Ci sono maestri-cedro e maestri-palma.
I primi levano verso il cielo i loro
rami irraggiungibili, carichi di frutti.
I secondi, invece, hanno i datteri già
nei loro rami bassi e anche chi è piccolo può afferrarli e gustarli.
È
interessante notare che la Bibbia ha scelto spesso simboli vegetali per
raffigurare la sapienza; anzi, un saggio come il Siracide arriva al punto di
compararla a un parco o a un giardino botanico con una quindicina di alberi
odorosi o fruttiferi (24, 13-17) e in bocca alla sapienza personificata mette
questo invito: «Avvicinatevi a me e saziatevi dei miei frutti» (24,19).
A questo punto acquista tutto il suo significato l'aforisma orientale che sopra ho evocato.
A questo punto acquista tutto il suo significato l'aforisma orientale che sopra ho evocato.
Nella vita, infatti, abbiamo incontrato certamente persone colte ma
arroganti, capaci di far cadere dall'alto la loro conoscenza così che qualche
frammento potesse essere raccolto anche dai semplici che esse guardavano con
distacco dal trono della loro intelligenza.
Sono appunto i maestri-cedro,
monumentali e sontuosi come quelle piante, pronti a ripetere la frase
sprezzante dei farisei del Vangelo di Giovanni: «Questa gente, che non conosce
la Legge, è maledetta» (7,49).
Ma per fortuna ci sono i maestri-palma: io per primo confesso di averne avuti tanti, dal liceo all'università.
Ma per fortuna ci sono i maestri-palma: io per primo confesso di averne avuti tanti, dal liceo all'università.
Le cose principali che so - nonostante il
molto studio che poi ho fatto personalmente - le devo a loro.
Ed è per questo
che noi siamo capaci di vedere più lontano, perché siamo nani sulle spalle di
giganti, come si diceva nel Medio Evo.
Si è maestri-palma perché non si insegna
solo quello che si sa, ma anche quello che si è. È proprio qui la differenza
tra l'intelligente e il vero sapiente e maestro.
L'ambizione ha occhi di bronzo che mai il
sentimento riesce a inumidire.
I corpi dei bronzi di Riace sono perfetti, ma quel loro sguardo metallico sembra vuoto e cieco.
I corpi dei bronzi di Riace sono perfetti, ma quel loro sguardo metallico sembra vuoto e cieco.
Non per nulla definiamo «faccia di
bronzo» la persona impudente e arrogante
che ci oppone un volto ipocrita, senza nessuna contrazione facciale di pudore o vergogna.
che ci oppone un volto ipocrita, senza nessuna contrazione facciale di pudore o vergogna.
Ha, perciò, ragione Schiller quando, nella
sua tragedia "genovese" Fiesco, dipinge l'ambizione come una faccia
dagli occhi di bronzo, mai rigati da lacrime.
Per la carriera e il successo a tutti i costi
non ci si può attardare nel lusso dei sentimenti.
Si procede inesorabili calpestando gli altri
più deboli, ignorando le remore morali, gelando le emozioni e la compassione.
«L'ambizione – scriveva Tolstoj – non può
permettersi di accordarsi con la bontà; essa si accorda solo con l'orgoglio,
l'astuzia, la crudeltà».
Buona giornata a tutti. :-)