martedì 16 settembre 2014

Il Cieco di Gerusalemme – don Nardo Masetti -

È disperato. Ha perduto la vista all'improvviso e a nulla sono valse le cure dei medici. Ora non ha più denaro; tutti lo hanno abbandonato. 
È ormai deciso: prima o poi la farà finita con una vita tanto misera. 
Un giorno sente parlare di un certo Gesù che guarisce tutti, che a Gerico ha persino ridato la vista a un cieco nato, che non chiede nessun compenso per le sue prestazioni: anzi, assieme alla salute del corpo, ridona la gioia di vivere. Si trascina giorno dopo giorno, Dio solo sa come, fino a Gerusalemme, poiché gli hanno detto che lui è là. Ora si aggira per le viuzze della città santa, mentre il sole è al tramonto. In Gerusalemme regna un silenzio profondo, troppo profondo, perché si azzardi a gridare quel nome nel quale ha riposto ogni sua speranza. Si accovaccia per terra e attende il mattino.
Si sveglia mentre attorno lui c'è già il brusio, che caratterizza l'inizio di giornata in una grande città. Raccoglie le idee, si alza in piedi e, porgendo le mani ai passanti, come se volesse chiedere l'elemosina, cerca di fermare qualcuno. Una donna ascolta la sua domanda e gli risponde: "Gesù non lo potrai più incontrare, il Sinedrio lo ha condannato; lo hanno crocifisso una decina di giorni fa. 
Il cieco si sente perduto. Poi gli balena un'idea improvvisa e supplica la donna: "Ti prego portami al Tempio o da uno dei componenti il Sinedrio". 
Ella lo accompagna e lo presenta a uno dei sacerdoti che incontrano nell'atrio della casa del Signore. Questi conferma al povero uomo la notizia che già sapeva: Gesù è stato condannato e ucciso. 
Il cieco implora: "Guariscimi tu dalla mia cecità, o fammi guarire da uno dei membri del Sinedrio, o da Ponzio Pilato!". 
Il sacerdote, sbalordito, a fatica riesce a fargli comprendere come lui non ha il potere di fare miracoli e come non possa pretenderlo dal Sinedrio e tanto meno dal Procuratore romano... Si fa un silenzio assoluto da parte della folla, che nel frattempo si era radunata, e tutti volgono uno sguardo interrogativo al sacerdote che, triste e vergognoso, guadagna frettolosamente l'interno del sontuoso edificio di culto. Il cieco continua ad interrogare la folla: - Era tanto buono, ma perché l'hanno ucciso?! -

Il cieco è seduto sul muricciolo che delimita la spianata del Tempio, con lo sguardo vuoto puntato alla pianura che non vede, ma che intuisce sotto di sé. È venuto il momento di portare a compimento il suo progetto: basta una salto oltre la balconata e tutto è fatto. All'improvviso sente un tocco sulla spalla; non vi fa caso. Poi sente insistente una voce che gli suggerisse di guardare la valle meravigliosa, il colle di ulivi, il sole che splende alto e illumina tutto di colori sgargianti. 
Un grido gli rimane strozzato in gola: sì, vede tutte quelle cose come un tempo. Vede tutto fuorché "Colui" che lo ha toccato: è scomparso. 
Entra nel Tempio e si mette a riflettere: allora è vero quello che molti vanno dicendo, cioè che Gesù è risorto e sta apparendo qua e là ai suoi discepoli; ed è apparso pure a lui. Una gioia sovrumana invade il suo essere; una sola nube l'offusca: non è riuscito a ringraziare il Signore. Ma subito si rasserena. Quell'"Uomo" lo avrebbe rivisto a suo tempo, e per ringraziarlo dell'immenso dono avrebbe avuto a disposizione tutta l'eternità.


don Nardo Masetti



Si è prodotto così un tragico paradosso: che a predominare nel cattolicesimo ha preso a essere lo spirito degli scribi e dei farisei contro il quale Gesù aveva lottato fino a perdere la vita. I colpevoli della morte di Gesù infatti non furono “gli ebrei”, e neppure “i romani”, come si ripete fermandosi al semplice livello della storiografia senza cogliere le profonde e permanenti dinamiche dell’evento; il vero colpevole della sua morte fu il potere, in primo luogo quello religioso, ovviamente alleato a quello politico perché non esiste potere che non ami il riconoscimento e l’alleanza con altri poteri a sé analoghi su piani diversi dell’esistenza. Il paradosso che stringe come una tenaglia la coscienza cattolica è dato quindi dal fatto che l’istituzione per merito della quale continua a risuonare oggi nel mondo il messaggio di liberazione di Gesù è governata al suo vertice da una logica che riproduce il potere contro cui Gesù lottò e da cui venne ucciso. Questa è la tragica condizione dell’essere cattolici. Non esiste luogo dove maggiormente risuoni la logica del bene e dell’amore, ma al contempo non esiste luogo dove maggiore è la supremazia della fredda ragione di Stato, per cui solo se uno accetta di piegare l’intelletto all’autorità è un cattolico, se no, no, perché ben più della vita concreta e dei suoi frutti conta la professione esteriore di obbedienza. Anche così si spiega il paradosso di tanti santi perseguitati in vita dall’istituzione ecclesiastica (tra cui Giovanni della Croce, Antonio Rosmini, padre Pio), e viceversa di tanti carrieristi privi di ogni valore spirituale giunti a ricoprire cariche importanti ai vertici della Chiesa nel passato e nel presente.
  
- Vito Mancuso -
da: Obbedienza e libertà




“Vi stia sempre fissa nella mente la grande sentenza del martire San Cipriano: non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per Madre. E madre nostra è veramente la Chiesa; non è una frase oratoria questa è una dottrina strettamente dogmatica”.
 
- Beato Giovanni Battista Scalabrini -
Omelia di Ognissanti 1897



Preghiera ai Santi del Paradiso

O spiriti celesti e voi tutti Santi del Paradiso,
volgete pietosi lo sguardo sopra di noi,
ancora peregrinanti in questa valle di dolore e di miserie.
Voi godete ora la gloria che vi siete meritata 
seminando nelle lacrime in questa terra di esilio.
Dio è adesso il premio delle vostre fatiche,
il principio, l'oggetto e il fine dei vostri godimenti.

O anime beate, intercedete per noi!

Ottenete a noi tutti di seguire fedelmente le vostre orme,
di seguire i vostri esempi di zelo 
e di amore ardente a Gesù e alle anime,
di ricopiare in noi le virtù vostre,
affinché diveniamo un giorno 
partecipi della gloria immortale. Amen.



Buona giornata a tutti :-)