Introduzione
Sarà che ce lo volevano rubare. Sarà che è finito in pasto al consumismo, preda di commercianti e imbonitori, e che i giorni che precedono il Natale di tutto sono pieni, tranne che delle cose più importanti. Corriamo, ci affanniamo, presi come siamo da un'angoscia che ci stringe la gola.
Arriveremo in capo a tutto?
Poi però non c'è persona al mondo, pur assediata da mille incombenze, che non cerchi un minuto di silenzio per viverlo bene, il Natale. Sotto la scorza di tanta banalità che continuamente lo opprime, c'è sempre un cuore bambino che chiede di pulsare. Affiora il ricordo di cento altri natali, spesso sperduti in un tempo lontano, dove invece c'era spazio per tutto: le fiabe dei nonni, la novena in parrocchia, la vigilia trascorsa a consegnare i pacchi agli anziani. Il Natale non ha mai tradito la sua magia. Forse per colpa di quel bisogno di spiritualità che ci portiamo scolpito dentro, quel desiderio di sentirci amati, e di trovare una ragione che giustifichi gli infiniti caotici cammini che siamo costretti a scarabocchiare sulla tavola di questa vita.
Davvero, Dio, un giorno ti sei tanto innamorato di noi da infilarti nel nostro stesso cunicolo, lo stesso che noi scaviamo da sempre, sospettando qualche volta che non porti da nessuna parte?
Dio che respira in una culla. Pur con tutta la fantasia di cui sono capaci gli uomini, non ci saremmo mai aspettati di contemplare uno spettacolo del genere.
Così queste pagine - un minuto al giorno - sono dedicate alla stragrande maggioranza degli uomini, mendicanti di tempo, assorbiti da troppi impegni che quotidianamente infestano l'agenda. Uomini che qualche volta avrebbero voglia di piantare lì tutto, rosi come sono dalla nostalgia, e di rifugiarsi in un paese lontano, fatto su misura per loro, che non deve poi essere troppo diverso da quello che hanno conosciuto nell'infanzia. Uomini che soprattutto non vogliono perdere il succo della storia che ci porta a Natale. Ne avvertono prepotente il bisogno. Come di chi, per spingere avanti la carretta, gratta il fondo del barile, confidando di trovare ancora, mischiato con gli avanzi di un'intera vita, un piccolo residuo di speranza.
- don Guglielmo Cazzulani -
La fede che preferisco - dice Dio - è la speranza!
Quando comincia la speranza
Me lo spiegava così.
Mi diceva che i primi anni di ministero erano fradici di fede. S'era studiato a memoria le cinque prove dell'esistenza di Dio, contenute nella Summa di san Tommaso. Così, quando si accostava qualche giovane incerto, il solito cacadubbi di turno, era tutto un bello sciorinare di argomentazioni.
Mai uno di quelli non-convinti che si convinse.
Poi ci furono gli anni della carità. I cortili delle parrocchie si riempirono di bidoni e di container: tutti da imbottire di carta e di stracci, per monetizzare il lavoro, e mandare aiuti alle missioni, ai poveri, a chi per tanti motivi aveva bisogno di sostegno per vivere. L'oratorio trasformato in un termitaio, con persone volenterose che andavano su e giù con di quei sacchi in spalla da far paura, che pareva di essere in una miniera.
Poi finirono anche quegli anni. Senza neanche accorgersene, ci si trovò con i capelli bianchi, era arrivata l'anzianità. Uno comincia a fare quattro conti su ciò che ha combinato in vita, e scopre che la casella in fondo, quella del totale, riporta una cifra un po' più bassa di quella che s'era messo in preventivo all'inizio.
È qui che comincia il tempo della speranza.
Non so cosa ho fatto, non so cosa ho combinato in questa vita, non so cosa ho costruito e cosa ho risolto.
Ma spero. È un tempo di grazia perché si depongono tante aggressività nei confronti dell'esistenza. Si abbandona quella mania tutta umana di voler imporre agli altri progetti che alla fine sono assolutamente propri, e quindi venati da una forte tinta di egoismo. Entra in cuore una sensazione strana, una certa impressione di pace. Finalmente ci si affida a Dio: forse non lo si era mai fatto prima. Ma non è un salto angoscioso, di quelli che ti fanno tremare di paura. Finalmente non si è più soli. Si capisce un po' meglio questo Dio che non è sceso fin quaggiù pretendendo che fossimo più santi di prima, ma che si è fatto nostro compagno di viaggio, fratello di tutti, specialmente dei più deboli e fragili.
Ce ne vogliono di sbagli, di miraggi, di tentennamenti, prima di capire che cosa sia il vangelo, la bella notizia.
Ecco, alla fine di tutto, si spera.
- don Guglielmo Cazzulani -
Buona giornata a tutti. :-)
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