Da cosa si valuta un’esistenza?
Qual è il
metro di giudizio per capire se la vita che ho vissuto è stata un successo?
O
un fallimento?
Questa domanda mi risuona nella mente ormai da mesi.
Il caos
delle ultime settimane l’ha solo temporaneamente accantonata ma, alla fine,
tutto sommato, tolto tutto, mi resta solo questa domanda insopportabile.
Ha
senso la vita? La mia vita?
Ho provato a confrontarmi, ad indagare, a
interrogarmi e a interrogare altri che ritenevo più capaci di me, ma, se devo
essere sincero, non ho ancora trovato risposte sufficienti, o totalmente
convincenti, né tanto meno esaustive. E forse non è nemmeno una risposta ciò di
cui ho bisogno.
Ma di pace. No, lo sai bene, non è una questione filosofica. O
religiosa. Non un esercizio retorico.
È proprio una domanda che brucia in
quella che ho imparato a chiamare “anima”.
Per tanto tempo, lo sai, ho creduto molto nel
lavoro.
Ho scoperto di essere un professionista capace e le mie qualità sono
state riconosciute e valorizzate anche da altri.
Sì, è stato bello esprimermi
sul lavoro, mi è anche piaciuto collaborare, scoprire, trovare soluzioni,
ricevere numerose gratificazioni. Ma quello che mi ha sempre lasciato perplesso
è l’immensa sproporzione fra l’investimento emotivo e i risultati. Fra ciò che
ho messo in gioco e ciò che ho raccolto.
No, non so se ne sia veramente valsa
la pena.
La fatica più grande è sempre stata quella di confrontarmi con persone
che, invece di proseguire per la propria strada, hanno preteso ostacolare la
mia. Per invidia, per ignoranza, per stupidità.
Se penso a quanto tempo ho
sprecato per superare le difficoltà che altri mi avevano creato!
Sai quanto io
abbia investito in conoscenza.
Ho scoperto, col passare degli anni, di avere
ricevuto in dono dalla sorte (o da Dio, come dite voi credenti) o da non so
chi, un’intelligenza profonda e curiosa.
Ho letto, ho ascoltato, ho cercato.
Tutto, di tutto. Ovunque. Psicologia, religioni, filosofia, scienze teoriche e
applicate. Finanche esoterismo.
Qualunque cosa mi aiutasse a mettere ordine
nell’immenso caos che cresceva dentro di me.
E più cresceva la conoscenza e più
cresceva la sofferenza.
Più sapevo, meno capivo.
Più ottenevo
risposte e più nascevano domande.
Sempre di più. Sempre più stordenti. Fino ad
un punto di non ritorno.
Ho sfiorato più volte la disperazione o la follia.
Ci
sono stati momenti di panico interiore in cui avrei barattato la mia vita con
quella di chiunque altro.
Avrei voluto sostituire la mia inquietudine con una di
quelle passioni che invadono l’intelligenza degli altri: per una squadra di
calcio, per una trasmissione televisiva, per uno sport da praticare o un hobby,
per un cane o un gatto, per la cucina etnica o vegana…
Qualcosa che riempisse,
che sostituisse. Che placasse.
Avrei pagato per avere desideri semplici,
accessibili, emozioni comuni e condivise.
Non so che farmene della mia spiccata
intelligenza emotiva, considero la mia sensibilità la peggiore delle disgrazie.
Ci sono stati dei momenti, come hai capito, in cui ho davvero avuto
l’impressione di essere travolto da me stesso.
Gli eventi che ben conosci e
che, come un macigno, hanno raso al suolo ogni certezza hanno, alla fine,
spinto al bordo del baratro la mia vita.
Allora, a un passo dall’abisso, ho avuto
un pensiero luminoso.
Uno solo.
Semplice, lineare, banale.
Talmente banale da
stupirmi per non averlo avuto prima.
Ed è la ragione per cui ho deciso di
scriverti alla fine di questa ennesima giornata di fatica.
Ho pensato questo:
siamo valutati sull’amore.
Su quanto abbiamo amato. Una vita pesa quanto ama.
Una vita vale solo se tenta di amare e di essere amata, meglio che riesce,
meglio che può.
Forse è una cosa banale, mi dirai, ma l’averci pensato per
davvero mi ha fatto sciogliere in lacrime.
Ha incrinato il muro che teneva
prigioniera la mia anima.
Il mio me.
Come se fosse un indizio verso una qualche
soluzione in questa mia insostenibile notte senza fine. Se ciò che ho scoperto
è vero, e so che è vero, allora c’è una traccia, una minuscola e labile traccia
verso un’uscita di sicurezza.
Ho amato. Male, ma ho amato.
Incoerentemente,
superficialmente, con discontinuità.
Ma ho l’assoluta e ingenua convinzione di
avere amato. Almeno per un momento. Ed esplorando il profondo della mia anima
trovo ancora quella vivida impressione.
Più della gratificazione del sentirsi
amati.
Più dell’attrazione e della passione.
Quasi come se, per un attimo,
avessi scoperto in me qualcosa di più grande, che non sentivo provenire da me,
ma da molto più lontano.
Ti ho amato. Anche se tremo nel dirtelo. E questo
pensiero è l’unica tavola che ancora mi tiene a galla.
Volevo fartelo sapere.
Forse per darmi una speranza. O una giustificazione. O un appiglio. Ma sento
che questa è la cosa più vera che io abbia scoperto nel mio inutile vagare.
Una
vita vale quanto ama.
E quel poco amore che ho saputo dare aveva a che fare con
te.
Non oso pensare che tipo di reazione suscitino in te, a questo punto,
queste mie parole. E se questa mia la cestinerai pensando, ancora un volta, di
avere ragione e che sono solo un pazzo irresponsabile e confuso.
Forse lo sono.
Vorrei non esserlo.
- Paolo Curtaz -
http://www.paolocurtaz.it/ebook/anime-sante/
- Paolo Curtaz -
http://www.paolocurtaz.it/ebook/anime-sante/
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Ti ho amato. Anche se tremo nel dirtelo.
E questo pensiero è l’unica tavola che ancora mi tiene a
galla.
Volevo fartelo sapere.
Forse per darmi una speranza.
O una giustificazione.
O un appiglio.
Ma sento che questa è la cosa più vera che io abbia scoperto
nel mio inutile vagare.
Una vita vale quanto ama.
E quel poco amore che ho saputo dare aveva a che fare
con te.
Non oso pensare che tipo di reazione suscitino in te, a
questo punto, queste mie parole. E se questa mia la cestinerai pensando, ancora
un volta, di avere ragione e che sono solo un pazzo irresponsabile e confuso.
Forse lo sono.
Vorrei non esserlo.
http://www.paolocurtaz.it/ebook/anime-sante/
Buona giornata a tutti. :-)