Fonte: Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare,Luis Sepùlveda, Salani Editore (pagg.91,92,93)
Capitolo Undicesimo: Il Volo
Una pioggia fitta cadeva su Amburgo
e dai giardini si alzava un profumo di terra umida. L'asfalto delle strade
splendeva e le insegne al neon si riflettevano deformi sulla superficie
bagnata. Un uomo avvolto in un impermeabile camminava in una solitaria strada
del porto dirigendo i suoi passi verso il bazar di Harry.
- Assolutamente no! - strillò lo scimpanzè.
- Anche se mi conficcate i
vostri cinquanta artigli nel culo, io la porta non la apro! -
- Ma nessuno ha intenzione di
farti del male. Ti abbiamo solo chiesto un favore, tutto qui - miagolò
Zorba.
- L'orario di apertura va
dalle nove del mattino alle sei del pomeriggio. È il regolamento e deve essere rispettato - strillò Mattia.
- Per i baffi del tricheco!
Non potresti essere gentile almeno una volta in vita tua, macaco? - miagolò Sopravento.
- Per favore, signora
scimmia - stridette supplichevole Fortunata.
- Impossibile! Il regolamento
mi impedisce di allungare la mano e di aprire il chiavistello che voi, sacchi
di pulci, non avendo dita non potete aprire - strillò in tono
canzonatorio Mattia.
- Sei una scimmia terribile,
terribile! - miagolò Diderot.
- C'è un umano per strada e
sta guardando l'orologio - annunciò Segretario che sbirciava fuori.
- È il poeta! Non c'è tempo da
perdere! - miagolò Zorba correndo a tutta velocità verso la finestra.
Le campane della chiesa di San
Michele iniziarono a suonare i dodici rintocchi della mezzanotte e l'umano
sussultò al rumore di vetri rotti.
Il gatto nero grande e grosso cadde per strada in mezzo a una pioggia di
schegge, ma si rialzò senza preoccuparsi per le ferite alla testa, e saltò di
nuovo dentro la finestra dalla quale era uscito.
L'umano si avvicinò nel preciso
istante in cui una gabbiana veniva sollevata da vari gatti fino al davanzale.
Dietro i gatti, uno scimpanzè si palpeggiava la faccia cercando di tapparsi
occhi, orecchi e bocca allo stesso tempo.
- Prendila! Che non si ferisca
coi vetri - miagolò Zorba.
- Venite qua tutti e
due - disse l'umano prendendola in braccio.
L'umano si allontanò in fretta dalla
finestra del bazar. Sotto l'impermeabile aveva un gatto nero grande e grosso e
una gabbiana dalle piume d'argento.
- Canaglie! Banditi! Me la
pagherete! - strillò lo scimpanzè.
- Te la sei voluta. E sai cosa
penserà Harry domani? Che sei stato tu a rompere il vetro - ribatté
Segretario.
- Accidenti, anche stavolta è
riuscito a togliermi i miagolii di bocca - protestò Colonnello.
- Per i denti della murena! Sul tetto! Vedremo
volare la nostra Fortunata! - miagolò Sopravento.
Il gatto nero grande e grosso e la
gabbianella stavano ben comodi sotto l'impermeabile, al calduccio contro il
corpo dell'umano che camminava con passi rapidi e sicuri. Sentivano i loro tre
cuori battere con ritmi diversi, ma con la stessa intensità.
- Gatto, sei ferito? - chiese l'umano vedendo delle macchie di sangue sui risvolti dell'impermeabile.
- Non importa. Dove
andiamo? - chiese Zorba.
- Capisci l'umano? - stridette Fortunata.
- Sì. Ed è una brava persona
che ti aiuterà a volare - le assicurò Zorba.
- Capisci la gabbiana? - chiese l'umano.
- Dimmi dove stiamo
andando - insisté Zorba.
- Da nessuna parte, siamo
arrivati - rispose l'umano.
Zorba fece capolino. Erano davanti a
un edificio alto. Sollevò gli occhi e riconobbe il campanile di San Michele
illuminato da vari riflettori. I fasci di luce colpivano in pieno la sua
struttura slanciata rivestita di lastre di rame che il tempo, la pioggia e i
venti avevano coperto di una patina verde.
- Le porte sono chiuse - miagolò Zorba.
- Non tutte - disse
l'umano. - Nelle notti di burrasca ho l'abitudine di venire qui a fumare
e a riflettere in solitudine. Conosco un'entrata per noi. -
Fecero un giro e si intrufolarono da
una piccola porta laterale che l'umano aprì con l'aiuto di un coltello a
serramanico. Poi tirò fuori di tasca una torcia e, guidati dal suo sottile
fascio di luce, iniziarono a salire una scala a chiocciola che sembrava
interminabile.
- Ho paura - stridette
Fortunata.
- Ma vuoi volare,
vero? - miagolò Zorba.
Dal campanile di San Michele si
vedeva tutta la città. La pioggia avvolgeva la torre della televisione, e al porto le gru
sembravano animali in riposo.
- Guarda, si vede il bazar di
Harry. I nostri amici sono laggiù - miagolò Zorba.
- Ho paura! Mamma! - stridette
Fortunata.
Zorba saltò sulla balaustra che
girava attorno al campanile. In basso le auto sembravano insetti dagli occhi
brillanti. L'umano prese la gabbiana tra le mani.
- No! Ho paura! Zorba!
Zorba! - stridette Fortunata beccando le mani dell'umano.
- Aspetta. Posala sulla
balaustra - miagolò Zorba.
- Non avevo intenzione di
buttarla giù - disse l'umano.
- Ora volerai, Fortunata.
Respira. Senti la pioggia. È acqua. Nella tua vita avrai molti motivi per
essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un
altro ancora si chiama sole e arriva
sempre come una ricompensa dopo la pioggia. Senti la pioggia. Apri le
ali - miagolò Zorba.
La gabbianella spiegò le ali. I
riflettori la inondavano di luce e la pioggia le copriva di perle le piume. L'umano e il gatto
la videro sollevare la testa con gli occhi chiusi.
- La pioggia. L'acqua. Mi
piace! - stridette.
- Ora volerai - miagolò
Zorba.
- Ti voglio bene. Sei un gatto
molto buono - stridette Fortunata avvicinandosi al bordo della balaustra.
- Ora volerai. Il cielo sarà
tutto tuo - miagolò Zorba.
- Non ti dimenticherò mai. E
neppure gli altri gatti - stridette lei già con metà delle zampe fuori
dalla balaustra, perché come dicevano i versi di Atxaga, il suo piccolo cuore
era lo stesso degli equilibristi.
- Vola! - miagolò Zorba
allungando una zampa e toccandola appena.
Fortunata scomparve alla vista, e
l'umano e il gatto temettero il peggio. Era caduta giù come un sasso. Col fiato
sospeso si affacciarono alla balaustra, e allora la videro che batteva le ali
sorvolando il parcheggio, e poi seguirono il suo volo in alto, molto più in
alto della banderuola dorata che corona la singolare bellezza di San Michele.
Fortunata volava solitaria nella
notte amburghese. Si allontanava battendo le ali con energia fino a sorvolare
le gru del porto, gli alberi delle barche, e subito dopo tornava indietro
planando, girando più volte attorno al campanile della chiesa.
- Volo! Zorba! So
volare! - strideva euforica dal vasto cielo grigio.
L'umano accarezzò il dorso del
gatto.
- Bene, gatto. Ci siamo
riusciti - disse sospirando.
- Sì, sull'orlo del baratro ha
capito la cosa più importante - miagolò Zorba.
- Ah sì? E cosa ha
capito? - chiese l'umano.
- Che vola solo chi osa
farlo - miagolò Zorba.
- Immagino che adesso tu
preferisca rimanere solo. Ti aspetto giù - lo salutò l'umano.
Zorba rimase a contemplarla finché
non seppe se erano gocce di pioggia o lacrime ad annebbiare i suoi occhi gialli
di gatto nero grande e grosso, di gatto buono, di gatto nobile, di gatto del
porto.
Laufenburg, Foresta Nera,1996
- Luis Sepùlveda -
Fonte: Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare,Luis Sepùlveda, Salani Editore
Buona giornata a tutti. :-)