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mercoledì 2 ottobre 2019

Preghiera agli Angeli Custodi - 2 Ottobre

Santo Angelo del Signore, 
mio zelante guardiano, 
se a te mi ha affidato la pietà divina, 
mi disciplina sempre, 
mi custodisci, 
mi governa, 
mi illumina. 
Amen



Gli Angeli circondano la Chiesa, essi difendono la Chiesa, preparano la Chiesa al grande giorno delle sue nozze eterne; quel giorno, essi faranno da corteo alla Chiesa, immortale Sposa dell'Agnello.

La missione degli Angeli è di ordine naturale. Anteriormente al battesimo, il bambino che viene al mondo è provvisto di un angelo custode. "Grande è la dignità delle anime, dice San Girolamo, per aver ognuna, fin dalla sua nascita, un Angelo delegato alla sua custodia".

Ma, se l'ufficio degli Angeli di fronte alle anime umane, preso in se stesso, è di ordine naturale, essi esercitano un fine soprannaturale. 

E' per questo che San Paolo li chiama "degli spiriti incaricati da Dio d'un ministero a favore di quelli che hanno parte all'eredità della salvezza" (Eb.1,14). 
Questa frase paolina pone la missione degli Angeli nella sua vera luce. 
Essi sono incaricati di proteggere le creature umane, ignoranti, deboli, od almeno indigenti sotto qualche aspetto.

Ma, pur essendo tutte prese dalla cura dei loro protetti, anche sotto un rapporto puramente naturale, essi lavorano infaticabilmente ad orientare, a guidare il loro itinerario esistenziale terreno verso "l'eredità della salvezza". Così, preposto alla custodia di un acattolico, l'Angelo si sforzerà di aprirgli, di appianargli le vie che lo porteranno alla fede ed al battesimo cristiano.

In unione con gli uomini apostolici, gli Angeli lavorano all'edificazione della Chiesa. Dopo aver preparato gli incontri degli Apostoli con gli infedeli od i peccatori, essi assecondano le loro parole con delle segrete ispirazioni. 

Noi abbiamo visto all'opera, negli Atti degli Apostoli, questi agenti celesti, questi intermediari invisibili. Quello che hanno fatto allora, essi lo continuano incessantemente. Non vi sono, nell'opera della salvezza delle anime, mille coincidenze che resterebbero inesplicabili, se non vi si vedesse l'azione di questi spiriti tutelari, che si chiamano gli Angeli buoni? 
Così, primo ufficio degli spiriti angelici: essi concorrono a raggruppare queste pietre vive con cui la Chiesa si edifica. 
Un secondo ufficio è di far salire verso Dio le preghiere della Chiesa; un terzo è di vigilare su di Lei e di proteggerla dai suoi nemici.

L'Apocalisse, che è la storia profetica della Chiesa, ci traccia un quadro molto espressivo di questi diversi ministeri degli angeli buoni. "Io vidi, ci dice San Giovanni, sette Angeli che stavano davanti al trono di Dio, e ad ognuno di essi fu data una tromba.
Ed un altro Angelo sopraggiunse, e si tenne davanti all'altare, avendo in mano un incensiere d'oro; e gli fu dato dell'incenso in abbondanza, affinché egli facesse salire il profumo delle preghiere dei Santi sull'altare d'oro che è davanti al trono di Dio. Ed il fumo dell'incenso, formato dalle preghiere dei Santi, salì dalla mano dell'Angelo davanti a Dio. E l'Angelo prese l'incensiere, e lo riempie del fuoco dell'altare, e lo sparse sulla terra, e ci furono tuoni, clamori, folgori ed un grande terremoto. Ed i sette Angeli che avevano le trombe si disposero a suonarne, ecc." (Ap.18, 2 e 7).
Ad ogni suono delle trombe angeliche, si produce uno sconvolgimento sulla terra. Più avanti, appaiono diversi Angeli: quello che evangelizza i popoli con una voce che rassomiglia al ruggito del leone, quello che ha una falce appuntita, quello che ha potenza sul fuoco. Infine intervengono sette spiriti celesti che vuotano di volta in volta sulla terra e le acque le sette coppe della collera di Dio (Ap.16 ).

L'ufficio dei Santi Angeli, per assistere e difendere la Chiesa durante il suo pellegrinaggio terreno, è ben chiaramente ed energicamente descritto in queste pagine, di cui non vorremmo attenuare a sproposito l'aspetto formidabile, ma da cui possiamo anche rilevare il lato consolante.
L'assegnazione delle sette trombe ai sette Angeli indica ch'essi sono incaricati di segnare, di aprire e di sviluppare, per così dire, i grandi periodi dell'umanità.
Ma ecco un angelo che è chiamato ad esercitare un ministero sacerdotale, analogo a quello che compie il levita sotto l'antica Legge: gli prende dell'incenso, che rappresenta la preghiera dei Santi; lo fa bruciare e lo fa salire in fumo di piacevole odore davanti al trono di Dio.

Questo passo ci rivela una verità importantissima: i Santi Angeli hanno la missione di presentare a Dio le nostre preghiere. "Il Figlio dell'uomo salva, dice Sant'Ilario, gli Angeli vedono Dio, e gli Angeli dei bambini presiedono alle preghiere dei fedeli. Che vi sia presenza degli Angeli, è un dogma fuori discussione. Gli Angeli, ogni giorno, offrono a Dio, per Cristo, le preghiere dei fedeli. Vi è dunque un grande pericolo nel disprezzare uno di questi piccoli, i cui desideri e le suppliche sono presentate al Dio eterno ed invisibile dal ministero veloce e magnifico degli Angeli".
Gli Angeli non smettono di esercitare utilmente il loro ufficio, introducendo le nostre preghiere alla presenza del Dio invisibile ed eterno.

Come sarebbero più ferventi le nostre preghiere, se noi le facessimo in presenza degli Angeli (Salmo 137,1), per non far che un assieme con le preghiere degli angeli, per essere poste, dalla mano degli Angeli, nell'incensiere d'oro e salire così come un fumo d'incenso davanti al trono di Dio!
Ma ecco un’altra visione dell’Apocalisse. L'Angelo prende l'incensiere, lo riempie del fuoco dell'altare, lo versa sulla terra; e ne consegue un grande movimento, rumori di voci, tuoni e terremoti.
Qui, l'Angelo esercita un ministero di giustizia, ma sempre in favore degli eletti di Dio. Le loro preghiere hanno provocato un intervento divino.

Nel giorno delle rogazioni, la Chiesa chiedeva a Dio, attraverso la voce dei suoi figli, ch'egli "si degni di umiliare i suoi nemici". Queste suppliche ripetute divengono dei carboni di fuoco, che l'Angelo, ad un dato momento, prende nel suo incensiere; ed egli li versa sulla terra e ne risultano delle commozioni salutari, un felice sconvolgimento dell'impero del male.


- Don Marcello Stanzione -

  
Preghiera agli Angeli

Possa il vostro Amore accompagnarci ogni istante,
possa il vostro Amore condurci sul sentiero della verità,
possa il vostro Amore insegnarci la pazienza,
possa il vostro Amore insegnarci la speranza,
possa il vostro Amore insegnarci ad amare.

Voi siete fatti d’Amore,
voi siete fatti di speranza,
voi siete fatti di verità,
voi siete fatti di Cielo.

Siete tra di noi per aiutarci,
siete tra di noi per guidarci alla verità,
siete tra di noi per guidarci all' Amore,
e siete tra di noi per guidarci al Padre.

Che l’Amore che custodite nel vostro grande cuore sia su di me,
per guidarmi,
per aiutarmi,
per aiutarmi a essere Amore,
per avvicinarmi al Padre per scoprire che siamo tutti suoi figli,

noi e voi creature del suo Amore.

Voi Angeli, guidatemi.
Amen.





















Buona giornata a tutti. :)




mercoledì 3 aprile 2019

L'Angelo custode e Padre Pio, preghiera per gli Angeli custodi

"Parlare" dell’Angelo Custode significa parlare di una presenza molto intima e discreta nella nostra esistenza: ognuno di noi ha instaurato un rapporto particolare col proprio Angelo, sia che lo si abbia coscientemente accettato, sia che lo si ignori. 
Naturalmente l’Angelo Custode non è una prerogativa delle grandi personalità religiose: il "non vederlo" e il "non sentirlo" di molti uomini comuni, immersi nella vita frenetica della quotidianità, non intacca minimamente la sua presenza accanto a noi.

Il pensiero di padre Pio su questo angelo speciale per ciascuno di noi è sempre chiaro e conforme alla teologia cattolica e alla dottrina ascetico-mistica tradizionale. Padre Pio raccomanda a tutti "grande devozione a questo sì benefico angelo" e stima "un grandissimo dono della Provvidenza la presenza di un angelo che ci custodisce, guida e illumina per la via della salvezza".

Padre Pio da Pietralcina aveva una fede vivissima per l'Angelo Custode.
Si rivolgeva a lui in continuazione e lo incaricava di svolgere le mansioni più strane.
Ai suoi amici e figli spirituali Padre Pio diceva: "Quando avete bisogno di me, inviatemi il vostro Angelo Custode".
Spesso si serviva anche lui, come Santa Gemma Galgani, dell'Angelo per far recapitare lettere al suo confessore o ai suoi figli spirituali sparsi per il mondo.

Cleonice Morcaldi, la figlia spirituale prediletta, nei suoi diari ha lasciato scritto questo eccezionale episodio: «Durante l'ultima guerra mio nipote fu fatto prigioniero. Non ricevevamo sue notizie da un anno. Tutti là credevamo morto. I suoi genitori impazzivano dal dolore. Un giorno, mia zia si buttò ai piedi di Padre Pio che stava in confessionale e gli disse: "Ditemi se mio figlio è vivo. Io non mi tolgo dai vostri piedi se non me lo dite". Padre Pio si commosse e con le lacrime che gli rigavano il viso disse: "Alzati e vai tranquilla". «Passò ancora del tempo e la situazione in famiglia era diventata drammatica. Un giorno, non potendo più sopportare il pianto accorato degli zii, mi decisi a chiedere al Padre un miracolo e, piena di fede, gli dissi: "Padre, io scrivo una lettera a mio nipote Giovannino. Metto sulla busta il solo nome perché non so dove egli sia. Voi e il vostro Angelo Custode portatela dove egli si trova". Padre Pio non mi rispose. Scrissi la lettera e l'appoggiai, la sera prima di andare a letto, sul comodino. La mattina dopo, con mia grande sorpresa, e anche con paura, vidi che la lettera non c'era più. Andai a ringraziare il Padre e lui mi disse: "Ringrazia la Vergine". Dopo una quindicina di giorni, in famiglia si piangeva di gioia: era arrivata una lettera da Giovannino in cui egli rispondeva esattamente a tutto quello che io gli avevo scritto.

La vita di Padre Pio è piena di simili episodi - afferma Monsignor Del Ton, -come del resto quella di molti altri Santi. 

Giovanna d'Arco, parlando degli angeli custodi, dichiarava ai giudici che la interrogavano: "Li ho visti molte volte tra i cristiani".

Nelle sue lettere si legge:

"Il tuo angelo custode 

vegli sempre su di te, 
sia egli il tuo condottiero 
che ti guidi per l'aspro 
sentiero della vita; 
ti custodisca sempre nella grazia di Gesù, 
ti sostenga con le sue mani 
affinché tu non dia del piede in qualche sasso; 
ti protegga sotto le ali sue dalle insidie tutte del mondo, 
del demonio e della carne." 

Come è consolante il pensiero che vicino a noi sta uno spirito, il quale dalla culla alla tomba non ci lascia mai un istante, nemmeno quando osiamo di peccare. 
E questo spirito celeste ci guida, ci protegge come un amico, un fratello. 
Ma è oltremodo consolante il sapere che quest'angelo prega incessantemente per noi, offre a Dio tutte le buone azioni e opere che compiamo, i nostri pensieri, i nostri desideri, se son puri. 
Abbilo sempre davanti agli occhi della mente, ricordati spesso della presenza di quest'angelo, ringrazialo, pregalo, tienigli sempre buona compagnia. 
Apriti e confida a lui i tuoi dolori; abbi continuo timore di offendere la purezza del suo sguardo. 
Sappilo e fissalo bene nella mente. 
Egli è così delicato, così sensibile. 

A lui rivolgiti nelle ore di suprema angoscia e esperimenterai i di lui benefici effetti (E III, 82-83).


(…) Quanto consola il sapersi di essere sempre sotto la custodia di un celeste spirito, il quale non ci abbandona nemmeno (cosa ammirabile!) nell'atto che diamo disgusto a Dio! 
Di chi dunque può temere l'anima devota avendo sempre con sé un sì insigne guerriero? 
O non fu egli forse uno di quei tanti che assieme all'angelo san Michele lassù nell'empireo difesero l'onore di Dio contro satana e contro tutti gli altri spiriti ribelli ed infine li indussero alla perdita e li relegarono nell'inferno? Ebbene, sappiate che egli è ancor potente contro satana e i suoi satelliti, la sua carità non è venuta meno, né giammai potrà venir meno dal difenderci. 
Invocate spesso questo angelo custode, quest'angelo benefico, ripetete spesso la bella preghiera: 
"Angelo di Dio, 
che sei custode mio, 
a te affidato dalla bontà del Padre celeste, 
illuminami, custodiscimi, guidami 
ora e sempre". 

Qual sarà la consolazione quando, al momento della morte, l'anima vostra vedrà quest'angelo sì buono che vi accompagnò lungo la vita e fu sì largo di cure materne? (E II, 403-405)


In una lettera scritta da Padre Pio a Raffaelina Cerase il 20 aprile 1915, il Santo esalta l’amore di Dio che ha donato all’uomo un dono così grande come l’Angelo Custode:

«O Raffaelina, quanto consola il sapersi di essere sempre sotto la custodia di un celeste spirito, il quale non ci abbandona nemmeno (cosa ammirabile!) nell’atto che diamo disgusto a Dio! Quanto riesce dolce per 1’anima credente questa grande verità! Di chi dunque può temere l'anima devota che si studia d’amare Gesù, avendo sempre con sé un sí insigne guerriero? O non fu egli forse uno di quei tanti che assieme all'angelo san Michele lassù nell'empireo difesero l’onore di Dio contro satana e contro tutti gli altri spiriti ribelli ed infine li ridussero alla perdita e li rilegarono nell'inferno?
Ebbene, sappiate che egli è ancor potente contro satana e i suoi satelliti, la sua carità non è venuta meno, né giammai potrà venir meno dal difenderci. Prendete la bella abitudine di pensar sempre a lui. Che vicino a noi sta uno spirito celeste, il quale dalla culla alla tomba non ci lascia mai un istante, ci guida, ci protegge come un amico, un fratello, deve pur riuscire a noi sempre di consolazione, specie nelle ore per noi più tristi.
Sappiate, o Raffaelina, che questo buon angelo prega per voi: offre a Dio tutte le vostre buone opere che compite, i vostri desideri santi e puri. Nelle ore in cui vi sembra di essere sola e abbandonata non vi lagnate di non avere un anima amica, a cui possiate aprirvi ed a lei confidare i vostri dolori: per carità, non dimenticate questo invisibile compagno, sempre presente ad ascoltarvi, sempre pronto a consolarvi.
O deliziosa intimità, o beata compagnia! O se gli uomini tutti sapessero comprendere ed apprezzare questo grandissimo dono che Iddio, nell’eccesso del suo amore per l'uomo, a noi assegnò questo celeste spirito! 
Rammentate spesso la di lui presenza: bisogna fissarlo coll'occhio dell’anima; ringraziatelo, pregatelo. Egli è così delicato, così sensibile; rispettatelo. Abbiate continuo timore di offendere la purezza del suo sguardo. 
Invocate spesso questo angelo custode, quest’angelo benefico, ripetete spesso la bella preghiera: «Angelo di Dio, che sei custode mio, a te affidata dalla bontà del Padre celeste, illuminami, custodiscimi, guidami ora e sempre» (Ep. II, p. 403-404).




O Dio che Vi degnaste conferire
alla beata Francesca la grazia singolare
di essere familiarmente assistita da un Angelo,
concedeteci che per di lei intercessione
possiamo essere difesi dalla protezione dei Santi Angeli,
giungere felicemente alla meta sospirata,
tornare sani e salvi al focolare domestico e,
custoditi da ogni pericolo per la via,
rallegrarci dell’eterna loro società in cielo. 
Amen



Preghiera per la sera

Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio,
Santa Madre di Dio:
non disprezzare le suppliche
di noi che siamo nella prova,
ma liberaci da ogni pericolo,
o Vergine gloriosa e benedetta. 
Il Signore ci conceda una notte serena e un riposo tranquillo.
Amen









Buona giornata a tutti. :-)
















domenica 24 marzo 2019

Camminare insieme con il malato grave diventa segno della presenza di Dio - Luigi Guglielmoni - Fausto Negri


La tradizione ortodossa riconduce ad alcune fasi il processo verso la morte. 
Le persone di fronte al morente sono chiamate sempre più ad “accompagnarle." 
Verso un nuovo ministero? 
Per gli osservatori del nostro tempo la secolarizzazione, dopo aver tolto la speranza in una vita oltre la morte, sta affondando sia la tensione verso gli esseri che verranno dopo di noi sia il rispetto della vita e della morte. 
Per lo psichiatra Vittorino Andreoli la morte è ridotta ormai a malattia di cui individuare una causa patologica, con la perdita della sua dimensione di evento misterioso e ineluttabile, traguardo che sancisce un limite invalicabile all’uomo e alla sua volontà di onnipotenza. 
Si muore spesso «senza dignità, lontano da luoghi all’altezza della sacralità del trapasso. La morte come patologia ha eliminato il campo della meditatio mortis, del limite della vita».
In un interessante volume, "L’ultimo istante: morire nella tenerezza", C. Jomain si domanda in modo provocatorio: “Che fare dei morenti?”. 
A suo avviso, le possibili soluzioni sono tre: la prima è “sopprimere la morte” dalla nostra visuale. Se questo si rivela impossibile, la seconda ipotesi è quella di “sopprimere i morenti”: è la scelta dell’eutanasia. Ma vi è anche una terza strada: quella di “accompagnare” i morenti in modo che possano vivere la morte come un momento di crescita umana e spirituale.
L’accompagnatore alla morte: un nuovo “ministero”? 
Nell’attuale società tecnologicamente così avanzata, si muore sempre più soli. La solitudine inevitabile degli ultimi istanti viene aggravata spesso dalle insufficienze organizzative degli ospedali. Per questo trasformare l’ospedale in un ambiente il più umano possibile è un compito urgente. Serve il decentramento in strutture più snelle, quali, ad esempio, gli hospices che accolgono i malati terminali, per i quali viene garantita un’assistenza continua.
Investire nell’accompagnamento dei malati senza speranza di guarigione significa, infatti, mettersi dalla parte del morente, non lasciandolo solo nel percorso che lo conduce alla morte. Se, attuato in maniera appropriata, il camminare insieme con il malato grave diventa segno della presenza di Dio che, come buon pastore, precede, guida, conduce ad acque tranquille e assicura la sua presenza anche quando il sentiero scende in una valle oscura. 
Se, a livello tecnico, è senz’altro indispensabile preparare adeguatamente il personale medico e paramedico, così che possa esprimere meglio le proprie competenze invece di esserne frustrato, a livello relazionale l’accompagnamento del morente è davvero un compito difficile. A chi lo compie è chiesto non solo un sapere. Infatti, la paura che afferra il malato nelle profondità del suo attaccamento alla vita contagia facilmente quanti l’assistono. Spesso, quindi, è difficile instaurare un dialogo ma, rifiutandolo, il malato viene come abbandonato a sé. E, d’altra parte, se la morte è occultata e il singolo se ne rende ben conto, fingerà di non sapere per non essere abbandonato. 
Ci sono autori che parlano di maschere e di rituali adottati dagli operatori e dai familiari che intendono tenere a distanza il malato, a scopo protettivo. Ad esempio, il medico e gli infermieri si rifugiano nella tecnica, il prete nel rito, il familiare nelle chiacchiere che di fatto rimuovono il problema… 
Il malato si trova così ancora più solo, non spera più nei medici, ma non dimentica la malattia, ha paura dell’ignoto e di perdere la propria dignità.
La dottoressa Kübler-Ross ha dato un grande contributo a tutti coloro che si occupano dell’assistenza ai malati terminali, insegnando quanto sia grande il loro bisogno di parlare della propria condizione con qualcuno disposto ad ascoltarli. 
Vogliamo riprendere le cinque fasi del morire che la studiosa indica. Tale percorso metodologico consente di individuare i sentimenti che un malato terminale può esprimere durante la fase che sta vivendo.

Le fasi del morire
La prima fase di chi sa di dover morire è il rifiuto, l’incredulità di fronte alla diagnosi.
Segue la rivolta, cioè la proiezione di sentimenti di collera nei confronti di altri, siano essi parenti, medici o Dio stesso. 
Si giunge poi al patteggiamento, cioè ad una sorta di compromesso durante il quale il malato si impegna a dare qualcosa in cambio di un prolungamento di vita; ad esempio, ci si dedica a nobili cause in cambio di un po’ di tempo in più da vivere, oppure per lo stesso motivo si offre il proprio corpo alla scienza medica per terapie, farmaci nuovi…
La quarta tappa è quella della depressione: il malato è costretto ad accettare la prospettiva della morte, ma non è capace di risolvere i suoi problemi esistenziali.
Esiste una depressione reattiva, come reazione alla morte prossima e al cambiamento del fisico; e una depressione preparatoria, nella quale il malato terminale si prepara a vivere la morte.
Si arriva così all’accettazione; il malato abbandona la lotta, si affida ed è pronto per il distacco.
In questa prospettiva è più facile chiedersi se il malato sia in grado di accettare la morte piuttosto che domandarsi se noi siamo in grado di avere una relazione con qualcuno che sa di dover morire.
È ormai accertato che il malato terminale sente profondamente l’esigenza di non morire da solo e di essere invece seguito da qualcuno che sappia capire i suoi gesti, i suoi silenzi; in altre parole, qualcuno disponibile nei suoi confronti che, con poche parole e pochi atti, riesca a dargli la sensazione di non morire abbandonato.
Jean-Yves Leloup, prete ortodosso, propone un percorso molto interessante di riconciliazione con quell’istante cruciale che è l’addio alla vita. Collaborando con la psicanalista Marie de Hennezel e attingendo alle antiche filosofie e alle grandi religioni d’Occidente e d’Oriente, egli suggerisce di reinventare dei rituali per il lutto, come pure dei riti per entrare da vivi nella propria morte. Leloup si rifà in particolare alla tradizione ortodossa, in cui la morte viene chiamata “dormizione”.
Il termine requiem indica esattamente l’accompagnare qualcuno nei suoi ultimi istanti per entrare nel suo “riposo”, addormentandosi nel “senso”: cioè in un atteggiamento che gli permetta di lasciare la “tenda” del suo corpo mortale senza rimorsi, senza rimpianti - e, possibilmente, senza sofferenza -, per fare “un passo in più”.

- Luigi Guglielmoni e Fausto Negri -

da: Settimana, 42/2010, 11   



Le fasi dell’accompagnare alla morte. 
Si ripercorrono qui di seguito le sette tappe proposte, esplicitandone brevemente le caratteristiche principali:
1. La prima tappa è la compassione. Chi accompagna deve, prima di tutto, prepararsi interiormente, per avere un’apertura del cuore che lo renderà capace di ascoltare le angosce dell’altro. La sua dev’essere una sorta di connivenza con l’ignoto, acquisendo quell’interiorità che lo renda più colmo d’amore.
2. Poiché questa “qualità” si trova al di là delle proprie competenze, il secondo passo è quello dell’invocazione di un Nome, cioè di quella presenza che è familiare nella propria tradizione religiosa, quale che sia. Questa invocazione ha grande importanza perché si diventa ciò che si ama, come si diventa ciò che si invoca. Si può così compiere una “trasfusione di serenità e di pace”.
3. Dopo la compassione e l’invocazione, viene il gesto importantissimo dell’unzione. La persona viene toccata con olio consacrato, simbolo della luce e della tenerezza. Anticamente con l’olio profumato si consacravano re, sacerdoti e profeti. Questa unzione, che deve essere accompagnata da una parola, passa dalla fronte, dal collo, dal cuore, dal ventre, dalle ginocchia, dai piedi… Essa intende “riaprire” quei luoghi forse chiusi o bloccati dalla paura e dall’ansia. Lo scopo è quello di invocare la presenza del “soffio di Dio” su tutte le parti che costituiscono i centri vitali, così che il corpo sia realmente considerato non un oggetto ma un tempio dello Spirito.
4. L’ulteriore tappa è quella dell’ascolto. Ora il morente può parlare - evidente quando non è in coma -, rivelando l’intimo di sé, nel bene e nel male. È importante, a questo punto, l’atteggiamento di chi ascolta: è indispensabile che l’accompagnatore non si ponga in un atteggiamento di giudizio.
5. È opportuno che l’ascolto sia seguito da un silenzio interiormente condiviso, così come è altrettanto importante che sia data una “risposta” vera, perché in molti casi il silenzio non basta. Chi accompagna può cercare di trasmettere qualche frase di consolazione, di conferma affettiva, di perdono, di benedizione (da benedicere, dire bene, dire una parola buona… come la seguente affermazione biblica: «Se il tuo cuore ti condanna, Dio è più grande del tuo cuore.»)
6. La parola di benedizione e di perdono autorizza a partire: «Va’ in pace». Per compiere quest’ultima parte del cammino, occorre un nutrimento per la traversata. È la tappa della comunione o eucaristia. Questo sacramento utilizza le materie nutritive della vita quotidiana allo scopo di simboleggiare l’azione e la contemplazione di Cristo e della sua vita, alla quale è dato di partecipare. Si tratta di gesti semplici e di umili cose (come il pane e il vino), perché quanto c’è di più sacro è spesso quanto esiste di più semplice.
7. Si arriva così all’ultima tappa del rituale, quella della contemplazione. Colui che sta per morire e l’accompagnatore si trovano ora di fronte al mistero. Davanti a ciò che sta per accadere, i due sono muti. Scrive padre Leloup: «La porta che dà sul giardino è aperta, ma resta ancora da dire: “Va’… Va’… Io rimango ma vedo il chiarore attraverso la finestra… Siamo tutti e due immersi nella stessa luce». In questa fase finale, può essere opportuno un canto o una musica: meglio se sacra, perché questa si sintonizza più facilmente sulla frequenza più interiore.
4 Questo percorso fa parte specificatamente della tradizione ortodossa: le tappe sono altrettanti doni dello Spirito Santo. 
Rileggendole, si vede quanto il rito cattolico non sia di per sé lontano da queste indicazioni, ma emerge altresì quanto sia distante la nostra prassi da queste semplici proposte. Si comprende, d’altra parte, come il tempo del morire possa diventare il momento più alto della vita. 
È anche evidente come l’accompagnamento di un familiare, di un diacono o di un prete, possa diventare un vero e proprio ministero all’interno della comunità cristiana. 
L’auspicio è che in futuro nessuno sia privato dell’occasione di vivere intensamente il passaggio verso la luce.

- Luigi Guglielmoni e Fausto Negri -
da: Settimana, 42/2010, 11   



“Nonostante la morte sia spesso un tema quasi proibito nella nostra società, e vi sia il tentativo continuo di levare dalla nostra mente il solo pensiero della morte, essa riguarda ciascuno di noi. E davanti a questo mistero tutti, anche inconsciamente, cerchiamo qualcosa che ci inviti a sperare, un segnale che ci dia consolazione, che si apra qualche orizzonte, che offra ancora un futuro. 
La strada della morte, in realtà, è una via della speranza e percorrere i nostri cimiteri, come pure leggere le scritte sulle tombe è compiere un cammino segnato dalla speranza di eternità. Solamente chi può riconoscere una grande speranza nella morte, può anche vivere una vita a partire dalla speranza. 
Se noi riduciamo l’uomo esclusivamente alla sua dimensione orizzontale, a ciò che si può percepire empiricamente, la stessa vita perde il suo senso profondo. L’uomo ha bisogno di eternità ed ogni altra speranza per lui è troppo breve, è troppo limitata. L’uomo è spiegabile, trova il suo senso più profondo, solamente se c’è Dio”.

- Papa Benedetto XVI -
Udienza generale, 2 novembre 2011


Buona giornata a tutti. :-)








martedì 12 febbraio 2019

La figura dell'Angelo Custode e la morte - don Marcello Stanzione

Secondo la mistica cattolica austriaca Gabrielle Bitterlich, fondatrice dell'Opus Angelorum, è proprio durante l'agonia del cristiano che l'angelo custode può interve­nire efficacemente.
Per la Bitterlich, l'an­gelo custode è proprio colui che ricorda al moribondo i fatti della sua infanzia, le sue prime preghiere, la sua mamma che gli mostrò la croce e gli richiama i ricordi po­sitivi ... in tal modo in innumerevoli casi si scioglie nell'uomo e nella donna la crosta indurita della lontananza da Dio e in que­sti minuti egli ritorna bambino e aperto al­la grazia.
Soprattutto l'angelo custode al­lontana le tremende seduzioni dei demoni maligni che tentano di spingere il mori­bondo alla disperazione.
Un angelo tenta di rivolgere lo sguardo del morente verso la croce e l'immagine della Madonna e verso quelle persone che lo possono aiutare spi­ritualmente.
Poco prima di morire la per­sona diventa come un bambino stanco, che cerca solo di tornare a casa. 
È questo il momento della lotta diretta tra l'angelo e il demonio per la conquista definitiva di quest'anima, dove l'angelo combatte in sua difesa come una madre combatte per la sua creatura.
Nell'istante in cui l'anima si separa dal corpo e si deve presentare al Giudizio di Dio anche allora l'angelo ha ancora la possibilità di aiutare il suo pro­tetto presentando tutte le opere buone che quell'anima ha fatto in vita. 
Che cosa succede all'angelo custode se il suo pro­tetto va in Paradiso?
L'angelo custode ac­compagna quest'anima tra il giubilo di tutti gli angeli che hanno avuto qualche parte nella salvezza di questa persona fino al trono di Dio. 
Il suo servizio di angelo cu­stode è finito, egli non guida più alcun'al­tra persona. Egli ritornerà ancora alla fine dei tempi, al momento del giudizio univer­sale per lodare in eterno Dio insieme al suo protetto.
Che cosa avviene invece al­l'angelo custode se il suo protetto va a fi­nire all'inferno? Sempre la Bitterlich nelle sue rivelazioni private, scrive che tale an­gelo farà parte degli "angeli martiri" cioè farà parte di quella schiera di angeli che nonostante tutti i loro sforzi hanno avuto i loro protetti dannati per sempre.
Dice la Bitterlich che tali angeli portano una stri­scia rossa sul loro vestito e vengono inca­ricati di uno speciale servizio alla Madonna.
Che cosa invece accade all'an­gelo se il suo protetto va in Purgatorio?
L'angelo aspetta fino a che il suo protetto abbia riparato la pena e scontato la pena. Anche in questo caso, dice la Bitterlich, l'angelo viene messo a disposizione di Maria e trasmette e implora per il suo pro­tetto tutti gli aiuti e i soccorsi della chiesa militante, specialmente dei vivi che offro­no le sante messe per le anime del Purgatorio e così riducono la loro purifica­zione, dopo la quale l'angelo lo accompa­gna in cielo.

- don Marcello Stanzione -


Preghiera a San Michele Arcangelo per le anime del Purgatorio

Grande San Michele, 
che sei stato incaricato da Dio 
d’introdurre in Cielo le anime degli eletti, 
ti prego per tutti coloro che io ho amato 
e che non ci sono più.
Degnati di visitarle, di assisterle 
e di soccorrerle in mezzo alle fiamme in cui bruciano, 
nell’oscura prigione in cui piangono.
Fa’ che Dio le ammetta al più presto al suo banchetto celeste, 
in quel meraviglioso luogo di luce e di pace.
E quando verrà per la mia anima 
l’ora di scendere in questo oscuro soggiorno, 
ti scongiuro, intercedi per lei 
e vieni a soccorrerla!
Amen.



Preghiera all’angelo custode

"Angelo Santo, amato da Dio,
ti prego, per amore a Gesù Cristo,
che quando sarò ingrato e ostinatamente sordo ai tuoi consigli,
tu non voglia, per questo abbandonarmi;
al contrario, riportami subito sulla retta via, se ho deviato;
insegnami, se sono ignorante;
rialzami, se sono caduto;
sostienimi, se sono in pericolo e conducimi alla felicità eterna.
Amen."

- San Giovanni Berchmans -



Buona giornata a tutti. :-)