Scena V - Verona, la casa dei Capuleti
dialogo fra Giulietta e Romeo nella scena in cui si incontrano per la prima volta:
Romeo -Oh, ch'ella insegna perfino alle torce come splendere di più viva luce!
Par che sul buio volto della notte ella brilli come una gemma rara pendente dall'orecchio d'una Etiope.
Bellezza troppo ricca per usarne, troppo cara e preziosa per la terra!
Ella spicca fra queste sue compagne come spicca una nivea colomba in mezzo ad uno stormo di cornacchie.
Finito questo ballo, osserverò dove s'andrà a posare e, toccando la sua, farò beata questa mia rozza mano...
Ha mai amato il mio cuore finora?...
Se dice sì, occhi miei, sbugiardatelo, perch' io non ho mai visto vera beltà prima di questa notte.
dialogo fra Giulietta e Romeo nella scena in cui si incontrano per la prima volta:
« Romeo – Se con indegna mano profano questa tua santa reliquia (è il peccato di tutti i cuori pii), queste mie labbra, piene di rossore, al pari di contriti pellegrini, son pronte a render morbido quel tocco con un tenero bacio.
Giulietta – Pellegrino, alla tua mano tu fai troppo torto, ché nel gesto gentile essa ha mostrato la buona devozione che si deve. Anche i santi hanno mani, e i pellegrini le possono toccare, e palma a palma è il modo di baciar dei pii palmieri.
- Santi e palmieri non han dunque labbra?
- Sì, pellegrino, ma quelle son labbra ch'essi debbono usar per la preghiera.
– E allora, cara santa, che le labbra facciano anch'esse quel che fan le mani: esse sono in preghiera innanzi a te, ascoltale, se non vuoi che la fede volga in disperazione.
– I santi, pur se accolgono i voti di chi prega, non si muovono.
– E allora non ti muovere fin ch'io raccolga dalle labbra tue l'accoglimento della mia preghiera. (la bacia) Ecco, dalle tue labbra ora le mie purgate son così del lor peccato.
– Ma allora sulle mie resta il peccato di cui si son purgate quelle tue!
– O colpa dolcemente rinfacciata! Il mio peccato succhiato da te! E rendimelo, allora, il mio peccato. (la bacia ancora)
– Sai baciare nel più perfetto stile.
(William Shakespeare)