giovedì 22 marzo 2018

Cedri e Palme - Cardinale Gianfranco Ravasi


Ci sono maestri-cedro e maestri-palma. 
I primi levano verso il cielo i loro rami irraggiungibili, carichi di frutti. 
I secondi, invece, hanno i datteri già nei loro rami bassi e anche chi è piccolo può afferrarli e gustarli. 
È interessante notare che la Bibbia ha scelto spesso simboli vegetali per raffigurare la sapienza; anzi, un saggio come il Siracide arriva al punto di compararla a un parco o a un giardino botanico con una quindicina di alberi odorosi o fruttiferi (24, 13-17) e in bocca alla sapienza personificata mette questo invito: «Avvicinatevi a me e saziatevi dei miei frutti» (24,19). 

A questo punto acquista tutto il suo significato l'aforisma orientale che sopra ho evocato. 
Nella vita, infatti, abbiamo incontrato certamente persone colte ma arroganti, capaci di far cadere dall'alto la loro conoscenza così che qualche frammento potesse essere raccolto anche dai semplici che esse guardavano con distacco dal trono della loro intelligenza. 
Sono appunto i maestri-cedro, monumentali e sontuosi come quelle piante, pronti a ripetere la frase sprezzante dei farisei del Vangelo di Giovanni: «Questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta» (7,49). 
Ma per fortuna ci sono i maestri-palma: io per primo confesso di averne avuti tanti, dal liceo all'università. 
Le cose principali che so - nonostante il molto studio che poi ho fatto personalmente - le devo a loro. 
Ed è per questo che noi siamo capaci di vedere più lontano, perché siamo nani sulle spalle di giganti, come si diceva nel Medio Evo. 
Si è maestri-palma perché non si insegna solo quello che si sa, ma anche quello che si è. È proprio qui la differenza tra l'intelligente e il vero sapiente e maestro.

- Cardinale Gianfranco Ravasi - 
da: "Le Parole del mattino" ed. Mondadori



L'ambizione ha occhi di bronzo che mai il sentimento riesce a inumidire.
I corpi dei bronzi di Riace sono perfetti, ma quel loro sguardo metallico sembra vuoto e cieco.

Non per nulla definiamo «faccia di bronzo» la persona impudente e arrogante
che ci oppone un volto ipocrita, senza nessuna contrazione facciale di pudore o vergogna.
Ha, perciò, ragione Schiller quando, nella sua tragedia "genovese" Fiesco, dipinge l'ambizione come una faccia dagli occhi di bronzo, mai rigati da lacrime.
Per la carriera e il successo a tutti i costi non ci si può attardare nel lusso dei sentimenti.
Si procede inesorabili calpestando gli altri più deboli, ignorando le remore morali, gelando le emozioni e la compassione.
«L'ambizione – scriveva Tolstoj – non può permettersi di accordarsi con la bontà; essa si accorda solo con l'orgoglio, l'astuzia, la crudeltà».

- Cardinale Gianfranco Ravasi - 






Buona giornata a tutti. :-)