lunedì 16 dicembre 2013

Le cose che non hai fatto – don Bruno Ferrero -


Ricordi il giorno che presi a prestito la tua macchina nuova e l'ammaccai? 
Credevo che mi avresti uccisa, ma tu non l'hai fatto.
E ricordi quella volta che ti trascinai alla spiaggia, e tu dicevi che sarebbe piovuto, e piovve?
Credevo che avresti esclamato: "Te l'avevo detto!". Ma tu non l'hai fatto.
Ricordi quella volta che civettavo con tutti per farti ingelosire, e ti eri ingelosito?
Credevo che mi avresti lasciata, ma tu non l'hai fatto.
Ricordi quella volta che rovesciai la torta di fragole sul tappetino della tua macchina?
Credevo che mi avresti picchiata, ma tu non l'hai fatto.
E ricordi quella volta che dimenticai di dirti che la festa era in abito da sera e ti presentasti in jeans?
Credevo che mi avresti mollata, ma tu non l'hai fatto.
Sì, ci sono tante cose che non hai fatto.
Ma avevi pazienza con me, e mi amavi, e mi proteggevi.
C'erano tante cose che volevo farmi perdonare quando tu saresti tornato dal Vietnam. Ma tu non l'hai fatto.
Ma tu non sei tornato.

Una regola d'oro: passeremo nel mondo una sola volta. Tutto il bene, dunque, che possiamo fare o la gentilezza che possiamo manifestare a qualunque essere umano, facciamoli subito.
Non rimandiamolo a più tardi, né trascuriamolo, poiché non passeremo nel mondo due volte.

(don Bruno Ferrero)



Spesso non resta che chiedersi perché.
“Non però nell’ illusione di ottenere una risposta da Dio, ma soltanto perché il Padre ci guardi.
Proprio come i bambini che quando incominciano a crescere non capiscono le cose e incominciano a fare domande al papà o alla mamma: Papà, perché? Mamma, perché?
Il bambino non capisce ma se noi stiamo attenti vedremo che il bambino non aspetta la risposta del suo papà o della sua mamma… 

Il bambino ha bisogno, in quell’insicurezza, che il suo papà e la sua mamma lo guardino. Ha bisogno degli occhi dei suoi genitori, ha bisogno del cuore dei suoi genitori.

Chiedere perché al Signore è dunque una domanda cruciale nello sconforto. Tanto che può essere definita una vera preghiera: la “preghiera del perché”.


papa Francesco 21 novembre 2013




“Quelli che mormorano, impareranno la lezione” (Is. 29)




“Non possiamo lamentarci sempre, come gente che non ha speranza” (S. Teresina)



“Io penso tante volte che noi quando succedono cose difficili,… corriamo questo pericolo di chiuderci nelle lamentele. E il Signore anche in questo momento è vicino a noi, ma non lo riconosciamo. E cammina con noi. Ma non lo riconosciamo… sembra più sicuro il lamento! 
E’ come una sicurezza: questa è la mia verità, il fallimento. Non c’è più speranza…

“Le lamentele sono cattive… perché ci tolgono la speranza. Non entriamo in questo gioco di vivere dei lamenti ma se qualcosa non va rifugiamoci nel Signore, confidiamoci con Lui:.

Non mangiamo lamentele, perché queste tolgono la speranza, tolgono l’orizzonte e ci chiudono come con un muro. E da lì non si può uscire. Ma il Signore ha pazienza e sa come farci uscire da questa situazione”….

(Papa Francesco,  3 aprile 2013)



La Chiesa…si prepara a celebrare il Natale e il suo sguardo si dirige sempre più verso Betlemme. In effetti, noi attendiamo con speranza certa la seconda venuta di Cristo, perché abbiamo conosciuto la prima. 
Il mistero di Betlemme ci rivela il Dio-con-noi, il Dio a noi prossimo, non semplicemente in senso spaziale e temporale; Egli ci è vicino perché ha "sposato", per così dire, la nostra umanità… per farci diventare come Lui. La gioia cristiana scaturisce pertanto da questa certezza: Dio è vicino, è con me... E questa gioia…rimane non in superficie, bensì nel profondo della persona che a Dio si affida. […]
La beata Madre Teresa di Calcutta […scriveva]: "Noi aspettiamo con impazienza il paradiso, dove c'è Dio, ma è in nostro potere stare in paradiso fin da quaggiù e fin da questo momento. Essere felici con Dio significa: amare come Lui, aiutare come Lui, dare come Lui, servire come Lui". Sì, la gioia entra nel cuore di chi si pone al servizio dei piccoli e dei poveri. In chi ama così, Dio prende dimora, e l'anima è nella gioia. 
Se invece si fa della felicità un idolo, si sbaglia strada ed è veramente difficile trovare la gioia di cui parla Gesù. 
 
papa Benedetto XVI, Angelus, 16 dicembre 2007




Buona giornata a tutti J


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