Prima di morire, una
giovane moglie strappa al marito la promessa solenne di non avere relazioni con
altre donne dopo la sua morte. “Se tu non mantieni la promessa, il mio spirito
ritornerà e non ti darà pace.”
Per un po’ l’uomo le si mantiene fedele, ma dopo
alcuni mesi conosce un’altra donna e se ne innamora.
Poco dopo comincia a
presentarglisi ogni notte un fantasma, che lo accusa di aver mancato alla
parola data.
Che si tratti di un fantasma è per l’uomo fuori discussione,
perché esso si dimostra informato non solo su ciò che avviene quotidianamente
tra lui e la nuova donna, bensì anche riguardo a pensieri segreti, speranze e
sentimenti.
Quando la situazione
gli diventa insopportabile, l’uomo si rivolge a un maestro zen e gli chiede un
consiglio. “La sua prima moglie è diventata un fantasma ed è a conoscenza di
tutto ciò che lei fa,” gli spiegò il maestro.
“Qualunque cosa lei
faccia o dica, ogni suo gesto nei confronti della donna che ama, il fantasma lo
sa. Deve essere perciò uno spirito sapientissimo e lei dovrebbe in realtà
esserne meravigliato.
La prossima volta che appare, faccia un patto con lui:
gli dica che è molto bene informato e che non si può nascondergli nulla, ma che
lei romperà il suo fidanzamento e non si risposerà solo se risponderà a una
domanda.”
“Che domanda devo
porgli?” chiese l’uomo.
Il maestro rispose:
“Prenda una bella manciata di fagioli e gli chieda se saprebbe dirne il numero
esatto.
Se non saprà
rispondere, lei avrà la certezza che si tratta di un parto della sua fantasia e
non sarà più disturbato.”
Quando la notte
successiva il fantasma della moglie si ripresentò, egli lo lusingò facendo le
lodi della sua saggezza.
“Infatti,” rispose il
fantasma, “so anche che oggi sei andato da un maestro zen.”
“E allora, visto che
sai tante cose,” ribatté l’uomo, “dimmi quanti fagioli ho in mano.”
- Paul Watzlawick
-
Istruzioni per
rendersi infelici
Da un essere umano, che cosa ci si può attendere?
Lo si colmi di tutti i beni di questo mondo, lo si
sprofondi fino alla radice dei capelli nella felicità, e anche oltre, fin sopra
la testa, tanto che alla superficie della felicità salgano solo bollicine, come
sul pelo dell’acqua; gli si dia di che vivere, al punto che non gli rimanga
altro da fare che dormire, divorare dolci e pensare alla sopravvivenza
dell’umanità; ebbene, in questo stesso istante, proprio lo stesso essere umano
vi giocherà un brutto tiro, per pura ingratitudine, solo per insultare.
Egli metterà in gioco perfino i dolci e si augurerà la
più nociva assurdità, la più dispendiosa sciocchezza, soltanto per aggiungere a
questa positiva razionalità un proprio funesto e fantastico elemento.
Egli vorrà conservare le sue stravaganti idee, la sua
banale stupidità…”
Queste parole uscirono dalla penna dell’uomo che
Friedrich Nietzsche considerava il più grande psicologo di tutti i tempi: Fédor
Michajlovic Dostoevskij.
E tuttavia esse esprimono, anche se in forma piacevole e
convincente, ciò che la saggezza popolare conosce da sempre: nulla è più
difficile da sopportare di una serie di giorni felici.
È giunta l’ora di farla finita con la favola millenaria
secondo cui felicità, beatitudine e serenità sono mete desiderabili della vita.
Troppo a lungo ci è stato fatto credere, e noi ingenuamente abbiamo creduto,
che la ricerca della felicità conduca infine alla felicità.
- Paul Watzlawick -
Istruzioni per rendersi infelici