«Miei cari figlioli e miei cari
fratelli, perché siamo nella casa del Padre. Anche se in questi giorni, questa
circostanza esprime quanto nella casa del padre ci può essere di diverso e di
penoso. Venendo qui da San Pietro mi sono rammentato della prima impressione
che io ebbi da ragazzo quando uno dei miei buoni parenti, un giovinotto, era
andato a caccia senza licenza: fu preso dai carabinieri e messo dentro. E tenuto
dentro per un mese. Che impressione la vista, la prima vista – forse – dei
carabinieri, allora! E poi, quel poveretto in prigione! E la fantasia, la
piccola fantasia come lavorava! Ma, nel piccolo, come si elaborava anche la
preparazione alla visione di questo fenomeno che accade nella vita. In una vita
bene ordinata ci sono delle leggi, delle prescrizioni che, naturalmente, hanno
una sanzione. E chi ci capita sotto, può essere l'intenzione sua, nel
capitarci, non cattiva, ma le deve subire.»
“Siete contenti che sia venuto a trovarvi? Sapevo che mi volevate, e anch’io vi volevo. Per questo, eccomi qui. A dirvi il cuore che ci metto, parlandovi, non ci riuscirei, ma che altro linguaggio volete che vi parli il Papa? Io metto i miei occhi nei vostri occhi: ma no, perché piangete? Siate contenti che io sia qui. Ho messo il mio cuore vicino al vostro. Il Papa è venuto, eccomi a voi. Penso con voi ai vostri bambini che sono la vostra poesia e la vostra tristezza, alle vostre mogli, alle vostre sorelle, alle vostre mamme…”.
Prima di lasciare Regina Coeli il Papa volle essere ritratto in mezzo ai detenuti.
Mentre si avvia all’uscita della prigione, Papa Giovanni vede un uomo staccarsi dal gruppo dei reclusi raccolti attorno all’altare.
Quegli lo guarda con occhi arrossati dal pianto e, cadendogli ai piedi, domanda: “Le parole di speranza che lei ha pronunciato valgono anche per me, che sono un grande peccatore?”.
Roncalli non risponde. Si china sull’uomo, lo solleva, lo abbraccia e lo tiene a lungo stretto a sé.
“E’ stato a questo punto” scrisse Il Messaggero di Roma, il 27 dicembre 1958, “che la manifestazione ha fatto tremare i muri di Regina Coeli.
Dell’atmosfera tipica del carcere non è rimasto più nulla. Aperti i cancelli a pianterreno, il Papa ha visitato un ‘braccio’ e l’infermeria, fra ali di carcerati usciti dalle celle con i loro vestiti a strisce. Ma l’episodio che più ha colpito il Papa è stato quello che ha appreso una volta varcato il portone del penitenziario.
Egli ha saputo che trecento detenuti, chiusi nelle celle di rigore perché considerati pericolosi, non hanno potuto vederlo. Ebbene: ha inviato a ciascuno di essi un’immagine con l’assicurazione che non dimenticherà i suoi ‘figli invisibili’.
Al termine dell’incontro con i detenuti un’ultima raccomandazione: "Scrivete a casa, raccontate alle vostre madri ed alle vostre mogli che il Papa è venuto a trovarvi".
- Papa Giovanni XXIII -
26 dicembre 1958
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