Ma non perdiamoci in discorsi.
Questo articolo vuole ricordare un fatto che ha legato per sempre la figura di Albino Luciani alle campagne venete.
Andiamo con ordine: la parrocchia di Grassaga (il nome deriva dal latino grassus che vuol dire fangoso, acquitrinoso) è stata terra contesa dai patriarchi di Aquileia e da Ezzelino. Ma è anche terra di acqua, l'acqua del Piave s'intende, e di alluvioni: nel 1250 il territorio subì una catastrofica alluvione del fiume, che deviò il corso del Piave, spostando la chiesetta di San Donà dalla sponda sinistra a quella destra...
Il 19 giugno 1535, il vescovo Vincenzo De Massariis, per incarico del Card. Marino Grimani Patriarca di Aquileia e amministratore apostolico di Ceneda (Vittorio Veneto), consacrò a Grassaga una piccola chiesa costruita a cura dei Canonici Regolari di S. Agostino del SS. Salvatore di Venezia. La cappella era dedicata a S. Giorgio, aveva il cimitero davanti e, accanto, un ospizio.
Nel 1607 il villaggio diventò parrocchia, con la costruzione del battistero. Dopo il 1773 la cura d'anime passò alle dirette dipendenze del Vescovo di Cèneda. La vecchia chiesa restaurata e un po' ingrandita nel 1900, è stata demolita nel 1955. Si costruì allora quella nuova, l'attuale, fra il 1956 e il 1959, su disegno dell'arch. Luigi Candiani (Mareno di Piave, 25 maggio 1888 – Treviso, 7 maggio 1993): il Vescovo Albino Luciani la benedì e l'aprì al culto il 27 settembre 1959.
E siamo al dunque: arriviamo all'alluvione del 1966, cinquant'anni fa giusti! Sappiamo tutti dei disastri che ha provocato nel Triveneto (e in Toscana). Sulla sinistra Piave molte persone tra il 4 e il 6 novembre passarono le giornate e le notti nei solai e persino nei tetti. Soprattutto nelle case che erano sui terreni più bassi del livello del mare e nelle anse del Piave dove le voragini da granata della Prima Guerra mondiale avevano creato mulinelli e vortici dirompenti. Anche la perdita di bovini fu rilevante proprio in queste località, cioè a Grassaga ma anche a Calvecchia, Fossà, Cittanova.
Ben 160 bestie annegarono.
Parte dei bovini sopravvissuti dovevano essere sistemati in locali che ne permettessero l'immediata sopravvivenza. Tirati a forza fuori dalle stalle e dagli ovili si cercò ricovero per loro nella stessa chiesa parrocchiale di Grassaga: questo fu l'ordine del sindaco di allora Franco Pilla (1960-69, della DC). Al parroco però sembrava indecoroso ricoverare degli animali nella chiesa parrocchiale, per di più consacrata da poco: era domenica 6 novembre 1966. Viene avvertito il vescovo di Vittorio Veneto, monsignor Albino Luciani, figlio di contadini dell'Agordino. Lui sapeva bene cosa voleva dire per una famiglia perdere le vacche, i vitelli, i maiali. Spesso voleva dire perdere tutto. E Luciani diede subito il permesso di ospitare per l'emergenza in chiesa gli animali da stalla della comunità di Grassaga e delle masserie e case coloniche allagate. Una generosità che viene ancora oggi ricordata dalla popolazione del paese. Venne affrontato in quelle ore anche l'altro grande problema: migliaia di bovini che erano rimasti senza foraggio, perché portato via dall'acqua o resosi immangiabile, muggivano e belavano senza sosta dalla fame.
Si provvide allora a requisire le sanse delle barbabietole ammassate nello zuccherificio di Ceggia e portarle in chiesa per il pasto che da ore non era stato dato alle bestie (nei giorni successivi venne prelevato foraggio dal Friùli).
Albino Luciani, diventerà Patriarca di Venezia e poi Papa, e questo lo sapete. E la prima chiesa di nostro Signore, stando ai Vangeli, era una stalla dove il Figlio di Dio, secondo la Tradizione, veniva scaldato da un bue e da un asino. E anche questo lo sapete.
foto: la facciata della chiesa di Grassaga
foto: Alluvione 1966 nel Sandonatese, di Angelino e Filiberto Battistella
foto: Zenson di Piave, una fattoria allagata durante l'alluvione del 1966, foto Luigi Bortolazzo, proprietà Fast Treviso
foto: Alluvione 1966 nel Sandonatese, di Angelino e Filiberto Battistella
foto: Zenson di Piave, una fattoria allagata durante l'alluvione del 1966, foto Luigi Bortolazzo, proprietà Fast Treviso