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venerdì 6 marzo 2020

Al Suo Posto - don Bruno Ferrero

Il vecchio eremita Sebastiano pregava di solito in un piccolo santuario isolato su una collina. In esso si venerava un crocifisso che aveva ricevùto il significativo titolo di "Cristo delle grazie". 

Arrivava gente da tutto il paese per impetrare grazie e aiuto.

Il vecchio Sebastiano decise un giorno di chiedere anche lui una grazia e, inginocchiato davanti all'immagine, pregò: "Signore, voglio soffrire con te. Lasciami prendere il tuo posto. Voglio stare io sulla croce".
Rimase silenzioso con gli occhi fissi alla croce, aspettando una risposta.
Improvvisamente il Crocifisso mosse le labbra e gli disse: "Amico mio, accetto il tuo desiderio, ma ad una condizione: qualunque cosa succeda, qualunque cosa tu veda, devi stare sempre in silenzio".
"Te lo prometto, Signore".
Avvenne lo scambio.
Nessuno dei fedeli si rese conto che ora c'era Sebastiano inchiodato alla croce, mentre il Signore aveva preso il posto dell'eremita. 


I devoti continuavano a sfilare, invocando grazie, e Sebastiano, fedele alla promessa, taceva. Finché un giorno...

Arrivò un riccone e, dopo aver pregato, dimenticò sul gradino la sua borsa piena di monete d'oro. Sebastiano vide, ma conservò il silenzio. 


Non parlò neppure un'ora dopo, quando arrivò un povero che, incredulo per tanta fortuna, prese la borsa e se ne andò. Né aprì bocca quando davanti a lui si inginocchiò un giovane che chiedeva la sua protezione prima di intraprendere un lungo viaggio per mare. Ma non riuscì a resistere quando vide tornare di corsa l'uomo ricco che, credendo che fosse stato il giovane a derubarlo della borsa di monete d'oro, gridava a gran voce per chiamare le guardie e farlo arrestare.

Si udì allora un grido: "Fermi!".
Stupiti, tutti guardarono in alto e videro che era stato il crocifisso a gridare. Sebastiano spiegò come erano andate le cose. Il ricco corse allora a cercare il povero. Il giovane se ne andò in gran fretta per non perdere il suo viaggio. Quando nel santuario non rimase più nessuno, Cristo si rivolse a Sebastiano e lo rimproverò.
"Scendi dalla croce. Non sei degno di occupare il mio posto. Non hai saputo stare zitto".
"Ma, Signore" protestò, confuso, Sebastiano. "Dovevo permettere quell'ingiustizia?".
"Tu non sai" rispose il Signore, "che al ricco conveniva perdere la borsa, perché con quel denaro stava per commettere un'ingiustizia. Il povero, al contrario, aveva un gran bisogno di quel denaro. Quanto al ragazzo, se fosse stato trattenuto dalle guardie avrebbe perso l'imbarco e si sarebbe salvato la vita, perché in questo momento la sua nave sta colando a picco in alto mare".

- don Bruno Ferrero -
Fonte: C'è Qualcuno Lassù, Casa Editrice: ElleDiCi





La convinzione di essere autosufficiente e di riuscire a eliminare il male presente nella storia solo con la propria azione ha indotto l’uomo a far coincidere la felicità e la salvezza con forme immanenti di benessere materiale e di azione sociale. La convinzione poi della esigenza di autonomia dell’economia, che non deve accettare “influenze” di carattere morale, ha spinto l’uomo ad abusare dello strumento economico in modo persino distruttivo. A lungo andare, queste convinzioni hanno portato a sistemi economici, sociali e politici che hanno conculcato la libertà della persona e dei corpi sociali e che, proprio per questo, non sono stati in grado di assicurare la giustizia che promettevano. 

- Papa Benedetto XVI -
(Caritas in veritate, 34) 




Molte persone, oggi, tendono a coltivare la pretesa di non dover niente a nessuno, tranne che a se stesse. Ritengono di essere titolari solo di diritti e incontrano spesso forti ostacoli a maturare una responsabilità per il proprio e l’altrui sviluppo integrale. 
Per questo è importante sollecitare una nuova riflessione su come i diritti presuppongano doveri senza i quali si trasformano in arbitrio.

- Papa Benedetto XVI -
(Caritas in Veritate, 43)



Buona giornata a tutti. :-)


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martedì 3 marzo 2020

Donaci i suoi frutti - Karl Rahner

Donaci, o Signore, in una parola il tuo Spirito,
i suoi frutti, che secondo l'apostolo sono:

I'amore, la gioia, la pace,la pazienza, la mitezza, la bontà, la fiducia, la dolcezza, la modestia, la confidenza (Gal 5, 22). 
Se possederemo questo Spirito e i suoi frutti,
allora non saremo più servi della legge, ma liberi figli di Dio. 

Allora lo Spirito esclamerà in noi: Abbà, Padre amato. 
Allora Egli intercederà per noi con gemiti inenarrabili. 
Allora Egli sarà unzione, sigillo e caparra della vita eterna. 
Allora sarà la sorgente dell'acqua indefettibile che pullula nel cuore e zampilla nella vita eterna e sussurra: Su, torna al Padre!

- Karl Rahner -
Fonte: "Preghiere" di K. Rahner




«Durante un periodo oscuro della mia vita,
ho passato molto tempo a pregare ma il cielo era come di bronzo.
Mi sembrava che Dio fosse scomparso,
lasciandomi solo con le mie prove e i miei pesi. 
Era una notte buia per l’anima mia. 
Scrissi allora a mia madre per parlarle del mio problema. 
Non dimenticherò mai la sua risposta: 
“Figlio mio, sovente Dio si ritira per mettere alla prova la nostra fede. 
Egli vuole che tu gli dia fiducia anche nell’oscurità. 
Ora, figlio mio, tendi la tua mano nella nebbia e vedrai che la sua mano sarà lì per afferrarti”»


- Billy Graham -



... Quando ti abbandonerai sul serio nel Signore, imparerai a contentarti di ciò che avviene, e a non perdere la serenità se le faccende, malgrado tu abbia messo tutto l’impegno e i mezzi opportuni ... non riescono secondo i tuoi gusti...
Perché saranno «riuscite» come sarà parso conveniente al Signore.

- San Josemaria Escrivà -






Buona giornata a tutti. :-)

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lunedì 2 marzo 2020

Brani estratti del libro “Ti ho chiamato per nome” di Anselm Grün - 2 -

Il tuo nome ha un significato. Ti sei già occupato del significato del tuo nome? Qual è la sua radice? 
Sarebbe bene che approfondissi lo studio dell'etimologia del tuo nome. L'etimologia è l'analisi del significato originario autentico di una parola. Riconoscendo il significato letterale del tuo nome scoprirai allo stesso tempo un progetto per la tua esistenza. Il tuo nome ti offre una forma in cui puoi crescere. 
Vorrei citare solo alcuni esempi: Alberto significa «splendente di nobiltà». 
Se ti chiami così, il tuo nome costituisce un segno del fatto che in te c'è qualcosa di nobile, lo splendore della nobiltà interiore. 
Il tuo nome crea uno spazio al cui interno puoi penetrare, nel quale scoprire la tua complessità e la tua bellezza. 
Il mio nome, Anselmo, significa «colui che è protetto dagli dei». E’ un nome che mi conforta. Non sono solo al mondo. Dio tiene la sua mano protettiva su di me. Nel corso della mia vita l'ho sperimentato spesso. 
Giovanni significa «Dio è misericordioso». Chi porta questo nome vive sotto il segno della promessa che Dio lo circonda sempre e in ogni luogo della sua presenza d'amore risanatrice, che la grazia divina assorbe, trasformandoli, tutti i suoi fallimenti e le sue colpe.
Prendendo in considerazione il tuo nome potrai comprendere esperienze che hai già vissuto. 
Ti apri a ciò che è già presente in te e nella tua persona, che però spesso, nella routine quotidiana, non vedi. 
Il nome ti mostra il tuo potenziale nascosto, ti mostra sotto il segno di quale promessa stia la tua vita.

- estratto da: “Ti ho chiamato per nome” di Anselm Grün, ed. Querininana - 




Consulta un dizionario specifico per conoscere l'etimologia del tuo nome. Cosa ti fa venire in mente? 
Che cosa ti colpisce? Dai fiducia al significato nascosto del nome. Fallo tuo attraverso la meditazione e poi osserva te stesso. Che cosa scopri di nuovo che finora non avevi notato? 
Come ti senti a confidare nel fatto che il tuo nome non è soltanto un suono vuoto, ma esprime la tua essenza, e che in esso si cela una promessa? Anche se ti sembra di essere lontano da quanto esprime il tuo nome, puoi crescere nella sua realtà, scoprendo così per la prima volta quanto è nascosto in te.
 Il tuo nome ti rimanda al tuo santo patrono. 
Il giorno del tuo onomastico la Chiesa celebra la festa del santo di cui porti il nome. 
Se ti occupi del tuo santo protettore, scoprirai in te alcune cose che non noti badando solo alla tua storia familiare. 
Hai delle capacità che non derivano esclusivamente dai genitori. Il santo patrono vuole indicarti le possibilità celate dentro di te. Se osservi la sua figura, puoi crescere attraverso di essa e scoprire l'immagine unica che Dio si è formato di te. Nella figura del santo protettore puoi riconoscere l'immagine autentica e non deformata di te che nasce dalla mano creatrice di Dio.
Sono affezionato al mio santo patrono, sant'Anselmo. 
Due aspetti del suo carattere sono per me particolarmente importanti. 
Per prima cosa, si dice che sant’Anselmo fosse una delle persone più amabili della sua epoca. Ciò mi sprona a sviluppare l’amabilità in me stesso. In secondo luogo sant’Anselmo fu uno dei teologi più importanti del suo tempo, la cui teologia però scaturiva dalla preghiera. 
Il giorno di sant'Anselmo, il 21 aprile, prendo sempre un suo libro per leggerlo. Di solito si tratta delle preghiere da lui redatte. 
In esse percepisco il suo amore per Cristo, il desiderio di vedere il volto di Dio, la sua sensibilità, il suo grande cuore, ma anche la sua fragilità. Leggendo i suoi testi anche il mio cuore diventa più grande. 
Arrivo a sentire il mio desiderio di vedere il volto di Dio e trovare pace nel Signore. 
Prego sant'Anselmo di donare anche a me quell'amore che lo ha contraddistinto, di far sì che anch'io come lui mi sforzi sempre di riconoscere il Signore in ogni cosa, vedendolo come il vero scopo della mia vita. 
Per me l'onomastico è sempre un giorno prezioso, non solo perché i miei confratelli e amici mi fanno gli auguri. 
Il giorno del mio onomastico riacquisto la consapevolezza di chi sono veramente e di quale sia la traccia indelebile che vorrei lasciare in questo mondo. 
Il giorno del mio onomastico mi sento in comunione con sant'Anselmo. Questo mi fa bene. Mi fa sentire a casa, al sicuro, con un compagno di strada che percorre con me ogni via e che mi svela la ricchezza della mia esistenza.
Leggi in un martirologio la storia della vita del tuo santo patrono. Cerca dei libri per poter apprendere qualcosa su di lui. Magari ti risulterà simpatico. 
In lui hai un maestro interiore che ti conduce alla pienezza di vita. Leggendo la sua biografia, con tutti gli alti e bassi che ha attraversato, comprendi meglio te stesso. 
Il santo ti incita a lavorare su te stesso, affinché sviluppi quanto è celato in te, affinché non ti accontenti della mediocrità. 
Se ti chiami Francesco o Francesca la vita di san Francesco ti affascinerà e ti aprirà gli occhi per riconoscere lo splendore della creazione e cantare il Signore come suo creatore. Sant'Alfonso ti mostrerà il suo grande cuore. Sant'Ignazio ti ha mostrato con il suo esempio come reagire ai colpi del destino senza demordere.
Esistono tuttavia anche santi la cui storia si perde nella notte dei tempi. 
Da un punto di vista storico sappiamo pochissimo di loro, ci sono state tramandate solo delle leggende. 
Eppure molte volte proprio nelle leggende viene espresso l'aspetto fondamentale di quel santo. 
Se ad esempio prendi in considerazione la leggenda di san Cristoforo, vedrai che in essa si svela il segreto della sua esistenza. Era un uomo alla ricerca di qualcosa, che ha seguito la sua inquietudine fino a trovare Dio stesso. Ed è l'uomo che sta sulla riva e ci aiuta a superare bene i fiumi che attraversano la nostra esistenza. 
Se ti chiami Barbara, riconoscerai in lei il mistero della donna sacerdotessa. 
E’ la consolatrice degli agonizzanti e porta loro Cristo nel calice dell'Eucaristia. Quando venne colpita, le sue ferite si tramutarono in nuova bellezza. 
In questo modo assicura anche a te che le tue ferite si tramuteranno in perle. Caterina è la donna pura e sincera, la regina che ti rende sempre consapevole della tua dignità e la donna saggia che supera tutti i dotti del mondo in saggezza. Fidati della saggezza celata dentro di te. E’ sufficiente per riuscire a superare le difficoltà in questo mondo.
Nei santi diventa evidente l'azione di Dio sugli esseri umani. Alcuni santi sono modelli da emulare. Altri esprimono in misura maggiore l'operato di Dio. Dimostrano che Dio sana tutte le tue ferite e trasforma i tuoi bisogni. 
I santi sono come un prisma che riflette l'operato di Dio su di noi. 
Mostrano come Dio trasformi gli esseri umani e come vorrebbe trasformarti affinché tu viva quanto di autentico è celato dentro di te, così che tu possa sfiorare la pura immagine scaturita dalle mani del Signore.

- estratto da: “Ti ho chiamato per nome” di Anselm Grün, ed. Querininana - 




Il tuo santo patrono ti dimostra che non sei solo durante il cammino della tua esistenza. 
Qualcuno ti accompagna lungo la tua vita. 
Il santo di cui porti il nome viene con te. E’ come un angelo che ti protegge, che ti segue quando sbagli strada o prendi una deviazione, finché ti conduce alla meta. Il santo vuole incoraggiarti ad andare avanti quando ti sembra che le tue forze siano esaurite. 
Ti rialza quando cadi. Ti mostra che non è mai troppo tardi per tornare indietro. E vuole dirti che tutto ciò che è in te ha il diritto di esistere. Dio può trasfigurare ogni lato di te. Non devi vergognarti di non essere santo quanto il tuo patrono. Anche lui non lo è sempre stato. Anche lui è passato attraverso alti e bassi, luci e ombre per ritrovare Dio in ogni cosa. 
E’ al tuo fianco persino quando tu stesso non riesci a sopportarti, quando vengono alla luce così tanti aspetti insostenibili di te stesso. 
Il tuo santo patrono non ti da mai per perso. 
Ti incita a non svalutare te stesso, ma a scegliere sempre la vita.
Il tuo patrono è il tuo intercessore presso Dio. Puoi pregarlo di intervenire per te quando ne hai bisogno. E’ ovvio che puoi anche pregare direttamente Dio di aiutarti. Ma pregando il tuo santo patrono percepisci nella preghiera qualcosa di umano. Sei rappresentato dal tuo santo protettore davanti al trono di Dio. Non devi pregare da solo. 
Qualcuno prega per te. 
Quando la tua preghiera ammutolisce, quando non trovi più parole, quando la tua fiducia vacilla, il tuo santo patrono continua a pregare per te. 
Quando dialoghi con lui, sai che egli è presso Dio. 
Qualcuno che sta dalla tua parte è davanti al Signore. Attraverso di lui raggiungi l'ambito divino, in lui sei già rappresentato davanti a Dio, una parte di te si trova già presso il Signore. Poiché attraverso il nome sei unito al santo che si chiama come te.
Prega il tuo patrono soprattutto quando hai la sensazione di aver smarrito la strada, quando sei così lontano da ciò che esprime il tuo nome o da quanto ha incarnato il santo che festeggi oggi, il giorno del tuo onomastico. 
Pregalo di farti avvicinare a quanto è autentico, di aiutarti a scoprire l'immagine unica che Dio ha di te e a tradurla in realtà ogni giorno di più. Pregalo di stare al tuo fianco anche nell'anno che verrà, affinché la tua strada ti conduca a una libertà, a una forza vitale e un amore sempre crescenti.

- estratto da: “Ti ho chiamato per nome” di Anselm Grün, ed. Querininana - 



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martedì 25 febbraio 2020

Brani estratti del libro “Ti ho chiamato per nome” di Anselm Grün - 1 -

I tuoi genitori ti hanno dato un nome. 
Dal giorno della tua nascita ti hanno chiamato con quel nome. Il nome è parte essenziale di te. Attraverso di esso trovi la tua identità. Quando venivi chiamato con il tuo nome, sapevi che si riferiva solo a te. 
Conti nella tua qualità di persona unica. Hai un nome. 
Attraverso questo nome ti differenzi dagli altri. 
Non sei un numero interscambiabile. Il nome diventa parte integrante della tua identità. Nel tuo nome è riassunta tutta la storia della tua vita. 
I tuoi genitori ti hanno chiamato con quel nome, ma nel corso della tua esistenza gli hai dato un significato con il tuo modo di sentire e di pensare, con la tua azione. Anche in bocca ai tuoi amici il tuo nome assume un sapore particolare. Altre persone possono chiamarsi come te, ma il tuo ha un suono totalmente diverso, unico, speciale. 
Quando si chiama il tuo nome, esso si riferisce a te, a te e alla tua inconfondibile persona.

tratto da: “Ti ho chiamato per nome” di Anselm Grün, ed. Queriniana


Il modo in cui percepiamo il nostro nome è legato alle persone che ci chiamano così. Quando le persone care ci chiamano con questo nome, tutto il loro affetto e il loro amore si condensa in esso. Sento il mio nome e già si risveglia il ricordo di come mio padre, mia madre, i miei fratelli, i miei zii lo hanno pronunciato. Il loro amore è condensato in questo nome. Mi raggiunge ogni volta che si fa il mio nome. 
Forse la tua ragazza o il tuo ragazzo, tua moglie o tuo marito hanno donato al tuo nome un nuovo suono. Forse in esso hai udito qualcosa che prima non avevi mai collegato al tuo nome.
Quando i tuoi compagni di scuola ti hanno preso in giro per il tuo nome, lo hanno abbreviato o storpiato, lo hai forse trovato brutto. Ma è bene che ti ricordi di tutte le persone che hanno riversato il loro amore nel tuo nome. 
Il modo in cui percepisci il tuo nome dipende anche da chi altro lo porta. Se tuo padre o tua madre si chiamano come te o se ti è stato dato il nome di tuo nonno o di tua nonna o di un tuo zio, tutto ciò ti riempie di orgoglio. 
Continui la tradizione familiare. Ti senti in dovere di rappresentare su questa terra un po' dello spirito dei tuoi genitori o dei tuoi nonni, di tramandarlo. 
Nel tuo nome sopravvive una parte di quanto hanno vissuto i tuoi antenati.
Tutti coloro che pronunciano il tuo nome indicano te così come sei. Connotano il nome attraverso il significato del rapporto che hanno con te, attraverso i loro sentimenti, attraverso il loro amore e il loro affetto, talvolta purtroppo attraverso i loro pregiudizi e il loro risentimento. 
Lascia i pregiudizi a quelli che li hanno. Isola nel tuo nome solo l'amore e la dolcezza che gli attribuiscono Dio e gli uomini. 
Pronuncia il tuo nome lentamente e ad alta voce. Assaporalo e gustalo. Com'è? 
Quali sensazioni lascia? 
Che immagini fa scaturire dentro di te?



tratto da: “Ti ho chiamato per nome” di Anselm Grün, ed. Queriniana


Non solo gli uomini ti hanno chiamato per nome, bensì anche Dio. Nel libro del profeta Isaia Dio dice a Israele: «Non temere perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni» (Is. 43,1). Ciò vale anche per te. Quando Dio ti chiama per nome esprime con questo il fatto che per Lui sei importante. Davanti a Dio sei unico. Dio stesso ti ha creato. Tu gli appartieni. Nessun essere umano ha potere su di te. Dio riversa il suo amore divino nel tuo nome. Dio si rivolge a te, Dio ti conosce per nome, conosce il tuo cuore, sa che cosa provi. Si rivolge a te personalmente. 
Ha una relazione individuale con te. Non sei solo uno tra i tanti. Sei unico. Per Dio hai un'importanza tale che si rivolge personalmente a te per prometterti qualcosa di bello, qualcosa destinato a essere un sostegno per la tua vita, qualcosa che costituisce le fondamenta su cui edificare la tua esistenza. Il nome con cui Dio ti chiama ti dimostra la tua inconfondibile dignità di essere umano.
Quando la Chiesa celebra la festa di San Giovanni Battista canta nell'antifona la sua nascita con le parole tratte dal libro del profeta Isaia: «Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome» (Is 49,1). 
Dal momento della tua nascita in poi il Signore ti ha chiamato per nome. E ti ha chiamato a fare qualcosa. 
Hai una missione in questo mondo. 
La tua vocazione è quella di contribuire a far sì che questo mondo appaia più umano e più degno di essere vissuto. 
Attraverso di te, qualcosa che può farsi visibile solo grazie a te vuole risplendere in questo mondo. Dio ti dice: «Mio servo tu sei, sul quale manifesterò la mia gloria» (Is 49,3). Dio ha un progetto speciale per te. 
In te deve rifulgere la sua gloria. In te deve apparire un po' della bellezza divina. 
Sei un prisma attraverso il quale Dio appare in questo mondo in modo unico e irripetibile.
Gesù come buon pastore «chiama le sue pecore una per una» (Gv 10,3). 
Ogni singola persona è per lui così importante che dona la sua vita per lei. Poiché intercede per ognuno di noi, ciascuno si sente protetto. Il sacrificio di Gesù ci dona la vita eterna, la vera vita. «Io do loro vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano» (Gv 10,28). Gesù non ha soltanto chiamato i discepoli per nome in un lontano passato, anche oggi pronuncia il tuo nome. 
Gesù ti conosce personalmente. Conosce i tuoi sentimenti, i pericoli che ti minacciano, le tue doti.
Desidera una relazione personale con te. Se entri in relazione con Lui, ti donerà la vita eterna, una vita degna di questo nome. 
Vita eterna significa vita autentica, un'esistenza in cui cielo e terra, Dio e essere umano sono uniti tra di loro. Quando Gesù ti chiama per nome, nessuno ti può rapire dalla sua mano, nessuno ti può sciogliere dal tuo legame con Lui. 
La sua mano ti protegge, ti dona un riparo e ti sostiene.
Dopo la risurrezione Gesù chiamò Maria Maddalena per nome. Ciò penetrò fin nel profondo del suo cuore. Maria cadde in ginocchio e disse: «Rabbuni = Maestro mio». Nel momento in cui udì il suo nome dalle labbra di Colui a cui doveva la vita, avvenne in lei la risurrezione. Il suo lutto venne trasfigurato, le lacrime smisero di scorrere. Si sentì di nuovo amata, risollevata alla sua dignità inviolabile. Nel proprio nome percepì l'amore di quel Gesù che aveva scacciato da lei sette demoni.
Maria Maddalena era infatti così lacerata al suo interno da poter ritrovare se stessa solo con l'accettazione totale di Gesù. Poiché Gesù le si era rivolto con tanto amore riuscì ad accettare se stessa. 
Nel momento in cui Gesù nomina il suo nome dopo la risurrezione, Maria sperimenta la dolcezza risanatrice dell'amore di Gesù. Era un nuovo nome quello datole da Cristo, un nome che la rigenerava. Le cose vecchie si staccarono da lei. La malattia era guarita. Era solamente Maria, l'amata da Dio, l'amica di Gesù, a cui era destinato il suo amore. L'amore di Gesù l'ha rigenerata nel pronunciare il suo nome.
Quando pensi al tuo nome, immagina che Gesù in questo momento ti stia chiamando. Gesù rigenera anche te quando pronuncia il tuo nome. Si rivolge a te, rivolge a te il suo sguardo. 
La sua voce e il suo sguardo ti trasformano nell'immagine unica che Dio ha di te, nell'immagine bella e nuova che rispecchia la gloria di Dio in modo puro. Quando Egli pronuncia il tuo nome vuole dirti: «E’ bene che tu esista. E’ bene che tu sia qui. 
Puoi essere come sei. 
Sei unico. Io ti sostengo. 
Ti amo. 
Ora accettati a tua volta. 
Chiama te stesso con il tuo nome e ricolmalo di tutta la dolcezza di cui sei capace».



tratto da: “Ti ho chiamato per nome” di Anselm Grün, ed. Queriniana


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martedì 18 febbraio 2020

Và, la tua fede ti ha salvato - Monaci Benedettini Silvestrini

Và, la tua fede ti ha salvato.
Essere ciechi nel linguaggio biblico non ha solo una dimensione fisica, ma prevalentemente spirituale:
riguarda sia l'anima sia gli occhi.
Esempi di cecità spirituali abbondano nella scrittura sacra, abbondano nella nostra vita:

"Sordi, ascoltate, ciechi, volgete lo sguardo per vedere.
Chi è cieco, se non il mio servo?
Chi è sordo come colui al quale io mandavo araldi?
Chi è cieco come il mio privilegiato?
Chi è sordo come il servo del Signore?
Hai visto molte cose, ma senza farvi attenzione,
hai aperto gli orecchi, ma senza sentire".

Così si esprime un brano il profeta Isaia.
Gli scribi e i farisei sono definiti ciechi da Gesù:
«Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!».
Gli stessi apostoli stentavano spesso a credere alle parole del Signore il loro spirito era accecato e orientato dalle logiche umane.

Ricordiamo i due discepoli di Èmmaus, che non riconoscono Gesù lungo la via perché i loro occhi erano accecati per mancanza di fede nel risorto:

Riconosceranno Gesù quando proclama e spiega la parola e nello spezzare il pane.

Gesù si proclama luce del mondo e afferma:
«Ancora per poco tempo la luce è con voi.
Camminate mentre avete la luce,
perché non vi sorprendano le tenebre;
chi cammina nelle tenebre non sa dove va.
Mentre avete la luce credete nella luce,
per diventare figli della luce».

La luce di Cristo viene infusa in noi mediante la fede.
Questa è la virtù fondamentale che ci apre la vista dell'anima
per accogliere la persona Cristo e le verità che egli ci ha rivelate.

«Io sono la luce del mondo; chi segue me,
non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».

Dopo aver ripetutamente affermato
l'importanza della fede Gesù interviene,
compiendo miracoli a favore dei ciechi
per riaprire loro occhi e anima.

Molti di loro inizialmente implorano
solo la guarigione dalla loro cecità fisica.

Alla richiesta di Gesù, «Che cosa vuoi che io faccia per te?»,
anche nel vangelo, il cieco implora:

«Rabbunì, che io veda di nuovo!».

Egli però intende dargli più di quanto osa sperare.
«Và, la tua fede ti ha salvato».
E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada».
La fede del cieco nato aveva già riconosciuto Gesù e nella sua preghiera gridata umilmente implorava:
«Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».

Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte:
«Figlio di Davide, abbi pietà di me!».

Da cieco e mendicante lo ritroviamo, dopo l'intervento prodigioso di Cristo,
illuminato nel corpo e nello spirito:
«Và, la tua fede ti ha salvato».
E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada».

estratto da un commento dei Monaci Benedettini Silvestrini




''La Chiesa non è una comunità di perfetti, ma di peccatori che si debbono riconoscere bisognosi dell’amore di Dio, bisognosi di essere purificati attraverso la Croce di Gesù Cristo. 
I detti di Gesù sull’ autorità di Pietro e degli Apostoli lasciano trasparire proprio che il potere di Dio è l’amore, l’amore che irradia la sua luce dal Calvario'' 

- papa Benedetto XVI - 
Omelia 29 giugno 2012



Vi lascio la pace, vi do la mia pace; non come la dà il mondo io la do a voi.

Chi la riceve è liberato dall’ansietà e turbamento del cuore. 
Le tribolazioni ci saranno sempre, ma con la Sua presenza, la Sua grazia, esse diventano mezzo di salvezza, luogo di incontro e di cammino nel regno di Dio. Come lo sono state per San Paolo. Egli, predicando il vangelo, ha subito ogni tipo di persecuzione. Ma la stessa tribolazione è mezzo di fede, per portare il Vangelo dove Cristo non è accettato. Questa fede ha reso Gesù vivo in mezzo ai discepoli. Anche oggi solo la fede ci fa entrare nel mistero del risorto. Entrarvi è possibile se amiamo e facciamo la volontà del Padre nella missione ricevuta. 


- Monaci Benedettini Silvestrini -






Basta che tu ami la pace,
ed essa immediatamente è con te.
La pace è un bene del cuore.
Se volete attirare gli altri alla pace,
abbiatela voi per primi;
siate voi anzitutto saldi nella pace.

- S. Agostino –



Buona giornata a tutti :-)


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sabato 8 febbraio 2020

La solitudine della fine sarà tremenda - don Romano Guardini

Il patrimonio culturale della Chiesa non potrà sfuggire alla generale decadenza della tradizione e là dove esso ancora sussisterà sarà assalito da molti problemi. Ma per quanto concerne il dogma, è essenziale alla sua natura il sopravvivere ad ogni mutamento di tempi, poiché esso è fondato nel sovratemporale; si può tuttavia supporre che di esso si avvertirà in modo particolare il carattere di guida della vita. 
Quanto più il cristianesimo si affermerà di nuovo come cosa non spontanea ed automatica, e si distinguerà decisamente dalla dominante concezione non-cristiana della vita, tanto più emergerà nettamente nel dogma, accanto all’ elemento teoretico, quello pratico ed esistenziale. 
Non c’è certamente bisogno che io sottolinei che non intendo con ciò alcuna «modernizzazione»; nessuna attenuazione qualsiasi né di contenuto, né di valore. Al contrario il carattere di incondizionata assolutezza della sua espressione e del suo imperativo si accentueranno più fortemente. 
E in questa assolutezza si avvertiranno la definizione dell’esistenza e l’orientamento della condotta.
Così la fede sarà capace di resistere nel pericolo. 
Nel rapporto con Dio emergerà decisamente l’elemento dell’obbedienza. Obbedienza pura, la quale sa che si tratta delle cose supreme, che solo per l’ubbidienza possono realizzarsi. 
Non perché l’uomo sia «eteronomo», ma perché Dio è santità assoluta. 
Un atteggiamento assolutamente non-liberale dunque, orientato con assolutezza verso l’assoluto, ma nella libertà, e per questo distinto da tutte le violenze. 
Questa assolutezza non è una resa alla forza fisica o psichica del comando: ma l’uomo per essa accoglie nel suo atto la qualità del comando divino. 
E questo suppone la maturità del giudizio e la libertà dell’opzione.
Ed una fiducia che solo qui è possibile. Non fiducia in un ordine razionale del tutto, o in un principio ottimistico di benevolenza, ma in Dio, nella sua realtà e nella sua azione, in Dio, che è all’ opera ed agisce. 
Se non sbaglio, l’Antico Testamento va assumendo un significato particolare: esso mostra il Dio vivente, che spezza e irrompe sia attraverso l’incantesimo mitico del mondo sia attraverso le potenze politiche pagane della terra, e l’uomo credente che, accettando l’Alleanza, si ricollega a questa azione di Dio. 
E si comprenderà l’importanza di questo. 
Quanto più crescono le forze anonime, tanto più la «vittoria che vince il mondo» [1 Gv. 5,4], la fede, si attua in una conquista di libertà, nell’accordo della libertà donata all’uomo e della libertà creatrice di Dio. 
E nella fiducia in ciò che Dio fa non soltanto nel suo operare, ma nel suo agire. 
È singolare questo presentimento di possibilità divine, in mezzo alla crescente oppressione del mondo!
Questo incontro di assolutezza e di personalità, di incondizionatezza e di libertà, renderà il credente capace di resistere, senza luogo e senza rifugio, e di riconoscere la direzione. Lo renderà capace di accedere ad un rapporto diretto con Dio, attraverso tutte le situazioni della violenza e del pericolo; e di rimaner persona vivente nella crescente solitudine del mondo futuro, solitudine proprio in mezzo alle masse ed alle organizzazioni.
Se comprendiamo esattamente i testi escatologici della Sacra Scrittura, la fiducia ed il coraggio formeranno il carattere proprio della fine dei tempi. L’ambiente della cultura cristiana, l’appoggio della tradizione perderanno vigore. 
Questo sarà uno degli elementi di quello scandalo, del quale è detto che «se fosse possibile, anche gli eletti vi soccomberebbero» (Mt. 24, 24).
La solitudine nella fede sarà tremenda. 
L’amore scomparirà dalla condotta generale (Mt. 24, 12). 
Non sarà più compreso, e diverrà tanto più prezioso, nel suo passare da un solitario ad un altro solitario: forza del cuore che discende immediatamente dall’ amore di Dio, quale si è rivelato in Cristo. Forse si farà una esperienza tutta nuova in questa carità: della sua sovrana originalità, della sua indipendenza dal mondo, del mistero del suo supremo perché. 
Forse la carità acquisterà una profondità d’intimità mai prima esistita. Qualche cosa di ciò che si esprime in quelle parole che sono la chiave a comprendere il messaggio di Gesù sulla Provvidenza: che le cose si trasformano per l’uomo che ha come suo primo pensiero la volontà ed il Regno di Dio (Mt. 6, 33).
Questo carattere escatologico si rileverà, io penso, nel futuro atteggiamento religioso. 
Non intendiamo con ciò annunciare alcuna facile Apocalisse. 
Nessuno ha il diritto di dire che la fine si avvicina, quando Cristo stesso ha dichiarato che solo il Padre conosce le cose della fine (Mt. 24, 36). 
E se qui si parla di un avvicinarsi alla fine, lo si intende in senso essenziale, non temporale: la nostra esistenza giunge al traguardo della opzione assoluta e delle sue conseguenze: delle possibilità più alte e dei pericoli estremi.

- don Romano Guardini -
La fine dell’epoca moderna, Morcelliana, Brescia, 1984


“...L'uomo deve riconoscere la piena misura delle proprie responsabilità ed assumerla. Ma per poter far questo, deve riconquistare il giusto rapporto con la verità delle cose, con le esigenze del suo io più profondo, infine con Dio. Altrimenti soccomberà al suo proprio potere e quella "catastrofe globale", diverrà inevitabile..."

- don Romano Guardini -


"Si costituisce una forma di vita non cristiana, anzi per molti aspetti anti-cristiana, che si impone in modo così conseguente da apparire normale; e sembra un abuso l’esigenza della Chiesa che vuole che la vita sia determinata dalla rivelazione. 
Lo stesso credente accetta questa situazione quando pensa che le cose della religione costituiscano un settore a sé (…).

La conseguenza è che da un lato si afferma una esistenza profana, autonoma, staccata da influenze cristiane dirette, e dall’ altro nasce un cristianesimo che imita in uno strano modo questa autonomia".

- don Romano Guardini -

da: La fine dell’epoca moderna, Morcelliana, Brescia 1984





"Il mondo moderno, lo spirito moderno, laico, positivista e ateo, credono di essersi liberati di Dio e in realtà, per chi vuole oltrepassare le formule, mai l’uomo è stato tanto imbarazzato da Dio.
Quando l’uomo si trovava in presenza degli dei, poteva più nettamente rimanere uomo. 
Essendo Dio al proprio posto di Dio, il nostro uomo poteva rimanere al proprio posto di uomo. 
Con una ironia veramente amara, è proprio nell’ età in cui l’uomo crede di essersi sbarazzato di tutti gli dei che lui stesso non si mantiene più al suo posto di uomo, e che, al contrario, si trova ingombrato da tutti gli dei. 
Di fronte allo zero-Dio il vecchio orgoglio fa il suo lavoro, lo spirito umano ha perso il suo equilibrio, la bussola è impazzita"

- Charles Péguy -

da: "Zangwill"




...E per dire la verità, se cerco di immaginare un po' come sarà in Paradiso, mi sembra sempre il tempo della mia giovinezza, della mia infanzia. Così, in questo contesto di fiducia, di gioia e di amore eravamo felici e penso che in Paradiso dovrebbe essere simile a come era nella mia gioventù. In questo senso spero di andare "a casa", andando verso l'"altra parte del mondo".

papa Benedetto  XVI - dalla "Festa delle Testimonianze" Parco di Bresso Milano 02 giugno 2012

Buona giornata a tutti :-)