nient’altro che l’Adesso e il Qui, il Qui e l’Adesso.



Non dar retta ai tuoi occhi, e non credere a quello che vedi. Gli occhi vedono solo ciò che è limitato. Guarda col tuo intelletto, e scopri quello che conosci già, allora imparerai come si vola.



D’ora in poi vivere qui sarà più vario e interessante… 
Noi avremo una nuova ragione di vita. 
Ci solleveremo dalle tenebre dell’ignoranza, ci accorgeremo di essere creature di grande intelligenza e abilità. 
Saremo liberi! 
Impareremo a volare!

Buona giornata a tutti :-)

www.leggoerifletto.it