Un delitto come quello di Hiroshima ha richiesto qualche migliaio di corresponsabili diretti: politici, scienziati, tecnici, operai, aviatori. Ognuno di essi ha tacitato la propria coscienza. A dar retta ai teorici dell'obbedienza e a certi tribunali tedeschi, dell'assassinio di sei milioni di ebrei risponderà solo Hitler. Ma Hitler era irresponsabile perché pazzo. C'è un modo solo per uscire da questo macabro gioco di parole. Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l'unico responsabile di tutto.
Lorenzo Milani, Lettera ai giudici,
1965
"Ciò che avviene, non avviene
tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini
abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia promulgare le leggi che poi solo
la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un
ammutinamento potrà rovesciare.
Dei fatti maturano nell’ombra, perché
mani non sorvegliate da nessun controllo tessono la tela della vita collettiva,
e la massa ignora. E quando i fatti che hanno maturato vengono a sfociare, e
avvengono grandi sventure storiche, si crede che siano fatalità come i
terremoti. Pochi si domandano allora: «se avessi anch’io fatto il mio dovere di
uomo, se avessi cercato di far valere la mia voce, il mio parere, la mia
volontà, sarebbe successo ciò che è successo?»"
Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere.
Ales, 22 gennaio 1891 - Roma, 27
aprile 1937
Purtroppo, oggi, sul palcoscenico del
mondo noi occidentali siamo i soli protagonisti e i soli spettatori, e così,
attraverso le nostre televisioni e i nostri giornali, non ascoltiamo che le
nostre ragioni, non proviamo che il nostro dolore. Il mondo degli altri non
viene mai rappresentato. [...]
L'Europa non può seguire, senza una
pausa di riflessione, l'America su questa strada. L’Europa deve rifarsi alla
propria storia, alla propria esperienza di diversità al fine di trovare la
forza per un dialogo e non per uno scontro di civiltà. [...]
Mi pare che i fatti sono solo
un'apparenza e che la verità dentro di loro è al massimo come una bambola
russa: appena la si apre se ne trova una più piccola e ancora una più piccola,
e ancora una più piccola fino a che si resta solo con un minuscolo seme. [...]
Vogliamo eliminare le armi? Bene: non
perdiamoci a discutere sul fatto che chiudere le fabbriche di fucili, di
munizioni, di mine anti-uomo o di bombe atomiche creerà dei disoccupati. Prima
risolviamo la questione morale. Quella economica l'affronteremo dopo. O
vogliamo, prima ancora di provare, arrenderci al fatto che l'economia determina
tutto, che ci interessa solo quel che ci è utile?
Con quel che sta succedendo nel mondo
la nostra vita non può, non deve, essere normale. Di questa normalità dovremmo
avere vergogna.
"Lettere contro la guerra", TEA ediz., Milano, 2004. (pp. 42 >78)
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