D'accordo:
pregare si deve; lo dice il Vangelo. Un credente non può esimersi.
Ma come? E come fa, uno che non ha mai pregato, ad iniziare?
Ma come? E come fa, uno che non ha mai pregato, ad iniziare?
Potrei rispondere coi manuali di spiritualità.
Suggeriscono tante tecniche
anche utili.
Ma alla fine son soltanto mezzi, e uno rimane solo davanti a se stesso.
Ma alla fine son soltanto mezzi, e uno rimane solo davanti a se stesso.
È un poco come quando si sa tutto sul nuoto, ma non ci si è mai buttati
in acqua; come quando si è studiato a memoria il libretto di istruzioni della
macchina: si sa dove sono i pistoni e il carburatore, come funziona la pompa
dell'olio, come stringono i freni... ma non si ha ancora avuto il coraggio di
girare la chiave d'avviamento del motore.
Altro è parlar di preghiera - o
sapere anche - e altro è pregare.
Come si fa?
Non lo so.
So benissimo, di contro, come si fa a non pregare e a trovar mille scuse.
Per pregare, invece, ci si butta, ecco: non riesco ad esprimermi diversamente.
È un salto nel buio. Un'impressione paurosa di vuoto, mentre poi si scorge via
via una chiarezza crescente e ci si sente sostenuti dalle braccia potenti di un
Padre che rassicura...
È una decisione vertiginosa.
Uno giocherella con se stesso: tesse trame
complicate - una triste festa - di pensieri; opera escavazioni abissali nel
proprio fondo, e trova anche dolce questo comportarsi: questo cullarsi in una
ninna nanna un po' languida; questo farsi il funerale sentendosi impotente
sotto la coltre nera e cantandosi le lamentazioni...
O grida di dolore perché non riesce più a vivere, perché tutto è assurdo...
O si compiace beatamente dei risultati raggiunti: fa e rifà i conti, come l'avaro di Molière, e si dà i voti più alti e si attribuisce le glorie più sussiegose: si organizza la claque, senza pensare al poi, al terribile poi che si incontra in capo alla strada...
O grida di dolore perché non riesce più a vivere, perché tutto è assurdo...
O si compiace beatamente dei risultati raggiunti: fa e rifà i conti, come l'avaro di Molière, e si dà i voti più alti e si attribuisce le glorie più sussiegose: si organizza la claque, senza pensare al poi, al terribile poi che si incontra in capo alla strada...
Questa non è ancora preghiera.
Perché è solitudine.
Il pianto, l'esaltazione,
l'urlo disperato si chiudono nell'uomo o si perdono nel nulla.
Si inizia a pregare quando si scopre un «Tu» che sta al di là delle cose, delle
vicende e dei fratelli.
Un «Tu» a cui si parla, non un Egli di cui si parla;
fosse pure l'Infinito, il Trascendente o non so cosa.
Ecco, qui scatta la
preghiera, che è dialogo. E ci si ritrova di fronte ad una Presenza densa e
concreta, incombente e dolcissima: una Presenza che ascolta e che c'è, che è
qui, ora, in modo indubitabile, anche se ho l'impressione che le mie parole mi
ritornino indietro come una eco lontana di cui ho paura...
Sto rivolgendomi a ... sto conversando con ... Non sono più solo.
Forse questo cerchio della mia solitudine l'ho rotto perché avevo bisogno d'un
senso ai miei giorni e alla delusione cattiva delle cose...
Che importa?
Diffido delle santità incontenibili e degli entusiasmi travolgenti.
Forse, spesso, ci si rivolge a Dio perché si sono tentati altri approcci e si
sono trovati inconcludenti.
Si prega perché non si sa esistere ed agire senza
pregare.
Non è vigliaccheria... Purché si senta questo ultimo «Tu» che non ci rifiuta e dà consistenza a tutto.
E il coraggio di riprendere la fatica di esistere.
E perfino il vigore di riconoscere qualche gioia che pure non manca...
Non è vigliaccheria... Purché si senta questo ultimo «Tu» che non ci rifiuta e dà consistenza a tutto.
E il coraggio di riprendere la fatica di esistere.
E perfino il vigore di riconoscere qualche gioia che pure non manca...
Si parla a Dio. O forse lo si ascolta, meglio.
Va sempre così quando ci si
accosta a Dio: si ha l'impressione di trovarlo, mentre lui stesso ci stava
aspettando; lo si copre di frasi, mentre poi ci si avvede che non ha bisogno
delle nostre recite, e lo si lascia dire, e lo si ascolta. Come quando si ama:
non c'è bisogno di lunghe spiegazioni: basta uno sguardo ed è tutto rivelato;
un lasciarsi leggere dentro - anche negli angoli nascosti - e un sentirsi
compresi, accolti e riaffidati alla vita: ma con altra speranza...
- Mons. Alessandro Maggiolini -
15 luglio 1931 - 11 novembre 2008
- Mons. Alessandro Maggiolini -
15 luglio 1931 - 11 novembre 2008
“Pregherò per te”.
Ho mai udito parola umana che giunga
da più lontano?
Giunge dalla confluenza di Dio e dell'uomo.
Tu rispondi di me
davanti a Colui che è tutto e che è anche me stesso.
La preghiera per il
prossimo è come un aspetto inverso del martirio:
la preghiera fa dell'uomo che
prega un testimonio, la cauzione di un altro uomo davanti a Dio.
Sei più vicino
a me di quanto lo sia io stesso, perché sei tra Dio e me.
Sei come un baluardo
innalzato contro la sua giustizia e un varco aperto sul suo amore.
Nel cuore
della dolce e mortale lotta tra l'uomo e la sua fonte, tu combatti al mio
posto. Il tuo amore temerario si è infiltrato nella scissura stessa che mi
separa dal centro, nel vuoto scavato dalla mia ribellione e dalla mia viltà.
Tra quali pietre hai posto la tua anima! Sembri volgermi il dorso e invece il
tuo volto è esposto, per me, ai colpi diretti, ai richiami dell'ignoto; non mi
parli, ma parli di me al silenzio.
Pregare per qualcuno è come aderire, al
tempo stesso, a Dio e all'uomo, è come realizzare il perfetto equilibrio tra
questi due amori.
- Gustave Thibon -
filosofo e scrittore
francese 1903 - 2001
Buona giornata a tutti. :-)
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