Si trattava di decidere presto cosa
fare. Il primo istinto fu quello di un animale ferito: ritirarsi in una tana.
D'un tratto mi parve di avere poche forze e di doverle concentrare al massimo.
Decisi di non dire niente a nessuno,
tranne ai figli e a quegli amici che avrebbero trovato incomprensibile il mio
scomparire dal mondo.
Volevo mettere a fuoco la mia mente,
non essere distratto da nulla e da nessuno.
Innanzitutto dovevo scegliere dove
curarmi e in particolare come curarmi. Chemioterapia, radioterapia, chirurgia
con tutte le loro - si dice - devastanti conseguenze non sono più le sole
alternative. Anzi, oggi che tutto è messo in discussione, che tutto quel che è
ufficiale è visto con sospetto, che ogni autorità ha perso prestigio e che
ognuno si sente in diritto, senza alcun ritegno, di giudicare tutto e tutti, è
diventato sempre più di moda dir male della medicina classica e un gran bene di
quella « alternativa ».
I nomi, se non altro, suonano più
attraenti: ayurveda, pranoterapia, agopuntura, yoga, omeopatia, erbe cinesi,
reiki, e - perché no? - i guaritori, filippini o no.
C'è sempre un sentito dire, una persona di cui qualcuno racconta, una storia che sembra essere fatta apposta per essere creduta e dare speranza in una di queste sempre più numerose « cure ».
C'è sempre un sentito dire, una persona di cui qualcuno racconta, una storia che sembra essere fatta apposta per essere creduta e dare speranza in una di queste sempre più numerose « cure ».
Non le presi sul serio neanche per
un attimo.
Eppure, molte di queste pratiche
vengono dall'Asia, dove ho vissuto per trent'anni; alcune hanno le loro radici
in India, dove ora ho casa!
Io stesso in passato non ho avuto
problemi a ricorrerci: in Cina misi mio figlio Folco, allora undicenne, nelle
mani di un agopunturista che gli curò l'asma, e solo un anno prima di dover
decidere cosa fare con me avevo portato Leopold, il mio amico francese, dal
medico personale del Dalai Lama all'Istituto MedicoAstrologico (sì, questa è
la combinazione) di Dharamsa-la, perché gli sentisse i suoi diciassette polsi e
gli prescrivesse delle - pare efficacissime - pillole nere, tipo cacherelli di
pecora, per un'epatite.
E poi: sono stato io a dire e a
scrivere che l'uomo occidentale, imboccando l'autostrada della scienza, ha
troppo facilmente dimenticato i sentieri della sua vecchia saggezza e che ora,
conquistando l'Asia col suo modello di modernità, rischia di far scomparire
anche là una grande quantità di conoscenza legata alle tradizioni locali!
Non avevo cambiato idea, ma quando
si trattò della mia sopravvivenza non ebbi un momento di esitazione: dovevo
affidarmi a ciò che mi era più familiare, alla scienza, alla ragione
occidentale. Non era solo una questione di tempo, e in questi casi non se ne ha
tanto da sprecare, visto che tutte le cosiddette medicine alternative agiscono,
quando agiscono, a lungo termine. Era che nel fondo non mi fidavo. E l'aver
fiducia nella cura e in chi la somministra è un fattore importantissimo, direi
fondamentale, nel processo di guarigione.
La fortuna nella vita aiuta e io ne
ho avuta in generale più della normale dose.
Anche questa volta la fortuna fu
dalla mia, o almeno io la sentii così; il che è in fondo esattamente la stessa
cosa. Fra i colleghi giornalisti, vecchi d'Asia, ce n'era uno, corrispondente del
New York Times, due volte premiato col Pulitzer, a cui ero legato da
un'amicizia nata da alcune esperienze comuni: tutti e due eravamo stati
arrestati ed espulsi dalla Cina; tutti e due, contro ogni logica di carriera,
avevamo scelto, dopo sedi molto più «importanti », l'India come paese di cui
occuparsi.
Ora ci legava un'altra coincidenza:
un paio di anni prima l'amico aveva
avuto lo stesso tipo di malanno ed era sopravvissuto. L'andai a trovare a Delhi
e gli chiesi consiglio.
Quelli che avevano aggiustato lui, i
« fixers » come li chiamava, erano a suo parere i migliori sul mercato. Gli
credetti.
Un paio di telefonate, un fax e nel giro di pochi giorni ero a New
York, diciottesimo nella lista di un nuovo trattamento sperimentale, nella
punta probabilmente più avanzata della medicina moderna occidentale: il Memorial
Sloan-Kettering Cancer Center o meglio l'MSKCC, come viene suggerito di
scrivere sugli assegni, così che sulla presenza in quella istituzione possa
essere mantenuta una certa discrezione anche con la propria banca.
(...)
Negli annunci economici del New York
Times lessi di un monolocale da affittare su Central Park, lo andai a vedere e
lo presi all'istante.
Quei pochi metri quadrati di moquette grigia, ravvivati immediatamente con un paio di stoffe indonesiane e un piccolo bronzo cinese di Buddha sul davanzale di una grande, bassa finestra, divennero per alcuni mesi la mia tana.
Quei pochi metri quadrati di moquette grigia, ravvivati immediatamente con un paio di stoffe indonesiane e un piccolo bronzo cinese di Buddha sul davanzale di una grande, bassa finestra, divennero per alcuni mesi la mia tana.
A parte Angela e quelli dell'MSKCC,
nessuno sapeva dov'ero.
Il telefono non squillava mai, nessuno suonava alla
porta; la sola via di comunicazione che avevo lasciata aperta col mondo era
quella della posta elettronica coi suoi messaggi in bottiglia che approdavano
di tanto in tanto sulla spiaggia cibernetica del mio computer, che poteva
essere dovunque.
- Tiziano Terzani -
da: "Un altro giro di giostra"
Ci sono giorni nella vita in cui non succede niente, giorni che
passano senza nulla da ricordare, senza lasciare una traccia, quasi non si
fossero vissuti.
A pensarci bene, i più sono giorni così, e solo quando il
numero di quelli che ci restano si fa chiaramente più limitato, capita di
chiedersi come sia stato possibile lasciarne passare, distrattamente,
tantissimi.
Ma siamo fatti così: solo dopo si apprezza il prima e solo quando
qualcosa è nel passato ci si rende meglio conto di come sarebbe averlo nel
presente.
Ma non c'è più.
- Tiziano Terzani -
Immagine di Lucio Fontana - "Concetto spaziale"
La profezia era la scusa.
La verità è che uno ha una voglia di aggiungere un
pizzico di poesia alla propria vita, di guardare al mondo con occhi nuovi,
di rileggere i classici, di riscoprire che il sole sorge, che in cielo c'è
la luna e che il tempo non è solo quello scandito dagli orologi.
(Tiziano Terzani – da “Un indovino mi disse”)
Immagine di Claude Monet - "Early Morning"
Questo è un altro aspetto rasserenante
della natura: la sua immensa bellezza è lì per tutti.
Nessuno può pensare di
portarsi a casa un'alba o un tramonto.
(T. Terzani)
Quando sei a un bivio e trovi una
strada che va in su e una che va in giù, piglia quella che va in su.
È più facile andare in
discesa, ma alla fine ti trovi in un buco.
A salire c’è speranza.
Può non essere facile ma è
un altro modo di vedere le cose, è una sfida, ti tiene all’erta.