Ho provato a pensare se ci possa mai essere qualche angolo del mondo sottratto, per così dire, all'invadenza del nome di Dio.
Un posto non toccato dai raggi della sua luce.
Un luogo in cui trovare asilo politico dalla persecuzione amorevole del suo sguardo.
Un ricettacolo segreto, insomma, munito di franchigia religiosa. Ma non mi è riuscito di trovarne.
La gloria di Jahvè straripa da tutte le parti.
Come fiume in piena raggiunge le sponde più remote.
Non ci sono argini che ne fermino il flusso di santità.
Non ci sono zolle di terra che non si lascino inumidire dalla sua rugiada. Neppure gli spazi dove si imbastiscono le trame più inique sono impermeabili all'azione di Dio.
Neppure i recinti dove si consumano i peccati più neri possono sottrarsi alla sua presenza. Anche i covi più torbidi dove ribolle schiuma del male sono lambiti dall'onda della sua potenza.
Non ci sono argini che ne fermino il flusso di santità.
Non ci sono zolle di terra che non si lascino inumidire dalla sua rugiada. Neppure gli spazi dove si imbastiscono le trame più inique sono impermeabili all'azione di Dio.
Neppure i recinti dove si consumano i peccati più neri possono sottrarsi alla sua presenza. Anche i covi più torbidi dove ribolle schiuma del male sono lambiti dall'onda della sua potenza.
Il nome di Dio è grande anche lì.
Lì, nei santuari dove la gente si raccoglie in cerca di pace; ma anche oltre la siepe del giardino comunale, disseminato di siringhe.
Nelle celle del monastero di clausura impregnate di preghiera; ma anche giù, nei sotterranei della metropoli, dove si sfrenano ogni notte le orge della dissolutezza.
Lassù, nell'eremo solitario dove si tocca il silenzio con le mani; ma anche in quell'appartamento dell'ultimo piano del grattacielo, dove si progettano i loschi affari di una spregiudicata lobby finanziaria.
Nella biblioteca del convento, dove il monaco si sprofonda nella ricerca del mistero di Dio; ma anche nello studio fotografico d'una inafferrabile catena di produzione, dove si allestiscono gli spettacoli licenziosi delle riviste per adulti.
Nelle aule delle università teologiche, in cui si racconta la storia della salvezza; ma anche nelle misteriose soffitte degli indovini, dove la gente, tra evocazioni e deliri, abbocca ai filtri della stregoneria.
Nelle aule delle università teologiche, in cui si racconta la storia della salvezza; ma anche nelle misteriose soffitte degli indovini, dove la gente, tra evocazioni e deliri, abbocca ai filtri della stregoneria.
All'interno della cattedrale dove risuonano i canti gregoriani e s'innalzano gli incensi dai turiboli d'argento; ma anche all'interno di quella bisca clandestina, dove tra bestemmie e volute di avana, la vita si impregna dì disperazione.
Nel centro di accoglienza della Caritas, dove i volontari fanno i turni di notte; ma anche nei bassifondi di periferia, dove la malavita organizzata celebra le sue liturgie di violenza e di morte...
Vengono in mente i versetti del Salmo 139:
«Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.
Se prendo le ali dell'aurora
per abitare all'estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra» (Sal 139, 8‑10).
La verità è che Dio solo è il Signore dell'universo, e che la terra non è oggetto di spartizione tra l'impero del bene e l'impero del male.
Non ci sono paletti catastali che segnino il limite delle sue proprietà.
Non c'è riserva di caccia che gli impedisca di scavalcare il filo spinato della nostra cattiveria.
Lui solo è il santo. Penetra l'intimità delle cose.
Raggiunge le fibre segrete della materia. Invade il cuore dell'uomo, anche il più determinato a esibirgli il divieto di accesso.
Non gli appartengono solo le aree del sacro.
Riempie d'olio tutte le lampade della vita.
Fa ardere i roghi della storia, accende le fiammelle della cronaca, illumina i crepuscoli delle nostre stagioni spirituali.
Riempie d'olio tutte le lampade della vita.
Fa ardere i roghi della storia, accende le fiammelle della cronaca, illumina i crepuscoli delle nostre stagioni spirituali.
Tutto è suo. Lo spazio e il tempo.
Sì, anche il tempo. Perché la grandezza del suo nome non si commisura sull'arco del martirologio romano, ma si estende di generazione in generazione. Anzi raggiunge i tempi in cui non c'erano neppure generazioni, ma c'era solo il “caos”, il grande sbadiglio, che egli ha deciso di trasformare in “cosmo”, la grande bellezza, riflesso della sua gloria.
«O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome
su tutta la terra!» (Sal 8, 1).
Su tutta la terra. Anche su quella porzione di storia e di geografia che attualmente soffre i travagli del parto, ma che un giorno lascerà la zona d'ombra per entrare nella luce meridiana.
Ecco perché la nostra voce deve fare esplodere l'osanna a Dio, non solo nell'alto, ma anche nel basso dei cieli.
- don Tonino Bello -
Fonte: "Dire Dio oggi. Dallo stupore alla trascendenza"
Scrigni, collana diretta da don Ciccio Savino, Ed. Insieme, pagg. 10,11,12,13
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