Chi capisce come dev'essere presente la
Chiesa in questa svolta della storia capisce anche ciò che la sua carità può
sopportare e ciò che non può sopportare proprio in nome della stessa carità.
Ripeto: in nome della carità, poiché la rivoluzione cristiana, l'unica che può
essere giustificata anche davanti alla storia, più che da diritti conculcati o
offesi nasce da doveri suggeriti e imposti al nostro cuore dalla carità che ci
lega al nostro prossimo. Chi più ama è potenzialmente l'unico e vero
rivoluzionario.
La Chiesa sopporta:
- il male che le fanno i suoi nemici, che, per quanto si allontanino e la rinneghino, portano sempre l'incancellabile volto di figli, e di figli tanto più cari quanto più cresce il loro perdimento;
- di essere spogliata di ogni bene materiale e di ogni privilegio concessole più o meno disinteressatamente dagli uomini;
- di vedere le sue basiliche e le sue chiese distrutte, chiusi i suoi conventi e le sue scuole, poiché è già "l'ora che né in Gerusalemme né su questo monte i veri adoratori adorano il Padre in spirito e in verità";
- le persecuzioni aperte e subdole, le calunnie e le blandizie, i vituperi e i panegirici menzogneri;
- gli erranti e in un certo senso perfino l'errore quando esso non può venire colpito senza offesa mortale all'anima dell'errante;
- di essere misconosciuta nella sua carità, colmata di obbrobrio per colpe non sue;
- il disonore che le viene dalla vita indegna dei suoi figlioli stessi, i loro rinnegamenti e i loro tradimenti;
- d'essere baciata da un Giuda, rinnegata da un Pietro.
La Chiesa non può sopportare:
- che vengano negate o diminuite o falsate le verità che essa ha il dovere di custodire e che costituiscono il patrimonio dell'umanità redenta;
- che sia cancellato dalla storia e dal cuore il senso della giustizia che è il patrimonio di tutti, ma in modo particolare dei poveri;
- la libertà e la dignità della persona e della coscienza, che sono il nostro divino respiro. Mentre sopporta senza aprir bocca di essere spogliata e tiranneggiata in qualsiasi modo, non può sopportare che vengano spogliati, conculcati, manomessi i diritti dei poveri e dei deboli, individui, città, nazioni e popoli, cristiani e non cristiani. E nella sua difesa materna e invitta è tanto più grande quanto più la sua tutela si estende alla plebe infedele, egualmente santa. Alcuni gesti di munifica protezione di Pio XII, in favore di ebrei perseguitati, hanno commosso e sollevato l'ammirazione del mondo;
- il potente che abusa della propria forza per opprimere i deboli;
- il sapiente che abusa della propria intelligenza per circuire e trarre in inganno l'ignorante;
- il ricco che abusa delle proprie ricchezze per angariare e affamare il popolo.
Vi sono quindi dei limiti nella sopportazione
della Chiesa, e questi limiti vengono non dai raffreddamenti ma dai colmi della
sua carità. Ciò che è abominevole per il Signore lo è pure per la sua Chiesa;
la quale, senza parteggiare, non può trattare alla stessa stregua la vittima e
il carnefice, l'oppressore e l'oppresso.
Chi fermerebbe la mano del malvagio, chi
solleverebbe il cuore abbandonato dell'oppresso se un'egual voce raccogliesse
il grido dell'uno e il gemito dell'altro?
Sarebbe un delitto il pensare, per il fatto
che la Chiesa predica la pazienza ed esalta l'infinito valore del dolore,
specialmente del dolore innocente, ch'essa accettasse le tristezze dei
prepotenti come un mezzo provvidenziale per moltiplicare i meriti
sovrannaturali dei buoni. Purtroppo il nostro linguaggio ascetico, sprovveduto
di ampiezza e d'audacia mistica, può indurre un profano in apprezzamenti non
solo sproporzionati ma contrari al buon senso.
La sofferenza ben sopportata mi redime e
redime, ma non fa diventar buona l'ingiustizia di chi ha pesato su di me. E una
bontà conseguente, che non ha nulla da spartire con la causa ingiusta che ha
generato la mia sofferenza. Soffrendo bene l'ingiustizia, creo una corrente di
bontà: ma non per questo gli uomini sono dispensati dal fermare con tutte le
forze la sorgente di male che continua a generare l'errore.
Perché c'è uno che espia in modo
edificante, io non sono scusato di lasciar fare e di lasciar passare. Il
soffrire non è un bene in sé e se il Signore ci aiuta a cavare il bene dal male
non vuole che noi chiamiamo bene il male, il quale va tolto di mezzo nei limiti
della nostra responsabilità e della nostra carità. Il perdono stesso delle
offese va all'uomo, non all'azione di lui, la quale rimane giudicata anche dopo
il perdono, anzi giudicata veramente e irrevocabilmente solo dopo il perdono.
- Don Primo Mazzolari -
Risposta ad un aviatore, 1941, ora in "La chiesa, il fascismo, la guerra", Vallecchi, Firenze 1966
Quando l’ossessione economica ha afferrato un uomo, non
c’è più nulla di sacro, neanche la famiglia, neanche la religione.