Un forte seleucida domina la valle che conduce a Efeso. E’ chiamata la “fortezza delle capre” perché, per toglierla ai genovesi, gli ottomani sarebbero arrivati alla vetta impervia seguendo delle capre, rivestiti di pelli di quegli stessi animali. Ecco poi la cittadina di Selcuk, ventimila anime, situata all’ombra della grande fortezza di Ayasoluk e della sottostante basilica di San Giovanni, che tanti considerano la prova più eclatante della veridicità della presenza dell’apostolo in questa città. La basilica del Vi secolo, di cui restano gli immensi basamenti e alcune strutture murarie superiori, è senza dubbio il maggior edificio di tradizione bizantina della città.
Meryem Ana Evi, o Meryemana, “Madre Maria”, è la casa nella quale la tradizione dice che abbia abitato la Vergine Maria fuggita da Gerusalemme assieme a Giovanni. Per giungere al luogo del santuario, bisogna percorrere una scoscesa strada asfaltata costruita con i proventi delle candele e delle offerte della gente. Sì, perché nella casetta ogni anno transitano più di un milione di pellegrini, in massima parte musulmani. Scolaresche intere, confraternite, associazioni, famiglie, villaggi: ogni gruppo e ogni modo è buono per visitare la casa: nell’ascesa costeggio gruppi di fedeli che percorrono i sette chilometri di salita a piedi. Da prima dell’anno Mille, i musulmani festeggiano qui la festa del 15 agosto.
Una quantità di miracoli sarebbe avvenuta nella casetta – leucemie guarite, piaghe sparite nel giro di una notte, handicap scomparsi… -, che non vengono pubblicizzati per ovvi motivi di prudenza, in questa terra in cui alla religione non è consentito avere una vita ufficiale. La mia guida afferma di avere lei stessa un giorno seguito un anziano musulmano che per una mezz’ora sembrava voler catturare con il suo prominente e rumoroso naso ogni profumo proveniente dalla casetta e dai suoi dintorni. Alla richiesta di una spiegazione di quello strano comportamento, l’uomo le aveva detto di essere venuto in pellegrinaggio chiedendo di riavere l’olfatto, completamente scomparso da dieci anni. L’aveva riottenuto. Come lui, molti musulmani vengono per ringraziare delle piccole o grandi grazie ricevute da Meryem, annodando piccoli fazzoletti bianchi a una grata sistemata apposta sotto la casetta per evitare che tutto il recinto del santuario sia tappezzato di tali fazzoletti.
Qui è salito Giovanni Paolo II nel 1979, appena un anno dopo la sua elezione al soglio pontificio, così come poi ha fatto nel 2006 il suo successore Benedetto XVI. Ora la casetta è custodita da un cappuccino e da due suorine vestite d’azzurro. C’è raccoglimento. Nulla di eclatante, nulla di roboante, come si addice a tutto quello che è mariano. Le candeline di cera gialla si consumano nello spazio di qualche decina di minuti. Eppure, più che nei santuari mariani più accreditati – da Lourdes a Fatima a Loreto -, qui si respira la normalità di una donna che ha dato al mondo il figlio di Dio, divenendo essa stessa Madre di Dio, Théotokos, come ha stabilito un concilio avvenuto proprio nella città sottostante di Efeso. Sembra evidente come proprio Meryem-Maria sarà la via che riavvicinerà musulmani e cristiani, che colmerà il pauroso fossato che li separa quest’oggi.
(Zanzucchi Michele)
Fonte: “Cristiani nelle terre del Corano. Viaggio nei paesi musulmani del Mediterraneo” di Michele Zanzucchi, pagg.171,172, Editrice Città Nuova 2007
Era domenica il 20 agosto 2006. La
temperatura era caldissima in tutta la Turchia e spirava un forte vento secco.
In tutta la Turchia venivano segnalati numerosi incendi e anche la zona di
Izmir, completamente immersa dai boschi, non è stata risparmiata e le fiamme si stavano
propagando velocemente per tutta la collina. Poi … come per incanto …. Le fiamme
si fermarono a un metro di distanza da una casetta costruita con semplici mattoni.
Due locali identificati come il soggiorno e la camera da letto della Vergine,
che qui avrebbe concluso la sua vita terrena. Attualmente è un santuario, meta
di pellegrini sia cristiani che musulmani, provenienti da tutto il mondo.
Il frate cappuccino italiano padre
Adriano Franchini, residente a Meryem Ana Evi (la Casa di Maria) e superiore
della Custodia di Turchia, testimonia: "Sì, abbiamo passato momenti poco
simpatici “ racconta - dopo il primo avviso di sgombro mi sono preoccupato di
portare l'auto in una posizione di sicurezza per poter scappare, ho cercato gli
ospiti che avevamo e poi volevo tornare alla casa per prendere alcune cose, ma
non c'è stato niente da fare; non ci si poteva più avvicinare: vedevamo il fumo
e le fiamme alte e vicine. Temevamo che se il vento cambiava direzione
saremmo rimasti intrappolati; è incredibile la velocità con la quale si propaga
ed avanza il fuoco tra i pini".
"Siamo dovuti scappare in fretta
- continua - tra crisi di pianto e disperate ricerche dei propri cari, ma tutti
hanno potuto mettersi in salvo. Ritrovatici giù a Selcuk (cittadina ai piedi
della collina), le prime notizie che ci arrivavano dagli elicotteri, finalmente
giunti, erano veramente brutte: sta bruciando tutto. Non si salverà niente! Poi
verso sera la constatazione che l'incendio era stato veramente devastante in
una grande area e tutto attorno a Meryem Ana ed alle nostre case, ma il
santuario e le case erano intatte!"
Il francescano non parla di miracolo,
ma ammette comunque la straordinarietà dell'accaduto. "Anche nella nostra
casa il fuoco è arrivato da tre lati fino al muretto di confine; un albero
bruciato è caduto sopra il tetto ma le fiamme non hanno attecchito
all'abitazione; anche la palma che è ad un metro dalla casa è bruciata per le
scintille! L'incendio, attorno al santuario, è arrivato fino alle panche, dove
si celebra la messa all'aperto e lì si è fermato. La gente che vede la
devastazione tutto attorno parla di miracolo. Certo è una scena che ha
dell'incredibile".
Nessuno pellegrino è rimasto ferito!
“Da qui ad Efeso, città benedetta dalla
presenza di Maria Santissima, che sappiamo essere amata e venerata anche dai
musulmani- eleviamo al Signore una speciale preghiera per la pace tra i
popoli”.
Questa invocazione alla pace tra i
popoli e la piena comunione e concordia tra i cristiani è il cuore dell’omelia
che il Santo Padre Benedetto XVI ha tenuto in occasione del suo pellegrinaggio
al santuario mariano di Meryemana presso Efeso il 29 novembre 2006.
Al suo apparire nella bianca veste
talare, uno scroscio di applausi e di urla “viva il Papa” da parte dei
pellegrini, scalda emotivamente l’atmosfera. Il Santo Padre, dopo aver
incensato l’altare, dalla sede inizia la S. Messa in lingua turca. I temi
toccati nell’omelia sono la pace, il cammino nell’unità delle Chiesa, la
speranza per la Chiesa locale di Turchia.
(dal sito https://www.hzmeryemanaevi.com)
Buona giornata a tutti :-)