sabato 8 agosto 2020

La solitudine - card. Carlo Maria Martini

«Il salmo che Gesù proclama (sulla croce) è una parola di fiducia totale. 
Gesù “rende” se stesso a Dio, compie un atto di abbandono pieno al Padre.
Quella che sta vivendo non è soltanto una situazione drammatica: è la situazione limite della morte. 
E' una morte in totale, perfetta, amarissima solitudine. 
Il Vangelo ha cura di farci notare che nessuno intorno l’ha capito e il racconto che introduce a questa ultima parola di Gesù sottolinea fortemente che viene abbandonato da tutti. Le persone che avrebbero potuto capirlo, che avevano motivi per essergli almeno vicino, non lo sono. Il popolo sta a vedere, i capi lo scherniscono, i soldati lo beffeggiano, persino uno dei malfattori appesi alla croce lo insulta. 
E' drammatico vedere come queste persone (i capi, i soldati, i malfattori) rappresentano categorie che la pensano in maniera diversissima gli uni dagli altri, categorie nemiche tra loro, eppure nessuna di esse è con Gesù.
Tutto sembra dirgli che è una morte assurda, che non serve a niente, è un gesto sbagliato e per questo nessuno lo sostiene. 

La solitudine che sperimenta non è soltanto quella di non essere capito, ma è la solitudine di essere deriso, schernito in ciò che gli sta più a cuore: la salvezza. Il ritornello di chi gli sta vicino e lo insulta è sempre uguale: “Salva te stesso”, “salvi se stesso”. (...)
E' questa parola di salvezza che viene messa in questione proprio nel momento culminante, quando Gesù sta per morire. La gente gli dice: “Se veramente sei capace a salvare, comincia a salvare te stesso. Come puoi dare salvezza, se non sai dare salvezza a te stesso?”.
L’argomento sembra evidente e innegabile: se Gesù non sa salvarsi non sarà neanche credibile. 

Gesù è solo ed è attaccato proprio nel cuore della sua missione: portare salvezza. Gli viene chiesto di usare del potere che dice di avere, di usarlo a suo favore. Se lo userà per scendere dalla croce crederanno che è il Messia.
Ma Gesù non usa di questo potere. Se lo usasse, infatti, si farebbe garante di un Dio pagano, di un Dio detentore di potere e distributore di potere per accrescere il potere di ciascuno, di un Dio che si serve del potere a proprio vantaggio e lo distribuisce perché ciascuno se ne serva a proprio vantaggio. Se scenderà dalla croce gli crederanno, ma crederanno a un Dio che fa comodo, ad un’immagine sbagliata di Dio.
Gesù sceglie di non scendere dalla croce. E' vero che in questo modo morirà solo e abbandonato, avrà però testimoniato il Dio che dà la vita, il Dio a servizio dell’uomo. Avrà testimoniato il Dio che è Amore.
Ed ecco, in questo sfondo, il significato dell’ultima parola di Gesù. Si è trovato di fronte alla contestazione massima, definitiva, quella che riguarda la sua missione alla quale vuole essere fedele fino in fondo. 
In questa solitudine che esteriormente appare fallimento totale, Gesù reagisce esclamando: “Nelle tue mani, Padre, affido la mia vita”. Così testimonia il Dio del Vangelo, il Dio della fede, il Dio a cui ci si affida a occhi chiusi, il Dio nel quale siamo invitati noi stessi a deporre la nostra vita, il nostro passato, il nostro presente e il nostro avvenire».

- Cardinale Carlo Maria Martini – 
da: "Qualcosa di così personale"Meditazioni sulla preghiera, Ed. Mondadori



L'uomo che ha estromesso dai suoi pensieri, secondo i dettami della cultura dominante, il Dio vivo che di sé riempie ogni spazio, non può sopportare il silenzio. 
Per lui, che ritiene di vivere ai margini del nulla, il silenzio è il segno terrificante del vuoto. 
Ogni rumore, per quanto tormentoso e ossessivo, gli riesce più gradito; ogni parola, anche la più insipida, è liberatrice da un incubo; tutto è preferibile all’essere posti implacabilmente, quando ogni voce tace, davanti all’orrore del niente. 
Ogni ciarla, ogni lagna, ogni stridore è bene accetto se in qualche modo e per qualche tempo riesce a distogliere la mente dalla consapevolezza spaventosa dell’universo deserto.

- Cardinale Carlo Maria Martini – 



Buona giornata a tutti. :-)







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