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mercoledì 21 ottobre 2020

La Chiesa non può abbandonare la famiglia. Parola di Giovanni Paolo II - don Silvio Longobardi


La sera in cui Giovanni Paolo II si affacciò per la prima volta dalla Loggia della grande Basilica disse parole che subito conquistarono il cuore dei presenti e di quanti, in ogni parte del mondo, seguivano le vicende della Chiesa. 
Quella sera tuttavia ben pochi compresero la grazia che Dio aveva donato a tutta l’umanità. 
Gli anni successivi servirono a manifestare la forza della fede di quest’uomo che ha costretto il mondo a prendere coscienza che la Chiesa non voleva restare ai margini della storia ma prendere attivamente parte al cammino dei popoli.
A distanza di pochi anni dalla sua morte (2 aprile 2005) la Chiesa ha riconosciuto e proclamato al mondo la sua santità. 
La memoria liturgica, che sarà celebrata domani, ci offre l’occasione per affidare alla sua intercessione la causa della famiglia. 
È bene dirlo subito: nessuno come lui e più di lui ha avuto a cuore la famiglia. Nessuno ha fatto tanto per dare alla famiglia il posto che merita nella comunità ecclesiale e in quella civile. 
La storia della Chiesa non si è fermata con Giovanni Paolo II ma questo Papa ha scritto pagine significative che abbiamo il dovere di custodire e sviluppare.
Fin dall’inizio del suo pontificato Giovanni Paolo II ha mostrato una grande attenzione alla problematica della famiglia come ebbe a dire lui stesso: “Una delle preoccupazioni più assillanti è sempre stata quella della pastorale a favore dei nuclei familiari” (30 maggio 1983). 
È una sensibilità che apparteneva da sempre al suo patrimonio ideale e che aveva già trovato un certo sviluppo nel corso del ministero sacerdotale ed episcopale, come ha dimostrato Przemyslaw Kwiatkowski nel suo libro: Lo Sposo passa per questa strada…
Giovanni Paolo II era abituato a lottare, è vissuto in un Paese che si è sempre opposto con fierezza al totalitarismo comunista. 
Il suo magistero ha avuto senza dubbio il merito di scuotere la Chiesa intorpidita e quasi impaurita dinanzi ad una cultura che stravolgeva tutti i parametri valoriali e appariva trionfante. Papa Wojtyla ha saputo risvegliare energie che rischiavano di restare sopite, ha ridato forza e coraggio al mondo cattolico, ha invitato a non ridurre la fede ad una vuota religiosità ma a tradurla in un progetto che abbraccia e veste di senso tutta la vita dell’uomo.
Questa strategia ha trovato una particolare applicazione proprio nell’ambito familiare di Giovanni Paolo II essenziale al fine di ricostruire quella che Paolo chiamava “la civiltà dell’amore”. 
Nel 1979, l’anno successivo alla sua elezione, in vista del Sinodo sulla famiglia (1980), comincia una lunga e approfondita serie di catechesi sull’amore umano. 
Il tema lo occupa per cinque anni: dal 5 settembre 1979 al 28 novembre 1984. Nel 1981 pubblica l’Esortazione Familiaris Consortio, un documento che, nelle sue intenzioni, “vuole essere una summa dell’insegnamento della Chiesa sulla vita, i compiti, le responsabilità, la missione del matrimonio e della famiglia nel mondo di oggi” (Allocuzione al Sacro Collegio, 22 dicembre 1981).
Prima ancora, e proprio per favorire una più organica promozione della pastorale familiare, aveva trasformato il Comitato per la Famiglia, nato nel 1973, in un Pontificio Consiglio per la Famiglia che lui stesso presenta come “un segno dell’importanza che attribuisco alla pastorale della famiglia nel mondo, e al tempo stesso uno strumento efficace per aiutare a promuoverla ad ogni livello” (Familiaris consortio, 73). 
Nello stesso anno ha costituito l’Istituto per Studi su Matrimonio e Famiglia per promuovere una riflessione filosofica e teologica su tutti i grandi temi che riguardano l’istituzione familiare.
Com’è facile comprendere, questi gesti che segnano i primi anni del pontificato wojtyliano sono carichi di significato perché non si limitano ad offrire vaghe esortazioni spirituali ma danno alla Chiesa universale nuove e più solide strutture per promuovere una pastorale familiare capace effettivamente di incidere nel tessuto ecclesiale e sociale.
L’impegno di Giovanni Paolo II nasce dalla convinzione che la Chiesa non può abbandonare la famiglia nel contesto di una cultura che vuole deformare radicalmente la grammatica dell’amore e del matrimonio. 
Il Papa polacco non appartiene alla categoria dei buonisti, a suo giudizio nella storia contemporanea è in atto un processo culturale che si oppone radicalmente al cristianesimo, lo dice a chiare lettere alle famiglie riunite a Roma per il Giubileo: “Nell’epoca contemporanea, la vita della società (forse soprattutto nei Paesi ricchi e sviluppati) è costellata di episodi e di eventi che testimoniano l’opposizione a Dio, ai suoi piani di amore e di santità, ai suoi comandamenti, per quanto concerne la sfera del matrimonio e della famiglia” (25 marzo 1984). 
È una lotta che non si vince senza … combattere.
In un’altra occasione, parlando al Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa ritorna su questo argomento: “Siamo coscienti dei conflitti e delle tensioni che esistono tra il modello di famiglia e di morale familiare proposto dal vangelo e quello invalso nella società moderna”. 
Il modello secolarizzato del matrimonio è giunto ad una profonda involuzione: “Privilegiano un soggettivismo e un individualismo teso solo alla ricerca della propria egoistica autorealizzazione, il matrimonio è stato privato del suo intimo e naturale significato e valore” (11 ottobre 1985).
Questa coscienza non incute paura né suggerisce una strategia attendista. Giovanni Paolo II è convinto che la Chiesa deve fare la sua parte senza timore. Anzi egli è profondamente convinto che nel futuro, il Novecento sarà proclamato come “il secolo della famiglia”. E spiega: “Mai come in questo secolo la famiglia è stata investita da tante minacce, aggressioni e erosioni. Ma, in pari tempo, mai come in questo secolo si è venuto incontro alla famiglia con tanti aiuti sia sul piano ecclesiale che civile” (12 ottobre 1980).
Nelle sue parole sentiamo una forza e una convinzione che non possono lasciarci indifferenti e ci spingono a non arrenderci. Il Potere farà di tutto per zittire la nostra voce ma noi siamo certi che l’impegno che oggi seminiamo nei solchi induriti della storia germoglierà e porterà frutto abbondante.

- don Silvio Longobardi -
(Fonte: Puntofamiglia.net del 21 Ottobre 2019)



Viviamo in un momento cui vogliono che i preti si sposino ma che le coppie sposate divorzino come nulla fosse. 
Vogliono che gli eterosessuali abbiano rapporti senza compromessi e senza il matrimonio, ma vogliono che le coppie gay si sposino nella chiesa. 
Vogliono che le donne abbiano corpi maschili e si vestano come uomini e assumano ruoli maschili. 
Vogliono che gli uomini diventino "fragili", delicati, come se fossero donne. Un bambino con solo cinque o sei anni di vita ha già il diritto di decidere se vuole essere uomo o donna per tutta la vita, ma un minorenne per legge, non può rispondere per i suoi crimini. 
Non c'è spazio per i pazienti negli ospedali, ma c'è l'incoraggiamento e sponsorizzazione per coloro che vogliono cambiare sesso. 
C'è consulenza gratuita per coloro che desiderano lasciare l'eterosessualità e vivere l'omosessualità, ma non v'è alcun sostegno per coloro che vogliono lasciare l'omosessualità e vivere la loro eterosessualità e se cercano di farlo, è crimine. 
Essere pro-famiglia e religione è dittatura, ma urinare sulla Croce è la libertà di espressione. 
Se questa non è la fine dei tempi, deve essere almeno la prova generale...

(Fonte: Schizzofrenia sociale di Dr Almir Favarin Teologo e psicoanalista, pubblicato in www.gloria.tv - 31 Ottobre 2017)



"In questo grande sforzo per una nuova cultura della vita siamo sostenuti e animati dalla fiducia di chi sa che il Vangelo della vita, come il Regno di Dio, cresce e dà i suoi frutti abbondanti (cf. Mc 4, 26-29). 
È certamente enorme la sproporzione che esiste tra i mezzi, numerosi e potenti, di cui sono dotate le forze operanti a sostegno della «cultura della morte» e quelli di cui dispongono i promotori di una «cultura della vita e dell'amore». Ma noi sappiamo di poter confidare sull'aiuto di Dio, al quale nulla è impossibile (cf. Mt 19, 26).
Con questa certezza nel cuore, e mosso da accorata sollecitudine per le sorti di ogni uomo e donna, ripeto oggi a tutti quanto ho detto alle famiglie impegnate nei loro difficili compiti fra le insidie che le minacciano: è urgente una grande preghiera per la vita, che attraversi il mondo intero. 
Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale, da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione, da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente, si elevi una supplica appassionata a Dio, Creatore e amante della vita. 
Gesù stesso ci ha mostrato col suo esempio che preghiera e digiuno sono le armi principali e più efficaci contro le forze del male (cf. Mt 4, 1-11) e ha insegnato ai suoi discepoli che alcuni demoni non si scacciano se non in questo modo (cf. Mc 9, 29).
Ritroviamo, dunque, l'umiltà e il coraggio di pregare e digiunare, per ottenere che la forza che viene dall'Alto faccia crollare i muri di inganni e di menzogne, che nascondono agli occhi di tanti nostri fratelli e sorelle la natura perversa di comportamenti e di leggi ostili alla vita, e apra i loro cuori a propositi e intenti ispirati alla civiltà della vita e dell'amore".

- San Giovanni Paolo II -
Evangelium Vitae n. 100


Buona giornata a tutti. :-)