giovedì 4 giugno 2020

Onora tuo padre e tua madre - Bruno Maggioni (biblista)

La Bibbia conosce alcune figure di grandi vecchi, e se ne compiace: Abramo, Mosè, Samuele e altri. Per l'uomo biblico nulla è scontato. La potenza di Dio può sconvolgere anche le leggi dell'età: Sara ha un figlio in tarda età (Genesi 18,12), «perché nulla è impossibile a Dio». E così Elisabetta (Luca 1,36-37). Ma la stima della Bibbia, ovviamente, non si estende solo verso queste figure eccezionali. 
Anche nella società biblica l'anziano è, per lo più, un pensionato. 
Il profeta Zaccaria annota che accanto ai bambini che giocano «siedono anziani e anziane nelle strade di Gerusalemme, ciascuno con un bastone tra le mani, a motivo dell'età avanzata» (Zc 8,4). 
In un passo del Levitico «un uomo dai 20 ai 60 anni viene valutato 50 sicli (30 se donna), ma dopo i 60 solo 15 sicli (10 se donna)» (Lv 27,1-8). 
Un pensionato, dunque, ma non un emarginato.

È significativo che tra le classi deboli, in favore delle quali Dio prende le difese, vengono enumerati gli orfani, i poveri, le vedove e gli stranieri, ma non i vecchi. 
La vecchiaia non costituiva un particolare problema sociale.

Forse anche perché gli anziani non dovevano essere molti, e questo è un dato da non sottovalutare completamente. 
Per il salmista (Sal 90,10) settanta anni sono una bella età e solo in casi eccezionali l'uomo arriva a ottanta. Ma non dovevano essere molti ad arrivarci.
L'età media non era alta. In una lista di 14 re della casa di Davide - dal 926 al 597 a. C. - solo due raggiunsero i 66 anni, e solo altri tre superarono i 50.

Non è però soltanto per questo che la vecchiaia non costituiva un particolare problema sociale. 

La vera ragione è culturale. L'anziano - anche se sminuito nella sua capacità lavorativa - conservava grande spazio nella famiglia e nella società, perché l'efficienza produttiva non era in quella cultura l'unico valore, né il principale. 

Beni essenziali erano l'esperienza, la saggezza, la tradizione e la testimonianza della fede.

Ne si sottovaluti la componente religiosa, che affiora con grande forza - ad esempio - in un bellissimo passo del libro dell'Ecclesiastico, in cui si invitano i figli - non i fanciulli, ma i figli grandi, sposati - a «onorare» i vecchi genitori (Sir 3,1-16). 
Si tratta di un ampio commento al quarto comandamento: «Onora tuo padre e tua madre, perché i tuoi giorni siano lunghi sulla terra» (Esodo 20,12). 
Il verbo «onorare» scandisce tutto il passo dell'Ecclesiastico, scritto da un autore ricco di anni e di saggezza. Significa non solo rispettare, ma accogliere, fare spazio, offrire ragioni di vita e di movimento. E questo in qualsiasi caso:

«Anche se perde il sentimento compatiscilo, non disprezzarlo solo perché tu sei nel pieno vigore».

- card. Bruno Maggioni -
da: "Vedrai con gioia i figli dei figli, I nonni nella bibbia" ed. Ancora
pagg. 15-16-17




… se ciascuno di noi nasce necessariamente come figlio, e non può venire al mondo se non in quanto ci sono stati un padre e una madre, quest’ultimi hanno dovuto avere dei nonni. 
È interessante, e altrettanto decisivo, rilevare come la trasmissione genealogica si svolge in una logica ternaria: nonni, padri, figli. 
Se nella discendenza formalmente togliete il primo termine (“i nonni”), gli altri due rimangono senza un punto di riferimento fondativo. 
Questa logica ternaria funziona da millenni.

Uno dei suoi emblemi più celebri è quello di Enea che tiene sulle spalle il padre Anchise e stringe per mano il figlio Ascanio. 
La logica è ferrea: Enea, a costo della propria vita, non può fuggire da Troia senza portare con sé Anchise, suo padre e nonno di suo figlio.  

Rigorosamente: senza il mito delle origini (“da dove vengo”) che istituisce la nominazione (“il mio nome è…”), senza il racconto della nostra storia famigliare (“sono stato cresciuto e ho vissuto con…”), il concetto stesso di filiazione vien meno. Infatti rimane esclusa la sua dimensione simbolica, essenzialmente la sua storia genealogica che si svolge lungo la trasmissione di una serie di valori, di istanze spirituali, etiche, culturali. 
Questa trasmissione che procede dal mito delle origini, dai “nonni”, presuppone un lavoro, quello che Freud, riprendendo un verso di Goethe, amava citare spesso: «Ciò che hai ereditato dai padri, riconquistalo se vuoi possederlo davvero».

- Giancarlo Ricci - 
da: Tempi, 5 maggio 2020


Pompeo Girolamo Batoni – Enea e Anchise in fuga da Troia in fiamme – 1748

«La memoria della specie insegna: qualcosa nella vita è più prezioso della vita, essa è il senza-prezzo in gioco nella riproduzione dell’umanità. E che annuncia nuovi inizi».

- Pierre Legendre  -


Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it