Eccoci, Signore, alla fine di questo lungo anno davanti
a te.
Col fiato grosso, dopo aver tanto camminato.
Ma se ci sentiamo sfiniti, non è perché abbiamo
percorso un lungo tragitto, o abbiamo coperto chissà quali interminabili
rettilinei.
È perché, purtroppo, molti passi, li abbiamo consumati
sulle viottole nostre, e non sulle tue: seguendo i tracciati involuti della
nostra caparbietà faccendiera, e non le indicazioni della tua Parola;
confidando sulla riuscita delle nostre estenuanti manovre, e non sui moduli
semplici dell'abbandono fiducioso in te.
Forse mai, come in questo crepuscolo dell'anno,
sentiamo nostre le parole di Pietro: "Abbiamo faticato tutta la notte, e
non abbiamo preso nulla".
Ad ogni modo, vogliamo ringraziarti ugualmente. Perché,
facendoci contemplare la povertà del raccolto, ci aiuti a capire che senza di
te non possiamo far nulla. Ci agitiamo soltanto.
Grazie, perché obbligandoci a prendere atto dei nostri
bilanci deficitari, ci fai comprendere che, se non sei Tu che costruisci la
casa, invano vi faticano i costruttori.
E che, se Tu non custodisci la città, invano veglia il
custode.
E che alzarsi di buon mattino, come facciamo noi, o
andare tardi a riposare per assolvere ai mille impegni giornalieri, o mangiare
pane di sudore, come ci succede ormai spesso, non è un investimento redditizio
se ci manchi Tu.
Il Salmo 127, avvertendoci che, il pane, Tu ai tuoi
amici lo dai nel sonno, ci rivela la più incredibile legge economica, che lega
il minimo sforzo al massimo rendimento. Ma bisogna esserti amici. Bisogna
godere della tua comunione.
Bisogna vivere una vita interiore profonda. Se no, il
nostro è solo un tragico sussulto di smanie operative, forse anche
intelligenti, ma assolutamente sterili sul piano spirituale.
Grazie, Signore, perché, se ci fai sperimentare la
povertà della mietitura e ci fai vivere con dolore il tempo delle vacche magre,
tu dimostri di volerci veramente bene, poiché ci distogli dalle nostre
presunzioni corrose dal tarlo dell'efficientismo, raffreni i nostri desideri di
onnipotenza, e non ci esponi al ridicolo di fronte alla storia: anzi, di fronte
alla cronaca.
Ma ci sono altri motivi, Signore, che, al termine
dell'anno, esigono il nostro rendimento di grazie.
Grazie, perché ci conservi nel tuo amore.
Perché ancora non ti è venuto il voltastomaco per i
nostri peccati.
Perché continui ad aver fiducia in noi, pur vedendo che
tantissime altre persone ti darebbero forse ben diverse soddisfazioni.
Grazie, perché non solo ci sopporti, ma ci dai ad
intendere che non sai fare a meno di noi.
Perché ci infondi il coraggio di celebrare i santi
misteri, anche quando la coscienza della nostra miseria ci fa sentire delle
nullità e ci fa sprofondare nella vergogna.
Grazie, perché ci sai mettere sulla bocca le parole giuste,
anche quando il nostro cuore è lontano da te.
Perché adoperi infinite tenerezze, preservandoci da
impietosi rossori, e non facendoci mancare il rispetto dei fedeli, la
comprensione dei collaboratori, la fiducia dei poveri.
Grazie, perché continui a custodirci gelosamente, anzi,
a nasconderci, come fa la madre con i figli più discoli.
Perché sei un amico veramente unico, e ti sei lasciato
così sedurre dall'amore che ci porti, che non ti regge l'animo di smascherarci
dinanzi alla gente, e non fai venir meno agli occhi degli uomini i motivi per i
quali, nonostante tutto, continuiamo a essere reverendi.
Grazie, Signore, perché non finisci di scommettere su
di noi.
Perché non ci avvilisci per le nostre inettitudini.
Perché, al tuo sguardo, non c'è bancarotta che tenga.
Perché, a dispetto delle letture deficitarie delle
nostre contabilità, non ci fai disperare. Anzi, ci metti nell'anima un così
vivo desiderio di ricupero, che già vediamo il nuovo anno come spazio della
Speranza e tempo propizio per sanare i nostri dissesti.
Spogliaci, Signore, d'ogni ombra di arroganza.
Rivestici dei panni della misericordia e della
dolcezza.
Donaci un futuro gravido di grazia e di luce e di
incontenibile amore per la vita.
Aiutaci a spendere per te Tutto quello che abbiamo e
che siamo. E la Vergine tua madre ci intenerisca il cuore. Fino alle lacrime. Amen
don Tonino Bello
«Al termine di un altro anno, la Chiesa, “casa” nella
quale il Verbo fatto uomo si compiace di abitare, famiglia di Dio che cammina
nel timore del Signore verso il compimento del tempo, desidera riconoscere di
essere stata “benedetta” da Dio, con ogni benedizione spirituale in Cristo Gesù
(cf. Ef 1,2).