L’altro giorno ho incontrato un tale che non
credeva alle favole.
Non intendo dire che non credesse negli eventi narrati in
esse – che non credesse cioè che una zucca possa trasformarsi in una carrozza.
Egli, certamente, coltivava questa bizzarra incredulità, ma ancor più, come
tutte le persone simili da me incontrate, non riusciva nel modo più assoluto a
darmene una motivazione intelligente.
Provò con le leggi di natura, ma presto le
lasciò perdere. Poi disse che le zucche, nell’esperienza ordinaria, sono
inalterabili, e che tutti noi crediamo nella qualità infinitamente prolungata
del loro essere zucche.
Ma io gli feci notare che adottiamo questo
atteggiamento non verso i prodigi impossibili, ma semplicemente verso tutti gli
avvenimenti insoliti. Se fossimo certi dei miracoli non crederemmo in essi.
Noi
tutti lasciamo fuori dai nostri calcoli le cose che accadono molto raramente,
siano esse miracolose o no.
Io non mi aspetto che un bicchiere d’acqua si
trasformi in vino, ma neppure mi aspetto che un bicchiere d’acqua sia
avvelenato con l’acido prussico.
Nelle relazioni d’affari ordinarie non mi baso
sulla supposizione che l’editore sia un essere magico, ma neppure suppongo che
possa essere una spia russa, o l’erede perduto del Sacro Romano Impero.
Ciò che
assumiamo nelle nostre azioni non è che l’ordine naturale sia inalterabile, ma
semplicemente che è molto più sicuro scommettere su eventi non comuni che su
quelli comuni.
Questo non va a toccare la credibilità di ogni racconto che
attesti una spia russa o una zucca tramutata in carrozza.
Se anche io avessi
visto con i miei occhi una zucca tramutata in un’autovettura Panhard, non per
questo riterrei più probabile che la stessa cosa possa accadere ancora. Non
investirei in larga scala sulle zucche per fare affari nel commercio di
automobili.
Cenerentola ebbe dalla fata un abito per il ballo, ma non credo che
per questo motivo da lì in avanti si preoccupò di meno dei propri vestiti.
In ogni caso, per quanto pazza sia, l’opinione che le fiabe non siano realmente accadute è tuttavia comune.
In ogni caso, per quanto pazza sia, l’opinione che le fiabe non siano realmente accadute è tuttavia comune.
L’uomo di cui sto parlando si rifiutava di prestar
fede alle fiabe in un senso addirittura più sorprendente e perverso: sosteneva
che le fiabe non dovessero essere raccontate ai bambini.
Questo, alla pari
dell’appoggiare la schiavitù o l’invasione di un paese, è uno di quegli errori
intellettuali che si avvicinano di molto al peccato mortale. Esistono dei
rifiuti che, pur praticati con ciò che si chiama buona fede, nel loro stesso
esercizio trascinano così tanto del proprio orrore che un uomo, nel
commetterli, non arriva solo ad indurire il cuore, ma, lievemente, a
corromperlo.
Uno di questi fu il rifiutare il latte alle giovani madri mentre i
loro mariti erano sul campo di battaglia contro di noi. Un altro è il privare
delle favole i bambini.
Quell’uomo era venuto a trovarmi per via di qualche sciocca associazione di cui io sono un membro entusiasta; era un giovane dal colorito brillante ma miope come un curato che si è smarrito e non riesce neppure a ritrovare la strada per la Chiesa d’Inghilterra.
Quell’uomo era venuto a trovarmi per via di qualche sciocca associazione di cui io sono un membro entusiasta; era un giovane dal colorito brillante ma miope come un curato che si è smarrito e non riesce neppure a ritrovare la strada per la Chiesa d’Inghilterra.
Aveva una curiosa cravatta verde e un collo
lunghissimo; mi capita sempre di incontrare idealisti con colli simili. Forse è
per la loro eterna aspirazione ad innalzare lentamente la testa sempre più
verso le stelle.
O forse è legato al fatto che così tanti di loro sono
vegetariani: può darsi che stiano lentamente sviluppando un collo da giraffa
per mangiare tutte le cime degli alberi dei Kensington Gardens.
Queste cose mi
superano in ogni senso. Di questa razza, in ogni caso, era il giovane che non
credeva alle fiabe, e per una curiosa coincidenza entrò nella mia stanza quando
avevo appena terminato di dare un’occhiata ad un mucchio di narrativa
contemporanea, e mi ero rifugiato come naturale conseguenza nelle favole di
Grimm.
Quei romanzi moderni stavano comunque impilati davanti ai miei occhi, e potete immaginarne da soli i titoli. C’era una “Susan della periferia: un racconto di psicologia”, e anche una “Susan psicologica: un racconto di periferia”; e poi “Trixy: un temperamento” e “L’odio umano: un monocromo” e altre cose così simpatiche. Le avevo lette con reale interesse, ma, cosa abbastanza curiosa, alla fine tutte mi stancarono, e quando vidi le fiabe di Grimm poggiate per caso sulla scrivania me ne uscii in un urlo di gioia indecente.
Quei romanzi moderni stavano comunque impilati davanti ai miei occhi, e potete immaginarne da soli i titoli. C’era una “Susan della periferia: un racconto di psicologia”, e anche una “Susan psicologica: un racconto di periferia”; e poi “Trixy: un temperamento” e “L’odio umano: un monocromo” e altre cose così simpatiche. Le avevo lette con reale interesse, ma, cosa abbastanza curiosa, alla fine tutte mi stancarono, e quando vidi le fiabe di Grimm poggiate per caso sulla scrivania me ne uscii in un urlo di gioia indecente.
Eccoci,
finalmente, qui si poteva trovare un po’ di senso comune.
Aprii il libro, e mi
caddero gli occhi su queste parole splendide e appaganti: “La nonna del drago”.
Finalmente qualcosa di ragionevole, finalmente qualcosa di vero: “La nonna del
drago”! Proprio quando mi preparavo a gustare il primo boccone di ordinaria
umanità, guardai davanti all’improvviso e vidi alla porta questo mostro in
cravatta verde.
Ascoltai quanto aveva da dire sulla società, abbastanza gentilmente, spero; ma quando incidentalmente fece menzione della sua mancanza di fede nelle fiabe, persi completamente il controllo.
Ascoltai quanto aveva da dire sulla società, abbastanza gentilmente, spero; ma quando incidentalmente fece menzione della sua mancanza di fede nelle fiabe, persi completamente il controllo.
«O uomo, - dissi, - chi sei tu da non dover
credere alle fiabe? È molto più facile credere a Barbablu che a te. Una barba
blu è una sfortuna, ma certe cravatte verdi sono peccati. È di gran lunga più
facile credere in un milione di favole che credere in un singolo uomo a cui non
piacciono.
Io bacerei Grimm al posto della Bibbia e giurerei su tutte le sue
storie come fossero i trentanove articoli piuttosto che affermare seriamente e
dal profondo del cuore che possa esistere un uomo come te, e che tu non sia
invece una tentazione del diavolo o un’allucinazione proveniente dal nulla.
Guarda queste parole semplici, familiari, pratiche. “La nonna del drago”: va
tutto bene, si raggiunge la razionalità quasi al suo estremo. Se ci fosse un
drago, avrebbe una nonna. Ma tu – tu non l’hai avuta una nonna! Se ne avessi
conosciuta una, lei ti avrebbe insegnato ad amare le fiabe.
Non hai avuto un
padre, non hai avuto una madre, nessuna causa naturale ti può spiegare. Tu non
puoi esistere. Io credo a molte cose che non ho visto, ma di una cosa come te
si deve affermare: “Beato colui che pur avendo visto non ha creduto”».
Ebbi l’impressione che egli non mi stesse seguendo con sufficiente finezza, quindi moderai il mio tono. «Non vedi, - gli dissi, - che le fiabe nella loro essenza sono solide e leali, ma che questa infinita finzione sulla vita moderna è nella sua natura sostanzialmente inverosimile? La tradizione di un popolo implica che l’anima sia sana, ma che l’universo sia imprevedibile e pieno di meraviglie. Il realismo finisce invece per dire che il mondo è noioso e si ripete sempre, mentre l’anima è malata e urla di dolore. Il problema posto dalla fiaba è: cosa farà un uomo sano in un mondo fantastico? Il problema del romanzo moderno è: cosa farà un pazzo in un mondo stanco? Nelle fiabe il cosmo impazzisce, ma l’eroe no. Nei romanzi moderni invece l’eroe è già pazzo prima che il libro cominci, e soffre per il rigore rigido e crudele di un cosmo sano. Nell’eccellente “La nonna del drago” e in tutte le altre storie di Grimm, si suppone che il giovane in partenza per un lungo viaggio racchiuda in sé tutte le sostanziali verità: sarà coraggioso, pieno di fede, ragionevole, rispetterà i propri genitori, manterrà la parola data, salverà un certo tipo di persone, ne sconfiggerà un altro, ‘parcere subjectis et debellare’, ecc. A partire da questo centro di sanità lo scrittore si diverte ad immaginare cosa accadrebbe se il mondo intero impazzisse tutto intorno, se il sole diventasse verde e la luna blu, se i cavalli avessero sei zampe e i giganti due teste. Ma la tua moderna letteratura assume la pazzia come proprio centro di gravità, perdendo così interesse per la pazzia stessa. Un lunatico non si sorprende di se stesso, perché affronta le cose seriamente, ed è proprio questo a renderlo lunatico. Un uomo convinto di essere un pezzo di vetro è apatico nei propri confronti come un pezzo di vetro. Un uomo che pensa di essere un pollo si vede comune come un pollo. È solo la sanità che riesce a vedere nella pazzia persino una poesia selvaggia.
Pertanto, queste vecchie fiabe piene di saggezza hanno reso l’eroe ordinario e la storia straordinaria. Ma tu rendi l’eroe straordinario e la storia ordinaria – così ordinaria – oh, così tanto ordinaria!»
Vidi che mi guardava ancora fisso.
Ebbi l’impressione che egli non mi stesse seguendo con sufficiente finezza, quindi moderai il mio tono. «Non vedi, - gli dissi, - che le fiabe nella loro essenza sono solide e leali, ma che questa infinita finzione sulla vita moderna è nella sua natura sostanzialmente inverosimile? La tradizione di un popolo implica che l’anima sia sana, ma che l’universo sia imprevedibile e pieno di meraviglie. Il realismo finisce invece per dire che il mondo è noioso e si ripete sempre, mentre l’anima è malata e urla di dolore. Il problema posto dalla fiaba è: cosa farà un uomo sano in un mondo fantastico? Il problema del romanzo moderno è: cosa farà un pazzo in un mondo stanco? Nelle fiabe il cosmo impazzisce, ma l’eroe no. Nei romanzi moderni invece l’eroe è già pazzo prima che il libro cominci, e soffre per il rigore rigido e crudele di un cosmo sano. Nell’eccellente “La nonna del drago” e in tutte le altre storie di Grimm, si suppone che il giovane in partenza per un lungo viaggio racchiuda in sé tutte le sostanziali verità: sarà coraggioso, pieno di fede, ragionevole, rispetterà i propri genitori, manterrà la parola data, salverà un certo tipo di persone, ne sconfiggerà un altro, ‘parcere subjectis et debellare’, ecc. A partire da questo centro di sanità lo scrittore si diverte ad immaginare cosa accadrebbe se il mondo intero impazzisse tutto intorno, se il sole diventasse verde e la luna blu, se i cavalli avessero sei zampe e i giganti due teste. Ma la tua moderna letteratura assume la pazzia come proprio centro di gravità, perdendo così interesse per la pazzia stessa. Un lunatico non si sorprende di se stesso, perché affronta le cose seriamente, ed è proprio questo a renderlo lunatico. Un uomo convinto di essere un pezzo di vetro è apatico nei propri confronti come un pezzo di vetro. Un uomo che pensa di essere un pollo si vede comune come un pollo. È solo la sanità che riesce a vedere nella pazzia persino una poesia selvaggia.
Pertanto, queste vecchie fiabe piene di saggezza hanno reso l’eroe ordinario e la storia straordinaria. Ma tu rendi l’eroe straordinario e la storia ordinaria – così ordinaria – oh, così tanto ordinaria!»
Vidi che mi guardava ancora fisso.
Mi saltò qualche nervo davanti a quello
sguardo ipnotico. Balzando in piedi gridai: «In nome di Dio e della Democrazia
e della nonna del Drago – in nome cioè di tutte le cose buone – ti ordino di
andartene e di non infestare più questa casa».
Fosse o no il risultato
dell’esorcismo, non c’è dubbio che se ne andò via per sempre.
- Gilbert Keith Chesterton -
da:" La nonna del drago"
"Da parte mia vorrei che gli uomini avessero opinioni forti e ben radicate, ma per quanto riguarda la colazione, la facciano qualche volta in giardino, qualche volta a letto, qualche volta sul tetto e qualche volta sull'albero".
"Tutto sta in una disposizione della mente, e in
questo momento io sono in una disposizione molto comoda. Siederò tranquillo e lascerò che prodigi e avventure
si posino su di me come mosche.
Ce ne sono molti, ve l'assicuro.
Il mondo non morirà mai per assenza di meraviglie, ma solo per assenza di meraviglia".
Ce ne sono molti, ve l'assicuro.
Il mondo non morirà mai per assenza di meraviglie, ma solo per assenza di meraviglia".
"Ho i miei dubbi su tutto questo grande valore
dell'andare in montagna, di arrivare alla cima di tutto e guardare tutto
dall'alto.
Satana divenne la guida alpina più illustre, quando portò Gesù sulla cima di un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni della terra.
Ma la gioia di Satana nello stare su un picco non è gioia per la grandezza, ma una gioia nel vedere la piccolezza, per il fatto che tutti gli uomini sembrano insetti ai suoi piedi."
- Gilbert Keith Chesterton -Satana divenne la guida alpina più illustre, quando portò Gesù sulla cima di un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni della terra.
Ma la gioia di Satana nello stare su un picco non è gioia per la grandezza, ma una gioia nel vedere la piccolezza, per il fatto che tutti gli uomini sembrano insetti ai suoi piedi."
da:" La nonna del drago"