Nel 1965, in India, alla festa dell'Epifania, sono
stato invitato a parlare nella chiesa di una cittadina dello stato di Andhra
Pradesh, dove lavorano i missionari del Pime. Essendo l'unico prete
disponibile, ho dovuto celebrare la Messa (ma allora si celebrava in latino!) e
anche fare la predica dell'Epifania. Dato che sapevo solo poche parole di
telegu, la lingua locale (una delle più importanti delle 18 lingue ufficiali
dell'India, parlata da più di 80 milioni di indiani, con una letteratura molto
ricca e antica), il vescovo di Warangal monsignor Alfonso Beretta mi aveva
fatto accompagnare da un catechista che sapeva bene l'inglese. «Tu parla
inglese andando adagio», mi aveva detto, «e lui tradurrà in telegu, frase per frase,
parola per parola».
Così sono andato in quella grande chiesa di Kammameth
(che oggi è Diocesi), piena di gente, col mio bel discorso scritto in inglese.
Dopo la lettura del Vangelo, la gente si è seduta e io ho cominciato a parlare,
facendo riflessioni sulla festa liturgica, sul significato teologico
dell'Epifania. A ogni frase mi fermavo e lasciavo al catechista il tempo di
tradurre. Ma, man mano che
andavo avanti nella predica, mi accorgevo che mentre le mie frasi erano brevi,
il catechista parlava a lungo; e poi, io non citavo nessun nome proprio, ma lui
continuava a citare Baldassarre, Melchiorre e Gaspare.
Dopo la Messa gli chiedo come aveva tradotto la mia
predica e mi sento rispondere: «Padre, tu dicevi cose troppo difficili che io
capivo poco e i nostri fedeli, gente semplice, non avrebbero capito nulla e non
sapevo come tradurre. Allora ho raccontato alla gente la storia dei tre Re
Magi, chi erano, da dove venivano e cosa hanno fatto quando sono tornati alle
loro case dopo aver visto Gesù. Forse tu non sai, ma in India c'è la tradizione
che i Magi erano indiani. Io li ho ambientati nei nostri villaggi telegu, in
modo che tutti li sentissero come loro antenati. Ma non preoccuparti, ai nostri
fedeli la tua predica è piaciuta molto, anche perché hanno capito tutto e
adesso le vicende della vita di Gaspare, Baldassarre e Melchiorre le
racconteranno anche ad altri».
Quell'episodio mi ha fatto capire una grande verità: il
Vangelo è il racconto di un fatto, di un avvenimento, di una notizia; cioè
comunica la «Buona Notizia» e usa un linguaggio estremamente concreto, che
invita a cambiare vita, a convertirci. Gesù parla con parabole, cioè racconta
dei fatti che avrebbero potuto anche essere veri, per dare un'indicazione
morale. Non fa come in certe prediche di noi sacerdoti, che la gente non
ascolta o non capisce, perché disincarnate dalla vita quotidiana. Essere
cristiani significa vivere la vita di Cristo e offrire agli uomini degli esempi
concreti di vite spese per Dio e per il prossimo. Quello che convince o scuote
e fa riflettere i non credenti o i non praticanti non sono i ragionamenti o le
dimostrazioni filosofiche o teologiche (ci vogliono anche queste, ma a luogo e
tempo debito)., sebbene i buoni esempi delle vite di Gesù, di Maria e dei
santi. E anche dei Re Magi che venivano dall'Oriente!
Anche la nostra vita cristiana deve diventare, agli
occhi di chi non crede, un annunzio di salvezza, una testimonianza di fede e di
bontà. Nessuno riesce mai a essere un vero cristiano, perché il modello di Gesù
è infinitamente al di là delle nostre piccole persone: ma quel che importa è la
sincera volontà di camminare per la via che Cristo ci ha indicato. Non preoccupiamoci
troppo delle nostre cadute, quando sono sinceramente combattute e detestate,
quando ripetiamo ogni giorno al Signore il nostro pentimento e la volontà di
togliere il peccato dalla nostra vita. «La santità», diceva Santa Teresina del
Bambino Gesù, «non è una salita verso la perfezione, ma una discesa verso la
vera umiltà» .
- Piero
Gheddo -
gheddo.missionline.org
Il significato della Festa dell'Epifania
"Tre Re sapienti vengono da molto lontano, con
doni importanti, per adorare un Bambino in una grotta di un paesino sperduto
della Palestina.
In questa scena, che oggi il mondo cattolico commemora con devozione e commozione, si nascondono e si rivelano al contempo le quattro più importanti e meravigliose virtù cristiane di una vita spesa bene:
- La Fede, che li fa smuovere dai loro sontuosi palazzi e li fa mettere in cammino verso non si sa dove: quella stessa fede che nel Medioevo ha fatto smuovere milioni di pellegrini in tutta Europa;
- La Speranza, che li sorregge nel lungo cammino al seguito di una stella diversa dalle altre, che infonde loro non solo la luce della strada da seguire, ma la certezza interiore che è Dio a guidarli.
- La Carità, che è il vero propulsore della loro intrapresa, e concede loro la gioia di poter avere il privilegio di poter donare qualcosa di valore al Creatore loro, di quelle cose di valore e di tutto il mondo, che giace in una mangiatoia come il più indifeso e povero degli uomini.
- L’Umiltà, che fa piegare la schiena fino a terra a uomini che sono Re e sapienti, vale a dire le due categorie per propria natura meno portate all’umiltà (specie la seconda), e che per premio concede loro di ricevere la visione del Logos incarnato, Re dei Re e Sapienza fattasi uomo.
In questa scena, ove tutto il creato Si inchina al Creatore (gli astri, gli uomini, gli animali, le cose) si nasconde e rivela al contempo tutto il senso della vita e, in qualche modo, della creazione stessa, che si manifesta tramite il suo Fattore. Tutto il senso della nostra Fede.
Re, sapienti e pastori si sono inchinati al Re dei Re venuto al mondo, salvatore dell’umanità. Noi, che non siamo né re, né pastori e nemmeno sapienti, possiamo solo “metterci in fila” – in questo giorno come in ogni giorno della vita – per adorare Colui che è la nostra vera meta, la sola ragione della nostra ricerca, l’unico senso della nostra vita, perché Lui stesso è Via, Verità e Vita"
In questa scena, che oggi il mondo cattolico commemora con devozione e commozione, si nascondono e si rivelano al contempo le quattro più importanti e meravigliose virtù cristiane di una vita spesa bene:
- La Fede, che li fa smuovere dai loro sontuosi palazzi e li fa mettere in cammino verso non si sa dove: quella stessa fede che nel Medioevo ha fatto smuovere milioni di pellegrini in tutta Europa;
- La Speranza, che li sorregge nel lungo cammino al seguito di una stella diversa dalle altre, che infonde loro non solo la luce della strada da seguire, ma la certezza interiore che è Dio a guidarli.
- La Carità, che è il vero propulsore della loro intrapresa, e concede loro la gioia di poter avere il privilegio di poter donare qualcosa di valore al Creatore loro, di quelle cose di valore e di tutto il mondo, che giace in una mangiatoia come il più indifeso e povero degli uomini.
- L’Umiltà, che fa piegare la schiena fino a terra a uomini che sono Re e sapienti, vale a dire le due categorie per propria natura meno portate all’umiltà (specie la seconda), e che per premio concede loro di ricevere la visione del Logos incarnato, Re dei Re e Sapienza fattasi uomo.
In questa scena, ove tutto il creato Si inchina al Creatore (gli astri, gli uomini, gli animali, le cose) si nasconde e rivela al contempo tutto il senso della vita e, in qualche modo, della creazione stessa, che si manifesta tramite il suo Fattore. Tutto il senso della nostra Fede.
Re, sapienti e pastori si sono inchinati al Re dei Re venuto al mondo, salvatore dell’umanità. Noi, che non siamo né re, né pastori e nemmeno sapienti, possiamo solo “metterci in fila” – in questo giorno come in ogni giorno della vita – per adorare Colui che è la nostra vera meta, la sola ragione della nostra ricerca, l’unico senso della nostra vita, perché Lui stesso è Via, Verità e Vita"
Cari fratelli e sorelle!
La luce che a Natale è brillata nella notte illuminando
la grotta di Betlemme, dove restano in silenziosa adorazione Maria, Giuseppe ed
i pastori, oggi risplende e si manifesta a tutti. L'Epifania è mistero di luce,
simbolicamente indicata dalla stella che guidò il viaggio dei Magi. La vera
sorgente luminosa, il "sole che sorge dall'alto" (Lc 1, 78), è però
Cristo. Nel mistero del Natale, la luce di Cristo si irradia sulla terra,
diffondendosi come a cerchi concentrici. Anzitutto sulla santa Famiglia di
Nazaret: la Vergine Maria e Giuseppe sono illuminati dalla divina presenza del
Bambino Gesù.
La luce del Redentore si manifesta poi ai pastori di Betlemme, i
quali, avvertiti dall'angelo, accorrono subito alla grotta e vi trovano il
"segno" loro preannunciato: un bambino avvolto in fasce e deposto in
una mangiatoia (cfr Lc 2, 12). I pastori, insieme con Maria e Giuseppe,
rappresentano quel "resto d'Israele", i poveri, gli anawim, ai quali
è annunciata la Buona Novella. Il fulgore di Cristo raggiunge infine i Magi,
che costituiscono le primizie dei popoli pagani. Restano in ombra i palazzi del
potere di Gerusalemme, dove la notizia della nascita del Messia viene recata
paradossalmente proprio dai Magi, e suscita non gioia, ma timore e reazioni
ostili. Misterioso disegno divino: "la luce è venuta nel mondo, ma gli
uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano
malvagie" (Gv 3, 19).
- papa Benedetto XVI -
6 gennaio 2006
- papa Benedetto XVI -
6 gennaio 2006
«Tribus miraculis ornatum, diem sanctum colimus: Hodie
stella magos duxit ad praesepium: Hodie vinum ex aqua factum est ad nuptias:
Hodie in Jordane a Joanne Christus baptizari voluit, ut salvaret nos,
alleluia.»
...Tre manifestazioni della gloria di Cristo vennero ad
adunarsi in una stessa Epifania: il mistero dei Magi venuti dall'Oriente sotto
la guida della Stella per onorare la divina Regalità del Bambino di Betlemme;
il mistero del Battesimo di Cristo proclamato
Figlio di Dio nelle acque del Giordano dalla voce stessa del Padre celeste; e
infine il mistero della potenza divina di quello stesso Cristo che trasforma
l'acqua in vino al simbolico banchetto delle Nozze di Cana...
(Tratto da " L'anno liturgico di dom Prosper
Guéranger)
Buona giornata a tutti. :-)