Nella bellezza e nella fragilità di questa
esperienza di comunione, c’è anche una sofferenza.
Perché, con la nostra capacità di amare sono
risvegliate anche la nostra vulnerabilità e sensibilità più profonda. La
scomparsa delle barriere e dei nostri sistemi di difesa e di controllo,
lasciano emergere alla nostra coscienza non soltanto le acque vive dell’amore
ma anche le potenze delle tenebre: il nostro bisogno di possedere, il nostro
desiderio di attaccarci agli altri, a volte cercando una fusione, per riempire
il nostro vuoto, gli accessi di gelosia e, insieme, la capacità di odiare, le
pulsioni sessuali che disturbano la coscienza.
L’amore è dolce e bello ma può essere
accompagnato da una terribile paura: la paura dell’avvenire e del rischio dì
andare troppo oltre, la paura che il tutto conduca soltanto alla morte della
nostra cosiddetta libertà, la paura di essere feriti, perché amare significa
diventare vulnerabili.
Amare è sempre un rischio.
Amare è sempre un rischio.
Quando ci avviciniamo a persone spezzate,
possono risalire alla superficie del nostro essere sofferenze nuove, magari
quando siamo stanchi o depressi, o quando abbiamo perso il contatto con il
centro del nostro essere o quando la persona ferita ci provoca.
In questo caso, la persona ci chiede qualcosa che noi siamo incapaci di dare, sia perché il nostro pozzo è a secco e ci sentiamo vuoti, sia perché la persona che ci sta di fronte chiede troppo. [………]
In questo caso, la persona ci chiede qualcosa che noi siamo incapaci di dare, sia perché il nostro pozzo è a secco e ci sentiamo vuoti, sia perché la persona che ci sta di fronte chiede troppo. [………]
La grazia tranquilla della comunione è
scomparsa. ‑ Era solo illusione? ‑ Al suo posto c’è solo un terribile disordine
interiore.
E’ la scoperta delle nostre spaccature,
nascoste dietro la capacità di «fare» e di conoscere, nascoste dietro la
noncuranza, la sicurezza, il buonumore, nascoste anche dietro le opere di pietà
e i momenti di preghiera.
Quando tocchiamo le nostre tenebre ‑ così profonde, così terribili ‑ ci vergogniamo talmente da voler fuggire.
Quando tocchiamo le nostre tenebre ‑ così profonde, così terribili ‑ ci vergogniamo talmente da voler fuggire.
Allora troviamo ogni sorta di scusa per
lasciare gli altri alla loro sofferenza e poterci sottrarre totalmente alla
relazione con loro.
E non osiamo parlare a nessuno di questa penosa esperienza, cerchiamo di dimenticarla e ci sentiamo colpevoli.
E non osiamo parlare a nessuno di questa penosa esperienza, cerchiamo di dimenticarla e ci sentiamo colpevoli.
Oppure possiamo accettare di guardare ciò che
abbiamo dentro e scoprire chi siamo, in verità.
Sotto quest’apparenza dì gioiosa generosità, sotto quest’immagine di bontà che amiamo dare agli altri, e che forse abbiamo curato, non siamo nient’altro che una persona spezzata che ha bisogno di guarigione.
Sotto quest’apparenza dì gioiosa generosità, sotto quest’immagine di bontà che amiamo dare agli altri, e che forse abbiamo curato, non siamo nient’altro che una persona spezzata che ha bisogno di guarigione.
Può essere questo il momento della nostra
salvezza, un passaggio di crescita verso l’unità interiore, una traversata
spirituale che ci farà rinascere in verità, se l’accogliamo umilmente. Ma non è
facile.
E’ grande la tentazione dì fuggire la realtà ferita del nostro essere, di non guardarla, di non ammetterla.
E’ grande la tentazione dì fuggire la realtà ferita del nostro essere, di non guardarla, di non ammetterla.
Abbiamo bisogno di una guida che possa
aiutarci a interpretare questa sofferenza e a capire quello che succede. E’
un’esperienza terribile e umiliante, ma è anche un’esperienza di verità.
Meglio sapere chi siamo veramente, conoscere
le tenebre che ci abitano, accettarle e affrontarle, piuttosto che pretendere
che non esistano e organizzare la vita in modo tale che le tenebre restino
nascoste. In questo modo non faranno altro che aggravarsi e governeranno la
nostra vita a livello inconscio fino a quando, forse, riappariranno sotto
un’altra forma.
- Jean Vanier -
tratto da: "Il corpo
spezzato", Jaca Book ; pp. 89-92
Fonte: “La comunità luogo del perdono e della festa” di Jean Vanier
I due grandi pericoli di una comunità sono gli "amici" e i "nemici".
Molto presto la gente che si somiglia si mette insieme; fa molto piacere stare accanto a qualcuno che ci piace, che ha le nostre stesse idee, lo stesso modo di concepire la vita, lo stesso tipo di umorismo.
Ci si nutre l'uno dell'altro; ci si lusinga:
"sei meraviglioso", "anche tu sei meraviglioso", "noi siamo meravigliosi perché siamo i furbi, gli intelligenti."
Le amicizie umane possono cadere molto in fretta in un club di mediocri in cui ci si chiude gli uni sugli altri; ci si lusinga a vicenda e ci si fa credere di essere intelligenti.
Allora l' amicizia non è più un incoraggiamento ad andare oltre, a servire meglio i nostri fratelli e sorelle, a essere più fedeli al dono che ci è stato dato, più attenti allo Spirito, e a continuare a camminare attraverso il deserto verso la terra promessa della liberazione.
L'amicizia diventa soffocante e costituisce un ostacolo che impedisce di andare verso gli altri, attenti ai loro bisogni.
"sei meraviglioso", "anche tu sei meraviglioso", "noi siamo meravigliosi perché siamo i furbi, gli intelligenti."
Le amicizie umane possono cadere molto in fretta in un club di mediocri in cui ci si chiude gli uni sugli altri; ci si lusinga a vicenda e ci si fa credere di essere intelligenti.
Allora l' amicizia non è più un incoraggiamento ad andare oltre, a servire meglio i nostri fratelli e sorelle, a essere più fedeli al dono che ci è stato dato, più attenti allo Spirito, e a continuare a camminare attraverso il deserto verso la terra promessa della liberazione.
L'amicizia diventa soffocante e costituisce un ostacolo che impedisce di andare verso gli altri, attenti ai loro bisogni.
Alla lunga, certe amicizie si trasformano in una dipendenza affettiva che è una forma di schiavitù.
- Jean Vanier -
Buona giornata a tutti. :-)
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