Ti amo bambina,
di una febbre sensuale
che mi rugge nel sangue
quando dal primo bacio,
carezzevole sulla guancia fresca,
ti passo sulle labbra,
le serro nelle mie
e ti lambisco la lingua
umida di amore,
libidinosamente,
e scontro i denti forti
nitidi nei miei denti,
e tutti e due mordiamo,
suggiamo senza posa
e una mia mano timida
dalla tua gola fresca
ti scivola sul petto
e si contragge e stringe sopra un seno,
piccolo, cedevole,
molle di amore
come la tua bocca è bagnata.
O quando lontano da te
dinanzi al tuo ritratto
mi struggo a contemplare
dove di tra lo scialle
il tuo corpo è nascosto,
ma s'indovina nitido
e in basso tra le frange,
appaiono accavallate
le belle gambe nervose,
ma molli come i seni,
e le lunghe fila nere s'indugiano
in perfide ambagi
sulle ginocchia
sulle cosce strette
che mai amerò.
E questo è pure quell'amore triste
- ma oh come lontano
in questa sera trepidante di speranza -
che si perdeva in sogno a contemplare
i tuoi capelli lievi,
il tuo viso distrutto
dal segreto soffrire,
i tuoi grandi occhi spalancati
vigili sul dolore
- ma come tutto questo è stanco e pallido! -
Mi tenta questa sera
una gioia più forte,
una speranza più ardente,
che mi freme nel cuore
al pensiero sensuale di te.
Eppure tu eri bella
in quel sogno lontano,
in quell'ardore triste,
e ancora mi riafferri,
tentatrice, così.
Oh potere divino
di confondere in te
le due gioie diverse
e lambirti d'amore
in un'oscurità piena di luce,
che mi lasci negli occhi
il tuo sogno e il tuo pianto,
ma mi bruci e mi scuota le membra
sussultanti,
strette contro le tue membra
frementi,
in un delirio d'anima e di sangue.
Questo, bambina,
Non ti fa paura?
- Cesare Pavese -
6 settembre 1927
di una febbre sensuale
che mi rugge nel sangue
quando dal primo bacio,
carezzevole sulla guancia fresca,
ti passo sulle labbra,
le serro nelle mie
e ti lambisco la lingua
umida di amore,
libidinosamente,
e scontro i denti forti
nitidi nei miei denti,
e tutti e due mordiamo,
suggiamo senza posa
e una mia mano timida
dalla tua gola fresca
ti scivola sul petto
e si contragge e stringe sopra un seno,
piccolo, cedevole,
molle di amore
come la tua bocca è bagnata.
O quando lontano da te
dinanzi al tuo ritratto
mi struggo a contemplare
dove di tra lo scialle
il tuo corpo è nascosto,
ma s'indovina nitido
e in basso tra le frange,
appaiono accavallate
le belle gambe nervose,
ma molli come i seni,
e le lunghe fila nere s'indugiano
in perfide ambagi
sulle ginocchia
sulle cosce strette
che mai amerò.
E questo è pure quell'amore triste
- ma oh come lontano
in questa sera trepidante di speranza -
che si perdeva in sogno a contemplare
i tuoi capelli lievi,
il tuo viso distrutto
dal segreto soffrire,
i tuoi grandi occhi spalancati
vigili sul dolore
- ma come tutto questo è stanco e pallido! -
Mi tenta questa sera
una gioia più forte,
una speranza più ardente,
che mi freme nel cuore
al pensiero sensuale di te.
Eppure tu eri bella
in quel sogno lontano,
in quell'ardore triste,
e ancora mi riafferri,
tentatrice, così.
Oh potere divino
di confondere in te
le due gioie diverse
e lambirti d'amore
in un'oscurità piena di luce,
che mi lasci negli occhi
il tuo sogno e il tuo pianto,
ma mi bruci e mi scuota le membra
sussultanti,
strette contro le tue membra
frementi,
in un delirio d'anima e di sangue.
Questo, bambina,
Non ti fa paura?
- Cesare Pavese -
6 settembre 1927
“Tutte quante le cose
e la carne del mondo
e le voci, non valgono l’accesa carezza
di quel corpo e quegli occhi.”
- Cesare Pavese -
e le voci, non valgono l’accesa carezza
di quel corpo e quegli occhi.”
- Cesare Pavese -
Tu sei come una terra
che nessuno ha mai detto.
Tu non attendi nulla
se non la parola
che sgorgherà dal fondo
come un frutto tra i rami.
C'è un vento che ti giunge.
Cose secche e rimorte
t'ingombrano e vanno nel vento.
Membra e parole antiche.
Tu tremi nell'estate.
- Cesare Pavese -
Tu non attendi nulla
se non la parola
che sgorgherà dal fondo
come un frutto tra i rami.
C'è un vento che ti giunge.
Cose secche e rimorte
t'ingombrano e vanno nel vento.
Membra e parole antiche.
Tu tremi nell'estate.
- Cesare Pavese -
"Il futuro verrà da un lungo dolore e da un lungo
silenzio."
- Cesare Pavese -
(Il mestiere di vivere - 16 febbraio 1936)
Buona giornata a tutti. :-)
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