mercoledì 22 dicembre 2021

L'Angelo e la favola - Riduzione da un racconto di Piero Gribaudi

Degli angeli che calarono a frotte dal più alto dei cieli a cantare il “Gloria” stilla capanna dove nacque Gesù Bambino, uno si perse. Era un angelo distratto, sempre assorto nei suoi pensieri. Fu così che, quando scese sulla terra in quella notte fatale, l’angelo favolista vide, poco discosto da Betlemme, un gruppo di ragazzini che, dopo aver anch’essi fatto visita a Gesù, se ne tornavano a casa. Quale magnifica occasione. Sceso accanto a loro in veste di pellegrino dalla barba bianca, incominciò uno dei suoi racconti. Ed era l’alba quando i bambini furono costretti dalle grida delle mamme a tornare a casa, con la fantasia ed il cuore accesi da decine di meravigliose fiabe che l’anziano pellegrino aveva raccontato loro.

Il sole stava sorgendo e per Gesù iniziava la prima giornata terrestre. L’angelo pellegrino era in ritardo, molto in ritardo. E per di più non ricordava più, assolutamente, come si facesse a ridiventare angelo: una formula? ma quali parole? un pensiero chiave? ma quale?

L’unica soluzione era andare da Gesù, chiedergli scusa e raccontargli tutto. Ma Gesù ora non era che un bimbetto in fasce, un bimbo di donna. E il Bimbo e la Donna, alle parole del pellegrino, non seppero proprio cosa rispondere: il Bimbo perché sorrideva soltanto e non sapeva ancora parlare; la Donna perché non conosceva che il Mistero che portava stretto al petto.

Fu così che l’angelo—pellegrino cominciò il suo girovagare terreno. E tanto gli piacque narrar favole ai bambini di quaggiù che il Signore, quando fu tornato nei Cieli e lo vide attorniato da bambini con gli occhi spalancati e la bocca aperta per la meraviglia, ce lo lasciò. 

Ancor oggi di tanto in tanto appare. E’ talmente invecchiato che la sua veste umana gli si è logorata completamente. Ma ben lo conoscono le mamme, quando suggerisce loro le più belle favole; ben lo conoscono i poeti, quando sussurra al loro cuore i versi più ricchi di fantasia e di colore; ed anche qualche prete, quando sente nel cuore un certo pizzicorino che lo spinge a dire — finalmente — cose meravigliose. Ma tutti lo conosceremo, se saremo stati buoni, nel momento del nostro volo verso il cielo. 

Quel momento buio sarà illuminato dalla Favola più bella ch’egli solo sa raccontare così bene perché così bene egli solo la conosce. 

Ci ricorderemo d’invocarlo, almeno allora?

 (Riduzione da un racconto di Piero Gribaudi)



 Maria pose il suo bimbo neonato in una mangiatoia (cfr. Lc 2,7)


Da ciò si è dedotto con ragione che Gesù è nato in una stalla, in un ambiente poco accogliente - si sarebbe tentati di dire: indegno - che comunque offriva la necessaria riservatezza per l’evento santo....... Maria avvolse il bimbo in fasce...
Senza alcun sentimentalismo, possiamo immaginare con quale amore Maria sarà andata incontro alla sua ora, avrà preparato la nascita del suo Figlio.
La tradizione delle icone, in base alla teologia dei Padri, ha interpretato mangiatoia e fasce anche teologicamente.
Il bimbo strettamente avvolto nelle fasce appare come un rimando anticipato all’ora della sua morte: Egli è fin dall’inizio l’Immolato, come vedremo ancora più dettagliatamente riflettendo sulla parola circa il primogenito. 
Così la mangiatoia veniva raffigurata come una sorta di altare. 
Agostino ha interpretato il significato della mangiatoia con un pensiero che, in un primo momento, appare quasi sconveniente, ma, esaminato in modo più attento, contiene invece una profonda verità. 
La mangiatoia è il luogo in cui gli animali trovano il loro nutrimento. Ora, però, giace nella mangiatoia Colui che ha indicato se stesso come il vero pane disceso dal cielo - come il vero nutrimento di cui l’uomo ha bisogno per il suo essere persona umana.
È il nutrimento che dona all’uomo la vita vera, quella eterna. In questo modo, la mangiatoia diventa un rimando alla mensa di Dio a cui l’uomo è invitato, per ricevere il pane di Dio. Nella povertà della nascita di Gesù si delinea la grande realtà, in cui si attua in modo misterioso la redenzione degli uomini. La mangiatoia rimanda - come si è detto - ad animali, per i quali essa è il luogo del nutrimento. Nel Vangelo non si parla qui di animali. 
Ma la meditazione guidata dalla fede, leggendo l’Antico e il Nuovo Testamento collegati tra loro, ha ben presto colmato questa lacuna, rinviando ad Isaia 1,3: «Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende».

Joseph Ratzinger  - papa Benedetto  XVI
da: "L'infanzia di Gesù", 2012


Buona giornata a tutti. :-)

 


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