«Io vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate
come vi ho fatto» (Giovanni 13,15)
Un lontano mi scrive parole, che, se non mi sorprendono,
mi fanno soffrire.
«Non parteciperò al rito del giovedì santo. La lavanda
mi ha sempre inchiodato. Forse passa per quest'impressione incancellabile il
filo che mi tiene ancora avvinto, in un certo senso, alla chiesa. Ma se ci
tornassi quest'anno con l'animo che mi hanno fatto gli avvenimenti all'insaputa
di me stesso, mi verrebbe la tentazione di gridare anche contro di voi, che pur
mostrate di capire tante cose: capite voi quello che fate? - Forse non l'avete
mai capito: certo, adesso, non lo capite più. Quell'azione è un capovolgimento
della vita e voi ne fate un rito».
Amico caro e lontano, nella mia chiesa non si fa la
funzione del Mandato, ma il vangelo che lo racconta, lo leggo ugualmente a
bassa voce - il tono dell'indegnità che si confessa - davanti al cenacolo, dopo
l'Ufficio delle tenebre, quando non ci si vede più e ci si può vergognare di
noi stessi senza falsi pudori. Lo leggo per me e, se vuoi, anche per te e per qualcun
altro che soffre come noi, quantunque le parole decisive non si possano leggere
che per sé.
- don Primo Mazzolari -
da: Scritti
«Gesù sapendo che era venuta per lui l'ora di passare da
questo mondo al Padre»...
Per un cristiano non ci sono ore inconsapevoli; ogni ora
segna il transito dal mondo al Padre, dal terrestre allo spirituale, dal
parziale all'universale, dal temporale all'eterno.
Il distacco, che prepara il transito, non può avvenire
che per un accrescimento d'amore, vale a dire nella luce della carità del
Padre, che non conosce limiti. «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò
sino alla fine».
Un «passaggio» o una «conversione» che diminuisse le
affezioni naturali e ci sottraesse alle parziali emozioni che tali affetti
giustamente ci comandano, non sarebbe un'ascensione.
Si sale verso il Padre, con cuore purificato, ma non
separato.
Il nostro vero patrimonio umano ce lo portiamo con noi per
accrescerne il valore nella santità.
Niente ci deve impedire di portare «sino alla fine»,
nella pienezza della carità, i nostri vincoli umani: neanche la presenza del
traditore, neanche la possibilità di piegare per altre vie le resistenze delle
creature.
Proprio quando Gesù sa che «il diavolo aveva già messo in
cuore» a Giuda Iscariota di tradirlo, quando ha la certezza che il Padre gli
aveva dato tutto nelle mani e che stava per ritornare a Dio «...si levò da
tavola, depose le sue vesti e preso un asciugatoio, se ne cinse...».
Facendosi uomo aveva preso «la forma del servo». Ma
nessuno se n'era accorto fino a quel momento, tanto era in alto il Maestro
nella sua così comune umanità.
Operava grandi miracoli, si trasfigurava sul
monte, predicava con autorità mai vista, parlava come un profeta non aveva mai
parlato.
Gli uomini avevano bisogno di vedere il servo, in una
forma evidente, inequivocabile. L'amore ve l'avrebbe fissato per sempre e in un
gesto che sfida le false grandezze e le false dignità create dal nostro
orgoglio.
«Si levò da tavola, depose le sue vesti, e preso un
asciugatoio se ne cinse. Poi mise dell'acqua in un catino, e cominciò a lavare
i piedi ai discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio».
Non ha cominciato né da Pietro né da Giovanni; forse da
Giuda, per subito gustare l'estrema ripugnanza di servire l'inservibile, di
amare l'inamabile.
Quando arriva a Pietro si sente dire: - Tu Signore,
lavare i piedi a me? -
Pietro misurava soltanto la propria miseria, e non
poneva l'occhio sul mandato di carità che lo avrebbe impegnato come seguace di
Cristo, per tutta la vita.
- Tu non sai ora quello che io faccio, ma lo capirai dopo. -
Capiva il fatto dell'umiliazione, non capiva la lezione che il Maestro
intendeva dargli attraverso il mistero dell'umiliazione. Pietro voleva aver
parte con Cristo immaginando chi sa quali ricompense; per questo era disposto a
farsi lavare anche le mani e il capo. Neanche il primo degli apostoli sapeva
che l'unica condizione per aver parte con lui, è legata, più che a una lavanda
materiale, alla continuazione di quella carità che il Cristo veniva istituendo
con un atto quasi sacramentale.
«Come dunque ebbe loro lavato i piedi ed ebbe riprese le
sue vesti, si mise di nuovo a tavola, e disse loro: - Capite quel che vi ho
fatto?».
E poiché gli apostoli non capivano l'istituzione della
carità, che doveva precedere di poco l'istituzione del sacramento della carità,
il Maestro è costretto a continuare la lezione.
«Voi mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene perché lo
sono. Se dunque io che sono il Signore e Maestro v'ho lavato i piedi, anche voi
dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Poiché io vi ho dato un esempio,
affinché anche voi facciate come v'ho fatto io».
L'istituzione dell'eucaristia si chiude con parole quasi
eguali: - Fate questo in memoria di me. -
I cristiani di tutti i tempi hanno trovato più facile
ripetere la presenza eucaristica della presenza della carità, dimenticando che
non si può capire una mensa dalla quale, almeno uno, dietro l'esempio del
Maestro, non si alzi per continuare nel mondo quella carità che è il fermento
celeste del pane del mistero.
- don Primo Mazzolari -
da: Scritti
Milano - Chiesa del Santo Sepolcro -
Lavanda dei piedi - Terracotta del 1500
Amico lontano e caro, non ti dico: torna
anche quest'anno al rito del Mandato. Non ti dico neppure: non chiederti se noi
comprendiamo quello che il Cristo ha fatto.
Appunto perché hai l'impressione che nelle nostre chiese ciò che tu giustamente chiami il capovolgimento sia in pericolo di diventare una semplice «forma rituale», io ti scongiuro di non fermarti quest'anno nella navata della tua chiesa, spettatore indeciso e indisposto.
Appunto perché hai l'impressione che nelle nostre chiese ciò che tu giustamente chiami il capovolgimento sia in pericolo di diventare una semplice «forma rituale», io ti scongiuro di non fermarti quest'anno nella navata della tua chiesa, spettatore indeciso e indisposto.
Portati avanti, fino alla tavola
eucaristica per «levarti» subito dopo la comunione, non come un commensale
qualunque, ma come un servo dell'Amore che deve cambiare il mondo.
I «capovolgimenti» non si attendono, si
fanno. «Se sapete queste cose, siete beati se le fate».
- don Primo Mazzolari -
da: Scritti
Siamo qui
Siamo qui, Signore Gesù.
Siamo venuti come colpevoli che ritornano
al luogo del loro delitto.
Siamo venuti come colui che ti ha seguito,
ma ti ha anche tradito,
tante volte fedeli e tante volte infedeli.
Siamo venuti per riconoscere il misterioso rapporto
tra i nostri peccati e la tua Passione,
l'opera nostra e l'opera tua.
Siamo venuti per batterci il petto
e domandarti perdono,
per implorare la tua misericordia.
Siamo venuti perché sappiamo che tu puoi,
che tu vuoi perdonarci
perché hai espiato per noi.
Tu sei la nostra redenzione e la nostra speranza.
- Papa Paolo VI -
da: "La vita in Cristo e nella Chiesa", maggio 2014, pag. 53
Mentre il sole volge alla fine del suo corso
e la luce del tramonto cede il posto alla tenebra, i colori del crepuscolo
risplendono sulla comunità radunata nel cenacolo antico e nuovo: l’ora è
giunta.
Radunati intorno all’altare per celebrare la
Santa Cena, inebriati dal profumo del balsamo che sale dal Sacro Crisma,
contempliamo nell’Eucarestia il nostro Salvatore, che lava i nostri piedi ed
offre la sua vita.
Non teme il tradimento del nostro peccato,
come non esitò di fronte a quello di Giuda, si dona pienamente e totalmente:
tutto se stesso per noi, per sempre, perché Egli è l’Amore incondizionato.
Nel silenzio della Chiesa, muta di fronte ad
un gesto così alto di donazione, nessuna parola.
L’attenzione è tutta verso quel tabernacolo
in cui è presente l’Amato e la mente torna alle parole di Didaché: «Come questo
pane spezzato era disperso sui monti e, raccolto, è divenuto uno, così la tua
Chiesa sia raccolta dalle estremità della terra nel tuo regno» (IX, 4).
- Padre Giuseppe Midili -