lunedì 9 settembre 2019

Pregare, come si fa? - Alessandro Maggiolini

D'accordo: pregare si deve; lo dice il Vangelo. Un credente non può esimersi.
Ma come? E come fa, uno che non ha mai pregato, ad iniziare?

Potrei rispondere coi manuali di spiritualità. 
Suggeriscono tante tecniche anche utili. 
Ma alla fine son soltanto mezzi, e uno rimane solo davanti a se stesso. 
È un poco come quando si sa tutto sul nuoto, ma non ci si è mai buttati in acqua; come quando si è studiato a memoria il libretto di istruzioni della macchina: si sa dove sono i pistoni e il carburatore, come funziona la pompa dell'olio, come stringono i freni... ma non si ha ancora avuto il coraggio di girare la chiave d'avviamento del motore. 
Altro è parlar di preghiera - o sapere anche - e altro è pregare.
Come si fa?
Non lo so.
So benissimo, di contro, come si fa a non pregare e a trovar mille scuse.
Per pregare, invece, ci si butta, ecco: non riesco ad esprimermi diversamente. 
È un salto nel buio. Un'impressione paurosa di vuoto, mentre poi si scorge via via una chiarezza crescente e ci si sente sostenuti dalle braccia potenti di un Padre che rassicura...
È una decisione vertiginosa. 
Uno giocherella con se stesso: tesse trame complicate - una triste festa - di pensieri; opera escavazioni abissali nel proprio fondo, e trova anche dolce questo comportarsi: questo cullarsi in una ninna nanna un po' languida; questo farsi il funerale sentendosi impotente sotto la coltre nera e cantandosi le lamentazioni... 
O grida di dolore perché non riesce più a vivere, perché tutto è assurdo... 
O si compiace beatamente dei risultati raggiunti: fa e rifà i conti, come l'avaro di Molière, e si dà i voti più alti e si attribuisce le glorie più sussiegose: si organizza la claque, senza pensare al poi, al terribile poi che si incontra in capo alla strada...
Questa non è ancora preghiera. 
Perché è solitudine. 
Il pianto, l'esaltazione, l'urlo disperato si chiudono nell'uomo o si perdono nel nulla.
Si inizia a pregare quando si scopre un «Tu» che sta al di là delle cose, delle vicende e dei fratelli. 
Un «Tu» a cui si parla, non un Egli di cui si parla; fosse pure l'Infinito, il Trascendente o non so cosa. 
Ecco, qui scatta la preghiera, che è dialogo. E ci si ritrova di fronte ad una Presenza densa e concreta, incombente e dolcissima: una Presenza che ascolta e che c'è, che è qui, ora, in modo indubitabile, anche se ho l'impressione che le mie parole mi ritornino indietro come una eco lontana di cui ho paura... 
Sto rivolgendomi a ... sto conversando con ... Non sono più solo.
Forse questo cerchio della mia solitudine l'ho rotto perché avevo bisogno d'un senso ai miei giorni e alla delusione cattiva delle cose... 
Che importa? Diffido delle santità incontenibili e degli entusiasmi travolgenti.
Forse, spesso, ci si rivolge a Dio perché si sono tentati altri approcci e si sono trovati inconcludenti. 
Si prega perché non si sa esistere ed agire senza pregare. 
Non è vigliaccheria... Purché si senta questo ultimo «Tu» che non ci rifiuta e dà consistenza a tutto. 
E il coraggio di riprendere la fatica di esistere. 
E perfino il vigore di riconoscere qualche gioia che pure non manca...
Si parla a Dio. O forse lo si ascolta, meglio. 
Va sempre così quando ci si accosta a Dio: si ha l'impressione di trovarlo, mentre lui stesso ci stava aspettando; lo si copre di frasi, mentre poi ci si avvede che non ha bisogno delle nostre recite, e lo si lascia dire, e lo si ascolta. Come quando si ama: non c'è bisogno di lunghe spiegazioni: basta uno sguardo ed è tutto rivelato; un lasciarsi leggere dentro - anche negli angoli nascosti - e un sentirsi compresi, accolti e riaffidati alla vita: ma con altra speranza...

- Mons. Alessandro Maggiolini - 
15 luglio 1931 - 11 novembre 2008



“Pregherò per te”.
Ho mai udito parola umana che giunga da più lontano? 
Giunge dalla confluenza di Dio e dell'uomo. 
Tu rispondi di me davanti a Colui che è tutto e che è anche me stesso. 
La preghiera per il prossimo è come un aspetto inverso del martirio: 
la preghiera fa dell'uomo che prega un testimonio, la cauzione di un altro uomo davanti a Dio. 
Sei più vicino a me di quanto lo sia io stesso, perché sei tra Dio e me. 
Sei come un baluardo innalzato contro la sua giustizia e un varco aperto sul suo amore. 
Nel cuore della dolce e mortale lotta tra l'uomo e la sua fonte, tu combatti al mio posto. Il tuo amore temerario si è infiltrato nella scissura stessa che mi separa dal centro, nel vuoto scavato dalla mia ribellione e dalla mia viltà. 
Tra quali pietre hai posto la tua anima! Sembri volgermi il dorso e invece il tuo volto è esposto, per me, ai colpi diretti, ai richiami dell'ignoto; non mi parli, ma parli di me al silenzio. 
Pregare per qualcuno è come aderire, al tempo stesso, a Dio e all'uomo, è come realizzare il perfetto equilibrio tra questi due amori.

- Gustave Thibon -
 filosofo e scrittore francese 1903 - 2001 




Buona giornata a tutti. :-)


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