Un uomo vuole appendere un quadro.
Ha il
chiodo, ma non il martello.
Il vicino ne ha uno, così decide di andare da lui e
di farselo prestare.
A questo punto gli sorge un dubbio: e se il mio vicino non
me lo vuole prestare? Già ieri mi ha salutato appena. Forse aveva fretta, ma
forse la fretta era soltanto un pretesto ed egli ce l’ha con me.
E perché? Io
non gli ho fatto nulla, è lui che si è messo in
testa qualcosa.
Se qualcuno mi chiedesse un utensile, io glielo darei subito.
Se qualcuno mi chiedesse un utensile, io glielo darei subito.
E
perché lui no? Come si può rifiutare al prossimo un così semplice piacere?
Gente così rovina l’esistenza agli altri.
E per giunta si immagina che io abbia
bisogno di lui, solo perché possiede un martello.
Adesso basta!
E così si
precipita di là, suona, il vicino apre, e prima ancora che questo abbia il
tempo di dire “Buon giorno”, gli grida: “Si tenga pure il suo martello,
villano!”
- Paul Watzlawick -
da: "Istruzioni per rendersi infelici"
L’Inferno di Dante è di gran lunga più
geniale del suo Paradiso; lo stesso vale per il Paradiso perduto di Milton, in
confronto al quale il Paradiso riconquistato è del tutto insipido; la caduta,
nella Leggenda di ognuno di Hugo von Hofmannstahl, è appassionante, mentre
l’intervento finale degli angioletti salvatori fa una penosa impressione; il
Faust I commuove fino alle lacrime, il Faust II fa sbadigliare.
Parliamoci
chiaro: cosa e dove saremmo senza la nostra infelicità?
Essa ci è, nel vero
senso della parola, dolorosamente necessaria.
- Paul
Watzlawick -
da: "Istruzioni per rendersi infelici"
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