Non so i tuo nome di ieri, né quello di domani: il nome che ti ha dato la tua mamma, il nome che tu stesso dovrai darti in quell’attimo non breve di sbalordimento e di umiliazione che seguirà la tua accettazione: il nome destinato a portare nella storia, come nella vita, il grosso fardello delle tue responsabilità di uomo in funzione ultra umana.
Non conosco il tuo volto, non oso sceglierlo tra le cinquantadue immagini che dalle pagine dei giornali sembrano quasi in attesa della condanna capitale più che dell’onore supremo.
Come non mi riguarda il tuo nome di ieri, così non m’importa il tuo volto. Le parole comuni, come i comuni sentimenti di preferenza o di simpatia non hanno più senso per uno che ha finito d’avere un suo cuore, un suo pensiero, una sua strada, per divenire il cuore, il pensiero la strada della Chiesa.
Ognuno ti darà la faccia che vuole. La radio non avrà ancora finito d’annunciare al mondo il tuo nome di ieri e di domani, che milioni di uomini ti avranno già ricostruito a loro immagine, imprestato un disegno, catalogato con questi piuttosto che con quelli. Il tuo passato verrà frugato e perquisito da tutti. Dagli episodi più futili, dai gesti più comuni, dalle parole più insignificanti, dagli scritti, dai gesti... si trarrà l’oroscopo o il materiale per ricomporre, su misura di ognuno, la tua figura, mentre tu non sei più del tuo passato, sei uscito per sempre dalla tua parentela, dalla tua tribù, dalla tua nazione.
Coloro stessi che scrivono: “Lo giudicheremo dai fatti” hanno più decisamente degli altri fissato il programma del tuo pontificato, tracciato la strada che devi camminare se vuoi essere un Papa secondo il cuor loro. La riserva non è che un’ipocrita saggezza per aver maggior diritto di sentenziare a la prima occasione: “L’abbiamo detto: non poteva fare diversamente”.
Non hai ancora parlato e già le cancellerie di tutti i paesi hanno preso posizione nei tuoi riguardi.
Né il titolo né l’animo di “pastor et nauta” ti salverà dall’essere coinvolto, tuo malgrado, nei loro disegni. Più evangelico sarà il tuo pensiero, più staccato il tuo animo da ogni terrestre competizione, più alieno da compromessi, più sgombro d’ogni misura di dominio, più spirituale il tuo richiamo, più paterna ed accorata la tua parola, e ben più duramente verrai giudicato dagli stessi che invocavano un papa unicamente spirituale. Nulla di più fastidioso, nulla di più sconcertante, nulla di più discriminante nei riguardi dei nostri poveri pensieri, che un pensiero unicamente rivolto verso l’Eterno.
Un uomo, non vestito alla maniera di tutti gli uomini, è inafferrabile. Un uomo che non conosce gli interessi terreni, che non ha nulla da difendere sul piano dell’effimero, che vuole soltanto un po’ di Cielo, su questa povera terra, è assai pericoloso specialmente per chi vuole una terra senza Cielo.
I giornali, che non sanno ancora nulla di te, tengono in redazione, già pronte, cartelle su cartelle per il numero straordinario. Come avviene di certi panegirici, basterà cambiare o aggiungere il nome. Le stesse vuote espressioni, gli stessi omaggi rimati, gli stessi auguri: così nei giornali come nei telegrammi e nei messaggi che t’arriveranno d’ogni parte del mondo e che tu non leggerai, come non leggerai le risposte che pure porteranno il tuo nome o che verranno date in tuo nome.
Ti vestiranno con vestiti non confezionati per te: sarai salutato con parole che possono essere dette anche ad un altro, perché tu non hai più nulla di tuo, non sei più nulla per te: prendi tutto da quella divina cosa che tu rappresenti, la quale ti fa grande e ti annichila.
Ti guardi attorno. Chi potrà fissare lo smarrimento del tuo occhio. Facce nuove, facce forestiere anche se ossequiose. Perfino l’uomo di fiducia che t’ha seguito in conclave, non ti sorride più. Anch’egli è come oppresso e allontanato dalla tua nuova dignità che gli impedisce di poterti accostare come prima. E gli altri, codesto piccolo mondo che ti preme, che t’inchina, che vuol leggere dentro di te, indovinare... cosa vuole da te? Raccattatori di briciole, collezionisti di vanità variopinte, o mani che ti sapranno aiutare, cuori che ti sorreggeranno?
Ti seguo mentre ti portano sulle loggie per la tua prima benedizione urbi et orbi.
Non osi guardare giù, alla folla: è un mare, come quello che tu hai dentro.
Stendi la mano, tracci il segno divino... Nell’istante, ti cerchi anche il cuore per donarlo.. Te l’hanno rubato: è già per il mondo, ovunque è un’anima...
Tutti ti hanno derubato: sei il Derubato.
Vengono a prendere commiato – perché tu solo resti – coloro che t’hanno designato al potere, senza comunicartelo. Tu li vorresti abbracciare, non per ringraziarli, ma per farti perdonare d’aver accolto la loro designazione, per implorare l’aiuto della loro fraternità... Non lo puoi perché il cerimoniale te lo vieta.
Il cerimoniale! E tu resti col tuo desiderio...
Adesso sei solo, finalmente solo: la solitudine che può aiutare a portare questo deserto... Tacciono le campane, la piazza: tace l’omaggio. Finalmente sei solo nelle Camere. Solo con la tua anima che s’affaccia sul domani, divenuto dovere, responsabilità davanti ai secoli, davanti al mondo, davanti alla Chiesa, davanti a Dio: custode d’una fede, d’una speranza, d’una carità più grande d’ogni più grande anima, più vasta d’ogni più vasto pensiero, più salda d’ogni più salda volontà. Per questo sei fatto roccia, senza cessare d’essere un cuore, un povero cuore di carne.
Fuori sei grande, sei simbolo, sei voce, sei pastore, sei pietra... Qui, in questo momento, come ti vede il mio cuore, non sei che un uomo, un uomo in preghiera, un questuante, un naufrago in cerca di scampo.
Hai bisogno di Dio. Avresti bisogno anche della tua mamma (tu non lo dici: io lo so lo stesso) d’una carezza sulla tua fronte riarsa. Voglio richiamarla per te e per... me.
Non posso vederti così solo, così sperduto in questo palazzo che ti appartiene come apparteneva a Gesù l’orto degli Ulivi... sono gli ultimi anni della tua vita: ognuno ha diritto di passarli in pace. Voglio che qualcuno ti sia vicino, qualcuno che ami come uomo, come amico, come fratello, come figlio.. Perché sei rimasto “un figliolo” anche sotto la tua universale paternità e ti darebbe animo quella voce che ha più gioia e riposo e gloria della voce di tutti i poeti e delle formule di omaggio di tutti i cerimoniali: ti darebbe animo se ti dicesse ancora una volta, proprio questa sera: “El me putèl, el me pover putèl!”.
Ma io non conosco la parlata della tua mamma e le ho imprestato quella della mia: tu però la ricordi bene, te ne ricordi l’accento, l’inflessione, quella morbidezza ineffabile che sa mettere una mamma nella parola più comune...
Così, soltanto così, segnato dalla carezza di questo ricordo, potrai addormentarti e, domani, andare incontro al mondo, guidato dalla luce divina che ti fu promessa e dalla mano di tua mamma che non può mancare.
Pietra e cuore, padre e figliolo. Così ti saluta questo povero prete dal fondo del suo presbiterio: così ti salutano migliaia e migliaia di anime umili e semplici che, abbagliate da nessun fasto, impedite da nessun clamore, pensano a te, nella loro preghiera affettuosa, come al figliolo che adesso gli pesa sul cuore questo povero e tragico mondo, e che ha tanto bisogno di essere sorretto e amato.
Primo Mazzolari - 1958
• Benedetto XVI (Joseph Ratzinger) 2005 - Joseph Ratzinger - Cardinale dal 1977, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede dal 1981, Decano del Collegio Cardinalizio dal 2002 - è nato in Marktl am Inn, nel territorio della Diocesi di Passau (Germania), il 16 aprile dell'anno 1927.
Egli ha trascorso la sua infanzia e la sua adolescenza a Traunstein, una piccola città vicino alla frontiera con l'Austria, a circa trenta chilometri da Salisburgo. Ha ricevuto in questo contesto, che egli stesso ha definito "mozartiano", la sua formazione cristiana, umana e culturale.
Il tempo della sua giovinezza non è stato facile. La fede e l'educazione della sua famiglia lo ha preparato alla dura esperienza dei problemi connessi al regime nazista: egli ha ricordato di aver visto il suo parroco bastonato dai nazisti prima della celebrazione della Santa Messa e di aver conosciuto il clima di forte ostilità nei confronti della Chiesa cattolica in Germania.
Non conosco il tuo volto, non oso sceglierlo tra le cinquantadue immagini che dalle pagine dei giornali sembrano quasi in attesa della condanna capitale più che dell’onore supremo.
Come non mi riguarda il tuo nome di ieri, così non m’importa il tuo volto. Le parole comuni, come i comuni sentimenti di preferenza o di simpatia non hanno più senso per uno che ha finito d’avere un suo cuore, un suo pensiero, una sua strada, per divenire il cuore, il pensiero la strada della Chiesa.
Ognuno ti darà la faccia che vuole. La radio non avrà ancora finito d’annunciare al mondo il tuo nome di ieri e di domani, che milioni di uomini ti avranno già ricostruito a loro immagine, imprestato un disegno, catalogato con questi piuttosto che con quelli. Il tuo passato verrà frugato e perquisito da tutti. Dagli episodi più futili, dai gesti più comuni, dalle parole più insignificanti, dagli scritti, dai gesti... si trarrà l’oroscopo o il materiale per ricomporre, su misura di ognuno, la tua figura, mentre tu non sei più del tuo passato, sei uscito per sempre dalla tua parentela, dalla tua tribù, dalla tua nazione.
Coloro stessi che scrivono: “Lo giudicheremo dai fatti” hanno più decisamente degli altri fissato il programma del tuo pontificato, tracciato la strada che devi camminare se vuoi essere un Papa secondo il cuor loro. La riserva non è che un’ipocrita saggezza per aver maggior diritto di sentenziare a la prima occasione: “L’abbiamo detto: non poteva fare diversamente”.
Non hai ancora parlato e già le cancellerie di tutti i paesi hanno preso posizione nei tuoi riguardi.
Né il titolo né l’animo di “pastor et nauta” ti salverà dall’essere coinvolto, tuo malgrado, nei loro disegni. Più evangelico sarà il tuo pensiero, più staccato il tuo animo da ogni terrestre competizione, più alieno da compromessi, più sgombro d’ogni misura di dominio, più spirituale il tuo richiamo, più paterna ed accorata la tua parola, e ben più duramente verrai giudicato dagli stessi che invocavano un papa unicamente spirituale. Nulla di più fastidioso, nulla di più sconcertante, nulla di più discriminante nei riguardi dei nostri poveri pensieri, che un pensiero unicamente rivolto verso l’Eterno.
Un uomo, non vestito alla maniera di tutti gli uomini, è inafferrabile. Un uomo che non conosce gli interessi terreni, che non ha nulla da difendere sul piano dell’effimero, che vuole soltanto un po’ di Cielo, su questa povera terra, è assai pericoloso specialmente per chi vuole una terra senza Cielo.
I giornali, che non sanno ancora nulla di te, tengono in redazione, già pronte, cartelle su cartelle per il numero straordinario. Come avviene di certi panegirici, basterà cambiare o aggiungere il nome. Le stesse vuote espressioni, gli stessi omaggi rimati, gli stessi auguri: così nei giornali come nei telegrammi e nei messaggi che t’arriveranno d’ogni parte del mondo e che tu non leggerai, come non leggerai le risposte che pure porteranno il tuo nome o che verranno date in tuo nome.
Ti vestiranno con vestiti non confezionati per te: sarai salutato con parole che possono essere dette anche ad un altro, perché tu non hai più nulla di tuo, non sei più nulla per te: prendi tutto da quella divina cosa che tu rappresenti, la quale ti fa grande e ti annichila.
Ti guardi attorno. Chi potrà fissare lo smarrimento del tuo occhio. Facce nuove, facce forestiere anche se ossequiose. Perfino l’uomo di fiducia che t’ha seguito in conclave, non ti sorride più. Anch’egli è come oppresso e allontanato dalla tua nuova dignità che gli impedisce di poterti accostare come prima. E gli altri, codesto piccolo mondo che ti preme, che t’inchina, che vuol leggere dentro di te, indovinare... cosa vuole da te? Raccattatori di briciole, collezionisti di vanità variopinte, o mani che ti sapranno aiutare, cuori che ti sorreggeranno?
Ti seguo mentre ti portano sulle loggie per la tua prima benedizione urbi et orbi.
Non osi guardare giù, alla folla: è un mare, come quello che tu hai dentro.
Stendi la mano, tracci il segno divino... Nell’istante, ti cerchi anche il cuore per donarlo.. Te l’hanno rubato: è già per il mondo, ovunque è un’anima...
Tutti ti hanno derubato: sei il Derubato.
Vengono a prendere commiato – perché tu solo resti – coloro che t’hanno designato al potere, senza comunicartelo. Tu li vorresti abbracciare, non per ringraziarli, ma per farti perdonare d’aver accolto la loro designazione, per implorare l’aiuto della loro fraternità... Non lo puoi perché il cerimoniale te lo vieta.
Il cerimoniale! E tu resti col tuo desiderio...
Adesso sei solo, finalmente solo: la solitudine che può aiutare a portare questo deserto... Tacciono le campane, la piazza: tace l’omaggio. Finalmente sei solo nelle Camere. Solo con la tua anima che s’affaccia sul domani, divenuto dovere, responsabilità davanti ai secoli, davanti al mondo, davanti alla Chiesa, davanti a Dio: custode d’una fede, d’una speranza, d’una carità più grande d’ogni più grande anima, più vasta d’ogni più vasto pensiero, più salda d’ogni più salda volontà. Per questo sei fatto roccia, senza cessare d’essere un cuore, un povero cuore di carne.
Fuori sei grande, sei simbolo, sei voce, sei pastore, sei pietra... Qui, in questo momento, come ti vede il mio cuore, non sei che un uomo, un uomo in preghiera, un questuante, un naufrago in cerca di scampo.
Hai bisogno di Dio. Avresti bisogno anche della tua mamma (tu non lo dici: io lo so lo stesso) d’una carezza sulla tua fronte riarsa. Voglio richiamarla per te e per... me.
Non posso vederti così solo, così sperduto in questo palazzo che ti appartiene come apparteneva a Gesù l’orto degli Ulivi... sono gli ultimi anni della tua vita: ognuno ha diritto di passarli in pace. Voglio che qualcuno ti sia vicino, qualcuno che ami come uomo, come amico, come fratello, come figlio.. Perché sei rimasto “un figliolo” anche sotto la tua universale paternità e ti darebbe animo quella voce che ha più gioia e riposo e gloria della voce di tutti i poeti e delle formule di omaggio di tutti i cerimoniali: ti darebbe animo se ti dicesse ancora una volta, proprio questa sera: “El me putèl, el me pover putèl!”.
Ma io non conosco la parlata della tua mamma e le ho imprestato quella della mia: tu però la ricordi bene, te ne ricordi l’accento, l’inflessione, quella morbidezza ineffabile che sa mettere una mamma nella parola più comune...
Così, soltanto così, segnato dalla carezza di questo ricordo, potrai addormentarti e, domani, andare incontro al mondo, guidato dalla luce divina che ti fu promessa e dalla mano di tua mamma che non può mancare.
Pietra e cuore, padre e figliolo. Così ti saluta questo povero prete dal fondo del suo presbiterio: così ti salutano migliaia e migliaia di anime umili e semplici che, abbagliate da nessun fasto, impedite da nessun clamore, pensano a te, nella loro preghiera affettuosa, come al figliolo che adesso gli pesa sul cuore questo povero e tragico mondo, e che ha tanto bisogno di essere sorretto e amato.
Primo Mazzolari - 1958
• Benedetto XVI (Joseph Ratzinger) 2005 - Joseph Ratzinger - Cardinale dal 1977, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede dal 1981, Decano del Collegio Cardinalizio dal 2002 - è nato in Marktl am Inn, nel territorio della Diocesi di Passau (Germania), il 16 aprile dell'anno 1927.
Egli ha trascorso la sua infanzia e la sua adolescenza a Traunstein, una piccola città vicino alla frontiera con l'Austria, a circa trenta chilometri da Salisburgo. Ha ricevuto in questo contesto, che egli stesso ha definito "mozartiano", la sua formazione cristiana, umana e culturale.
Il tempo della sua giovinezza non è stato facile. La fede e l'educazione della sua famiglia lo ha preparato alla dura esperienza dei problemi connessi al regime nazista: egli ha ricordato di aver visto il suo parroco bastonato dai nazisti prima della celebrazione della Santa Messa e di aver conosciuto il clima di forte ostilità nei confronti della Chiesa cattolica in Germania.
• Giovanni Paolo II (Karol Wojtyla) 1978-2005
Karol Józef Wojtyla nasce il 18 maggio 1920 a Wadowice, città a 50 km da Cracovia, in Polonia. E' il secondo dei due figli di Karol Wojtyla e di Emilia Kaczorowska, che muore quando lui ha solo nove anni. Anche il fratello maggiore non ebbe miglior sorte, morendo molto giovane nel 1932.
Finiti brillantemente gli studi liceali, nel 1938 si trasferisce a Cracovia con il padre ed inizia a frequentare la Facoltà di Filosofia della città. Si iscrive anche allo "Studio 38", circolo teatrale che durante la seconda guerra mondiale va avanti clandestinamente. Nel 1940 lavora come operaio nelle cave presso Cracovia e in seguito nella locale fabbrica chimica. Evita così la deportazione ed i lavori forzati nel Terzo Reich tedesco. Nel 1941 il padre muore, e il giovane Karol appena ventenne si trova del tutto solo.
A partire dal 1942, sentendosi chiamato al sacerdozio, frequenta i corsi di formazione del seminario maggiore clandestino di Cracovia, diretto dall'Arcivescovo di Cracovia, il Cardinale Adam Stefan Sapieha. Nel contempo è uno dei promotori del "Teatro Rapsodico", anch'esso clandestino. Nell'agosto del 1944 l'arcivescovo Sapieha lo trasferisce, insieme ad altri seminaristi clandestini, nel Palazzo dell'arcivescovado. Vi rimarrà fino alla fine della guerra.
Il giorno 1 novembre 1946 Karol Wojtyla è ordinato sacerdote; dopo pochi giorni parte per proseguire gli studi a Roma, dove alloggia presso i Pallottini, in Via Pettinari. Nel 1948 discute la sua tesi sul tema della fede nelle opere di San Giovanni della Croce. Rientra da Roma in Polonia dove come viceparroco viene destinato alla parrocchia di Niegowiæ presso Gdów.
• Giovanni Paolo I (Albino Luciani) - Pontificato 1978-1978 Karol Józef Wojtyla nasce il 18 maggio 1920 a Wadowice, città a 50 km da Cracovia, in Polonia. E' il secondo dei due figli di Karol Wojtyla e di Emilia Kaczorowska, che muore quando lui ha solo nove anni. Anche il fratello maggiore non ebbe miglior sorte, morendo molto giovane nel 1932.
Finiti brillantemente gli studi liceali, nel 1938 si trasferisce a Cracovia con il padre ed inizia a frequentare la Facoltà di Filosofia della città. Si iscrive anche allo "Studio 38", circolo teatrale che durante la seconda guerra mondiale va avanti clandestinamente. Nel 1940 lavora come operaio nelle cave presso Cracovia e in seguito nella locale fabbrica chimica. Evita così la deportazione ed i lavori forzati nel Terzo Reich tedesco. Nel 1941 il padre muore, e il giovane Karol appena ventenne si trova del tutto solo.
A partire dal 1942, sentendosi chiamato al sacerdozio, frequenta i corsi di formazione del seminario maggiore clandestino di Cracovia, diretto dall'Arcivescovo di Cracovia, il Cardinale Adam Stefan Sapieha. Nel contempo è uno dei promotori del "Teatro Rapsodico", anch'esso clandestino. Nell'agosto del 1944 l'arcivescovo Sapieha lo trasferisce, insieme ad altri seminaristi clandestini, nel Palazzo dell'arcivescovado. Vi rimarrà fino alla fine della guerra.
Il giorno 1 novembre 1946 Karol Wojtyla è ordinato sacerdote; dopo pochi giorni parte per proseguire gli studi a Roma, dove alloggia presso i Pallottini, in Via Pettinari. Nel 1948 discute la sua tesi sul tema della fede nelle opere di San Giovanni della Croce. Rientra da Roma in Polonia dove come viceparroco viene destinato alla parrocchia di Niegowiæ presso Gdów.
Nato il 17 ottobre 1912 a Forno di Canale (Belluno), da una famiglia povera.
Dopo aver studiato nei seminari locali Luciani fu ordinato sacerdote il 7 Luglio 1935. Compiuti gli studi, conseguendo il dottorato nell’università Gregoriana, fu dapprima curato nella sua parrocchia natale per poi diventare, nell’autunno del 1937, vice-rettore del seminario di Belluno. Nel dicembre del 1958 Giovanni XXIII lo nominò vescovo di Vittorio Veneto. Il 15 dicembre 1969, per espresso desiderio della chiesa locale, venne nominato patriarca di Venezia. Dal 1972 al 1975 fu vice-presidente della conferenza episcopale italiana e il 5 marzo 1973 ricevette il cappello cardinalizio. Dotato di una animo riformista incoraggiò i parroci a vendere i vasi sacri e altri oggetti preziosi della chiesa a beneficio dei poveri. Nel 1971 poi propose che le chiese ricche dell’Occidente dessero l’uno per cento delle loro rendite alle chiese povere del terzo mondo.
Nell’agosto del 1978, dopo la morte di Paolo VI venne eletto papa. Si disse che l’avere scelto il nome di Giovanni Paolo esprimeva il desiderio di combinare le qualità progressiste e quelle tradizionali di Giovanni XXIII e di Paolo VI.
Sempre insofferente all’etichetta e alle manifestazioni puramente esteriori fece a meno della tradizionale incoronazione e nel giorno in cui entrò in carica (3 settembre, in Piazza S. Pietro) fu semplicemente investito del pallio, simbolo del suo ufficio pastorale.
Dopo aver studiato nei seminari locali Luciani fu ordinato sacerdote il 7 Luglio 1935. Compiuti gli studi, conseguendo il dottorato nell’università Gregoriana, fu dapprima curato nella sua parrocchia natale per poi diventare, nell’autunno del 1937, vice-rettore del seminario di Belluno. Nel dicembre del 1958 Giovanni XXIII lo nominò vescovo di Vittorio Veneto. Il 15 dicembre 1969, per espresso desiderio della chiesa locale, venne nominato patriarca di Venezia. Dal 1972 al 1975 fu vice-presidente della conferenza episcopale italiana e il 5 marzo 1973 ricevette il cappello cardinalizio. Dotato di una animo riformista incoraggiò i parroci a vendere i vasi sacri e altri oggetti preziosi della chiesa a beneficio dei poveri. Nel 1971 poi propose che le chiese ricche dell’Occidente dessero l’uno per cento delle loro rendite alle chiese povere del terzo mondo.
Nell’agosto del 1978, dopo la morte di Paolo VI venne eletto papa. Si disse che l’avere scelto il nome di Giovanni Paolo esprimeva il desiderio di combinare le qualità progressiste e quelle tradizionali di Giovanni XXIII e di Paolo VI.
Sempre insofferente all’etichetta e alle manifestazioni puramente esteriori fece a meno della tradizionale incoronazione e nel giorno in cui entrò in carica (3 settembre, in Piazza S. Pietro) fu semplicemente investito del pallio, simbolo del suo ufficio pastorale.
Tre settimane più tardi, intorno alle undici di sera di giovedì 28 settembre, morì per un attacco cardiaco mentre era a letto intento a leggere delle carte contenenti appunti personali.
Fu il primo papa di cui si può dimostrare che ebbe origine dalla classe operaia: un uomo dotato di buon senso pratico che attirava la gente con il suo sorriso cordiale.
Fu il primo papa di cui si può dimostrare che ebbe origine dalla classe operaia: un uomo dotato di buon senso pratico che attirava la gente con il suo sorriso cordiale.
• Paolo VI (Giovan Battista Montini) - Pontificato 1963-1978
Nato a Concesio (Brescia) nel 1897 da una della nobiltà rurale.Nel 1920 ricevette l’ordinazione sacerdotale.
Chiamato all’attività diplomatica ecclesiastica dopo un breve soggiorno in Polonia, come addetto alla Nunziatura di Varsavia nel 1923. L’anno seguente fu trasferito a Roma nell’Accademia Ecclesiastica, e nel 1925 nella segreteria di Stato come minutante.
Nel 1958 ricevette la porpora cardinalizia da Giovanni XXIII, come arcivescovo di Milano il Cardinale Montini si distinse per un’azione diretta ad avvicinare alla chiesa le masse e i lontani .
Il 21 giugno del 1963 il Cardinale Montini venne eletto papa con il nome di Paolo VI.
L’azione di Paolo VI fu indirizzata al proseguimento della strada tracciata dal suo predecessore per l’aggiornamento della Chiesa, azione per l’unione dei cristiani , promozione della cultura cattolica e avvicinamento del mondo intellettuale alla Chiesa, attività per la pace e per la conciliazione dei contrasti in seno all’umanità , assistenza e promozione umana delle classi lavoratrici e dei popoli in via di sviluppo.
Allo scopo di inserire maggiormente l’azione di spiritualizzatrice e pacificatrice della chiesa nel mondo contemporaneo lacerato da pericolose e drammatiche scissioni Paolo VI intraprese, rompendo una prassi pontificia più che secolare, viaggi intercontinentali. Papa Paolo VI morì il 6 agosto del 1978.
Chiamato all’attività diplomatica ecclesiastica dopo un breve soggiorno in Polonia, come addetto alla Nunziatura di Varsavia nel 1923. L’anno seguente fu trasferito a Roma nell’Accademia Ecclesiastica, e nel 1925 nella segreteria di Stato come minutante.
Nel 1958 ricevette la porpora cardinalizia da Giovanni XXIII, come arcivescovo di Milano il Cardinale Montini si distinse per un’azione diretta ad avvicinare alla chiesa le masse e i lontani .
Il 21 giugno del 1963 il Cardinale Montini venne eletto papa con il nome di Paolo VI.
L’azione di Paolo VI fu indirizzata al proseguimento della strada tracciata dal suo predecessore per l’aggiornamento della Chiesa, azione per l’unione dei cristiani , promozione della cultura cattolica e avvicinamento del mondo intellettuale alla Chiesa, attività per la pace e per la conciliazione dei contrasti in seno all’umanità , assistenza e promozione umana delle classi lavoratrici e dei popoli in via di sviluppo.
Allo scopo di inserire maggiormente l’azione di spiritualizzatrice e pacificatrice della chiesa nel mondo contemporaneo lacerato da pericolose e drammatiche scissioni Paolo VI intraprese, rompendo una prassi pontificia più che secolare, viaggi intercontinentali. Papa Paolo VI morì il 6 agosto del 1978.
• Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli) – Pontificato 1958-1963
Nato a Bergamo nel 1881, da famiglia contadina , compì i suoi studi presso il collegio S. Apollinare in Roma. Fu ordinato sacerdote nel 1904, l’anno successivo ritornò a Bergamo dove fu segretario del Cardinale G.Radini-Tedeschi.
Allo scoppio della prima guerra mondiale fu chiamato alle armi, prima come sergente di sanità , poi come tenente cappellano. Nominato arcivescovo di Aereopoli nel 1925 fu inviato come visitatore apostolico in Bulgaria dove rimase per dieci anni.
Nel 1935 passò come delegato apostolico in Turchia e in Grecia fino al 1944 quando venne nominato Nunzio a Parigi. La sua lunga e brillante carriera diplomatica terminò nel 1953 quando divenne cardinale e patriarca della città di Venezia.
L’elezione al sommo pontificio che avvenne nel 1958. Giovanni XXIII si dimostrò un Pontefice di grande personalità fautore di un processo di rinnovamento che in breve tempo impose la Chiesa all’attenzione riverente del mondo.
Papa Roncalli amava apparire come il “Parroco del Mondo”, parlava apertamente di aggiornamento, di semplificazione e della necessità di integrazione della fede nel mondo contemporaneo.
Ma il settore nel quale operò con più forza innovatrice fu quello della ricomposizione dell’unità cristiana e dei rapporti della Chiesa Cattolica con i Cristiani separati dell’Oriente e dell’Occidente.
Nel 1959 l’arcivescovo ortodosso Iakovos rendeva visita al Pontefice; era la prima volta dopo oltre tre secoli , che un vescovo ortodosso veniva ricevuto dal papa.
A meno di un mese dalla pubblicazione di Pace in terris Giovanni XIII veniva insignito del premio della Fondazione Eugenio Balzan per la pace. La cerimonia di premiazione svoltasi in vaticano fu la sua ultima apparizione pubblica. Dopo pochi giorni si diffuse la notizia del male inesorabile, che dopo tre giorni di agonia , seguita con ansia da tutto il mondo lo portava alla morte.
Allo scoppio della prima guerra mondiale fu chiamato alle armi, prima come sergente di sanità , poi come tenente cappellano. Nominato arcivescovo di Aereopoli nel 1925 fu inviato come visitatore apostolico in Bulgaria dove rimase per dieci anni.
Nel 1935 passò come delegato apostolico in Turchia e in Grecia fino al 1944 quando venne nominato Nunzio a Parigi. La sua lunga e brillante carriera diplomatica terminò nel 1953 quando divenne cardinale e patriarca della città di Venezia.
L’elezione al sommo pontificio che avvenne nel 1958. Giovanni XXIII si dimostrò un Pontefice di grande personalità fautore di un processo di rinnovamento che in breve tempo impose la Chiesa all’attenzione riverente del mondo.
Papa Roncalli amava apparire come il “Parroco del Mondo”, parlava apertamente di aggiornamento, di semplificazione e della necessità di integrazione della fede nel mondo contemporaneo.
Ma il settore nel quale operò con più forza innovatrice fu quello della ricomposizione dell’unità cristiana e dei rapporti della Chiesa Cattolica con i Cristiani separati dell’Oriente e dell’Occidente.
Nel 1959 l’arcivescovo ortodosso Iakovos rendeva visita al Pontefice; era la prima volta dopo oltre tre secoli , che un vescovo ortodosso veniva ricevuto dal papa.
A meno di un mese dalla pubblicazione di Pace in terris Giovanni XIII veniva insignito del premio della Fondazione Eugenio Balzan per la pace. La cerimonia di premiazione svoltasi in vaticano fu la sua ultima apparizione pubblica. Dopo pochi giorni si diffuse la notizia del male inesorabile, che dopo tre giorni di agonia , seguita con ansia da tutto il mondo lo portava alla morte.